16. E se ti mostro il mio lato oscuro, mi stringerai a te stanotte? (⚠️sex)
Konan’s POV
La testa mi faceva malissimo e non riuscivo a tenere gli occhi aperti. La nausea tormentava il mio stomaco.
Cercai di aprire lentamente gli occhi mettendo a fuoco l’ambiente circostante. Ero adagiata su qualcosa di morbido… aspetta, un divano? Ne tastai la consistenza mentre piano piano la mia vista ricominciava ad attivarsi.
Riconobbi il soffitto di casa mia… ma come ero arrivata lì?
Ricordavo la serata al pub, Natsuo, l’allarme antincendio, i due criminali che avevano cercato di derubarmi, l’attivazione del mio Quirk… e poi? Il totale blackout.
Provai con estrema lentezza a muovere la testa, ma venni investita da un’altra ondata di nausea prepotente. Mi sentivo uno straccio.
Sentii degli strani rumori provenire dalla cucina che mi fecero trasalire: non ero sola.
Mi ci volle tutta la mia forza d’animo per alzare appena il busto dal divano e guardare dall’altra parte della spalliera. Per poco non ebbi un infarto.
Vidi il suo immancabile cappotto nero aleggiare per la cucina; mi stava dando le spalle, intento a versarsi un bicchiere d’acqua.
Probabilmente si sentì osservato, dato che si voltò di scatto verso di me “ti sei svegliata finalmente” mi disse “come ti senti?”.
“Che cosa ci fai qui, Dabi?” facevo una fatica immane a parlare mentre il dolore alla testa non mi dava tregua.
“Ti ho portata qui io dopo che sei svenuta” mi rispose “fortuna che mi trovassi nei paraggi”.
“Fortuna?” lo schernii “che cosa è successo?”.
Si avvicinò lentamente a me e io d’istinto mi allontanai. Se ne accorse e si fermò rimanendo immobile “hanno cercato di aggredirti” rispose “e li ho sistemati”.
“Sono morti?” gli rivolsi quella domanda idiota conoscendo già la risposta. Si limitò a distogliere lo sguardo e a bere un altro sorso d’acqua.
Cercai di sistemarmi in maniera più comoda, ma appena mi mossi sentii una fitta lancinante provenire da dietro il collo. Con estrema fatica mi alzai, reggendomi alle pareti e dirigendomi verso il bagno. Dabi fece per avvicinarsi di nuovo a me, ma lo fulminai con lo sguardo “non toccarmi!” esclamai con decisamente troppa foga.
Mi rivolse uno sguardo indecifrabile, ma non si mosse.
Mi sentivo una specie di animale ferito in quel momento e avevo voglia di nascondermi per leccare le mie ferite.
Entrai in bagno posizionandomi davanti allo specchio. Avevo una faccia che faceva davvero spavento. Afferrai uno specchietto e tirandomi su i capelli, cercai con fatica di guardarmi il retro del collo.
Un’ orrenda cicatrice scura si era creata sulla pelle, sembrava una sorta di macchia nera. Mi faceva male. La osservai per parecchi minuti, prima di scoppiare a piangere reggendomi alla porcellana del lavandino. Non mi era mai capitato di avere una reazione del genere alla vista di una delle mie cicatrici, ma quella sera era diverso.
Non ce la facevo più, tutto quel dolore era diventato decisamente troppo.
Sentii Dabi bussare alla porta del bagno “Konan, mi fai entrare?”.
“Vattene via, Dabi” gli urlai disperata con la voce rotta dai singhiozzi “mi hai salvata, grazie tante. Non c’è più bisogno di provare pena nei miei confronti”.
“Non provo pena nei...” provò a dire dall’altro lato della porta, ma gli impedii di proseguire “Sono solo una scopata inutile, no? Una ragazzina stupida e inutile che non merita nemmeno il disturbo di essere ammazzata. Forse avresti fatto meglio a non prenderti il disturbo neanche di salvarmi… Ti prego, lasciami stare”.
Non udii alcun rumore dietro la porta per diversi minuti e pensai che se ne fosse andato.
Mi lasciai scivolare a terra abbracciandomi le gambe dondolandomi tra i singhiozzi cercando di consolarmi.
“Mi dispiace tanto, Konan” mi disse dopo diverso tempo. La sua voce tradiva dispiacere e tristezza, sembrava stesse piangendo. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo “mi dispiace di averti ferita, di averti fatto del male mentalmente e fisicamente. Ti prometto che sparirò per sempre dalla tua vita, che non ti tormenterò più, ma ti prego, apri la porta”.
Non mi aspettavo quelle parole né quel tono di voce. Sembrava fragile, più piccolo rispetto alla sua età. Quando, con fatica riuscii a rimettermi in piedi e ad avvicinarmi alla porta, per un attimo pensai che aprendola mi sarei trovato davanti al ragazzino che avevo visto in foto in casa Todoroki.
Dabi stava lì, in piedi davanti a me, con le guance segnate da rivoli di sangue. Aveva gli stessi splendidi occhi tristi che un tempo erano appartenuti a Touya. “Konan, mi dispiace così tanto” mi ripeté spostandosi i capelli dal viso “c’è… c’è un gran casino nella mia testa e nella mia vita. Prima di conoscerti, riuscivo a gestire tutto con incredibile facilità. Adesso sento troppe cose in maniera amplificata e questo mi terrorizza. Non sono bravo con questa roba, mi blocca, mi manda in tilt. Tu, la tua dolcezza, i tuoi tentativi disperati di mostrarmi il bene dentro di me, erano troppo da sopportare”.
Lo guardavo reggendomi alla parete sentendo il mio corpo tremare. Le lacrime non si erano fermate nemmeno per un secondo.
“Le tue parole” proseguì “non facevano altro che ricordarmi chi ero stato e questo non posso permettermelo. Senza Dabi, Touya non ce l’avrebbe fatta. Mi serve tutto questo odio, il desiderio di vendetta è l’unica cosa che mi ha tenuto in vita per tutti questi anni. Tu invece, hai incasinato tutto. Hai sbloccato quel poco che rimaneva di umano dentro di me e questo non riesco a gestirlo, mi fa andare fuori di testa…”.
Si asciugò una goccia di sangue dalla guancia “Non mi aspetto che mi perdoni, io non lo farei. Ma volevo che lo sapessi. Adesso, ti prometto che sparirò per sempre dalla tua vita e…”.
Mi gettai tra le sue braccia impedendogli di terminare la frase. Dabi ricambiò l’abbraccio stringendomi a sé saldamente, come se non volesse più lasciarmi. “Bambina mia” sussurrò tra i miei capelli con la voce commossa “non ti farò mai più del male, te lo giuro”.
Io non riuscivo a smettere di piangere. Le sue braccia mi erano mancate da morire e quell’abbraccio incredibilmente caldo, in quel momento mi sembrò il luogo più bello del mondo.
“Touy… Dabi” sussurrai.
Mi staccò leggermente da sé per guardarmi negli occhi “ripetilo” sussurrò.
“Dabi” risposi esitante.
“No, il mio nome. Pronuncia ancora il mio nome”.
“Tou… Touya”.
Lo sentivo tremare leggermente contro le mie mani poggiate sulle sue braccia. Lo vidi chiudere gli occhi sospirando. Portai la mia mano sul suo petto sentendo il suo cuore battere più velocemente.
“Avrei voluto conoscerti in un’altra vita, Konan” mi disse ad un tratto continuando a tenere gli occhi chiusi “avrei voluto renderti felice, vederti ridere. Ma intorno a me, non può esserci altro che orrore”.
Mi posò un bacio sulla testa staccandosi dalle mie braccia “è stato bello imbattermi nella tua vita per un po’, ragazzina”.
Lo guardavo con espressione interrogativa, ancora scossa dal distacco di quell’abbraccio che si era portato via tutto quel calore.
“Ti prego…” gli dissi con voce tremante “non te ne andare”.
Mi guardò con gli stessi occhi tristi “Konan, non c’è alcun futuro standomi accanto. Tu devi vivere: devi uscire, riempire la testa della gente con le centinaia di libri che hai letto… innamorarti”.
Lì si interruppe appena distogliendo lo sguardo dal mio viso e serrando i pugni “Natsuo è un bravo ragazzo, leale e soprattutto può darti la vita che ti meriti. Il solo pensiero che possa sfiorarti con un dito mi fa salire il sangue al cervello, ma devo farmi da parte… ti meriti di essere felice, Konan e tutto ciò che possa fare è sparire per sempre dalla tua esistenza”.
Sentivo il mio corpo pesare 200 kg e le connessioni del mio cervello erano andate a farsi benedire. Lo vidi voltarmi le spalle e allontanarsi.
“Touya!” gli urlai “io sono innamorata di te”.
Lo vidi bloccarsi, abbassando la testa verso il pavimento. “Konan…” sussurrò “davanti a me ci sono soltanto due strade: la morte o la prigione e non voglio che tu percorra con me nessuna delle due”.
“Deve esserci per forza un’altra via” provai a dire disperata.
“No, non ce ne sono!” si voltò di scatto, la sua voce aveva la stessa disperazione della mia “lo devo fare, lo capisci? Non c’è altro modo. Il desiderio di uccidere quel bastardo di mio padre mi ha tenuto in vita finora e non posso tornare indietro, non adesso che sono appena ad un passo dal riuscirci. Non ci sono alternative: lo devo al ragazzino debole e impaurito che sono stato, lo devo a mia madre”.
Non sapevo che cosa rispondergli. Il dolore traspariva da ogni singola parola e mi spiazzava.
Si avvicinò lentamente a me accarezzandomi la guancia “hai già affrontato troppo dolore, ragazzina, non sobbarcarti anche il mio, non ne vale la pena”.
Chiusi gli occhi, poggiando la mia mano sulla sua. “Rimani con me stanotte” sussurrai.
“Konan io…”.
“Ti prego. Rimani con me per l’ultima volta”.
Mi osservò per parecchi secondi prima di baciarmi. Mi strinsi a lui come se la mia vita dipendesse da questo. Sentii le sue mani accarezzarmi la schiena ed i fianchi e quel breve tocco bastò a farmi perdere la lucidità mentale.
Mi prese in braccio portandomi nella mia camera.
Si sedette al bordo del letto senza staccare per un attimo le labbra dalle mie. Gli sfilai velocemente la maglietta gettandomi sul suo collo. Baciavo e succhiavo la sua pelle che diventava più calda di secondo in secondo.
Sfilò la mia maglia portando le sue mani ovunque.
“Quando la smetteranno di toccarti?” ringhiò osservando le nuove cicatrici sulla mia pelle “se qui in mezzo c’è pure il marchio di Natsuo giuro che prima di andare da Enji vado a fargli visita”.
Arrossii violentemente, continuando a baciare il suo petto.
Dabi mi fece sdraiare sul materasso sovrastandomi con il suo corpo e iniziando a baciare il mio petto, i miei seni e il mio stomaco.
“Aspetta” gli dissi con la voce sfatta dal desiderio. Alzò lo sguardo su di me, guardandomi con aria interrogativa.
“Sdraiati” gli dissi. Obbedì e mi posizionai a cavalcioni su di lui. Lentamente, iniziai a sfilarmi prima il reggiseno, poi i jeans e gli slip. Vedevo il suo sguardo di fuoco studiare i miei movimenti senza perdersi nemmeno un dettaglio. Mi alzai, sbottonandogli i pantaloni e sfilandoglieli insieme ai boxer, con estrema lentezza.
Se ne stava immobile a godersi lo spettacolo “Dio, quanto sei bella”.
Mi posizionai nuovamente su di lui baciando ogni parte del suo corpo, accarezzandolo con la lingua. Quel ragazzo fremeva e sospirava ad ogni mio assalto. Gli afferrai una mano, guardandolo negli occhi, iniziando a passare la lingua sulla punta delle sue dita, prima di cominciare a succhiare avidamente il suo pollice. L’espressione di Dabi in quel momento era indescrivibile.
Sentivo la sua erezione premere contro il mio sedere e la mia eccitazione stava diventando incontenibile. Mi voltai, rimanendo a cavalcioni su di lui, iniziando a succhiarlo e baciarlo mentre i suoi ringhi diventavano sempre più acuti. Il suo sapore mi faceva impazzire “Cazzo, Konan!” esclamò.
Dabi si leccò due dita prima di spostare la mano sulla mia intimità iniziando a stuzzicare il mio clitoride. Non ce la facevo più, lo volevo dentro di me.
Afferrai rapidamente un preservativo dal cassetto del comodino. Lasciai che mi scivolasse dentro sentendomi completamente riempita da lui.
“Cazzo, quanto mi sei mancata!” esclamò quando iniziai a muovere i fianchi lentamente sentendomi pervadere da un piacere immenso.
Dabi mi afferrò i seni stuzzicando i miei capezzoli con le dita “danza, danza per me, ragazzina”.
Iniziai a muovermi più velocemente mentre, sotto di me, di tanto in tanto Dabi assestava delle forti spinte che mi mozzavano il respiro.
Lo tirai a me baciandolo con foga e stringendogli le braccia attorno al collo. Avvinghiai le mie gambe intorno ai suoi fianchi mentre Dabi affondò le sue dita nei miei alzandomi e abbassandomi a suo piacimento sulla sua asta.
“Cazzo, ci morirei dentro di te” ringhiò contro il mio orecchio tirandomi leggermente i capelli e mandando un’altra scossa alla mia intimità.
Mi guardò negli occhi sentendo il mio respiro diventare più affannoso “voglio guardarti mentre vieni” mi disse con la voce sfatta “voglio vederti contorcerti dal piacere”.
Quelle frasi e il tono con cui le avevano pronunciate mi diedero il colpo di grazia. “Touya!” urlai prima di esplodere stringendolo a me con forza.
Sentendomi pronunciare quel nome, le sue spinte diventarono ancora più sostenute mentre la sua mano si spostò sul mio clitoride per continuare a darmi scariche di piacere.
“Vieni dentro di me” gli sussurrai guardandolo negli occhi. Lo sentii gemere prima di stringermi a sé mordendomi piano la spalla sinistra.
Ci sdraiammo sul materasso con il fiato corto mentre sentivo il mio corpo ancora incredibilmente sensibile. Dabi mi guardava con un’espressione stranamente dolce.
Gli sorrisi accarezzandogli i capelli “che succede?” gli chiesi.
Lo vidi arrossire leggermente prima di rispondere “scusa anche per la doccia di stasera…”.
Lo guardai con espressione interrogativa, prima di capire a che si riferisse “che stronzo, lo sapevo che eri stato tu!” dissi con un finto tono arrabbiato e gli tirai un cuscino in faccia.
Lo spostò tirandomi delicatamente a sé con espressione divertita “perdonami, non ho saputo resistere”.
Quella notte parlammo a lungo. Mi chiese delle mie cicatrici, a chi appartenessero e quale fosse la loro storia. Mi osservava senza parlare, tradendo di tanto in tanto fastidio e rabbia dal suo sguardo. Quando parlai del piccolo fiocco di neve lasciatomi da Natsuo, lo vidi irrigidirsi e imprecare sottovoce. Sorrisi, accarezzandogli piano il viso.
Per la prima volta, Dabi mi parlò anche un po’ di sé, rivelandomi episodi buffi della sua famiglia: gli scherzi fatti a Fuyumi, le litigate con Natsuo, i vicini che si lamentavano della chitarra elettrica a tutto volume alle 2 del mattino. Ridemmo entrambi a crepapelle, lui ricordandoli, io immaginandoli.
Solo quando parlava di suo padre e di Shoto il suo sguardo si spegneva. Io non osavo chiedere, mi limitavo solo a guardarlo accarezzandogli i capelli.
Alla fine, verso le 4 del mattino, mi addormentai con la testa ancora poggiata al suo petto, lasciandomi cullare dal ritmo del suo respiro.
Sapevo con certezza di non trovarlo più al mio risveglio.
Con enormi probabilità, non l’avrei più rivisto: era deciso ad intraprendere la via della vendetta per trovare la sua pace e per quanto quell’idea mi facesse male al cuore, la decisione era soltanto sua.
Ma per quella notte, per quelle minuscole insignificanti ore passate insieme, mi permisi di sognare un futuro felice con l’uomo che amavo.
*Immagine: Pinterest
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