Capitolo 12 - Arcobaleno
Le dita tamburellavano contro il bicchiere al ritmo del suo nervosismo. Era la quarta volta che Edvokin lo riempiva d'acqua, ma non era stato sufficiente a dissetarlo. In qualche modo la sua lingua era rimasta secca, ruvida contro il palato, anche se aveva in bocca così tanta saliva che deglutiva più spesso di quanto sbatteva le palpebre.
Un uomo ridacchiò mentre si accostava al suo fianco, prendendo dal tavolo del rinfresco due bicchieri di liquore. Ne porse uno alla donna che gli stava accanto, forse sua moglie o la donzella che stava corteggiando, difficile dirlo. Conversare era l'ultima cosa di cui Edvokin aveva voglia e si assicurò di tenere il capo chino per evitare i loro sguardi.
«Forse dovremmo anche noi ripiegare sull'acqua» disse l'uomo, la voce abbastanza alta da raggiungerlo nonostante le note acute dei flauti. «La qualità di questo kvas è talmente scadente che mi rovinerà il palato. I Dimiekov sono caduti così in basso da dover risparmiare sull'alcol?»
Una scarica gli attraversò la schiena, diramandosi nel corpo fino a far prudere le mani. Il petto avvampò mentre alzava la testa, incrociando lo sguardo dell'uomo in un lampo di sfida.
«E quant'è caduto in basso chi continua ad abbeverarsi di ciò che disprezza! Avrete da lamentarvi anche del cibo, rigorosamente dopo esservi riempito lo stomaco?»
L'uomo boccheggiò una risposta inconcludente mentre la donna al suo fianco diventava paonazza. Sua cugina gli artigliò il braccio e borbottò un rapido congedo prima di trascinarlo via, stretta al suo fianco.
«Ti sembra il momento opportuno per far adirare gli ospiti? Siamo a malapena accettati alle feste per il nuovo anno, se attiriamo l'attenzione torneranno ad accanirsi sulla nostra famiglia in un istante.» Le labbra di Mari si tesero in un sorriso tirato mentre parlava. «Dobbiamo pensare a come separare Alexiej e sua moglie, lei non lo lascia un attimo. Tentiamo un approccio diretto?»
«Ha ignorato i miei messaggi, dubito che sarà ben disposto ad assecondarmi.» Edvokin bevve di nuovo, svuotando il bicchiere. Forse avrebbe dovuto aggiungere un po' di limone, l'assenza di sapore cominciava a disgustarlo. «Inoltre suppongo che la mia presenza sia il motivo per cui Donna Ingveld resta appiccicata al suo braccio con tale insistenza, se osassi avvicinarmi potremmo dire addio a qualunque speranza di farmi parlare con lui da solo.»
Lasciò vagare lo sguardo lungo il salone Dimiekov, ignorando i coloratissimi abiti degli invitati per fermarsi su Alexiej, splendido nel suo completo blu e rosso. Era rigido al fianco di sua moglie, con l'espressione imperscrutabile che chiunque avrebbe definito identica al solito – chiunque, ma non lui. Lui riusciva a notare il disagio trattenuto nelle linee tese del collo, nella mascella contratta, nel modo in cui spostava gli occhi ogni volta in cui i loro sguardi si incrociavano.
Stava bene o male? Quello era difficile da definire. Sembrava avere il controllo della situazione, ma qualcuno avrebbe potuto dire lo stesso di Edvokin. Il trucco di sua cugina aveva fatto miracoli e la sua predisposizione alla recita aveva fatto il resto, ma sentiva di essere sul punto di esplodere. I muscoli vibravano di una frenesia tale da irrigidirsi in fitte dolorose se stava fermo troppo a lungo, il cuore batteva a ritmo accelerato da quand'era entrato e l'odore dell'alcol era così stordente che faticava a concentrarsi.
Si avvicinò a un altro tavolo e afferrò la caraffa per versare altra acqua nel suo bicchiere. «Forse è un'idea sciocca» sussurrò a Mari, sforzandosi di non alzare di nuovo lo sguardo verso di lui. Sarebbe sembrato strano se fosse rimasto a fissarlo, ma il desiderio di vedere i suoi occhi era una necessità forte come quella di prendere del kvas da bere. «È trascorsa un'infinità di tempo.»
«Due settimane.»
«Un'infinità di tempo. Nel bene e nel male avrà già tratto le sue conclusioni, forse non gli interesserà sapere ciò che ho da dire. Ormai è andata così, se gli parlassi peggiorerei soltanto le cose.»
«Non credevo di essere venuta al ricevimento accompagnata da mio fratello» lo rimbeccò lei, allungandogli un piatto vuoto che Edvokin riempì di stuzzichini senza neppure guardare cos'erano. «L'idea sciocca l'hai già messa in pratica, porvi rimedio non può essere peggio. Dov'è finito il tuo solito ottimismo?»
«Annegato in quest'orribile bevanda che qualcuno ha il coraggio di spacciare come indispensabile alla vita.» Provò a bere, ma la nausea si attorcigliò allo stomaco prima ancora di posare le labbra contro il bicchiere. «Privarmi dell'alcol è stata una pessima idea, perché hai permesso che lo facessi?»
Mari sfarfallò le ciglia. «Io non ho fatto proprio niente.»
«Non sei affatto collaborativa, cugina. Questo è il momento in cui dovresti dirmi che ti offenderai se dovessi bere un singolo sorso di kvas, tanto da non parlarmi per i giorni a venire. E perché non ti sei ancora proposta di andare tu stessa a parlare con Alexiej se non dovessi farlo io, così da mettermi sufficiente pressione addosso? È inammissibile, e io che pensavo di essere riuscito a insegnarti qualcosa in questi ultimi anni.»
«Qualcosa ho imparato, non temere.» Mari sghignazzò, divorando una tartina prima di strappargli il bicchiere dalle dita. «Vado a versare accidentalmente la tua preziosa acqua sulla giacca del tuo innamorato. Se non approfitti della situazione dopo che mi sono resa così ridicola, stai pur certo che non ti rivolgerò la parola per ben più di qualche giorno.»
Si voltò, camminando spedita verso il suo obiettivo, e Edvokin sentì le sue labbra distendersi mentre la guardava. Forse qualcosa di buono in lui c'era davvero, se Beyled aveva deciso di graziarlo con una cugina tanto straordinaria.
Inspirò a fondo, poi si fece spazio tra gli invitati per raggiungere l'ingresso del salone. Un domestico lo presidiava per accertarsi che nessuno si recasse nelle altre stanze, ma l'arco era chiuso solo da tende pesanti. Edvokin attese di sentire l'acuto verso di sorpresa di Mari e, non appena il domestico puntò lo sguardo sul centro della sala, lui sgusciò nel corridoio. Avanzò con cautela lungo il tappeto, accertandosi che nessuno fosse in vista, finché il frusciare delle tende attirò la sua attenzione. Alexiej le superò in passi pesanti, intento a tamponare con un fazzoletto di stoffa l'alone d'acqua che si allargava sulla manica. Il cuore di Edvokin accelerò tanto da scuotere l'intero corpo.
«Lesha» lo sospirò appena, ma bastò a privarlo di tutto il suo respiro.
Alexiej si fermò. La sua espressione si indurì all'istante quando incrociò il suo sguardo. «Gradirei che non utilizzassi più quel nome.»
«Vorrei solo—»
«Non dovresti essere qui» lo ammonì, superandolo per proseguire oltre. «Torna nel salone adesso, e fingerò di non averti visto.»
Edvokin gli fu subito dietro. «Les— Alexiej, aspetta. Voglio solo parlare.»
«Hai già detto tutto ciò che dovevi.»
«Ho detto solo quanto di più sbagliato potessi dire.»
«È tardi per pentirsene.»
«Non ne sono pentito. Sì, per meglio dire, ma non nel modo in cui pensi. È questo il punto. Alexiej, ti prego!» Lo afferrò per un braccio e lo sentì inspirare a fondo mentre frenava il passo. «Ti chiedo soltanto l'occasione di spiegarti come stanno davvero le—»
«Io e Ingveld stiamo provando ad avere un altro figlio.»
Edvokin sentì il sangue addensarsi nelle vene. C'era qualcosa di sbagliato nel suo tono, una rassegnazione che gli faceva tremare la voce.
«Ho deciso di dedicarmi interamente a lei e Krija. Niente Nezdvi, niente... avventure. Qualunque cosa tu abbia in mente di dire, non sono interessato.»
Edvokin deglutì di nuovo. Senza guardarlo negli occhi si sentiva soffocare, ma lui teneva lo sguardo fisso davanti a sé. «Non sei innamorato di lei.»
«La cosa non ti riguarda.»
«È davvero questo ciò che vuoi? Ti prego, ho bisogno di saperlo. Dimmi che sei felice e non aggiungerò altro, non mi vedrai più. Ma se così non fosse—»
Alexiej si voltò, strattonando il braccio per liberarsi dalla sua presa. «Non sono un giocattolo nelle tue mani, Edvokin!»
«Lo so, e mi dispiace di averti fatto credere che ti ho considerato tale anche solo per un istante.» Singhiozzò mentre riprendeva fiato, la voce rauca ridotta a un sussurro sofferente. «Ascoltami, giuro sull'armonia cromatica che è l'ultimo favore che ti chiedo. Potrai fare di ciò che dirò quello che preferisci, se deciderai di non credermi lo accetterò, ma ti scongiuro, ti supplico, permettimi di rimediare.»
Le labbra di Alexiej si arricciarono in uno spasmo e lo sguardo calò sul pavimento. Edvokin vide le sue spalle drizzarsi mentre prendeva fiato, il pomo d'adamo abbassarsi in un movimento rigido.
«Non qui» disse soltanto, senza alzare gli occhi. «Incontriamoci al bivacco domani pomeriggio, dopo l'ora di pranzo, e parleremo.»
Edvokin camminava avanti e indietro in quello stanzone da così tanto tempo che non si sarebbe stupito di notare che aveva scavato un solco. Ecco perché non arrivava mai in anticipo, perché l'attesa era noiosa e straziante, e quello squallido bivacco non aveva neppure un orologio per suggerirgli se Alexiej fosse in orario oppure in ritardo.
Sarebbe venuto, questa era l'unica cosa importante. Sarebbe venuto, era stato lui a dargli quell'appuntamento e non era il tipo d'uomo da rimangiarsi un accordo – ma forse lo era diventato a causa sua. Forse l'aveva detto solo per illuderlo, per lasciarlo lì ad aspettare invano e prendersi la sua rivincita. Se lo sarebbe meritato. D'altronde era lì per ammettere di essere una persona orribile, solo di tipo diverso da ciò che pensava lui.
No, doveva smetterla. Mari l'avrebbe schiaffeggiato sul serio se avesse saputo che lo pensava ancora, ma il meglio che riusciva a fare adesso era lasciare che fossero gli altri a decretare se era vero o no, che fosse Alexiej a farlo – sempre che fosse davvero venuto.
Dea, perché non riusciva a calmarsi? Aveva smesso di bere per affrontare la situazione con lucidità, ma sentiva i nervi tesi e la mente alienarsi più di quando era ubriaco. Forse Beyled non l'aveva creato per essere sobrio. Forse avrebbe dovuto tirar fuori la fiaschetta dalla giacca e—
La porta si aprì in un cigolio greve, e tutto il resto smise di avere importanza. Alexiej era lì, sotto il colbacco e il cappotto pesante che abbandonò subito sul tavolo, e il petto di Edvokin si aprì per catturare tutto il fiato che gli era mancato fino a quel momento.
«Sappi che sono qui per mera cortesia.» Il suo tono era duro, ma i suoi occhi sembravano impazienti. «Cosa volevi dirmi con tanta urgenza?»
Ti amo, ma non poteva iniziare così la conversazione. O forse sì. In effetti, aveva dimenticato qualunque preparazione avesse imbastito a riguardo.
«Niente di quanto ho detto al parco è vero.» Edvokin si schiarì la gola, ma la voce non voleva saperne di uscire. «Quasi niente, in realtà. È vero che mi dispiace e di certo è vero che questo bivacco è il luogo più scomodo in cui abbia mai dormito, ma non è per questo che sono andato via. E il lupo... L'ho congedato immediatamente, non ho alcun interesse per lui né per nessun altro. Volevo solo che ci vedessi andare via insieme, volevo farti credere che per me non eri importante e... Dea, è orribile. Non so perché ho pensato che potesse andare bene, non ne ho idea.»
Alexiej aggrottò la fronte. «Andasse bene per cosa?»
«Per farmi odiare da te. Diventa più sconclusionato ogni volta che lo dico ad alta voce, ma ero certo che avrebbe funzionato.»
«Capisco. Dunque non hai deciso sul momento, avevi già intenzione di interrompere la nostra frequentazione.»
«Sì.» Trasalì. «No! Volevo farlo, ma non perché volessi farlo, ero solo... Ero certo che sarebbe finita comunque, e starmene lì ad aspettare che accadesse era diventato insopportabile.»
«Perciò vi hai posto fine tu stesso? Congratulazioni, sei davvero l'uomo più illogico che abbia mai conosciuto.»
«Non sapevo che altro fare! Ti ho assicurato che non ti avrei proposto niente che non fossi in grado di gestire, ma non ero preparato a questo. Non era previsto, non...» Edvokin si passò una mano sul viso sudato. «Pensavo che non avrei mai più amato nessun altro, dopo Brycen. Quando ami qualcuno così profondamente e per così tanto tempo, giunge un momento in cui risulta inconcepibile la possibilità di trovare spazio per qualcun altro, di costruire con un estraneo un legame che fosse in grado competere. Mi ero rassegnato all'idea che non sarebbe mai accaduto. Ero certo di aver avuto la fortuna di conoscere il mio grande amore e la disgrazia di non poterlo raggiungere.»
L'espressione di Alexiej si indurì. «Mi hai chiesto di parlare per dirmi che sei ancora innamorato di tuo cugino?»
«L'esatto opposto. No, non è l'opposto, ma non ha nulla a che fare con lui, ha a che fare con me.» Serrò i pugni in un respiro profondo, gettando fuori l'aria per calmarsi. Non funzionò. Perché era bravo con le parole solo quando non doveva spiegare il tumulto che aveva in testa? «Quello che voglio dire è che non avrei mai immaginato di potermi innamorare di nuovo, eppure è successo. Non ero preparato a questo. La nostra avrebbe dovuto essere un'avventura, ma tu...» Alzò lo sguardo e il tempo si fermò quando incrociò il suo. Alexiej era ancora rigido nella postura, ma le rughe della fronte erano più distese e i suoi occhi lo scrutavano fin dentro l'anima, come solo lui riusciva a fare. «Tu hai distrutto ogni mia certezza. Sei riuscito in ciò che consideravo impossibile, mi hai fatto provare cose che pensavo mi fossero ormai precluse, mi hai reso felice come non lo sono mai stato. Più passava il tempo più mi innamoravo di te, e il terrore di perderti mi toglieva il respiro. Ho seppellito un amore una volta, ma quello per Brycen era un sentimento nato morto. Questo è diverso, capisci? Questo è vivo, e io non... Non volevo separarmene, ma non sapevo come farlo sopravvivere. Avresti perso interesse, prima o poi, e l'idea mi faceva impazzire. Mi avresti detestato in ogni caso e preferivo fosse per qualcosa che non è reale.»
«Perché...?» Alexiej lo sospirò come se non avesse voce. Non c'era più rabbia nella sua espressione, che oscillava tra lo stupore e la confusione. «Per le sette sfumature, perché mai avrei dovuto detestarti?»
«Perché ti ho chiesto di fidarti di me e tu l'hai fatto. Perché mi guardi come se fossi l'arcobaleno, ma io so solo come imitarlo, io non... non valgo niente.» Il nodo alla gola era così fitto da fare male. Sentiva il cuore urlare, riempirgli la testa di tutte quelle voci che solo l'alcol era riuscito a tenere a bada, finché non erano diventate troppe. «Sarebbe arrivato il giorno in cui avresti capito che non c'è altro sotto la mia maschera. Sarebbe arrivato il giorno in cui avresti visto chi sono davvero e ti avrei deluso, mi avresti considerato uno spreco di tempo e io non... Non volevo sentirtelo dire. Non sarei stato in grado di sopportarlo, non da te.»
«Io l'ho già visto, Edvik. Ho visto chi sei davvero, me l'hai mostrato ogni coloratissimo giorno in questi ultimi mesi.» Alexiej avanzò, fermandosi a un passo dal suo viso. Troppo vicino. Troppo lontano. «Tu sei l'arcobaleno. Non ti avrei mai definito uno spreco, non l'ho fatto neanche quando ero certo che fossi tu a considerarmi tale.»
«Non l'ho mai pensato. Mai, te lo giuro, e mi dispiace... Mi dispiace di avertelo fatto credere. Mi dispiace di tutto quanto.» L'aria si fermò al centro del petto, la gettò fuori in un sospiro violento. Il cuore batteva in gola, tra le orecchie, spingeva sangue bollente tra le vene. «Io ti amo, Lesha. È per questo che ti ho chiesto di parlare. Ti amo e sei la persona migliore che abbia mai conosciuto, e dovevi saperlo. Sono io che non sono alla tua altezza, non il contrario. È mia la colpa di tutto, ho commesso un errore dietro l'altro perché sono solo un codardo che—»
Le parole morirono nella bocca di Alexiej premuta contro la sua. Il sapore della vodka era più buono se mescolato al suo, placava ogni sete, lo rigenerava più dell'aria.
«Ti amo anch'io» ansimò tra le sue labbra, la fronte posata contro la sua. I suoi occhi erano sfocati, ma il suo sguardo era così intenso da incantarlo.
«Tu vuoi...?» singhiozzò Edvokin. L'aveva detto davvero? L'aveva detto ed era lì, era ancora lì, dove non avrebbe più osato sperare. «Vuoi ancora...?»
«Solo se non mi allontanerai più per una ragione simile. Solo se sei disposto a rischiare e fidarti di me.» Le sue mani si chiusero, gentili, attorno al suo viso. «Edvik, io non conosco il futuro, ma puoi credermi quando dico che conosco te. Non è della tua maschera che mi sono innamorato, e se dovrò ripeterlo ogni singolo giorno della mia vita perché tu ne sia certo allora lo farò.»
Edvokin si avventò sulla sua bocca, soffocando un singhiozzo in un nuovo bacio. Alexiej lo afferrò per la nuca e lui schiuse le labbra per accoglierlo, la sua rubakha stretta tra le dita. Si avvinghiò ancora di più a lui ed era stato uno sciocco, un folle per aver pensato di poterne fare a meno.
«Mi dispiace» sospirò nella sua bocca. «Sono stato un idiota, un vigliacco, sono... Oh, Lesha, mi dispiace.»
«Non è questo che voglio sentire.» Alexiej affondò una mano tra i suoi capelli e lo attirò di lato, aprendosi la via per baciargli il collo. «Mi ami?»
«Sì.»
Edvokin chiuse gli occhi, sospirando al tocco della mano di Alexiej che scivolava lungo la sua schiena. La sentiva bruciare oltre la stoffa e desiderò che ogni indumento prendesse fuoco pur di liberarsene e avere le sue dita a contatto con la pelle. Alexiej dovette intuirlo, perché sfilò la casacca dal pantalone e si insinuò sotto, accarezzando la zona lombare.
«Mi ami?»
«Ti amo, Lesha. Ti amo.»
Alexiej tornò a baciarlo. Si spinse contro di lui, strusciadogli addosso la sua eccitazione mentre gli divorava le labbra, e Edvokin sentì l'intero corpo fremere in risposta.
«Lesha...» un gemito vibrò lungo la gola. «Sto per impazzire, mi manchi più dell'alcol.»
Lui ridacchiò. «E non bevi da...?»
«Tre giorni.»
«Tre—» Strabuzzò gli occhi. «Stai bene?»
«Starò bene quando ci saremo tolti questi scoloriti abiti di dosso.» Serrò le mani attorno ai suoi fianchi e lo attirò ancora più a sé, ansimando al suo orecchio. «Prendimi, Lesha. Fammi quello che vuoi, ma prendimi.»
Alexiej lo baciò in risposta, le dita impegnate a sbottonargli la giacca. Lo aiutò a liberarsi del resto mentre lui faceva lo stesso, e l'attimo dopo Edvokin aveva il suo respiro caldo sul collo, il suo petto nudo contro la schiena e le sue dita umide a dargli piacere.
Abbandonò la testa all'indietro, la mano salda sulla sua nuca. Dea, quanto avrebbe voluto farla scivolare tra i suoi capelli, stringerli a ogni spasmo di godimento che attraversava i muscoli. Quella di Alexiej gli attraversò la coscia, afferrandola in mugolio eccitato prima di scivolare tra le gambe. Cominciò ad accarezzarlo mentre si insinuava dentro di lui, dolce come l'odore della vodka che soffiava sul suo viso, appagante più di qualsiasi vittoria. Non c'erano angosce tra le sue braccia, nessuna maschera da crepare, solo benessere e desiderio che soggiogavano corpo e mente. C'era Alexiej, solo Alexiej, e il suo amore che riempiva ogni vuoto.
«Mi ami, Lesha?»
«Ti amo.»
«Anche se sono un disastro?»
Lui affondò in una spinta più decisa, strappandogli un gemito. «Anche se sei un disastro.»
Edvokin ridacchiò. Chiuse gli occhi e mugolò di piacere mentre Alexiej aumentava il ritmo. «Avresti dovuto... Oh, Dea. In questi casi si risponde non lo sei.»
«Lo sei» confermò, sfiorandogli la guancia in un bacio umido. «Il più bel disastro che si sia mai visto. E ti amo, ti amo, ti amo.»
I sussurri diventarono respiri ansimanti sulla sua pelle, calore sul suo corpo, dentro il suo corpo, piacere che cresceva fino ad annullare tutto il resto. Quello di Alexiej lo travolse in un'ondata così appagante da sciogliere i muscoli, e il tocco della sua mano lo fece cedere fino a liberarsi tra le sue dita.
Edvokin si voltò, cercando le labbra di Alexiej tra la barba che gli solleticava la pelle. «Adesso sì che sto bene. Posso confermare che tu sia quasi meglio dell'alcol.»
«Quasi?»
«Meglio» rise e lo baciò ancora. «Molto, molto meglio.»
PACE FATTA ♥
Un grazie a Trachemys perché lancia funny meme casuali che sono così in-character che DEVO inserirli per forza. Un punto bonus a chi indovina la scena, come indizio vi dico solo che è nella prima parte del capitolo XD
Mari salva (di nuovo) la situazione e Edvokin riesce a ottenere un incontro con Alexiej! Poraccio, ha smesso di bere perché voleva essere perfettamente lucido, ma non ha fatto i conti con l'astinenza... Ecco cosa succede a essere un alcolizzato (?)
Anyway, la comunicazione vince anche stavolta ♥ Voi l'avreste perdonato oppure l'avreste fatto "sudare" un po' di più? u_u O l'avreste mandato a fanculo? Alexiej è come sempre un sotton- còff, una persona buona e razionale, quando comprende come stanno le cose e quali sono le sue motivazioni è ben disposto a passare oltre.
Siete soddisfatti? Delusi? Non vi chiedo se siete sorpresi perché C'MON, FIGURIAMOCI. Io comunque sono innamorata di questi due e non lo nego ç___ç
Anyway, siamo ancora a metà dell'opera, quindi... stay tuned!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro