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Capitolo 2 - Corteggiamento

«Pare che quest'oggi riceveremo un ospite.» Ingveld si accostò al suo fianco e sventolò un cartoncino ben stretto tra le dita.

Alexiej la osservò solo attraverso lo specchio, evitando di muovere capo e busto. Sascha stava acconciando i suoi capelli da dieci minuti buoni e non voleva rischiare di rovinare il suo lavoro.

«Di chi si tratta?»

«Donzel Edvokin Metsiz. Ha fatto recapitare un messaggio poco fa, ovviamente ho già inviato un garzone per riferirgli che lo accoglieremo volentieri.»

Alexiej deglutì. Si sforzò di mantenere neutra l'espressione, e vide dal suo riflesso che solo un lieve spasmo delle labbra era sfuggito al suo controllo. «Qual è la motivazione?»

«Vuole farti assaggiare il liquore di cui avete parlato, per ricambiare la tua cortesia con la vodka. Sostiene inoltre che porterà un dono per la fanciulla più squisita di casa Dimiekov.»

«Ovverosia?»

«Non l'ha specificato.» Ingveld soffocò una risata con la mano. «Mi chiedo chi tra loro Donzel Edvokin abbia intenzione di corteggiare. Le mie cugine stanno litigando per trovare risposta alla domanda, temo che ne avranno per molte ore ancora. Adesso stanno ognuna scegliendo l'abito migliore da indossare.»

Alexiej liberò un soffio ironico. Solo pochi giorni prima non avrebbe dubitato di quell'ipotesi: Edvokin Metsiz era l'ultima persona che avrebbe immaginato sotto la maschera della lince. Aveva sentito i pettegolezzi sul suo atteggiamento da seduttore, l'aveva visto rivolgere sorrisi ammiccanti alle donne che incrociavano il suo sguardo. Non avrebbe mai sospettato che potesse essere una recita fino a quando non l'aveva visto rivolgere occhiate languide a sua moglie mentre provocava lui.

«Fossi in loro non nutrirei grosse speranze» disse soltanto. «Donzel Edvokin non è noto per la sua serietà in fatto di corteggiamenti.»

«Ciò non esclude il fatto che possa cambiare idea. Se persino uno come te è riuscito a convolare a nozze, potremmo dire che tutto è possibile.»

Sascha si lasciò sfuggire uno sbuffo ilare mentre tirava le piccole trecce per raccoglierle in una sola.. Alexiej lo lasciò fare; qualunque battuta avesse immaginato era di certo meglio della verità.

«Lo immagini, Alex? Sarebbe straordinario se un Metsiz divenisse parte della famiglia. Donzel Edvokin ha un fratello, ma sono certa che disponga ugualmente di una cospicua dote... E il prestigio del suo cognome potrebbe ravvivare i nostri affari.» Ingveld gli volteggiò attorno, allungando un sorriso sognante. «Hai qualche suggerimento riguardo i suoi gusti o le sue preferenze? Avete parlato di qualche argomento che stuzzica il suo interesse?»

«Noi...» Alexiej prese fiato, fermandolo al centro del petto. La voce suadente di Edvokin invase le sue memorie e gli sembrò di sentire il suo respiro sul collo, il sapore alcolico delle sue labbra, la stretta salda delle sue mani sui fianchi. «Abbiamo conversato solo per pochi minuti. Meri convenevoli.»

Era entrato nello studio con l'intenzione di parlare, ma di fronte al suo sorriso si era sciolto come burro. L'aveva baciato per primo, per l'amor di Beyled! E se fosse stata una messinscena per incastrarlo? Giravano voci a riguardo, uomini in combutta con le guardie che adescavano quelli come lui per arrestarli. Aveva corso un inutile rischio perché si era lasciato incantare dai suoi occhi, e la cosa peggiore era che non riusciva a dichiararsi pentito.

Ingveld sospirò, abbandonando le braccia lungo i fianchi. «Magari l'incontro di oggi sarà più proficuo. Tessi le lodi di qualunque tra loro dovesse scegliere, d'accordo?»

Alexiej annuì. Sascha chiuse l'acconciatura con un nastro ben stretto e sollevò uno specchio perché riuscisse a vedere il retro, ma sua moglie congedò il domestico senza lasciargli tempo di controllare.

«Alex.» Gli accarezzò una spalla, chinandosi per sussurrare al suo orecchio. «Ho due occhi funzionanti e so per certo che anche i tuoi lo sono. Cerca solo di non distrarti troppo.»


La mattinata trascorse nell'attesa e così il primo pomeriggio, finché un domestico non annunciò l'arrivo di una carrozza. Pochi istanti dopo Edvokin Metsiz oltrepassò la soglia di casa con un sorriso raggiante, un kaftan viola ornato di pelliccia e i capelli sciolti che tutti a Kholod biasimavano e ammiravano al tempo stesso.

Le cugine di Ingveld in età da marito si sistemarono una di fianco all'altra, le labbra distese e gli sguardi straripanti di eccitazione. Sospirarono sognanti quando Edvokin afferrò le loro mani per portare le loro nocche alla fronte, parlottando tra di loro in risolini acuti. E benché Alexiej si lamentasse spesso della loro frivolezza, bastò che Edvokin gli rivolgesse lo sguardo per fargli perdere la capacità di pensare.

I suoi occhi funzionavano fin troppo bene e Edvokin Metsiz non possedeva un fascino di fronte al quale era possibile restare indifferenti. Il viso allungato dai lineamenti marcati aveva un tale equilibrio di forme che Alexiej non riusciva a trovarvi un singolo difetto, qualunque fosse l'espressione in cui lo stropicciava.

Il kaftan valorizzava la forma a trapezio del busto e la muscolatura di spalle e braccia, ma le cugine di Ingveld non sapevano che sotto gli abiti Edvokin era persino meglio di ciò che sembrava. Definito, vigoroso, simmetrico. Quando l'aveva visto al Nezdvi, Alexiej aveva pensato che sotto la maschera della lince si nascondesse una guardia o un soldato, forse persino un vakt. Quell'opzione avrebbe reso ciò che stavano facendo ancora più blasfemo, ma se Beyled avesse voluto punirlo per le sue perversioni, i suoi trascorsi erano già sufficienti per condannarlo.

E i suoi occhi... Quei turchesi screziati avevano invaso i suoi pensieri e i suoi sogni, avrebbe voluto averli solo per sé. Li seguiva, li bramava, ma non poté far altro che restare immobile mentre Edvokin rivolgeva alle ragazze complimenti e sorrisi melliflui insieme ai suoi saluti.

Ingveld si aggrappò al suo braccio e Alexiej distolse subito lo sguardo. Sua moglie non poteva mostrare in pubblico l'espressione di rimprovero che di certo gli avrebbe rivolto se fossero stati soli, ma Alexiej non aveva bisogno di vederla per capire che aveva ragione. Non era più un ragazzino dominato dai suoi istinti passionali, doveva ritrovare contegno.

Prima di Edvokin, però, non c'era mai stata una convergenza tra gli uomini che poteva conoscere e quelli che poteva toccare. C'erano gli amori impossibili, che gli era concesso osservare solo da lontano, e c'erano i corpi senza identità con cui poteva sfogare le sue pulsioni nelle sale del Nezdvi. Le due cose non avevano mai coinciso, e Alexiej si era rassegnato all'idea che non l'avrebbero mai fatto. Avere un volto, un nome da dare all'uomo con cui aveva condiviso una tale intimità lo destabilizzava. Se poi quell'uomo era bello come un arcobaleno, per la sua mente non c'era più alcuna speranza.

«Donna Ingveld, vedo che anche quest'oggi siete radiosa» disse Edvokin, e Ingveld lasciò il braccio del marito per salutarlo. «E buon pomeriggio a voi, Don Alexiej.»

Alexiej inspirò a fondo prima di incrociare i suoi occhi, sforzandosi di tenere lontano dai suoi pensieri il ricordo di come apparivano visti dall'alto. Per grazia di Beyled lui gli diede subito le spalle, afferrando il più piccolo dei pacchetti che aveva lasciato al domestico.

«Avrete presto l'opportunità di gustare il raffinato liquore che vi ho promesso, ma prima ho un altro dono da consegnare. Per la fanciulla più squisita di casa Dimiekov, dico bene? Me ne rendo conto, una simile affermazione rende la risposta fin troppo ovvia.»

Le labbra delle donzelle si distesero e srizzarono le spalle, sgomitando in colpi leggeri per ergersi tra le altre o donando rapidi aggiustamenti alle pieghe degli abiti colorati. Edvokin ricambiò i loro sorrisi e poi le superò per inginocchiarsi di fronte a Krija che se ne stava silenziosa al fianco della madre.

«Vi prego di accettare questo omaggio, Donzelletta Krija.» Edvokin protese la mano che reggeva il pacchetto, lasciando che la bambina lo afferrasse.

Ombre scure calarono sui volti delle cugine di Ingveld. Mevda, la più giovane tra loro, divenne rossa fino alla punta delle orecchie e sua madre dovette afferrarla per un braccio per impedirle di lasciare la sala. Le altre cercarono di contenere le reazioni in labbra strette e fronti aggrottate mentre Alexiej, così come gli altri presenti, tratteneva invece una risata.

Krija strappò l'involucro di carta colorata e scoperchiò la scatola, sussultando in un verso estasiato quando tirò fuori il contenuto. Nella piccola mano reggeva la zampa affusolata di una lepre di legno, la prosa pronta a scattare. Sull'interno delle orecchie e sul corpo erano state intagliate forme geometriche che abbracciavano foglie e fiori, come se l'animale fosse vestito a festa.

«La vostra è stata una cortesia adorabile, Donzel Edvokin. Su, Krija, offri i tuoi ringraziamenti come si deve» la incitò Ingveld, e la bambina recitò – non senza ingarbugliarsi – la formula che le avevano insegnato. Alexiej sentì le labbra distendersi quando vide il volto di sua figlia illuminarsi di gioia, accarezzando con cura gli intarsi sul dorso prima di stringerlo al petto.

«So che la mia famiglia ha già provveduto a un dono degno di questo nome per il suo compleanno, tuttavia la nostra breve conversazione dell'altro pomeriggio mi ha suggerito l'idea per un pensiero più appropriato» disse, alzandosi in piedi. Alle sue spalle le donzelle Dimiekov avevano ancora volti furenti di un'offesa che sapevano di non poter manifestare. Se se n'era accorto, non lo diede a vedere. «Ora posso concedervi la mia attenzione, Don Alexiej. Suggerisco di riporre in ghiaccio la bottiglia per qualche minuto, temo possa essersi riscaldata durante il tragitto e sarebbe tragico se vi lasciassi bere un medovukha non sufficientemente freddo.»

«Drogos, agisci come suggerito.» Donna Ingveld fece un cenno al domestico, che subito chinò il capo. «Avverti la cucina di servire gli stuzzichini quando il liquore avrà raggiunto la giusta temperatura, non prima. Nel frattempo puoi far accomodare l'ospite nel salottino amaranto insieme a mio marito.»

Il sorriso sulle labbra di Edvokin si allungò. Lo sguardo che gli rivolse era così intenso che Alexiej sentì avvampare il petto all'istante. Fino a pochi giorni prima avrebbe creduto di possedere un discreto autocontrollo... ma se si fosse ritrovato di nuovo da solo con Edvokin in una stanza chiusa, era certo che non sarebbero riusciti né a bere né a parlare.

«Quest'oggi c'è una splendida giornata» disse, sforzandosi di non far trasparire il suo nervosismo. «Potremmo approfittarne per bere il liquore in giardino. Sono certo che Donzel Edvokin preferirà chiacchierare all'aria fresca, e io potrò tenere d'occhio Krija mentre gioca.»

Il tavolo in ferro battuto nel cortile fu subito apparecchiato di azzurro, giallo e arancione. I domestici fecero calare le tende del gazebo per proteggerli dal sole, lasciando aperti gli ingressi che davano sul prato. Insieme al liquore vennero serviti frutta secca, tartine e assaggi di insalate e sottaceti, ma anche bocconcini di carne speziata, salsicce e ravioli dolci. Ingveld nutriva ancora la speranza che Edvokin mostrasse interesse per la loro famiglia o non voleva sfigurare di fronte a un Metsiz?

Edvokin mostrò un apprezzamento entusiasta, commentando cibo e allestimento come se fosse davvero giunto fin lì solo per quello. Chiese al domestico di lasciare la bottiglia di medovukha dopo che ebbe riempito il primo bicchiere e Alexiej colse l'occasione per congedarlo, ordinando che l'incontro non venisse disturbato.

«Che scelta curiosa, il giardino. La definirei oltremodo inaspettata.» Edvokin tinse il sorriso di malizia, facendo oscillare il bicchiere per smuovere il liquore ambrato al suo interno. «Vi siete pentito della nostra bevuta nel vostro studio o la motivazione risiede nell'esatto opposto?»

Alexiej deglutì. Afferrò la ciotola dei sottaceti pur di abbassare lo sguardo, concedendosi di scrutare il suo ospite solo di sottecchi. «Anche il vostro messaggio è stato inaspettato. Se posso intuire la necessità di accennare al liquore, mi sfugge però quella del regalo.»

«Oh, quello non era un inganno. Ho trascorso l'intera giornata di ieri a intagliare quel leprotto, desideravo offrirlo in dono alla piccola Krija quanto prima.»

«L'avete intagliato voi?»

«Certamente. Vi lascio la facoltà di credere che si tratti di una menzogna, ma se avessi voluto pavoneggiarmi avrei scelto di ostentare una dote differente.» Edvokin si voltò, puntando gli occhi sul prato mentre sorseggiava il liquore. «Mi rallegra che vostra figlia l'abbia apprezzato, ahimé quel genere di produzione conosce di rado una fine diversa dalla distruzione.»

Alexiej seguì il suo sguardo fino a Krija, inginocchiata sull'erba. Canticchiava una filastrocca allegra mentre muoveva il leprotto qua e là, mimando lunghi salti tra i fiori o facendolo chiacchierare con il coniglio Izek. Lui non aveva maneggiato la lepre, ma a una prima occhiata gli era sembrato un lavoro ben rifinito e ricco di dettagli, un soggetto troppo delicato per un uomo, che non avrebbe dovuto essere in grado di lavorare con tale raffinatezza. Forse era sciocco stupirsi del fatto che qualcuno con le sue stesse inclinazioni avesse deciso di coltivare il suo estro artistico, eppure non credeva che Edvokin potesse averne uno.

In effetti, non aveva idea di cosa poter associare o meno a lui. Conosceva la sua personalità solo attraverso i pettegolezzi che animavano gli alti anelli di Kholod, ma la festa di Krija gli aveva dimostrato che almeno metà delle informazioni erano errate. Aveva scoperto il viso che si nascondeva sotto la maschera della lince, ma chi c'era sotto quella di Edvokin Metsiz?

Alexiej lo osservò raccogliere il vassoio con i bocconcini di carne. L'educazione imponeva di cominciare dai piatti freddi di verdure, passando alla portata successiva solo dopo aver finito di mangiare la prima, ma Edvokin riempì il piatto di ogni stuzzichino senza un apparente ordine, cominciando a mangiare solo quando non si riusciva più a scorgere il rosso della ceramica.

«Il vostro è stato un pensiero gentile» disse Alexiej, addentando un cetriolino.

«Lo dite come se ne foste sorpreso.»

«Questo perché la sua presentazione non lo è stata altrettanto. Omettere il nome di mia figlia è stato un gesto intenzionale, vero? Sapevate che l'ambiguità del messaggio avrebbe generato un fraintendimento.»

Edvokin rise, spostando i capelli dietro l'orecchio mentre addentava una tartina. «A mia discolpa, la vanità sembra essere una caratteristica creata appositamente per prendersene gioco. Credete sia stato un gesto troppo crudele?»

«Mi domando solo dove abbiano fine le intenzioni sincere e dove abbiano inizio quelle derisorie.»

«Voglio sperare che siate interessato a trovare da solo la risposta.» Edvokin assaggiò qualche foglia d'insalata insieme alle salsicce, bagnandosi le labbra con il liquore dopo ogni boccone. «Proporrei un quesito più semplice, per iniziare. Quale pensate sia la ragione della mia presenza qui, oggi?»

Alexiej abbassò la tartina che stava avvicinando alla bocca, abbandonandola sul piatto. Edvokin aveva di nuovo quel sorriso, quello che scioglieva i muscoli e capovolgeva mente e cuore, e le sue labbra erano così irresistibili che avrebbe voluto gettarsi sul tavolo imbandito per baciarle.

Deglutì mentre i suoi occhi screziati lo spogliavano, suggerendo alla sua immaginazione così tante opzioni che sentì il petto andare a fuoco. «Siete qui per... un'altra bevuta.»

«Oh, non immaginate quanto ne avrei voglia.» sussurrò Edvokin, la voce così suadente da fargli tremare le gambe. «Per quello, però, mi sarebbe bastato attendere il giorno del Topazio. Vedete, temo abbiate scambiato per un'osservazione incidentale ciò che vi ho detto durante il nostro ultimo incontro, sicché vorrei assicurarmi che quest'oggi venga recepito il messaggio: sono davvero intenzionato a conoscervi, Don Alexiej.»

Lui aggrottò la fronte. «E con questo intendete...?»

«Come due persone che si conoscono, mi sembra ovvio. Simpatizzanti, persino amici se l'idea vi aggrada.» Edvokin liberò un soffio ironico a quella parola, amici, quasi fosse una battuta. «Non fraintendetemi, l'idea di bere insieme mi stuzzica molto. Moltissimo. Tuttavia mi attrae anche la possibilità di frequentare qualcuno con cui poter discutere liberamente dei miei gusti, mi seguite? Rappresenta un'eventualità così rara che non potevo esimermi dall'afferrarla. Non vi rallegrerebbe l'idea di avere un alleato?»

Alexiej si rigirò il bicchiere tra le dita, poi bevve un sorso di liquore abbastanza lungo da svuotarlo per metà. Lasciò che il gusto corposo del medovukha gli addolcisse la bocca, assaporando il retrogusto del miele sulla lingua.

Un alleato... Aveva già Ingveld, ma non poteva comparare le due cose. L'ipotesi descritta da Edvokin risultava così improbabile nella sua mente, così aliena, che persino la sua immaginazione non era in grado di definire in che modo una simile conoscenza potesse procedere.

«Ciò che chiedete rappresenta un enorme rischio per entrambi. Se doveste frequentare questa casa solo per la mia compagnia e viceversa, qualcuno potrebbe sollevare indiscrezioni. Non credete che qualcuno potrebbe trovare strano se mostrassimo tra noi improvvisa condiscendenza? Che potrebbero chiedersi cosa vi abbia spinto a prendermi in tale simpatia?»

«Non siate così severo con voi stesso, di motivi per prendervi in simpatia sono certo che se ne possano trovare parecchi. Nessuno sospetterà qualcosa se non gli date ragione di farlo, e perché mai dovrebbero muovere insinuazioni? La mia reputazione è ben nota, mentre voi avete una moglie e persino una figlia.»

«E verso di loro ho delle responsabilità» disse Alexiej, stringendo la forchetta tra le dita. «È mio dovere pensare alla loro sicurezza prima di tutto, anche se ciò comporta mettere le mie volontà e i miei desideri in secondo piano.»

Edvokin però drizzò le spalle, snudando i denti bianchi. «Dunque lo ammettete.»

«Cosa?»

«Che frequentarmi rientra nei vostri desideri.»

Alexiej strabuzzò gli occhi. «Io...»

«Oh, non datevene pena, avrei insistito anche se non l'aveste reso ovvio. Di certo avrete già sentito parlare della mia ostinazione in fatto di corteggiamento» sghignazzò, e Alexiej sentì il viso avvampare. Il rossore sulla sua pelle doveva essere evidente, perché Edvokin scoppiò a ridere. «Lo ammetto, questo l'ho detto solo per stuzzicare il vostro imbarazzo. Mi auguro che avrete presto modo di comprendere la differenza tra i miei commenti seri e quelli giocosi.»

«Non avete messo in conto la possibilità che potremmo non andare d'accordo.»

«Invero sarebbe una catastrofe, ma nutro ottimistiche speranze. Possiedo un discreto intuito riguardo le persone e voi mi piacete, Don Alexiej, nonostante la vostra tenace perseveranza nel fingere ostilità nei miei confronti.»

«Non sto fingendo alcunché» disse, ma la sua voce era più dura del solito. Sentiva i muscoli tesi e lo stomaco in subbuglio, la pelle pizzicava per avvisarlo di un pericolo in agguato.

Edvokin Metsiz non sembrava pericoloso, ma forse era quello a spaventarlo di più. Emanava un'energia vibrante, positiva, e Alexiej non era abituato a posare gli occhi su una luce tanto intensa. Non sembrava qualcosa che avrebbe mai potuto raggiungere, lui che si era sempre accontentato di vivere nell'ombra.

Sospirò, massaggiandosi la fronte con le dita. «Questo è... azzardato e inappropriato.»

«Lo è anche frequentare certi luoghi che noi sappiamo, eppure lo fate comunque.» Edvokin azzannò uno dei ravioli dolci. Alexiej non aveva ancora terminato le tartine, mentre lui aveva quasi svuotato il piatto. Era il sesto o il settimo bicchiere di liquore che beveva? «Non ho intenzione di arrecare disturbo alcuno alla vostra famiglia, Don Alexiej. Come voi stesso avete sottolineato, corriamo questo rischio entrambi: non avrò moglie e figli, ma ho anch'io qualcuno per cui è essenziale la mia presenza e non posso concedermi di trattare la mia situazione con leggerezza. Fidatevi di me, non vi ho proposto nulla che non sia certo di saper gestire. altrimenti mi sarei offerto nell'immediato come vostro amante.»

«Vi state di nuovo prendendo gioco di me.»

Edvokin sghignazzò. «Vedete? State già imparando!»

Alexiej prese fiato, poi svuotò i polmoni in un lento respiro. Sostare in giardino non era stato di alcun aiuto, in un modo o nell'altro Edvokin era riuscito a sottrargli di nuovo il controllo. Avrebbe dovuto rifiutare fin dall'inizio, porre l'accento su quanto immaturo fosse perseguire un simile capriccio, imporre la sua volontà con più veemenza...

Dunque lo ammettete, che frequentarmi rientra nei vostri desideri.

Chi stava cercando di ingannare? Certo che lo desiderava. Forse perché lasciarsi sfuggire l'occasione sembrava uno spreco. Forse perché l'uomo che si era fatto beffe delle cugine di Ingveld era anche quello che aveva lavorato una giornata intera per la felicità di una bambina, e lo incuriosiva capire come quei lati di lui potessero coesistere. Forse perché, ogni volta che lo guardava, Alexiej sentiva scalpitare nel petto il desiderio di rispondere a qualunque domanda gli avesse posto.

«Siete venuto a farmi visita personalmente, avete offerto un dono a mia figlia... Che risponda con altrettanta cortesia sarebbe cosa normale, persino dovuta» ragionò Alexiej, accarezzando la barba corta sul mento.

Edvokin si illuminò. «Dovreste unirvi a me in taverna, vi presenterò al mio giro di conoscenze e il resto verrà da sé. Avete la mia parola che non vi offrirò nessuna bevuta al di fuori del nostro locale preferito, a meno che non desideriate il contrario. Così vi sembra abbastanza prudente?»

«Lo trovo ragionevole» farfugliò Alexiej, armeggiando con il vassoio dei bocconcini di carne. Qualunque cosa pur di non restare a fissarlo e ammettere che quella prudenza lo lasciava deluso, che aveva dovuto sopprimere all'istante l'impulso di dirgli che avrebbe potuto offrirgli tutto ciò che voleva in qualunque momento. Cominciava a dubitare di non essere più un ragazzino dominato dai suoi istinti passionali.

«Splendido!» Edvokin riempì entrambi i bicchieri fino all'orlo, poi sollevò il suo. «Un brindisi alla nostra nascente amicizia, allora.»

Alexiej fece scontrare i bicchieri in un tintinnio leggero. «Alla nostra nascente amicizia.» 



Chi ha già conosciuto Edvokin scommetto che aveva già capito dove volesse andare a parare con il regalo XD Ci va bene Krija, che ha guadagnato un nuovo giocattolo u_u

Che ne pensate finora? Siamo ancora all'inizio e Edvokin ruba la scena pure nei POV degli altri, ma spero che Alexiej vi stia piacendo~ 

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