19. Without you I'm just cold
Konan’s POV
Le sue labbra fredde e incredibilmente morbide si poggiarono sulle mie. Natsuo iniziò a lasciare piccolissimi baci sulla mia bocca quasi volesse accarezzarmi le labbra. Il suo respiro freddo sulla pelle mi provocò un brivido che mi percorse la schiena, mentre il mio corpo era immobile e la testa aveva smesso di funzionare.
Quando il tocco della sua lingua gelata corteggiò le mie labbra, non riuscii a trattenere un piccolo gemito. La stretta di Natsuo sui miei capelli divenne leggermente più forte, mentre la sua lingua scivolò tra le mie labbra schiuse incontrando la mia. Persi totalmente il controllo di me stessa, lasciandomi andare a quel bacio gelato che mi stava facendo impazzire.
Iniziai ad accarezzare il collo e la guancia di Natsuo mentre le sue mani scivolarono sulla mia schiena prima di giungere sui miei fianchi, dove si fermarono. Con gesti incredibilmente dolci, ma decisi, mi invitò silenziosamente a sedermi sulle sue gambe, invito che accolsi lasciandomi guidare dalle sue mani. Mi sedetti a cavalcioni su di lui mentre le sue braccia mi stringevano con maggior forza e le mie mani si tuffavano in mezzo ai suoi capelli.
Una piccola nuvoletta di vapore uscì da entrambe le nostre bocche quando ci staccammo per riprendere fiato.
“Dio Konan, che cosa mi stai facendo” sussurrò Natsuo avvicinando le sue labbra al mio collo e iniziando a lasciare una scia di baci ghiacciati che mi donarono un migliaio di brividi.
Mi sentivo completamente sopraffatta. Il suo odore di tabacco mi inebriava le narici e le sue mani grandi e forti mi facevano sentire incredibilmente piccola. Ogni cosa, perfino il tono di voce mi ricordava Touya… ogni cosa, eccetto il tocco ghiacciato.
Konan, ma che diavolo stai combinando… urlò la mia mente in un minuscolo sprazzo di lucidità.
Dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per poggiargli una mano sul petto allontanandolo da me. “Mi dispiace tanto Natsuo” mormorai cercando di riprendere a respirare “io… non posso, non posso farlo”.
Mi guardò con occhi incredibilmente dolci accarezzandomi piano la schiena “stai tremando, Konan”.
“Ho freddo” sussurrai.
Mi sorrise “vieni, entriamo” disse aiutandomi a rialzarmi e accompagnandomi dentro casa.
La mia testa girava quasi fosse in preda ai postumi di una sbronza. Non c’era alcuna traccia di Fuyumi nel grande salone d’ingresso. Mi avvicinai al divano, ma Natsuo mi bloccò “no, parliamo di là” disse continuando a sorridermi facendomi strada verso il corridoio secondario di villa Todoroki.
Riconobbi l’angolo della casa che ospitava le camere da letto e sussultai quando Natsuo aprì la porta della sua stanza. “Sta’ tranquilla” sussurrò “qui possiamo parlare con maggior privacy”.
Annuii deglutendo a fatica.
La sua camera da letto era decisamente disordinata rispetto al resto della casa. La sua scrivania era un caos totale di libri universitari e appunti scombinati. La sedia era sepolta da una pila di vestiti gettati a casaccio, mentre le diverse mensole erano stracolme di libri, qualche CD e un’infinità di coppe e trofei di tornei sportivi.
Mi sedetti al bordo del letto e lui fece altrettanto. Il mio cuore martellava fino a farmi male mentre continuavo a torturarmi le mani stringendomi tra loro le dita.
“Va meglio qui?” mi chiese con tono preoccupato “dentro casa la temperatura è decisamente più calda… ma mi rendo conto che la colpa principale sia stata mia e del mio dannato quirk” sorrise imbarazzato.
Mi sforzai di sorridergli, senza riuscire ad alzare lo sguardo dalle mie mani.
Con un gesto incredibilmente delicato, mi sollevò il mento riportando i miei occhi sui suoi.
“Così bella e così dannatamente triste” mormorò “se solo potessi cancellare tutto questo dolore dai tuoi occhi, Konan…”.
Sentii le lacrime iniziare ad uscire incontrollate, incapace di trattenerle. Scoppiai in un pianto sommesso mentre Natsuo mi tirò a sé abbracciandomi. “Che succede, Konan?” sussurrò accarezzandomi piano i capelli “ho fatto qualcosa che ti ha ferita?”.
“No, Natsuo tu sei meraviglioso” singhiozzai “sono io a essere fottutamente sbagliata”.
“Ehi, non dire così” disse con voce incredibilmente dolce allontanandomi appena per guardarmi negli occhi “ti va di raccontarmi cosa non va?”.
“Lo vorrei con tutto il mio cuore, credimi” cercai di calmarmi, ma le lacrime non volevano saperne di collaborare “ma non posso farlo, non ho alcun diritto di farlo…”.
Mi guardò con espressione preoccupata, continuando a mantenere la stessa dolcezza “riguarda l’uomo di cui sei innamorata, non è vero?”.
Sentii la fitta al petto diventare lancinante e d’istinto portai una mano sul cuore quasi cercassi di calmarla. Annuii.
Lo sguardo di Natsuo si colorò di una leggera nota di rabbia “non gli è bastato averti spezzato il cuore?”.
Non potevo dirgli la verità, ma avevo bisogno di liberarmi, anche solo un minimo, di quel macigno. E poi, Natsuo meritava delle risposte, per quanto assolutamente contorte e criptiche fossero “il fatto è che riguarda lui, ma riguarda anche te Natsuo. Vorrei davvero poterti raccontare ogni cosa, ma non spetta a me farlo. A tempo debito, saprai tutto e capirai come io mi stia sentendo in questo momento. Probabilmente, mi odierai quando conoscerai la verità e non ti biasimerò per questo… so che questi sono discorsi totalmente folli che non hanno alcun senso, ma è tutto ciò che posso dirti”. Mi nascosi il viso tra le mani continuando a piangere sommessamente.
Sentii le sue mani afferrare le mie liberandomi il viso. Alzai appena lo sguardo, continuando a piangere “adesso è meglio che prenda la mia borsa e sparisca per sempre da questa casa e dalla tua…”.
Mi interruppe, poggiandomi un leggerissimo bacio sulle labbra. Il mio cuore accelerò di botto: non mi aspettavo minimamente un gesto simile. Lo osservai, visibilmente confusa “non… non capisco”.
“Io si” sorrise Natsuo “ho capito che nel tuo piccolo cuore si nascondono segreti molto più grandi di te, Konan”. Mi posò un altro bacio, questa volta sulla guancia destra “ho capito che il tipo di cui sei innamorata ha fatto davvero un bel po’ di danni e una parte di questi danni riguarda perfino me”. Ancora un bacio sulla guancia sinistra “ho capito che sei una persona buona che preferisce soffrire come un cane anziché fare del male agli altri. Ho capito che io e te non possiamo stare insieme e, per quanto l’idea non mi piaccia granché, se è ciò che vuoi lo accetto”.
La sua mano ricominciò ad accarezzarmi la guancia asciugandomi le lacrime che continuavano a scendere “ma ho capito anche che non ho alcuna intenzione di farti uscire dalla mia vita, Konan, e che voglio rimanerti vicino”.
Provai un calore strano, al centro del petto dove poco prima si era spalancata una voragine e mi sembrò di respirare meglio.
“Sai” continuò “anch’io sono da poco uscito da una storia abbastanza travagliata che mi ha lasciato non pochi acciacchi e un cuore un po’ rattoppato… non penso che facciamo del male a qualcuno facendoci compagnia e aiutandoci a vicenda, non credi?”.
Gli sorrisi scacciando una lacrima dall’angolo dell’occhio “no, direi di no”.
“E allora vieni qui” disse tirandomi dolcemente a sé e abbracciandomi forte “ti meriti di essere felice, Konan, basta lacrime”.
Continuò a cullarmi tra le sue braccia per diversi minuti, finché il mio respiro non si regolarizzò e il battito del mio cuore rallentò. Mi sentivo incredibilmente serena in quel momento, sebbene una parte di me sapesse che, una volta saputa tutta la verità, le splendide parole di Natsuo avrebbero perso il loro significato. Ma in quel momento non aveva importanza.
Ci sdraiammo l’uno di fronte all’altra sul suo letto e lui continuò ad accarezzarmi piano il viso finché non sentii le mie palpebre diventare pesanti e il sonno sopraggiungere. Cercai di lottare contro Morfeo, ma la voce di Natsuo giunse dolce alle mie orecchie “dormi tranquilla, Konan, sei al sicuro”. E mi addormentai sotto alle sue fredde carezze.
Dopo quella notte, Natsuo mantenne la promessa che mi aveva fatto. Divenne il mio confidente, il mio migliore amico, il punto fermo, insieme ad Hana, su cui potevo sempre contare. Non c’era giorno che non mi chiamasse per avere mie notizie e, ogni volta che ne aveva l’occasione, veniva a trovarmi a Kamakura per un caffè o una serata in compagnia.
Ogni tanto, rimaneva a dormire da me. Riuscivo a leggere nei suoi occhi, mentre mi accarezzava i capelli raccontandomi qualche barzelletta idiota, una fiammella di desiderio, senza però mettere in atto alcuna avance.
Gli volevo davvero bene e averlo vicino mi faceva sorridere, riuscendo a colmare, almeno in parte, il dolore che di tanto in tanto mi torturava il centro del petto. E poco alla volta, la sua presenza attenuò quel costante e opprimente senso di colpa che mi portavo come zavorra nel mio cuore stanco.
E alla fine, come a volte accade a due amici che si sentono particolarmente soli e privi di speranze, finimmo a letto insieme. Successe per caso, una sera di metà dicembre, mentre il freddo batteva forte fuori dalle finestre di casa mia e la tristezza si era impadronita dei nostri cuori in maniera un po’ più prepotente rispetto agli altri giorni. Accadde così, con naturalezza. Non ebbi il tempo di razionalizzare, come facevo di solito, di torturarmi ripetendomi che fosse dannatamente sbagliato, di autosabotarmi con i sensi di colpa come ero sempre riuscita a fare.
Natsuo mi stava abbracciando tentando invano di riscaldarmi il corpo e il cuore infreddoliti, canticchiandomi vicino all’orecchio una canzoncina stupida. Riuscì a farmi ridere, scacciando due lacrime scappate dai miei occhi tristi.
Le asciugò con la punta del dito indice, prima di attivare leggermente il suo Quirk trasformandole in una minuscola sfera di ghiaccio. Rimasi ad osservarla con occhi pieni di meraviglia, mentre Natsuo mi sussurrò “adesso la tua tristezza è bloccata qui dentro: finché non si scioglierà, hai il dovere di essere felice”.
Poi avvenne tutto troppo in fretta: i nostri visi troppo vicini, il suo profumo di tabacco, il dolore dei nostri cuori così desiderosi di trovare un qualche conforto tra le braccia dell’altro.
Entrambi sapevamo che non potevamo aspettarci nulla dall’altro se non quel sentimento di profondo affetto che ci legava e che il sesso, per quanto piacevole, non sarebbe stato in grado di cambiare le cose… ma, solo per quella notte, andava bene così.
Natsuo fu estremamente dolce nei miei confronti, desideroso di donarmi piacere prima di ogni altra cosa. Accarezzò e baciò le mie cicatrici con espressione triste, mentre io tentai di ignorare la fitta al cuore che mi provocò quell'ulteriore somiglianza.
Stavo bene tra le sue braccia fredde, sebbene sapessi che quel senso di benessere effimero sarebbe durato soltanto un attimo. Il suo tocco ghiacciato era fuoco sulla mia pelle… l’esatto opposto del corpo incandescente del fratello.
Ero così stanca di pensarlo, così stanca di provare a dimenticarlo: ogni istante, ogni sensazione, mi ricordava lui. E perfino in quel momento, mentre Natsuo scivolava lentamente dentro di me stringendomi delicatamente i fianchi, nel mio cuore stavo facendo l’amore con Touya.
Già, Touya..
Era passato più di un mese dalla notte in cui mi aveva detto addio; un mese da quando ogni giorno cercavo di dimenticarlo e ogni giorno fallivo miseramente.
Durante quel periodo, continuavano a giungere notizie inquietanti di sparizioni, omicidi e strani attacchi per tutto il paese. Era da un po’ di tempo che non si sentiva più parlare della League of Villains al punto che alcuni iniziarono a ipotizzare una possibile silenziosa disfatta.
Al contrario, io temevo che quella fosse solo la quiete prima della tempesta e che non sarebbe passato troppo tempo prima che la situazione precipitasse.
Difatti, quando parecchi giorni dopo i telegiornali iniziarono a parlare di Deika, della resistenza dei civili e dell’impressionante numero di morti, provai un profondissimo senso di inquietudine, quasi a riprova del fatto che i miei sospetti erano fondati. A dire il vero, quando i giornalisti iniziarono ad additare come responsabili dei criminali di bassa lega, pensai stessero insabbiando la verità. Era davvero surreale, perfino per una persona come me, pensare che un simile massacro potesse essere stato portato a termine da dei “pesci” così piccoli con alle spalle piccoli crimini di basso calibro.
D’altra parte, però, pensare che i Villains avessero deciso di attaccare per sport dei cittadini innocenti mi faceva tremare i polsi: credevo avessero una qualche moralità.
Allora sei davvero un mostro, Dabi? Era questa la tua filosofia, il tuo piano per riportare la giustizia in questo mondo?
Chi avevo conosciuto in realtà?
Ripensai agli sguardi dei Villain che avevo conosciuto ormai molti mesi prima e, in particolare, alla folle determinazione di Shigaraki. Non riuscivo a togliermi dalla testa che da troppo tempo non si sentisse più parlare del suo nome e questo mi preoccupava parecchio, ancor di più rispetto a quando veniva spiattellato ogni giorno in prima pagina. Al contrario degli altri, Tomura non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno pur di… Dio solo sapeva quale fosse realmente il suo obiettivo!
Per tutto quell’intero mese, non era più giunta alcuna notizia né di Dabi né dei suoi compagni. E per quanto avrei dovuto gioirne, questo mi terrorizzava ancor di più.
Non sapevo nemmeno se fosse vivo, non sapevo se stesse bene…
E più cercavo di odiarlo, di pensare razionalmente a quanto non avesse senso vivere nei ricordi di qualcosa di morto e sepolto, il mio amore per lui non voleva saperne di estinguersi.
Immagine: https://unsplash.com/photos/hk3695TrMZA
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