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9. Echoes


Dabi's POV

"Cazzo, Dabi! Potresti evitare di distruggermi ogni volta? Ci lavoro con questa!" sbraitò Kaoru mentre si rivestiva osservando allo specchio il suo interno coscia visibilmente arrossato da una serie di morsi e schiaffi.

La ignorai totalmente. Ancora sdraiato sul suo letto, allungai la mano verso il comodino e afferrai il pacchetto di sigarette. Sentii il suo sguardo pesante posarsi su di me e la osservai, annoiato. "Ne vuoi una?" le chiesi.

"Devo ricordarti che qui dentro non si può fumare?" mi rimproverò lei.

Sbuffai "Sei diventata un po' troppo rompipalle, dolcezza".

"Già, ha parlato il principe del reame fatato" ribatté lei sedendosi sul letto accanto a me aggiustandosi le calze a rete "vedi di darti una mossa e rivestiti. Sono stanca e la mia nottata non è ancora finita".

"Andiamo, fammi rimanere un altro po'" le dissi avvicinandomi a lei e accarezzandole distrattamente i capelli "ti pago di più".

Mi guardò con aria interrogativa, prima di esplodere in una fragorosa risata "e con quali soldi, tesoro mio? Dai, mi sembra di essere stata fin troppo accondiscendente con te stasera...".

"Che cosa hai fatto oggi?" le chiesi senza pensarci troppo.
Mi rivolse l'ennesimo sguardo a punto interrogativo "cosa pensi possa aver fatto, Dabi? Vuoi un disegnino?"

"Raccontami qualcosa" la incalzai "anche qualcosa di inventato andrà bene...".

"Ma che diavolo ti prende stasera?" mi chiese Kaoru, visibilmente confusa "scopiamo da anni e a malapena mi hai domandato come mi chiamo. Si può sapere che ti passa per la testa?".

"Volevo solo essere... insomma, gentile" quelle parole mi suonarono strane nel momento stesso in cui le pronunciai. Di rimando, Kaoru mi guardò come se avesse appena visto un fantasma "Gentile?" ripeté.

Mi alzai di scatto dirigendomi verso il balcone per accendere la mia sigaretta. Aveva ragione, non le avevo mai chiesto niente e non me ne importava assolutamente niente. Probabilmente, ero solo stanco, stanco morto e non parlare con un'anima viva per un intero mese non mi stava certo aiutando.

Kaoru si avvicinò a me, sfilandomi la sigaretta dalle dita e aspirando qualche tiro.

Continuando a guardare verso un punto indefinito all'orizzonte, le chiesi "Kaoru, tu come mi vedi?".

Con la coda dell'occhio la osservai irrigidirsi. Mi scappò un sorriso. Mi voltai a guardarla "se non ti pagassi per scopare, verresti comunque a letto con me?".

Era visibilmente imbarazzata e immobile come una statua di sale. Dopo diversi secondi di silenzio capii che non sarebbe arrivata alcuna risposta. "Lo immaginavo" le dissi gettando il mozzicone oltre la ringhiera e rientrando dentro l'appartamento.

Iniziai a rivestirmi velocemente, quando Kaoru entrò nella stanza, mantenendosi a distanza di sicurezza da me.
"Sta tranquilla, hai potuto constatare più e più volte che non ti mangio" la canzonai.

"Dabi?" iniziò con voce tremante.

Quella sua voce incerta mi fece alzare lo sguardo "Mmm..?".

"So che non sono fatti miei, ma non è che per caso ti piace qualcuna?".

A quelle parole, sentii il mio corpo irrigidirsi "ma che stronzate spari, Kaoru?".

"Non saprei..." disse con tono incerto "è tutta la sera che fai discorsi strani... prima ti andava di parlare con me, poi mi chiedi che ne penso di te... non è che c'è qualcuna che ti piace e hai paura che non te la dia...?".

Sentii le mie mani diventare incredibilmente calde, mentre la rabbia montava dentro di me amplificandosi di secondo in secondo "stai osando un po' troppo dolcezza. Fin ora sono stato paziente con te: sei carina e a letto non sei niente male. Ma non provare a giocare alla strizzacervelli con me".
La vidi rimpicciolirsi terrorizzata dalla mia espressione "non ho certamente tempo da perdere con simili cazzate. Ci vediamo mercoledì al solito orario. Non mi fare aspettare o giuro che non sarò educato come stavolta".

Afferrai il mio cappotto e, dopo aver lasciato le banconote sul comodino, uscii sbattendo la porta.

Ancora quella dannata pioggia.

Ma con chi diavolo credeva di parlare quell'idiota?!?

Dovrebbe accettare meno clienti, pensai, a furia di battere pure il suo cervello sta perdendo colpi!

Volevo solo scambiare quattro chiacchiere con lei, cosa c'era di sospetto?!? Ancora qualche giorno di silenzio e, probabilmente, mi sarebbe mancata pure la voce di Shigaraki.

Non penso proprio...

Che poi, non ero mai stato un chiacchierone, anzi direi l'opposto. Le parole inutili mi annoiavano mortalmente e il silenzio era sempre stato un fedele compagno. Ma allora perché tutto questo desiderio di parlare con qualcuno?

Nessuno parla volentieri con te, Dabi, a meno che non sia costretto a farlo... già, nessuno tranne una piccola bibliotecaria con probabilmente qualche rotella fuori posto.

Durante quel mese l'avevo pensata più di quanto non volessi ammettere, sebbene non ne comprendessi il motivo.

Dopo l'arresto del suo mentore, Shigaraki non l'aveva più nominata, impegnato com'era a ristrutturare la Lega. Era l'occasione perfetta per togliermi definitivamente dalla testa lei, le sue chiacchiere filosofiche e la sua stucchevole, insensata dolcezza.

Ma non c'ero riuscito. Troppe volte riecheggiavano nella mia mente le sensazioni che avevo provato entrando dentro di lei, la morbidezza della sua pelle, i suoi gemiti soffocati...

Scossi la testa. Potevo avere tutte le donne che volevo: bastava aprire il portafoglio! E poi, non era sicuramente stato il sesso più distruttivo e scenografico che avessi mai fatto!

Già... allora perché non riuscivo a togliermela dalla testa?

Konan mi aveva guardato come nessuno aveva fatto prima di allora. Mi aveva parlato di cose che non avrei nemmeno immaginato e l'aveva fatto spontaneamente, senza chiedere nulla in cambio.

Non riuscivo a capacitarmi di questo. Non riuscivo a capire come una ragazza come lei potesse guardarmi senza provare repulsione, potesse lasciarsi toccare da me senza crollare a terra in preda a un terrore senza fine.

Devo rivederla.

Fu quella la dolorosa conclusione cui giunsi quando mi accorsi di essere arrivato in prossimità dei cancelli della U.A. Entrare in quei viali era diventato decisamente più complicato rispetto ai mesi precedenti, considerata la sorveglianza che avevano ulteriormente potenziato. Per di più, adesso i mocciosi vivevano all'interno del campus, il ché complicava ulteriormente le cose.

Mi sporsi un minimo oltre le ringhiere per guardare da lontano l'edificio chiuso e buio della biblioteca.

Dove ti nascondi, ragazzina?

Più e più volte durante quel mese, coperto dal mio cappuccio e dai miei occhiali scuri, avevo ricercato il suo sguardo tra la folla. Era una consapevolezza che mi infastidiva parecchio, ma era la verità.

Istintivamente, mi afferrai alla ringhiera del cancello, pronto ad arrampicarmi.

Ma che diavolo ti prende, Dabi? Entrare alla U.A. da solo, completamente allo scoperto?!? Tanto vale che ti dai fuoco e la finiamo qui!

Una volta ogni tanto, decisi di ascoltare la mia coscienza: sarebbe stata una mossa da completo idiota. Lanciai un ultimo sguardo alla biblioteca, prima di rimettermi sui miei passi.

Mi sentivo incredibilmente affaticato e una sensazione spiacevole si era impadronita del mio petto. Mi appoggiai al muro di un sottopassaggio per riprendere fiato.

Che cavolo mi hai fatto, Konan?

Mi sentivo più fuori di testa di Twice. Scossi la testa, cercando di ricompormi. Afferrai il pacchetto nella mia tasca e mi accesi l'ennesima sigaretta.

Solo in quel momento feci caso al poster affisso al muro su cui avevo poggiato la mano.


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"Uhm... un concerto potrebbe essere un'ottima occasione per reclutare gente" pensai "per di più la loro musica non è nemmeno male".

Il cellulare vibrò nella mia tasca distraendomi dai miei pensieri.

"Tempismo perfetto! Come te la passi, raggio di sole?" risposi alla piacevolissima voce di Shigaraki che dall'altro capo del telefono mi chiedeva sbraitando cosa stessi combinando. "Non preoccuparti, sto lavorando per noi: credo di avere trovato un posto dove poter reclutare alleati interessanti".


Konan's POV

"Questo è il suo libro. Ha 15 giorni di tempo per riconsegnarlo. Se le necessitano altri giorni può tranquillamente passare da qui e rinnoviamo la carta" dissi sorridendo alla giovane studentessa davanti a me. Mi salutò cordialmente e uscì.

Guardai distrattamente l'orologio e mi accorsi che mancava circa mezz'ora all'orario di chiusura. Iniziai a sistemare i registri sul tavolo e qualche libro sugli scaffali. Qualche momento più tardi, sentii la porta aprirsi.

"E' permesso?" chiese un'esitante voce femminile.

"Un attimo soltanto" risposi affrettandomi a posare gli ultimi libri.

Mi diressi in fretta alla mia scrivania "buonasera, mi scusi per l'attesa". La donna in questione era una ragazza giovane, più o meno della mia età, con i capelli castani e gli occhi neri. Aveva un volto incredibilmente familiare.

"Non si preoccupi, anzi perdoni me per l'orario" mi rispose con un sorriso "mi servirebbe una copia de La fine del mondo e il paese delle meraviglie... è disponibile?".

"Mi dia un secondo che controllo sul pc" le dissi sedendomi alla mia postazione. La vidi avvicinarsi di un passo alla mia scrivania osservando la targhetta con il mio nome poggiata sopra.

"Non è possibile!" esclamò con tono decisamente sorpreso "sei Tanaka Konan?".

Alzai lo sguardo dal mio computer osservandola con aria interrogativa "mi scusi, ci conosciamo?".

La ragazza mi rivolse un sorriso luminoso "non dirmi che non ti ricordi di me! Sono Hana".

La guardai per qualche altro secondo prima di sgranare gli occhi e sorriderle anch'io di rimando "non ci posso credere... sei proprio tu?".

Hana era stata una mia carissima amica di infanzia, prima che... sì beh, prima che succedesse tutto quello che successe. Viveva nella casa accanto a quella di mia nonna e avevamo trascorso tante divertenti estati insieme. Poco prima della notte in cui mia nonna morì, i suoi genitori si separarono e lei e sua madre si trasferirono lontano dal Giappone. Non so per quanto tempo piansi quella perdita.

Dopo la morte dei miei, di cui non avevo alcun ricordo, quello era stato il primo grande dolore che la vita mi aveva regalato.

Era passata veramente una vita. La ricordavo come una bambina paffutella e sorridente e adesso la ritrovavo come una splendida ventenne molto attraente.

"Quanti anni saranno passati? quattordici? Quindici?" mi chiese.

"Anche sedici" le risposi con un sorriso sghembo. "Cosa ti porta in Giappone?".

"Ci vivo!" esclamò lei raggiante "ormai da qualche anno. Una volta finita l'università, ho deciso di tornare. Questo posto mi mancava troppo! Ma dimmi di te".

"Io??" mi grattai la testa, imbarazzata "non c'è granché da dire... faccio quello che vedi".

"E no signorina, non mi liquiderai con questa frase lapidaria!" mi sorrise Hana "abbiamo sedici anni da recuperare e in sedici anni anche a una bibliotecaria succedono tante cose!" mi fece l'occhiolino.

Oh, non ne hai idea, Hana!

"Sei libera questo sabato?" mi chiese senza darmi il tempo di ribattere "mi piacerebbe invitarti a cena da me... oh no, che sbadata! Ho dimenticato che sabato c'è il concerto!".

"Quale concerto?" le chiesi incuriosita.

"Ma come non lo sai?" mi guardò con finta voce scioccata "i Cure a Tokyo, unica data in tutto il Giappone!".

"Oh... no, non lo sapevo... sono stata parecchio distratta in questi giorni".

Peccato, pensai, e dire che sono uno dei miei gruppi preferiti...

Probabilmente Hana si accorse della mia espressione pensierosa e mi chiese "Che succede tesoro? Non dirmi che piacciono anche a te".

"In realtà li adoro" le rivolsi un mezzo sorriso "ma ormai penso sia impossibile riuscire a trovare un biglietto disponibile..".

Non mi diede nemmeno il tempo di finire la frase che aveva già afferrato il suo cellulare "aspettami qui" mi disse prima di uscire dalla biblioteca.

Rimasi a guardare la sua sagoma oltre la porta di vetro parlare animatamente al telefono gesticolando con fare teatrale.

Dopo qualche minuto, rientrò con aria trionfante "non hai più scuse: biglietto preso! Preparati a sudare perché saremo sotto il palco!".

"Ma come hai fatto?" le chiesi con sguardo sorpreso.

"Ho i miei contatti, tesoro!" mi disse facendomi di nuovo l'occhiolino.

Le sorrisi di vero cuore: guardare dal vivo un concerto dei Cure non era di certo un'occasione che capitava tutti i giorni.

"Hana... non so davvero come ringraziarti".

"Mi ringrazierai raccontandomi tutto quello che ti è successo in questi ultimi sedici anni" mi disse continuando a sorridere "ma per il momento abbiamo qualcosa di più importante a cui pensare: ci servono dei vestiti per il concerto!".

Mi sentivo felice: il suo entusiasmo era contagioso.

Fissammo il nostro shopping per il giorno successivo, ben sapendo che Hana non avrebbe accettato un mio rifiuto.

Quella sera, tornai a casa con l'animo decisamente più leggero.

Prima di addormentarmi, il solito, abituale pensiero venne a farmi compagnia:

chissà se anche a lui piacciono i Cure... non c'è canzone che ascolto che non me lo ricordi...




*Immagine: R13, Pinterest

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