Capitolo 8 - Mano tesa
Kayla
Cammino lentamente, godendomi ogni soffio d'aria pura che mi entra nei polmoni.
Oggi è un altro giorno. Sto bene. Mi sento bene.
Il peggio è passato, la paura è scivolata via e avverto dentro di me tutta la forza che ho di mangiarmi a morsi questa vita.
Ho appuntamento con Tanner, di nuovo. Stavolta, però, deve solo consegnarmi del materiale e poi lasciarmi andare.
Raggiungo l'aula in cui ci siamo dati appuntamento e lo trovo lì, intento a riordinare delle scartoffie.
«Si può?» chiedo, bussando alla porta. Tanner alza il capo e mi vede.
«Vieni, Kayla.» Mi fa cenno con la mano e io lo raggiungo. Mi invita a sedere e io lo faccio, mentre lui recupera ciò che deve darmi da un cassetto.
«Ecco, qui c'è tutto. La mappa dell'università, la brochure con le attività, il calendario con l'orario dei corsi e dei pass per delle lezioni esclusive tenute da grandi luminari che hanno studiato qui economia, finanzia e marketing. Di qualsiasi altra cosa dovessi avere bisogno, per una domanda, un chiarimento, un consiglio... sono qui. Il mio numero ce l'hai.»
«Perfetto, Tanner, grazie.»
È tutto, quindi mi alzo per andare via, ma prima che possa fare un solo passo, lui mi ferma.
«E, Kayla, scusami per l'altro giorno, con Ocean. Lui... non è cattivo, solo... spesso si comporta come uno stronzo, è vero.»
Ridacchio infastidita, scuotendo il capo.
«Minimizzi perché è tuo amico. È molto più di uno che, ogni tanto, si comporta da stronzo.»
«Non ha avuto una vita facile. Insomma... non so molto di lui, Ocean non parla mai del suo passato, ma qualche notizia è trapelata. È stato adottato quando era un ragazzino da una famiglia ricca. Ha perso entrambi i genitori e la madre è morta in un incendio. Non so altro, ma... credo che la sua vita precedente lo abbia segnato. Così ha messo su una sorta di corazza, innalzando con tutti un muro altissimo, impossibile da valicare. Anche con noi, che siamo suoi amici, spesso si comporta da coglione, ma nei rari momenti in cui riesce ad essere genuino è un tipo a posto, uno con cui è piacevole stare.»
Un senso di compassione si impossessa delle mie membra e mi chiedo quante cose nasconde dentro di sé quel ragazzo pieno di tatuaggi.
«E voi gli siete amici solo per quei "rari momenti"?» domando incredula.
Tanner fa spallucce.
«Se non gli dai fastidio non ti rompe il cazzo. E poi... la sua famiglia è la più influente della The U, quindi averlo dalla nostra parte è fondamentale. Inoltre, a parte feste e momenti post studio insieme, non condividiamo molto altro. Gli piace scopare un mucchio di ragazze, ma non toccherebbe mai la donna di un amico e tanto ci basta» spiega.
Annuisco ma poi lo guardo torva.
«Dici che se nessuno gli dà fastidio lui non rompe le palle, eppure con me ha fatto esattamente il contrario. Non mi sono mai avvicinata a lui, non gli ho mai dato modo di credere che tra noi potesse esserci un rapporto di qualsivoglia natura eppure mi ha importunata da quando ho messo piede qui dentro e i suoi occhi hanno incontrato i miei.»
Mi confronto con lui, spiegandogli le mie remore. Mi spiace per quanto ha passato quel ragazzo, anche se non so esattamente cosa sia, ma ciò non lo giustifica.
«Tu hai perfettamente ragione e non so perché abbia fatto così lo stronzo. Insomma, ha sempre avuto un approccio rozzo con le ragazze, ma non l'ho mai visto impazzire così. Ma forse è perché non ha mai ricevuto un no mentre tu sei stata la prima a dargli un due di picche. E poi lo hai sfidato, rispondendogli in quel modo, e forse lui non è abituato ad essere sfidato così. O, magari, è stato trattato così di merda, in passato, che ha giurato di non farsi più mettere i piedi in testa» spiega, con l'aria di chi sta solo facendo congetture.
«Credi sia così?»
«Non lo so, sto solo ipotizzando.»
Sorrido e lo fisso.
«Aldilà della tua aria da finto piacione, sembri proprio un bravo ragazzo e pare che tu sia anche molto bravo a carpire l'animo umano.»
«Sono appassionato di psicologia, anche se studio finanza. Non che voglia ergermi a psicologo, però...»
«Però sembra tu ci sappia fare» ridacchio e lui mi viene dietro.
«E comunque sarò pure uno psicologo mancato, ma ciò che so per certo di non essere è un finto piacione. Io piaccio eccome, Kayla, e se fossimo in un altro contesto te lo dimostrerei. E non con i modi rozzi di Ocean» dice, squadrandomi.
Arrossisco e gli sorrido forzatamente.
«Non credo sia una cosa che scopriremo mai. Ora devo andare, Tanner, ma grazie per i consigli e per la chiacchierata. Buona giornata.»
«Ci si vede in giro, Kayla.»
Mi allontano e, fuori dall'aula, mi appoggio alle pareti dell'edificio, respirando a lungo.
Che cosa ha passato davvero quel ragazzo e perché in quei suoi occhi spenti mi sembra di leggerci il mio stesso dolore?
E, soprattutto, perché nonostante dovrei odiarlo, dopo ciò che mi ha fatto, sento di provare una certa vicinanza nei suoi confronti?
Come se lo avessi a cuore, come se provassi pena per lui.
***
Incamerando tutta l'aria possibile, lo guardo, spiandolo da dietro un albero.
È seduto sotto uno di essi e legge un libro. Sembra sfogliarne le pagine in maniera svogliata.
Decido di farmi coraggio e, lentamente, mi incammino verso di lui.
Quando lo raggiungo, allungo una mano nello stesso momento in cui lui alza il capo.
«Che stai facendo?» domanda, stranito, continuando a restare a terra, mezzo disteso, e col libro aperto in braccio.
«Ti tendo la mia mano, Ocean.»
«Mi tendi la tua mano?» ripete e mi guarda appena divertito, studiando l'espressione sul mio volto.
«Esatto.»
Non avere paura, Kayla. È solo un ragazzo che ha sofferto, proprio come te. Non ti farà niente. Quando hai avuto quell'attacco di panico avrebbe potuto infierire, invece ti ha aiutata.
«E che significherebbe?»
«Che... se vuoi...» biascico, balbettando un po', «Possiamo... ricominciare col piede giusto.»
«Sul serio? Dopo quello che ho fatto tu vuoi... ricominciare col piede giusto?»
«Mia nonna mi ha insegnato a non giudicare mai un libro dalla copertina e, per quanto ciò che finora mi hai mostrato di te non mi piace affatto, posso darti un'altra possibilità.»
«Una possibilità per cosa?» chiede, senza smuoversi di un millimetro dalla sua posizione.
«Beh, non lo so, per... provare ad avere una conversazione civile, essere amici.»
Ride di gusto, scuotendo il capo. Si alza di scatto e ripone il libro nel suo zaino.
Noto solo allora che leggeva I dolori del giovane Werther.
«Ti fa così ridere la cosa? E comunque non pensavo fossi un appassionato di letteratura tedesca» dico, riferendomi al suo libro e provando a spostare la conversazione su un altro terreno.
«Non mi conosci, non sai un cazzo di me. E comunque, sì, la cosa mi fa ridere. Io non voglio esserti amico, Kayla. Voglio scoparti» dice senza mezzi termini, fissando intensamente le mie labbra.
«Beh, mi dispiace per te, questo non accadrà mai. Ho giurato a me stessa che non mi sarei mai più fatta scopare da nessuno» spiego, ignorando le grida che urlando dentro di me il perché della mia scelta.
«Cos'è? Hai fatto improvviso voto di castità?» chiede ironico e mi oltrepassa, camminando.
Gli vado dietro, sicuramente come una sciocca.
«No. È che mi sono ripromessa di fare solo l'amore d'ora in avanti.»
Si ferma di colpo, facendomi fare lo stesso e si volta, mettendosi di fronte a me per guardarmi.
«Non so che cazzo significhi.»
«Lo immaginavo. È per questo che ti ho detto che tra noi potrà esserci solo un'amicizia.»
«Non me ne faccio un cazzo della tua amicizia, Kayla.»
«Fa' come vuoi. Io il gesto l'ho fatto. Pensaci e fammi sapere. Buona giornata, Ocean.»
Lo lascio lì, imbambolato. Forse, per la prima volta, senza parole.
E me ne vado via chiedendomi perché, come una sciocca, ho insistito così tanto con lui.
Non si può aiutare chi non vuole essere aiutato. E poi perché dovrei?
Nessuno ha mai aiutato me.
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