22. Quante m'ha dato Amor, lasso, ferute
Vittoria cercò di vedere il meno possibile Galeazzo nei giorni seguenti ma le era piuttosto difficile, Costanza continuava a tenere, come ogni pomeriggio, i suoi salotti letterari e la sera le feste, con l'arrivo di un ospite di tale importanza, si erano moltiplicate. Non sapeva che cosa fare, non riusciva a essere troppo rigida con lui: da una parte le avrebbe fatto piacere conoscerlo meglio, poteva essere molto piacevole parlare con lui di arte e letteratura, avrebbe potuto trovare una persona molto affine con le sue stesse idee, ma dall'altra non poteva non essere imbarazzata e infastidita dal suo modo di fare, dal suo sguardo e dalle sue parole.
Senza neanche pensarci si ritrovò davanti alla porta dello studiolo di Costanza d'Avalos, per quanto ne sapeva a quell'ora non avrebbe dovuto avere visite da nessuno. Ormai non aveva paura a parlarle di niente, anzi, adesso che sua cugina, che era sempre stata la sua più grande confidente, non era più lì, non c'era altro che lei che potesse darle consigli e Vittoria era certa che glieli avrebbe dati con grande piacere: era per lei come una figlia e lo sapeva bene.
«Signora duchessa» bussò, sperando che fosse veramente sola. Non osava immaginare che cosa avrebbe fatto se Galeazzo di Tarsia fosse stato con lei nel suo studio, non avrebbe saputo neanche che scusa inventare per giustificare la sua presenza e soprattutto per trovare un modo per andarsene.
Fortunatamente non ne ebbe motivo, la calda e solare voce di Costanza le diede il permesso di entrare. Vittoria aprì delicatamente la porta e la prima cosa che vide fu l'ombra che era passata sugli occhi della duchessa quando l'aveva vista: Costanza aveva già capito per quale motivo si trovasse lì.
«Vittoria cara, siediti pure» la duchessa indicò la poltrona davanti alla sua con un cenno, il sorriso sul suo volto era appena accennato.
«Grazie, mia signora» rispose lei prendendo posto dove le era stato indicato, «non volevo disturbarvi...»
Vittoria sapeva che in quelle prime ore del pomeriggio Costanza si ritirava per riposarsi, passava del tempo completamente sola nelle sue stanze leggendo o scrivendo lettere.
«Non preoccuparti, cara» le rispose sorridendo debolmente, «credo tu sia venuta per un motivo.»
«Volevo parlarvi, madonna» Vittoria cominciò a giocare nervosamente con le dita, da dove cominciare?, «volevo chiedervi consiglio, ho sperato che voi potreste aiutarmi per come dovrei comportarmi con...» fece un attimo di pausa, «...con Sua Signoria, il Principe Galeazzo di Tarsia.»
Costanza sospirò, poi cercò di rivolgerle un sorriso di incoraggiamento, non ci riuscì pienamente.
«È impossibile non accorgersi quanto sia preso da te, figlia cara» disse la duchessa a bassa voce, come se stesse riflettendo tra sé e sé invece che parlare con Vittoria, «e non vorrei che questa voce cominciasse a spargersi e, sai come succede, anche a subire delle importanti variazioni.»
Vittoria impallidì, sapeva di che cosa era capace il popolo e la gente comune quando arrivavano alle loro orecchie notizie simili, soprattutto se riguardanti persone di rango elevato: se così fosse stato, nessuno sarebbe stato in grado di frenare i pettegolezzi. Il suo pensiero andò immediatamente a Ferdinando, che cosa avrebbe provato se gli fossero arrivate notizie di lei e Galeazzo? Si diede una risposta in modo sincero, ormai sapeva che suo marito la amava solo quando aveva voglia, quando probabilmente la sua mente non era presa da nessun'altra ragazza allora si ricordava di lei: come mai avrebbe potuto reagire? Ferdinando sarebbe stato sostanzialmente indifferente, anche se Vittoria avrebbe tanto voluto il contrario doveva essere sincera con se stessa. Improvvisamente le balenò in mente un'idea: e se fosse stata al gioco con Galeazzo? Se avesse mostrato di corrispondere i suoi sentimenti? Poi tornò a ragionare: una simile farsa non avrebbe fatto altro che ingrandire quella ferita che si era venuta a formare nel rapporto tra lei e Ferdinando.
«Capisci che, però, per me non è possibile fare niente» continuò Costanza parlando con aria preoccupata, «non posso indurlo ad abbandonare Ischia e non posso nemmeno rimproverarlo per il suo corteggiamento, almeno fino a quando non sorpassa il limite.»
«Lo so, madonna» rispose Vittoria annuendo lentamente con il capo, «non sono qui per chiedervi di fare qualcosa per allontanarlo, so che non vi sarebbe possibile, ma per darmi un consiglio su quale comportamento devo tenere con Sua Signoria. Sono una donna sposata, ma anche molto aperta alle amicizie con studiosi e letterati, un comportamento eccessivamente distaccato da parte mia non sarebbe giustificabile. Vi ha detto, per caso, quanto ha intenzione di rimanere?»
Costanza scosse il capo, desolata.
«Credo che non se ne andrà fino a quando non avrà ottenuto una chiara risposta da te, mia cara» la duchessa fece un lungo sospiro, «devi fargli capire il prima possibile che ami tuo marito e che nella tua vita non c'è posto per nessun altro uomo.»
«Ma come posso fare?» ribatté Vittoria, «finché non esprimerà chiaramente ciò che desidera da me io non potrò dargli una risposta altrettanto chiara.»
«E allora aspetta» la duchessa le rivolse un sorriso di incoraggiamento, stavolta più sicuro, «quando puoi cerca di evitarlo e, quando non è possibile, non fare troppo caso ai suoi tentativi di approccio. Se dovrà dichiarartisi apertamente allora avrai modo di esprimere il tuo rifiuto. Cerca di non pensarci e, soprattutto, di farti vedere il meno possibile in sua compagnia, cerchiamo di evitare il peggio.»
«Vi ringrazio, madonna» Vittoria si alzò e, dopo aver fatto un delicato inchino, si avviò verso la porta, «ora vi lascio riposare.»
«Grazie, cara» Costanza le sorrise, «se Galeazzo di Tarsia ti infastidirà più del dovuto vieni a parlarmi ancora, in quel caso vedrò di prendere provvedimenti.»
Vittoria sorrise e lasciò gli appartamenti della duchessa, con il cuore non molto più leggero, a dire la verità. Non credeva il Principe di Belmonte un uomo così spudorato da arrivare a tanto, ma, a dire la verità, lo conosceva appena e le apparenze, molte volte, potevano essere completamente sbagliate.
***
Costanza d'Avalos non poteva rimandare la festa che aveva già annunciato per celebrare l'arrivo a Ischia di un personaggio tanto importante come il Principe di Belmonte, quando aveva deciso di festeggiare il suo arrivo non aveva potuto immaginare una tale situazione con Vittoria. Ormai non c'era niente da fare, quella sera il castello si sarebbe abbandonato ad una giornata di divertimenti. La grande sala era stata allestita per ospitare coppie e coppie di danzatori, era stata organizzata un'orchestra e la sala da pranzo era stata preparata per la successiva grande cena.
Vittoria aveva rifiutato di farsi vestire come solitamente si acconciava per le feste, niente vestiti eccessivamente ricchi e estrosi, avrebbe indossato uno dei suoi soliti abiti, bello sì, ma che utilizzava per occasioni più quotidiane. Scese nella sala quando tutti erano quasi arrivati, non le importava di fare ritardo, anzi, più tardi fosse arrivata meglio sarebbe stato.
«Signora marchesa» Galeazzo, elegantissimo in un ricco farsetto con rifiniture dorate, le venne incontro. Vittoria lo osservò e, vedendolo ancora più curato e sistemato, non riuscì a non pensare che quella sera appariva molto affascinante, «più vi vestite in modo modesto più siete bella.»
Lei abbozzò un sorriso, doveva per forza trovare il modo di lodarla anche quando non ce ne era alcun bisogno?
«Vi ringrazio, Eccellenza» rispose sorridendo imbarazzata.
Galeazzo rivolse un'occhiata alla sala, quando Vittoria era arrivata delle coppie stavano già ballando nel centro della sala, la musica lenta da bassadanza aveva un ritmo molto romantico. Il Principe di Belmonte le porse la mano con un gesto galante.
«Mi concedete un ballo?» le chiese.
Vittoria esitò un attimo, no che non glielo voleva concedere.
«Solitamente non ballo, signore» gli rispose un po' titubante, non sapeva come rifiutare la sua proposta in modo piuttosto gentile, «non mi piace mostrarmi.»
Galeazzo la guardò non molto convinto.
«Mi ricordo di avervi vista, ormai anni fa, danzare in questa stessa sala nel vostro bellissimo abito bianco» sorrise, si ricordava tutto, «avete danzato anche con me ma forse eravate troppo presa da vostro marito per ricordarlo.»
Vittoria arrossì di colpo, lo ricordava invece anche se avrebbe voluto tanto dimenticare il fastidio che quella sera le aveva procurato.
«Non volete ripercorrere i passi di quel giorno?» continuò lui.
Come poteva dirgli di no? Non avrebbe accettato una risposta non affermativa, ne era sicura. Fece un respiro e gli rispose il più gentilmente possibile.
«Non potete proprio farne a meno?» domandò di rimando, il principe di Belmonte le rivolse un sorriso: la risposa era no.
«Venite» le prese con gentilezza la mano e la condusse al centro della sala dove le coppie stavano attendendo pazientemente l'inizio della nuova melodia.
Si posizionarono l'uno di fronte all'altra, mani congiunte, in silenzio. Galeazzo la guardava e Vittoria non poteva fare altro che tenere il suo sguardo fisso nel suo: i suoi occhi esprimevano tutto ciò che provava per lei, tutto ciò che lei aveva già visto altre volte ma questa volta in un modo più puro. La guardava come si potrebbe guardare un angelo, ammirati dalla sua bellezza, dalla sua purezza e dalla sua grazia, nel suo sguardo, stavolta, non ci vedeva una passione ardente ma più un'ammirazione incondizionata.
La musica iniziò, cominciarono a danzare lentamente, senza staccare il contatto delle mani. Lanciando uno sguardo intorno a sé Vittoria vide che Costanza d'Avalos li stava osservando con un'aria cupa e preoccupata, ma, al contrario di quello che si era immaginata, questo ballo si stava rivelando abbastanza piacevole. Vittoria non si sentiva in soggezione, non provava imbarazzo anche se Galeazzo non staccava gli occhi da lei: cominciò a pensare che, forse, il principe di Belmonte aveva solamente una grande stima nei suoi confronti.
Se ne convinse sempre di più fino alla fine della danza, quando la musica si fermò e tutte le coppie interruppero la loro danza. Rimasero lì per appena qualche secondo ma a Vittoria parvero passare ore, Galeazzo la guardava, ancora, i suoi occhi scuri puntati in quelli di lei. La marchesa stava per sorridergli quando vide che la sua attenzione si spostò, dagli occhi il suo sguardo scese e si andò a posare sulle sue labbra. Galeazzo fu attraversato da un lampo di passione, si avvicinò ancora di più a lei e Vittoria temette che potesse baciarla lì davanti a tutti: si rendeva conto che cosa stava per fare? Che cosa avrebbero detto tutti i presenti, poi, la marchesa non osava nemmeno immaginarlo.
Prima che la situazione potesse prendere una piega indesiderata, Vittoria si allontanò in un modo forse anche troppo brusco. Si era sbagliata, quella di Galeazzo per lei non era solo ammirazione.
«Vi ringrazio» disse prima di abbandonare la sala.
Non si voltò a vedere l'espressione di Galeazzo ma poteva benissimo immaginarla, delusione, tristezza e dimissione. Forse non si era comportata proprio in modo corretto. Attraversò la sala e si sedette affianco a Costanza d'Avalos, lei non disse una parola. Non vide dove era andato Galeazzo ma non era venuto da loro, si sentì in colpa perché forse l'aveva fatto stare male. Più che ci pensava più i sensi di colpa aumentavano e cominciava a provare un senso di disgusto perfino per se stessa.
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