5. Bloodflowers
Dabi's POV
Quest'idea mi sconvolge d'un tratto, perché non speravo nemmeno più questo. Sento qualcosa che mi sfiora timidamente e non oso nemmeno muovermi per paura che scompaia. Qualcosa che non conoscevo più: una specie di gioia... Allora, è possibile giustificare la propria esistenza? Un pochino? Mi sento straordinariamente intimidito. Non che abbia molta speranza. Ma sono come uno completamente gelato dopo un viaggio nella neve, che entri di colpo in una camera tiepida. Penso che resterebbe immobile vicino alla porta, ancora freddo, e che lenti brividi percorrerebbero il suo corpo.
Some of these days
You'll miss me honey.
"...Perciò direi che siamo tutti d'accordo. Dabi?" la voce fastidiosa di Shigaraki giunse da molto lontano alle mie
orecchie.
"Mm??" alzai gli occhi dal libro che stavo sfogliando.
"Che diavolo stai combinando?".
"Nulla" dissi con indifferenza riponendo il volume sulla vecchia mensola logora da cui l'avevo preso.
Shigaraki mi guardò con i suoi soliti occhi da psicotico testa di cazzo qual era. "Mi dispiace davvero tanto interrompere la tua lettura! Ma forse non ti è chiaro che cosa ci stiamo giocando!".
Continuai a guardarlo con la stessa indifferenza di un momento prima "rilassati raggio di sole: prendiamo lo stronzetto delle esplosioni e ce ne andiamo. Tutto chiaro".
Shigaraki mi lanciò un'occhiata tremenda. Cazzo, era ancora più brutto di quanto non fosse di solito "Non so davvero cosa ti stia passando in quella testolina, ma fa molta attenzione, Dabi: vedi di non combinare cazzate".
Stavolta fui io a lanciargli uno sguardo omicida "se hai qualcosa da dire Shigaraki, vedi di farlo senza troppi giri di parole".
"Bene, se proprio ci tieni, ti accontento subito. Non pensavo che bastasse una stupida bibliotecaria per farti letteralmente perdere la ragione".
Scoppiai in una fragorosa risata "tu hai seriamente dei grossi problemi, amico".
Smisi di ridere quando mi accorsi che mi stavano guardando tutti con sguardo incuriosito "Andiamo! Non puoi pensarlo sul serio".
"Tutte le volte che ti cerco, ti trovo nella sua stanza. Vi sento parlare in continuazione. Dannazione, non ti ho mai sentito parlare così tanto da quando ti conosco! E adesso ti metti perfino a leggere...".
Dovetti frenare l'istinto irrefrenabile di bruciargli quella orrenda faccia che si ritrovava "sto solamente cercando di convincerla a collaborare, dato che i tuoi metodi di convincimento sono utili come un bikini sulla neve. Le persone comuni sono più benevole se messe a proprio agio. Nient'altro".
Shigaraki mi studiò ancora per parecchi attimi.
Dietro la schiena, la mia mano era già stretta a pugno, pronta a scattare.
"Bene, meglio così" tagliò corto lui.
Poi, rivolgendosi all'intero gruppo "allenatevi e tenetevi pronti. Tra una settimana si parte per il ritiro nei boschi".
Con le mani in tasca, mi diressi verso la porta di uscita.
Una manina mi afferrò l'orlo della giacca agitandolo per attirare la mia attenzione "Dabi-san Dabi-san! A me Konan piace tanto! Pensi che se sarò anch'io gentile con lei mi farà bere di nuovo il suo sangue?".
Mi liberai dalla presa fastidiosa di quella ragazzina inquietante "E perché no" le dissi scrollando le spalle "è talmente pazza che probabilmente te lo farebbe pure fare".
Uscii ignorando totalmente Toga che saltellava per la stanza felice come fosse la mattina di Natale.
Quella sera camminai a lungo per i vicoli bui della città.
Per quanto non volessi, le parole di Shigaraki mi avevano turbato.
Cercai di convincermi che il tempo trascorso con quella ragazza fosse dovuto ai miei tentativi di convincerla a passare dalla nostra parte, ma sapevo che non era così.
Konan era assolutamente inutile per la Lega, soltanto un decerebrato come Shigaraki poteva pensare il contrario.
Probabilmente, avevo trascorso più del tempo necessario con lei.
Mi piaceva ascoltare le sue storie, conoscere i libri che aveva letto, provocarla e osservare l'effetto che riuscivo a fare al suo corpo soltanto guardandola.
Aveva un modo di parlare che sapeva incuriosirmi e le cose che mi raccontava potevano tornarmi utili, in un modo o nell'altro.
Certo, non potevo nemmeno negare a me stesso di aver desiderato di farla mia, di spingere quel suo esile corpicino contro il muro e scoparla senza pietà.
Per diverse notti, nel buio della mia camera, avevo tormentato il mio corpo immaginando il suo faccino pulito e ingenuo deformato dal desiderio mentre mi domandava implorando "ancora".
E poi mi erano venute in mente le sue cicatrici e una rabbia cieca cresceva dentro di me. Avrei voluto vederli bruciare tutti, tutti a cominciare da quel bastardo di Shigaraki...
Scossi la testa, cercando di ricompormi.
No. Non potevo permettermi distrazioni, non adesso almeno.
Quella ragazza era una piacevole compagnia, probabilmente la più interessante che avessi mai avuto intorno.
Con un po' di fortuna, magari me la sarei pure scopata. Anzi, sicuramente me la sarei scopata, a giudicare da come aveva reagito il suo corpo soltanto per una carezza.
Ma adesso dovevo concentrarmi.
C'era in ballo qualcosa di decisamente più grande e non potevo permettermi di fallire.
La lavata di capo di Shigaraki, in fondo aveva avuto il suo senso: non dovevo perdere tempo con quella bibliotecaria, avrei lasciato che se ne occupasse lui.
Io avevo cose ben più importanti a cui pensare: dovevo far cessare la peste.
Konan's POV
Cominciavo a sentirmi stanca.
Per una persona come me, la solitudine non era mai stata un problema.
Ero abituata ad una vita silenziosa, fatta soltanto di qualche scambio formale, di circostanza.
Non avevo mai avuto molti amici.
Le mie giornate erano semplici, molti le definirebbero noiose.
Ma a me andava bene così.
Gli ultimi giorni chiusa in quella cella, però, erano stati difficili.
Escludendo Kurogiri che mi portava da mangiare, non era passato nessuno.
Dai rumori che riuscivo a percepire oltre la porta, immaginai che vi fosse fermento nella Lega.
Avevo paura che stesse per succedere qualcosa di brutto.
Iniziava a mancarmi la luce del sole, sebbene dalla finestra ne passasse in abbondanza.
Mi mancava passeggiare.
Mi mancavano i libri.
E, ahimè, mi mancava lui.
Era quasi da una settimana che non si faceva vivo e una settimana chiusa in una stanza a non fare assolutamente nulla è davvero tanto tempo.
Di tutti i membri della Lega, lui era quello con cui avevo parlato di più.
O meglio, io avevo parlato, lui si era più che altro limitato ad ascoltarmi e a fare battute.
Però, le sue visite mi facevano compagnia, allietavano quelle ore tutte uguali passate a contare le crepe sul muro o a leggere, per la terza volta di fila, i libri che mi aveva procurato.
L'ultima volta che era stato lì aveva provato a baciarmi.
Al solo ricordo di quel giorno tremai.
Konan, è il tuo rapitore...
Già, in parte era vero, sebbene non riuscissi in cuor mio a dargliene una colpa.
Non mi ha fatto del male, è l'unico a non avermi fatto del male... è davvero un peccato così imperdonabile non voler soffrire?
.......................................
Un dolore lancinante mi impedisce di respirare. Mi fa male dappertutto, sento la pelle strapparsi dai tessuti. Sto bruciando. Brucio, brucio e nessuno mi spegne... ho paura, significa davvero questo morire?
"Ehi, ehi ragazzina mi senti?... Ehi??.. Konan?".
Mi svegliai in un bagno di sudore, strattonata rudemente da un Dabi con espressione visibilmente preoccupata.
Non riuscivo a parlare: per quanto si stesse affievolendo, riuscivo ancora a sentire quel dolore.
"Ancora qualche secondo e svegliavi tutta la città" era tornata la sua solita ironia.
Le mie mani continuavano a tremare e i miei occhi erano lucidi.
Probabilmente, gli fece tenerezza la mia espressione e addolcì leggermente la voce "è stato solo un incubo. Calmati".
Io avevo la bocca secca e i miei occhi non smettevano di lacrimare.
Cercai di deglutire "fuoco, c'era fuoco ovunque. Stavo bruciando, urlavo e nessuno riusciva a sentirmi.
Ma, non ero io" ebbi un fremito "cioè, era come se quello che stessi guardando fosse il sogno di qualcun altro, di un bambino, un bambino che stava per morire bruciato vivo".
Dabi non disse nulla.
Nessuna reazione, nessuna parola di conforto.
Anzi, sembrava infastidito dalla mia reazione.
Si alzò ignorando le mie lacrime e il mio dolore, aggiungendo con tono menefreghista "rimettiti a dormire. Ho bisogno di riposare e non vorrei essere di nuovo svegliato per colpa tua che fai sogni strambi su qualche stupido bamboccio".
"Touya" mormorai guardandolo allontanarsi verso la porta.
Lo vidi bloccarsi, irrigidendosi in maniera disumana. La sua voce era un sibilo "Che cosa hai detto?".
"Il bambino" dissi con appena un filo di voce "il bambino del mio sogno si chiamava Touya".
In un attimo mi ritrovai con la schiena sbattuta violentemente contro il muro e le sue mani attorno al collo.
I suoi occhi erano fuoco liquido, micidiali.
"A che gioco stai giocando, ragazzina?" pronunciò quelle parole ringhiando, mi faceva paura "chi cazzo è che ti manda? Sono certo che è stato quel bastardo di Endeavor, non è così?".
Io non riuscivo a smettere di piangere. Ero terrorizzata e non avevo la più pallida idea di cosa stesse parlando.
Il petto mi faceva ancora male per il sogno che avevo fatto.
E adesso, rischiavo di fare una fine tremenda senza sapere nemmeno il perché.
"Dabi, ti prego" cercai di dire con il poco fiato che avevo in corpo.
"Dammi una buona ragione per cui non debba farti fuori in questo momento" la sua voce non aveva più nulla di umano "sei stata davvero brava, dolcezza, tutte quelle stronzate sui libri, sul non essere un mostro erano tutte un gioco perverso per incastrarmi! Come ha fatto il bastardo a scoprirlo, eh?".
La mia testa girava, probabilmente per via della stretta di Dabi sul mio collo che non voleva saperne di allentare.
"Dabi... non so di che parli" la vista cominciava ad annebbiarsi: stavo per perdere i sensi. Se ne accorse e diminuì appena la presa.
"Tu adesso la smetti di prendermi per il culo e mi dici esattamente chi diavolo sei". Il suo respiro era irregolare, riuscivo a sentire le sue mani scaldarsi sempre di più a ogni minuto che passava.
"Dabi" cercai di aumentare leggermente il volume della voce, ma con scarsi risultati "mi avete catturata voi, non sono venuta io a cercarvi... io, io non so nulla di tutto quello che hai appena detto. Endeavor l'ho soltanto visto ai telegiornali...".
Ripresi fiato, mentre le lacrime continuavano a rigare il mio viso. "A volte, mi capita di fare sogni del genere. So che hanno a che fare con persone esistenti, ma chi sia il bambino che ho visto, io non ne ho proprio idea. E, in ogni caso" dissi con l'ultimo filo di voce che mi era rimasto "non lo racconterei a nessuno".
Gli occhi di Dabi bruciavano come fuoco contro i miei "per quale cazzo di ragione dovrei fidarmi di te?!?" urlò digrignando i denti.
"Perché sto dicendo la verità" gli risposi cercando, invano, di far smettere alla mia voce di tremare "perché non potrei mai mentire all'unica persona che non mi ha fatto del male..."
Mi guardò per alcuni interminabili secondi con la follia che danzava nelle sue pupille.
Quando lo vidi alzare la mano destra, immaginai il peggio e chiusi gli occhi preparandomi a sentire il mio corpo bruciare. Di nuovo.
Sobbalzai quando sentii il suo pugno colpire la parete a pochi centimetri dal mio orecchio.
"Fanculo!" imprecò tra i denti prima di voltarsi e uscire dalla stanza senza degnarmi di un altro sguardo.
Mi lasciai scivolare a terra, con la schiena ancora attaccata al muro.
Sentivo il collo tiepido e indolenzito, mentre il dolore al petto non mi aveva ancora dato tregua.
Le lacrime non smettevano di correre ai lati delle mie guance, mentre uno strano senso di colpa misto a impotenza si impossessava del mio cuore.
Dabi, quanto dolore nascondi sotto tutte quelle cicatrici?
*Fonte immagine: Pinterest
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