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Capitolo 4 - Illusoria speranza

«Sai dirmi cosa cresce in questa zona?»

Alexiej picchiettò l'indice sulla mappa, indicando una piccola zona boschiva sul versante a est della montagna. Nelle cartine vere c'erano diverse gradazioni di verde e retini a differenziare la vegetazione, ma su quella aperta sul tavolo spiccavano buffi alberelli stilizzati con sorrisi tra le chiome.

Krija si spinse con le ginocchia sulle sue gambe e si sporse in avanti, fissando le immagini colorate sul foglio in un mugolio pensoso. «Gli alberi. Tanti boschi di alberi!»

«Il bosco è uno solo, piccola perla» disse Ingveld, accarezzandole i capelli chiari. Li avevano acconciati allo stesso modo, con due nodi di trecce ai lati del capo e lunghi ciuffi ai lati del viso. «Ricordi che alberi sono? Questo alto dalla forma a punta si chiama...»

«Viktor!»

Alexiej sbuffò una risata. «È un bel nome, ma tua madre vorrebbe sapere che tipo di albero è.»

Krija scivolò giù, tornando seduta. La precettrice sosteneva che fosse troppo grande per stare in braccio ai suoi genitori, ma la determinazione di Alexiej nel negarlo diventava polvere davanti agli occhioni azzurri di sua figlia.

«Un pigno — no, un pino!» disse lei, e Ingveld annuì in un sorriso più ampio. «Sui pini crescono le pigne, e dentro ci sono i pinoli.»

«E quale animale mangia le pigne?»

«I cinghiali. Mangiano anche frutta e insetti, perché possono mangiare tutto. Posso avere un cinghiale, madre? Uno piccolo piccolo, sono così carini...»

«I cinghiali non sono animali domestici, sono troppo aggressivi.» Ingveld arrotolò la mappa con cura, legandola al centro con un fiocco ben stretto. «Poiché hai risposto correttamente, potrai ammirarne uno selvatico. Tuo padre ti accompagnerà a cercarne uno, ma dovrai promettere di seguire le sue indicazioni e di osservare gli animali da lontano.»

«Possiamo andare subito? Ti prego, padre!» Krija si aggrappò al braccio di Alexiej, sollevando lo sguardo speranzoso verso di lui. La sua espressione brillava di un tale entusiasmo da scaldargli il petto. «Poi i cinghiali vanno a dormire e non li vedo più!»

«I cinghiali non vanno in letargo, Krija. È tardi per andare nei boschi, però possiamo provare al parco. È la stagione migliore per vederli e—»

«Andiamo a vedere il cinghiale!» esultò Krija. Saltò giù dalle sue gambe e raccolse la lepre di legno intagliato che aveva lasciato sul tavolo, piroettando con gioia. «Vieni anche tu, madre?»

«No, piccola perla, devo tornare al lavoro. Quando sarai più grande ti spiegherò i calcoli necessari e potremo farlo insieme.» Ingveld le rivolse un sorriso tiepido. Sistemò la mappa insieme alle altre, spingendo il rotolo di carta nello schedario con meno cura del solito. Non era meticolosa quanto Alexiej nell'organizzare la sua attrezzatura, ma di solito si preoccupava almeno di mantenere il giusto ordine. Aveva uno studio molto più grande del suo, con tante mappe, documenti e fascicoli che senza una catalogazione sarebbero occorse ore solo per trovare il foglio giusto. «Krija, va' a chiamare Anesla. Devi indossare un abito da passeggiata e gli stivali adatti, e chiedile di acconciarti i capelli in maniera più graziosa.»

La bambina annuì e le corse incontro, avvolgendole le gambe con le braccia. Era così alta che già superava il suo grembo, anche se Ingveld dovette scivolare in ginocchio per baciarle una guancia. La precettrice sosteneva che dovessero limitare quelle effusioni, abituandola a salutare nel giusto modo anche in privato, ma persino Ingveld faticava a mantenere con lei un comportamento tanto rigido.

«Dovete salutarvi anche voi.» Krija la prese per mano e la trascinò giocosa verso Alexiej, che subito si alzò in piedi. Era indecoroso lasciare che una donna si piegasse per raggiungerlo: se per gioco Krija l'avesse detto a qualcuno o li avesse imitati, la Matriarca li avrebbe redarguiti. Si lamentava che la stessero viziando troppo, ma perché ostinarsi a soffocare la sua affettuosità? Che fosse libera almeno lei, fintanto che l'età le avesse consentito di esserlo. Che abbracciasse e baciasse chi amava tutte le volte che voleva, Alexiej conosceva fin troppo bene il dolore di non poterlo fare.

Ingveld gli offrì le mani e lui le raccolse per portare le nocche alla fronte, poi si sporse per baciarle una guancia.

«No!» si lamentò Krija, battendo i piedi. «Dovete salutarvi come fanno i genitori che si vogliono bene!»

Alexiej deglutì, sforzandosi di mantenere alto quel sorriso. Abbassò lo sguardo mentre sfiorava le labbra di sua moglie in un bacio leggero, uno schiocco che fece ridere Krija ma che gli attorcigliò lo stomaco. Perché un tocco così semplice era così complicato da gestire?

Baciare Ingveld non lo infastidiva. Non lo infastidivano i suoi abbracci, le sue mani tra i capelli, stringere il suo corpo caldo nelle notti più fredde. C'erano volte in cui aveva persino provato piacere, volte in cui aveva creduto di poter essere un uomo normale, ma sapeva che si trattava solo di una menzogna. Una bugia in cui voleva credere così disperatamente da ingannare persino il suo corpo, ma non abbastanza da scacciare altri pensieri dalla sua mente, non abbastanza da dimenticarli. Non s'era mai sentito di qualcuno che desiderasse sia uomini che donne, perciò una delle due cose doveva essere falsa e non poteva essere quella che aveva cercato di scacciare invano per la sua giovinezza.

Krija sorrise soddisfatta e si precipitò fuori dallo studio in versi allegri. Ingveld si affacciò sull'uscio e attese di vederla svanire oltre i corridoi prima di chiudere la porta, spegnendo ciò che restava del suo sorriso.

«Troppo tardi per i boschi?»

«Mio malgrado. Il parco è più sicuro, e Krija potrà trovare altre distrazioni se dovessimo avere sfortuna nella ricerca.»

«Perciò il fatto che sia adiacente alle proprietà Metsiz è una banale coincidenza.»

Alexiej si irrigidì. «Mi credi un uomo così spregevole da sfruttare i desideri di mia figlia per il mio tornaconto?»

«Ti credo un uomo impaziente di cogliere qualsiasi occasione possa offrirti la possibilità di incontrare Donzel Edvokin. Deve possedere un animo molto persuasivo per indurti ad accantonare la tua naturale avversione alla vita sociale: lo segui in taverna, all'arena, ovunque lui si rechi eccoti figurare tra le sue compagnie.»

«Così come tutti gli altri. Donzel Edvokin è generoso nell'elargire inviti e chiunque converrebbe che rifiutarli sarebbe sgarbato. Io non faccio altro che rispondere con la medesima cortesia.»

«Suona esattamente come una giustificazione.» Ingveld affilò gli occhi severi sotto le sopracciglia aggrottate. «Non mentire a tua moglie. Ti avevo messo in guardia, ma ti sei comunque invaghito di lui.»

Alexiej deglutì. Raccolse la giacca dalla sedia e la indossò, dandole le spalle. «Fintanto che la giustificazione risulta convincente, la questione non ha alcun motivo di preoccuparti.»

«Colori, Alex! Cosa ti aspetti da me, che incoraggi le tue infatuazioni? Nel peggiore dei casi verrai scoperto, e nel migliore finirai per struggerti dal dolore.» Ingveld liberò uno sbuffo esausto. Camminò attorno al tavolo in uno scalpicciare di tacchi, massaggiando la fronte. «C'ero io ad ascoltare le tue angosce, l'hai dimenticato? Io ho asciugato le tue lacrime, alleviato le tue sofferenze e curato le ferite del tuo cuore. Non voglio vederti di nuovo in quello stato.»

Alexiej sospirò. Avrebbe dovuto dirle che quella volta era diverso, che quell'attrazione non esisteva solo nella sua mente, ma non era un segreto soltanto suo. Si fidava di Ingveld, ma non poteva pretendere lo stesso da Edvokin. Rivelare che condividevano la stessa turpe passione, esporlo come frequentatore del Nezdvi... Non sembrava una scelta che spettasse a lui.

«Non accadrà, Inga.» Abbozzò un sorriso e la raggiunse, sfiorandole la mano. Il viso di sua moglie si distendeva sempre quando abbreviava il suo nome. «Ho smesso di rincorrere illusioni, puoi accantonare i tuoi timori.»

«Non hai negato, però. Sei invaghito di lui.»

Alexiej distolse lo sguardo. Portò le nocche di Ingveld alla fronte in un ultimo saluto, poi si voltò. «Ti lascio al tuo lavoro.»



«Padre, guarda! È pieno di uccellini!» Krija corse lungo il sentiero sterrato, le braccia tese al cielo mentre rideva. Drogos le andò dietro borbottando, ma ogni sua richiesta di trovare contegno si dissolveva inascoltata nel vento tiepido di fine estate. Più l'uomo la rincorreva e più Krija rideva forte, facendo ondeggiare i boccoli avorio raccolti solo per metà in un nido di trecce.

Un piccolo volatile abbandonò la chioma del sorbo su cui si era posato in un vibrante sbattito d'ali, e Krija si fermò in un sussulto ammirato. Con il naso all'insù seguì il suo volo fino a che non scomparve tra gli alberi, lasciando indietro solo le note allegre del suo canto.

«Padre! Padre!» Krija gli corse incontro, aggrappandosi ai suoi pantaloni. «Che uccello era quello? Ha fatto un balletto nel cielo, hai visto? Poi è volato via velocissimo!»

«È un fringuello, mia perla» disse Alexiej, scrutando tra le fronde. Le ali di quell'esemplare avevano un nero così intenso... Forse avrebbe dovuto portare con sé il taccuino. «Un maschio. Le femmine cantano di rado e il loro verso è meno acuto.»

«Mi aiuti a cercarlo? Voglio vederlo di nuovo.»

«E i cinghiali?»

«Anche quelli. Voglio vedere tutto!» Krija riprese a correre. Drogos asciugò la testa glabra con un fazzoletto e si precipitò dietro di lei, suggerendo cautela. «Voglio venire qui tutti i giorni! Il parco è il posto più bello della città, vero, padre?»

Alexiej arricciò il naso, lasciando vagare lo sguardo lungo il parco. Si sviluppava su scaglioni artificiali, con alcove e piazzole sospese che facevano capolino nella vegetazione rigogliosa. I sentieri si ramificavano con ponti e scalinate che agevolavano le passeggiate tra i piani, e Pietre di Sihir incastonate in colonne colorate mitigavano la temperatura nei mesi più freddi. Ogni scaglione sfoggiava il proprio colore predominante, dall'azzurro dei laghetti al viola del glicine, nell'ordine dell'arcobaleno. Così piacevoli all'occhio, nella loro elegante simmetria, da pizzicargli la pelle in un fastidio difficile da scacciare.

Strutture tanto perfette non si addicevano alla natura. Arbusti potati in forme dritte, piante allogene coltivate in riquadri, gazebi e fontane di pietra... Non era un giardino, ma un'orrenda composizione fabbricata per appagare la vista, il fondale di un quadro appeso sulla parete, mero sfondo per i suoi protagonisti. I profumi delle donne nascondevano quello dei fiori, i tessuti sgargianti degli abiti distoglievano l'attenzione dal paesaggio, le melodie di corde pizzicate e flauti suonate dalle musiciste disturbava il canto degli uccelli.

Alexiej si voltò. Guardò Krija, l'entusiasmo che sfavillava nel suo sguardo, e sorrise. «Sì, è meraviglioso. Se il tempo sarà clemente, potremo tornarci anche domani... Ma dovrai comportarti a modo e seguire quanto dice Drogos.»

«Non è giusto!» si lamentò lei, gonfiando le guance. «Madre dice che gli uomini devono ascoltare le donne, non il contrario.»

Strinse la gonna a quadri rossi del bunad e la agitò in lamenti offesi, ma quando il domestico le ricordò del cinghiale accantonò ogni malumore per proseguire la sua ricerca, dimenticando persino il fringuello.

Salirono al quarto scaglione, il meno affollato, regno di alberi sempreverdi e rampicanti senza fioriture. Da quell'altezza si riusciva a vedere la magione Metsiz, i tetti curvi dalle tonalità luminose che si allungavano verso le nubi rarefatte che attraversavano il cielo. Alexiej non l'aveva mai notato prima, ma era davvero vicina, tanto che si sarebbe potuta raggiungere a piedi.

Non che avesse voluto farlo. Non l'avrebbe fatto. Era andato lì per Krija, e i sospetti di Ingveld non cambiavano la realtà dei fatti. Avrebbe proseguito con sua figlia fino alla pineta, dove l'affluenza di visitatori era più ridotta, e avrebbe fatto del suo meglio per...

Lo notò con la coda dell'occhio, attorniato da un nugolo di fanciulle su una piazzola sospesa. Abitualmente si poteva incrociare il cammino di una donzella in compagnia dei suoi spasimanti, ma Edvokin riscriveva il concetto di canonico a suo piacimento. Così le ragazze lo accompagnavano attorno tra risate allegre e seguivano ogni suo passo senza staccargli gli occhi di dosso, pendendo dalle sue labbra. E, Dea, come poteva biasimarle?

«Desidera che ci avviciniamo per porgere i nostri saluti, Don?» disse Drogos, sistemando gli occhiali squadrati sul naso.

«Non è necessario.» Alexiej si schiarì la voce. Pronunciarlo era stato così faticoso che sentiva la bocca secca. «Si avvicina il crepuscolo, dirigiamoci subito a—»

«Lo zio!» trillò Krija, affrettandosi ad attraversare il ponte.

Alexiej le corse dietro insieme a Drogos. Poche falcate furono sufficienti a raggiungerla e afferrarle la mano, ma i suoi schiamazzi avevano attirato l'attenzione dei presenti. Edvokin alzò lo sguardo e rise, avvicinandosi insieme allo sciame di donzelle che lo seguiva.

«Donzelletta Krija, Don Alexiej, quale gradita sorpresa! Vi state godendo la passeggiata?»

«Zio!» disse lei, e allungò la mano libera per porgergli il palmo.

Alexiej sospirò. «Non è tuo zio, Krija. E la mano si rivolge capovolta per il saluto, in questo modo.»

Le ruotò dolcemente il polso, guidando le sue mani perché fossero entrambe in posizione. Lei se le guardò per un istante, arricciò il naso e le girò di nuovo, tendendo le braccia verso Edvokin.

«Cosa mi hai portato oggi?»

«Donzelletta Krija, non è appropriato richiedere doni, per di più agli estranei» borbottò Drogos, inginocchiandosi al suo fianco. «E dovreste mostrare più rispetto nel linguaggio, una simile confidenza è da riservare solo ai familiari. Vostra madre sarebbe molto delusa dal vostro comportamento.»

Krija si accigliò, gonfiando di nuovo le guance. Le ragazze risero e si scambiarono occhiate divertite, ma i loro sguardi puntarono tutti su Alexiej, in attesa. Una di loro, dai lunghi capelli neri nascosti sotto un platok decorato – Donzella... Corinna, se rammentava bene – si schiarì persino la voce per incitarlo.

Alexiej sospirò, chinando lo sguardo. «Vi prego di perdonare le maniere di mia figlia, ha raggiunto da poco l'età per l'apprendimento e non è ancora pratica nell'educazione. Vi porgo le nostre scuse per il disturbo.»

«Che sciocchezze, è inaudito che una fanciulla così graziosa possa recare disturbo. Non ho dubbi che la pensino allo stesso modo anche le splendide donzelle qui presenti, poiché incarnano l'animo più radioso che possiate immaginare. I loro cuori emanano una colorazione tanto gentile che persino il più incallito tra gli uomini si troverebbe ammansito alla loro presenza.» Edvokin rivolse un ampio sorriso a ognuna di loro e tutte si affrettarono a ricambiare, ringalluzzite da quei complimenti. «Invero non potrei definirmi uomo se non fossi in grado di accontentare una così semplice richiesta. Cosa ne pensate di questo, Donzelletta Krija? Potete accettarlo, se è di vostro gradimento.»

L'attenzione di Krija si accese di nuovo quando Edvokin scivolò in ginocchio, tirando fuori una piccola custodia dall'interno della giacca. Aprì la scatola per rivelare un fermaglio dipinto sui toni del rosso e del blu, con piccole Pietre di Sihir che brillavano lungo la fila centrale. Un accessorio più adatto a un'adulta che una bambina, e quella custodia bianca... Un omaggio pensato per una delle ragazze che corteggiava.

Krija allargò un sorriso estasiato. «Padre, hai visto? Luccica come quelli che indossa madre! Adesso sarò bella come lei.»

«I ringraziamenti, Krija» ricordò Alexiej, e lei obbedì, tutta presa dal suo gingillo. «Drogos, aiutala a indossarlo. Donzel Edvokin, la vostra generosità ci lusinga, ma non era necessario.»

«Certo che sì, è il minimo che possa fare per scusarmi di questo inconveniente. Sono in ritardo per il nostro incontro, nevvero?»

Alexiej strabuzzò gli occhi. «Quale—?»

«Che sbadato! La presenza di queste fanciulle è così sfolgorante che avevo rimosso ogni altro pensiero dalla mia mente, e solo ora mi accorgo di quanto il sole sia vicino al tramonto.» Si rialzò in un lungo sospiro, tornando al centro tra le ragazze per rivolgere da una all'altra lo sguardo. «Dovrebbero costruire un grande orologio al centro del parco, sicché diverrebbe impossibile cadere in simili errori. Mio cugino ne possiede uno da passeggio, lo credereste possibile? Così piccolo da poterlo tenere in un palmo, ho avuto modo di vederlo con i miei stessi occhi. È pur vero che, se anche ne avessi uno con me, temo che in vostra compagnia dimenticherei di guardarlo... Chiacchierare con voi rende ogni ora così gradevole che appaiono come rapidi secondi ai miei occhi. Cosa dicevamo? Oh, certo. È giunta l'ora di andare, non è così, Don Alexiej?»

Lo guardò. Le ragazze puntarono di rimando gli occhi su di lui, confuse e sorprese, e Alexiej pregò Beyled di non avere la stessa espressione dipinta sul viso. Incrociò lo sguardo di Edvokin mentre si schiariva la gola, in cerca di un qualunque suggerimento, e lui sollevò le sopracciglia in un cenno eloquente. Dea, in cosa si stava cacciando?

«Senza dubbio» rispose, e vide il sorriso di Edvokin farsi più ampio prima di svanire quando le ragazze gli rivolsero lo sguardo.

«Ah, lo supponevo. I nostri compagni saranno già tutti riuniti, a quest'ora.»

«E la nostra passeggiata, Donzel Edvokin?» disse la fanciulla dai capelli neri. «Certo non preferirete il vostro incontro a noi. O siamo diventate così insignificanti ai vostri occhi?»

«Impossibile. La Dea Bianca potrebbe privarmi della vista e ciò non mi impedirebbe di riconoscere la vostra bellezza, dolce Corinna, tanto il ricordo del vostro viso è inciso in profondità nel mio cuore.» Edvokin mimò una carezza sulle guance, sfiorandole il volto senza toccarlo. «Potrebbe privarmi dell'olfatto e non rimpiangerei che il vostro profumo, cara Vilora, più squisito di qualunque fiore. E che dire di voi, adorata Helka? Se Beyled mi privasse dell'udito, vivrebbe ancora in me il suono dei sonetti recitati dalla vostra soave voce.»

Alexiej roteò gli occhi mentre le donzelle si abbandonavano a risolini ammansiti. Sapeva che non c'era nulla di concreto in quella sdolcinatezza, eppure lo stomaco si contraeva a ogni languido sorriso che le ragazze gli rivolgevano. Come riusciva Edvokin a essere così bravo? Persino nell'ovvietà dei suoi commenti, e avendo certezza del suo imbroglio, era così difficile credere che non fosse sincero. C'era davvero differenza tra gli sguardi con cui ammaliava loro e quelli che dedicava a lui?

«Ditemi, Don Alexiej.» Edvokin gli rivolse un nuovo cenno di intesa. «Credete che i nostri compagni possano attendere un'altra ora?»

«No» disse, più rigido di quanto avesse voluto. Lanciò un'occhiata fugace a Drogos, assicurandosi che la sua attenzione fosse concentrata su Krija. «Siete già in ritardo, assentarsi così a lungo sarebbe indecoroso.»

«Saggia opinione. Dunque cosa suggerite?»

«Sarebbe il caso di raggiungerli.»

«Immediatamente?»

«Senza alcun indugio.»

«Mie opalescenti donzelle, vi scongiuro di trovare nel vostro cuore la bontà di mostrarmi indulgenza. A malincuore devo congedarmi, una simile mancanza di rispetto verso i miei stimati amici sarebbe inaccettabile. Vi assicuro che troverò il modo di farmi perdonare.»

Corinna sbattè le lunghe ciglia, scambiandosi sguardi incerti con le altre. Vilora aveva appena cominciato a balbettare qualcosa che Edvokin afferrò le sue mani per portarle alla fronte, salutando ognuna di loro prima di attraversare in fretta il ponte.

«Che splendida interpretazione! Ottimo tempismo, nessuna traccia di incertezza... Siete dotato di vero talento, si potrebbe dire che l'inflessibilità sia nata per appartenervi.» Edvokin rise di nuovo. Stiracchiò i muscoli e sgranchì il collo in un sospiro di sollievo. «Fortuna che ci siamo intesi, mi ero rassegnato a dover passeggiare fino al tramonto. Dunque, in quale attività mi sono intromesso? Quali sono i vostri programmi per il pomeriggio?»

«Andiamo a vedere i cinghiali!» disse Krija, saltellando davanti a loro con il fermaglio ben in mostra. Drogos le camminava a fianco senza perderla di vista. «Lo zio viene con noi?»

«Non è— Beyled candida.» Alexiej sospirò. Chiuse gli occhi e massaggiò piano le sinusi, sentendo sua figlia ridacchiare. Dieci minuti insieme a lei sarebbero bastati a ribaltare il parere di Edvokin sulla sua inflessibilità. Forse la Matriarca aveva ragione a lamentarsi delle sue capacità genitoriali: Ingveld non negava affetto a Krija, ma quantomeno riusciva a farsi ascoltare. «Se Donzel Edvokin vorrà unirsi a noi sarà il benvenuto, qualora non avesse altri impegni.»

«Come siete solenne, Don Alexiej» disse Edvokin. «Così facendo darete di me l'idea di un uomo che ha qualcosa di importante da svolgere, quando mi prodigo per sottolineare l'esatto opposto.»

«Drogos, avviati con Krija. Io e Donzel Edvokin vi raggiungeremo dopo aver conferito.» Alexiej attese che il domestico prendesse per mano sua figlia e si allontanasse di alcuni kam, poi tornò su Edvokin. «Siete consapevole di aver consolidato un precedente, vero? Adesso nulla potrà più dissuaderla dall'idea che le offrirete un dono ogni volta che vi incontrerete.»

«Vorrà dire che mi assicurerò di portare sempre con me qualcosa da regalarle.»

«E quel fermaglio—?»

«Non datevi pena, non avevo ancora deciso a chi offrirlo. Acquisterò qualcos'altro. Dovrò anche farmi perdonare per oggi, sicché mi toccherà puntare su qualcosa di più lussuoso... Di certo qualcosa mi verrà in mente.»

Alexiej si rabbuiò. «Vi prendete gioco in questo modo di tutte le fanciulle che corteggiate?»

«Non avrete difficoltà a comprendere perché mi è impossibile offrire loro sincerità.»

«Ma è necessario prodigarsi in tutte quelle moine? Elargire complimenti così fasulli? Orchestrare doni da dispensare come fosse cibo per ammansire una bestia?»

«Parlate come se foste estraneo al corteggiamento.» Edvokin rise, tenendo lo sguardo fisso su di lui mentre camminava. «Qualunque ragazza si aspetta di venire elogiata dall'uomo che professa per lei un certo interesse, non degnerebbe d'uno sguardo chi fosse incapace di lodare le sue qualità. I miei complimenti, però, erano tutt'altro che fasulli: converrete con me nel definire Corinna una fanciulla graziosa, suppongo. Vilora sceglie con raffinatezza ogni fragranza da indossare, e vi assicuro che Helka compone poesie di apprezzabile sensibilità. Non ho proferito nessuna menzogna, ho solo... esagerato un po' nell'esposizione.»

«Nessuna menzogna? Vi siete comportato come se fossero il vostro unico interesse, ma le avete ingannate pur di non trascorrere il tempo con loro.»

«E voi mi avete assecondato con eccezionale perfezione.»

«Cos'avrei dovuto fare, smascherarvi?» Distolse lo sguardo. No, quello era ingiusto. Non gli era dispiaciuto farlo. Non gli dispiaceva averlo accanto, né che avesse liquidato quelle fanciulle per lui. Il buonsenso gli sussurrava di ammonirlo per la sua frivolezza, ma l'emozione che sentiva crescere in petto era di natura differente. «Non è corretto nei loro confronti. Potreste quantomeno impegnarvi con serietà nel corteggiamento, trattarle con riguardo e sforzarvi di rendere concrete le vostre parole.»

«E non sarebbe più crudele donare loro un'illusoria speranza?» Edvokin fermò il passo. Affondò le mani tra i capelli e li gettò indietro, liberando la fronte per alcuni istanti prima di lasciarli cadere. Poteva un gesto così semplice fargli avvampare il petto? «Avrete notato che non indosso alcun fazzoletto bianco al collo. È noto in tutta Kholod che non ho interesse nel matrimonio e che i miei corteggiamenti non sono che un passatempo, così le donzelle possono trattare le nostre interazioni per ciò che sono, nient'altro che un gioco con cui divertirsi per sfuggire alla noia.»

«Qualcuna di loro potrebbe credere di farvi cambiare idea, spronata dalle vostre adulazioni. Non vi preoccupa l'idea di farle soffrire, se dovessero sviluppare per voi sentimenti sinceri?»

«Non siate ridicolo, Don Alexiej. Non sono il tipo di uomo di cui le persone si innamorano.» Edvokin liberò una risata amara. Il suo sorriso era... identico, eppure l'ombra di ciò che gli aveva rivolto finora. «Alle donne piace l'idea che un uomo come me le corteggi, ecco tutto. Ammirano il mio volto, ridono alle mie battute, si crogiolano nei miei complimenti, ma nessuna di loro mi prenderebbe in considerazione come marito se non per la mia dote, che nulla ha a che fare con i sentimentalismi.» Si voltò, e Alexiej seguì il suo sguardo fino alla piazzetta sospesa, dove Corinna e le altre donzelle chiacchieravano amabilmente tra loro. «Questo è il modo più sincero che ho a disposizione per mantenere una parvenza di libertà. Potete considerarlo spregevole, eppure preferisco mentire nella fugacità di un corteggiamento piuttosto che nella durevolezza del matrimonio.»

Alexiej avvampò. Gettò lo sguardo ai suoi piedi, la voce di Krija che si faceva più distante. «Non è come pensate. Non ho ingannato Ingveld, ci siamo sposati consapevolmente.»

«Forse avete giurato a Beyled con sincerità, eppure lei non è la sola con cui avete condiviso il letto.» Edvokin si avvicinò, la voce ridotta a un sussurro. «Vi impegnate per essere un buon marito, lo vedo, ma persino gli sforzi più sinceri impallidiscono di fronte alla verità. Non ho dubbi che amiate vostra figlia, ma potete affermare di amare vostra moglie? Neanche voi vi state preoccupando dei suoi sentimenti, mi sembra.»

Alexiej inspirò a fondo, ma il respiro si fermò al centro del petto. Le braccia formicolavano di un prurito che non riusciva a scacciare, rosicchiando le ossa. Era questo che pensava di lui? Lo credeva in grado di vincolare un'altra persona per la vita pensando unicamente ai suoi interessi?

«Non vi giudico, Don Alexiej» proseguì Edvokin. «Questo vorrei che fosse esplicito. Sono certo che abbiate buone ragioni per aver scelto la vostra strada, così come io possiedo le—»

«Krija non è mia.» Serrò le labbra.

Non avrebbe dovuto dirlo. Non avrebbe davvero dovuto dirlo.

«Prego?»

Alexiej gettò fuori l'aria in un sospiro pesante. Si passò una mano sul volto sudato, ma l'agitazione si era ormai annidata nel petto. «È mia figlia. Un pezzo della mia anima. Ma non ha il mio sangue.»

Gli occhi di Edvokin si spalancarono. «Oh. Non è... Oh. E di chi avrebbe il sangue, di grazia?»

«Questa non è un'informazione che ho diritto di rivelare» tagliò corto Alexiej. «Io e il fratello maggiore di Ingveld siamo vecchi amici. Al tempo si confidò con me sulla gravidanza spinto da alcol e disperazione, così il giorno seguente cominciai a corteggiarla. Le offrii il mio aiuto, promettendole che avrei protetto il suo segreto se lei avesse fatto lo stesso con il mio.»

«Siete stato coraggioso a parlare.» L'espressione di Edvokin si ammorbidì, e così la sua voce. Era sempre soave, leggera e melodiosa come il canto di un usignolo, ma Alexiej non l'aveva mai udita così quieta. «Avreste potuto tenerlo per voi e apparire ai suoi occhi come un eroe a cui è dovuta eterna riconoscenza.»

«Ingveld non mi deve nulla. Questo matrimonio è stato di convenienza per entrambi, non sarebbe stato corretto lasciare che sia lei l'unica a sentirsi in difetto. Non posso offrirle amore, ma ho giurato che avrebbe potuto contare sulla mia sincerità.»

«Ritiro dunque quanto detto, e vi porgo le mie scuse. Pare che io mi sia clamorosamente sbagliato sul vostro conto. Siete davvero un uomo d'onore, di certo migliore di quanto lo sia io.»

Alexiej sussultò. «Non era mia intenzione insinuare che—»

«Padre! C'è uno scoiattolo tutto grigio, vieni! Presto! Sta scappando!» urlò Krija. Saltellava sul posto, la mano stretta in quella di Drogos che la riportava al suo fianco ogni volta che cercava di correre via.

«Temo sia giunto il momento di restituirvi a vostra figlia, pare si tratti di un'autentica urgenza» sghignazzò Edvokin. Allungò un braccio e gli fece cenno di avanzare per primo, ma Alexiej restò a fissarlo.

«Non sono d'accordo su quanto avete detto sui sentimentalismi, Donzel Edvokin. Voi...» Deglutì. Le labbra divennero secche, il cuore si incastrò in gola. «Non siate così severo con voi stesso. Di motivi per innamorarsi di voi sono certo che se ne possano trovare parecchi.»

«Ah, vedo che possedete buona memoria! Mi domando se abbiate anche ragione.» Edvokin rise di nuovo e si avviò, attirando l'attenzione di Krija.

Alexiej lo osservò seguire le indicazioni di sua figlia, inoltrandosi tra i cespugli. Era falsa modestia, la sua? L'umiltà non sembrava una caratteristica che potesse appartenere a Edvokin Metsiz, vera o falsa che fosse, ma era impossibile che credesse davvero in quelle parole.

Lui vedeva solo ragioni per considerarlo amabile. Era premuroso, sagace, raggiante. Si preoccupava anche quando sembrava vero il contrario, era una persona migliore di ciò che ostentava. Se avesse potuto guardarsi attraverso gli occhi di Alexiej, avrebbe visto che le più belle tonalità che Beyled aveva donato al mondo convergevano in lui.

Sospirò, stropicciandosi gli occhi. Abbozzò un sorriso all'ennesimo richiamo di Krija, poi la raggiunse per unirsi alla ricerca.



Un applauso ad Alexiej che si mostra campione di coerenza, tiene per sé il segreto di Edvokin ma spiattella quello di Ingveld in 0.3 secondi X°D È un segreto anche suo, dopotutto, però mi fa sorridere che si dia da solo delle regole che non rispetta XD

Se qualcuno se lo stesse chiedendo... Yes, he's bi. Come abbiamo già visto in Bluebird, a Zima il concetto di bisessualità non esiste e quest'idea è tanto radicata che Alexiej è convinto che la sua attrazione verso le donne non sia autentica, ma solo frutto dei suoi tentativi di "essere normale". Evviva la bi-erasure :')

In Bluebird qualcuno aveva "criticato" l'atteggiamento di Edvokin verso le ragazze che corteggia,  quindi sono curiosa di sapere se l'avete un po' rivalutato u.u Ad Alexiej è bastato poco, lol. Potrei dire che è una personalità razionale che è in grado di riconoscere la validità di una giustificazione... Ma è anche un sottone, tanto che se n'è accorta pure Ingveld, còff. 

Funfact! La scena di Krija che corre da Edvokin perché si aspetta un altro regalo è ispirata a un episodio realmente accaduto con mio cugino e il mio fidanzato XD

Altro funfact: Adoro i cinghiali, sono tra i miei animali preferiti! Da piccoli poi sono LA TENEREZZA, sfido chiunque a dirmi il contrario!

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