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2. «PREFERIREI MORIRE»

Qualche anno prima...

Le luci dei fari interni del Lithium illuminavano quella ragazzina truccata come le adulte che passeggiavano il sabato agli angoli delle strade di Filadelfia. I capelli lisci erano lunghi fino a sfiorare i fianchi, la pelle diafana, i movimenti del tutto privi di ogni inibizione per gli spettatori.

Ballava su quel cubo posto al centro della pista sotto gli occhi compiaciuti di Judas e dei suoi ospiti illustri. Sembrava una bambola di cera, mossa da fili invisibili con gli occhi vuoti di chi non ha più un'anima.

Era il regalo di compleanno per Acab e, per l'occasione, Judas aveva invitato le più alte cariche della Loggia per assistere, compiaciuti, allo spettacolo che lui e quella giovanissima vittima avrebbero mostrato di lì a poco.

E lui, lui la guardava con la bile che risaliva la gola; si muoveva con passo felpato dietro i divani del privé, immerso nell'oscurità del locale, vestito del suo solito completo nero, senza levare gli occhi da quella marionetta che emanava un odore fetido di morte.

Si mise seduto in uno di quei divani di pelle lucida nera; le gambe allargate, la testa pesante all'indietro, lo sguardo al soffitto scuro in cui si alternavano bagliori scarlatti; la musica penetrava nel petto e batteva come una grancassa. Quella musica, la musica del Lithium: era viva, si insinuava strisciando dalla mente, si annidava nella cassa toracica e produceva una morte lenta; unita alle bevande arricchite del loro veleno, aveva lo stesso effetto di un trapano che oltrepassa lo sterno e ti si conficca nell'anima, annientandola.

Ma non finiva lì: anche il mondo esterno aveva avuto modo di avere effetti devastanti dalla loro musica. I loro "prodotti" li aiutavano a riempire ogni sera quel locale; attirati dai loro idoli, dai loro messaggi, i giovani si rifugiavano dentro il Lithium per compiere la parte finale della loro progetto.

Rifletté con gli occhi chiusi, fino a quando la musica non andò scemando. Stava per arrivare il suo momento. Si sporse in avanti, con i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte sulle labbra; la fissò ancora, vestita solo di un inutile reggiseno nero e slip in pizzo.

Mosse la testa in una negazione, portando gli occhi alla moquette ai suoi piedi, al ricordo della prova che di lì a poco avrebbe dovuto affrontare.

Il lupo nero dei Lucifer, eh? Pensò.

Un lupo in catene, con una museruola.

L'aria occlusa del fumo del tabacco che aleggiava in quello spazio gli inaridiva la lingua; si piegò in avanti, i palmi sul volto e le dita a strofinare le palpebre.

Alzò il mento verso quella...Quella... Bambina.

Era in quel modo che avrebbe dovuto festeggiare i suoi diciotto anni. La osservò ancora e ancora investigando il suo corpo alla ricerca di un minimo sentore di desiderio. Invece, un pressante senso di disgusto gli provocò un espressione di ribrezzo che dovette nascondere nel palmo della mano destra.

«Devi passare il limite della tua umanità, fratellino, o perderai la credibilità e nostro padre dovrà eliminarti» gli aveva detto sua sorella. «Fidati, dopo questa esperienza, cambierà tutto. Ti risulterà sempre più facile, anche quando la loro età si abbasserà.»


***



«Stefano! Amico mio, finalmente sei arrivato!»

Acab spostò lo sguardo verso l'ingresso del locale da cui era appena entrato il loro ultimo acquisto: un uomo alto, capelli castani tirati all'indietro, il viso squadrato ornato da un velo di barba, il completo bordeaux che indossava con fiera consapevolezza del suo status di "favorito", provocò in Acab una scarica elettrica lungo gli arti. L'uomo lo salutò con un cenno del capo e lui tirò un sorriso forzato.

Un ex ministro di colui che non possiamo nominare, seduto ai nostri tavoli come pupillo del casato...

Era un ministro di una delle Sette Chiese e ciò confermò nel ragazzo la consapevolezza dell'inesistenza di una qualsiasi redenzione. Non poteva esistere un dio, se anche i suoi ministri venivano così facilmente reclutati dalla loro potenza.

«Arrivi appena in tempo per vedere il passaggio all'età oscura» il tono orgoglioso e lo sguardo fiero di un padre che aspetta che il figlio sia il degno erede del Casato Damian. Lui che, nella semi oscurità, negli occhi lucidi, combatteva la sua duplice essenza.

Stefano si sedette in una delle poltrone poste a semicerchio davanti al cubo, dopo un sorso della bevanda servitagli in un vassoio d'argento, piegò il capo verso Judas: «Signore... » L'altro piegò la testa in ascolto. «Chi è la fortunata?» Dopo un sorso al liquido rosso scuro dal bicchiere di vetro e con una certa compiacenza nella voce, Judas rispose ad alta voce: «Spero che Acab possa apprezzare la dolcezza della sua sorellina Evelyn!»

Sarebbe stato meglio per Acab ricevere uno sparo nel centro della fronte che ascoltare quell' affermazione. «Non trovate sia uno splendore?» Il bicchiere in alto e lo sguardo al figlio, mentre Acab avrebbe voluto avere una lastra di ghiaccio al posto di un cuore sanguinante nel petto.

Un sorriso amaro e con un finto cenno di assenso, fissò il suolo con occhi annebbiati; non potè far altro che coprire la lacrima che era sgorgata dall'occhio destro con i capelli.

Ecco perché non la vedevamo più da qualche giorno... Rifletté.

L'hai drogata, picchiata, condotta davanti al Signore Oscuro e ingoiato la sua essenza.

Rise con forza fino a graffiarsi la gola, attirando l'attenzione dei presenti. «Beh, padre, come scherzo non era male!» Prese l'elastico dal polso e si legò i capelli, lasciando solo delle ciocche ai lati della fronte. «Pensavo avessi preparato qualcosa di meglio!»

Sapeva che la sceneggiata non sarebbe stata credibile, ma tentò il tutto per tutto. Si mise comodo, le braccia aperte sulla spalliera del divano, una gamba accavallata sull'altra. Osò guardare in faccia suo padre con occhi ribelli e torvi.

«Avresti voluto Lilith? Oppure uno dei miei adepti...Come lui?» Judas aveva preso dal cravattino un giovane cameriere posto alla sua sinistra e l'aveva fatto sporgere fino a farlo piegare oltre il suo capo. Il ragazzo guardò Acab con terrore, pregandolo con gli occhi di non fargli nulla.

Acab deglutì. «Preferirei morire» replicò con astio, quasi fosse pronto a sputargli in faccia.

La risata del padre riecheggiò per tutto il locale. «Quanto sei divertente, figliolo!» Si alzò e tirò così malamente la sorellina che rischiò di farla cadere al suolo. «Pensi sia davvero così facile disobbedirmi, Caleb

Gli occhi sbarrati di Acab suggerirono a Judas di averci azzeccato: Caleb, il ragazzino strappato a Simon e all'altro Regno, era ancora lì e gli ringhiava contro con la presunzione dei figli di Colui che non potevano nominare.

Gli gettò la giovane ai piedi.

«Tenetelo fermo» ordinò ai suoi adepti nascosti nelle ombre alle spalle del giovane.

Acab non fece in tempo comprendere nulla perché tre uomini si materializzano alle sue spalle: due servivano per le braccia e uno per stringergli il collo in una morsa. «Forse Quello dei luoghi celesti permette simili ribellioni, ma qui non lo permetto. Lilith, sai già cosa devi fare; mi aspetto di vederlo piangere e desiderare la morte che non arriverà fin quando non avrà finito con Evelyn».

«Agli ordini». La ragazza, che per tutto il tempo aveva atteso alle spalle del padre, si mosse con passo felpato verso il fratello. Vestita di rosso, un abito lungo fino ai piedi, le curve evidenziate in ogni particolare, i piedi scalzi.
La mano sinistra, chiusa a pugno.

Il sudore imperlava la fronte di Acab; la consapevolezza di avere già la bocca aperta, alla ricerca di ossigeno.

La sorella, prima poggiò un ginocchio sul divano, poi gli si posizionò sul bacino. Gli strinse le guance con le unghie della mano libera e gli fece cadere la pillola violacea dritta in gola. «Tu» indicò poi a uno dei camerieri. «La siringa». Gli occhi di Acab tentavano di guardare ovunque, tranne che dentro a quelle iridi glaciali, la paura di vederci un desiderio che lui, in quel momento, aberrava più di ogni altra cosa.

Gli uomini liberarono la presa. Un pizzico nel collo, in direzione della giugulare, alle orecchie il soffio della voce della sorella: «Adesso ci divertiamo...»

Annebbiato dai primi effetti della droga più pagata del mondo, Acab non riuscì più a distinguere i contorni del locale, mentre le voci ovattate dei presenti parlavano di giochi, catene e sangue da versare.

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Buonasera!

Un bel salto nel passato di Acab...

Era da tanto che volevo farlo. Come continuerà la sua storia? In parte la conosciamo dal primo libro, ma perchè sono tornati i suoi ricordi?

Fatemi sapere!

Pax

La vostra Skys

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