Capitolo 2
Lucifero adorava volare. Sembra una frase scontata da dire per un angelo, ma adorava sentire il vento tra i capelli, sentirlo tra le piume delle ali, arruffandole. Si esibiva in coreografie mozzafiato ad alta velocità, tanto da riuscire ad affascinare, più di una volta, tutto il popolo celeste.
"Coraggio Gavri'el! Non dirmi che sei già stanco!" urlò Lucifero, per sovrastare il vento, all'amico alcuni metri più indietro.
"Tranquillo! Posso ancora raggiungerti!" rispose l'Arcangelo, accelerando il battito delle sue ali e guadagnando alcuni metri. Lucifero ghignò e sterzò bruscamente a destra fermandosi poi per vedere il rovinoso impatto di Gavri'el contro una nuvola.
"Complimenti, un atterraggio bellissimo" rise Lucifero, mentre l'amico si rialzava faticosamente e lo fulminava con lo sguardo.
"Molto divertente, Lucifero" borbottò Gavri'el rialzandosi in volo per raggiungere l'amico, che si stava tenendo la pancia per le troppe risate.
"Non posso credere che riesci a farti battere con questi trucchetti" disse una voce sopra di loro. Alzarono entrambi lo sguardo e videro Nicola planare verso di loro, un sorriso di scherno sulle labbra.
"Non c'è bisogno che me lo ricordi. Mi ha preso alla sprovvista" si giustificò l'Arcangelo mentre Nico scuoteva la testa "Immagino che tu sappia fare di meglio"
"Di certo non cadrei vittima di questi trucchi e poi sai bene che sono più veloce di te, Gavri'el" sorrise Nico, incrociando le braccia al petto.
"E allora dimostralo"
"Non posso, devo andare ai campi di addestramento"
"Anche noi. Potremmo fare una gara veloce, no?" propose Lucifero e i due Arcangeli accettarono, mettendosi in posizione. Partirono tutti e tre all'unisono, le ali si muovevano talmente veloci che si distinguevano a malapena, la tunica di Lucifero e i mantelli di Gavri'el e Nico erano percossi dal vento. Nico batté le ali un po' più forte, allontanandosi leggermente dagli altri due angeli.
La pista di addestramento era vicina e, quando arrivò a pochi metri da essa, Nicola fece una brusca picchiata in caduta libera, le ali ripiegate ai lati del corpo, seguito a breve distanza da Gavri'el e Lucifero. All'ultimo istante, poco prima di schiantarsi, spalancarono tutti e tre le ali allo stesso momento, fermando così la brusca caduta. Nico fu il primo a toccare terra, atterrando con grazia di fronte ad un paio di angeli più giovani, subito seguito da Lucifero e Gavri'el.
"Cosa ti avevo detto?" domandò retorico l'Arcangelo guerriero, ripiegando le immense ali dorate dietro la schiena. Gavri'el sbuffò e andò ad allenarsi senza degnarsi di rispondere, troppo scocciato per la doppia sconfitta in poco tempo.
"Dopo un po' gli passa" disse Lucifero, sorridendo complice a Nico.
"Lo so, lo conosco" disse Nico, avviandosi con un paio di Angeli dei Venti in un posto tranquillo per l'addestramento. Lucifero lo osservò allontanarsi per poi alzarsi nuovamente in volo e atterrando su una piccola nuvola per riposare. Non aveva particolarmente voglia di combattere, preferiva rimanere seduto su quella nuvola, magari suonando qualcosa, ad osservare il viavai di angeli davanti a lui.
Lucifero fece oscillare le gambe oltre il bordo della nuvola, la quale gliele solleticava leggermente, volgendo lo sguardo verso destra dove un angelo solitario era in piedi sopra una nuvola. Lucifero cercò di capire chi potesse essere quell'angelo ma gli volgeva le spalle e poteva vedere solo la lucida chioma di capelli castano chiaro. L'armatura era di uno scintillante colore dorato in contrasto, l'elsa crociata della spada di un lucido argento con la lama avvolta da lunghe fiamme vermiglie. Dalle sue spalle scendeva un lungo mantello di un bianco perlaceo, lo stesso bianco delle ali dell'angelo, pure e lucenti tanto che sembravano brillare di luce propria.
Maneggiava la spada con scioltezza e fluidità, facendola ruotare a pochi centimetri da sé, incurante delle pericolose fiamme rosse che avvolgevano la lama affilata. Fendente, parata, affondo: i colpi si susseguivano con precisione contro un nemico immaginario di fronte a sé, ma Lucifero aveva l'impressione che ogni colpo sarebbe andato a segno, ferendo gravemente l'avversario.
Le fiamme sulla lama non si spegnevano nemmeno dopo una serie di colpi eseguiti velocemente in sequenza. Le lingue di fuoco più vicine alla lama erano di un vivido giallo dorato, per poi sfumare ad un arancione brillante fino ad un ammaliante rosso rubino sulle punte delle fiamme, ipnotizzando l'angelo con la loro sensuale danza.
Lucifero ammirò con che naturalezza maneggiasse l'arma, come se fosse solo il prolungamento delle sue braccia. Lui riconosceva che era bravo con la spada, ma non sarebbe mai stato al livello di quell'angelo né tantomeno al livello di Nicola, il primo degli Angeli Guerrieri. La cosa che lo stupì furono le mani dell'angelo: mani delicate dalle dita lunghe e affusolate, quasi delicate, mani che sarebbero state perfette per suonare uno strumento musicale piuttosto che a maneggiare una pesante spada infuocata.
All'improvviso l'angelo smise di allenarsi, la spada ritornò ad essere una normale arma senza fiamme che la circondavano, il filo della lama perfetto e affilato. Rinfoderò l'arma e spalancò le immense ali perlacee, battendole lentamente verso est, dirigendosi verso la Radura della Pace. La Radura si trovava poco distante dai campi di addestramento e, come si intuisce dal nome, è una radura con grandi alberi dal tronco di madreperla e le foglie d'argento con frutti dolci e succosi dai mille colori.
Lucifero si riscosse e spalancò a sua volta le ali, seguendo l'angelo ad una discreta distanza, anche se qualcosa nei suoi movimenti gli sembrava vagamente familiare. Atterrò all'entrata della Radura, seguendo l'angelo che era atterrato a sua volta e camminava elegantemente tra i grandi alberi, le punte delle sue ali che toccavano leggermente la soffice superficie delle nuvole. Arrivò al centro della Radura, dove gli alberi si disponevano in cerchio attorno ad un piccolo specchio d'acqua pura e cristallina con delicati fiori che crescevano rigogliosi sulle sue rive: la Fonte dell'Armonia. Lucifero si nascose dietro un albero e osservò l'altro angelo accovacciarsi sulle rive del piccolo laghetto, mettere le mani a coppa e bere un lungo sorso di acqua, accarezzando poi con le dita bagnate i petali di un'orchidea bianca. Il fiore si ergeva elegante e flessuoso al di sopra di alcuni gigli azzurro pastello e di alcune peonie rosate. Lucifero vide le sue lunghe dita carezzare con delicatezza i petali setosi dell'orchidea, lasciando piccole goccioline di acqua su di essi facendoli luccicare come diamanti, canticchiando una soave melodia tra sé e sé.
Il Portatore di Luce spalancò gli occhi quando sentì l'angelo cantare. Quanto era bella quella voce! Così dolce, melodiosa, paradisiaca! Si appoggiò al tronco dell'albero e si beò di ogni parola di quella semplice canzone cantata così bene, tanto che le note della melodia riuscirono a toccare nel profondo la sua anima, smuovendo qualcosa al suo interno, qualcosa che non sapeva decifrare. Ma una cosa la sapeva: avrebbe potuto passare tutta l'eternità ad ascoltare quella splendida e delicata voce senza mai stancarsi.
Lucifero sospirò piano e fece un passo in avanti, voleva, no doveva, sapere chi era quell'angelo. Inavvertitamente, nel muoversi, batté il sandalo contro il tronco dell'albero e il rumore fece spaventare l'altro angelo che volse il viso in tutte le direzioni per scoprire la fonte del rumore. Lucifero fu svelto a nascondersi nuovamente dietro il tronco dell'albero, il cuore che gli batteva a mille per essere stato quasi scoperto.
Cautamente sbirciò dietro il tronco e, quando vide il volto del misterioso angelo trattenne il respiro per la sorpresa. Si voltò e poggiò la schiena contro il tronco dell'albero, fortunatamente abbastanza grande da nascondere le sue ali, e attese con il cuore in gola il momento in cui l'angelo se ne fosse andato. Pochi secondi dopo, per sua fortuna, sentì il fruscio delle ali spiegate seguito poco dopo dal loro battito ritmico e capì che l'angelo se ne era andato. Solo allora si concesse di prendere fiato, scivolando contro il tronco fino a sedersi, poggiando la schiena e la testa contro di esso, chiudendo gli occhi per metabolizzare quello che era appena successo.
Fece dei profondi respiri per calmare i battiti impazziti del suo cuore, la sua mente che ripeteva incessantemente, come un disco rotto, la canzone che aveva appena sentito. Quella voce soave era riuscita a turbarlo così tanto, dandogli l'impressione che quell'angelo brillasse di luce propria invece che della luce riflessa da Dio, che tutta la Radura brillasse di luce nuova. E poi quella magia si era spezzata quando aveva bruscamente smesso di cantare, facendo apparire agli occhi di Lucifero tutto quanto più buio e triste senza quelle melodie che donavano luce.
Non seppe esattamente per quanto tempo rimase lì seduto a rimuginare su tutto ciò, ma quando sentì due squilli di tromba seppe che era giunto il momento delle Lodi. Con gambe tremanti si alzò e spiegò le ali, prendendo il volo verso di Lui. Fu l'ultimo ad arrivare, tutti gli angeli erano disposti in ampi cerchi in base alla gerarchia: gli angeli più potenti vicino a Lui per poi andare a scalare con i ranghi. Lucifero e i sei Arcangeli Maggiori avevano dei semplici troni in bronzo alle spalle dell'altare dove Lui si manifestava sotto forma di luce dorata. Prese posto sedendosi sul suo trono di fronte a quello del Signore, mentre i sei troni degli Arcangeli erano disposti ai suoi lati: sul lato sinistro vi erano Nicola, il più vicino a lui, Raffaele e Gavri'el, sul lato destro Michele, Samael e Gabriele.
"Va tutto bene?" gli sussurrò Nico quando notò il suo volto pallido e gli occhi stralunati. Lucifero si limitò ad annuire meccanicamente, non riuscendo ad esprimere a parole quello che provava. Nico corrugò le sopracciglia ma non ci diede molto peso, cominciando a cantare in coro con gli altri angeli le Sue Lodi. Lucifero si unì a sua volta ai canti, facendo saettare gli occhi viola sul primo angelo alla sua destra: Michele. Indossava una semplice tunica bianca e aveva legato in vita il fodero della spada, ma ora lo riconobbe. Era lui il misterioso angelo: riconosceva i capelli castano chiaro, l'elsa crociata della sua spada e le sue lunghe dita affusolate ed eleganti.
Sentendosi osservato Michele volse lo sguardo verso il Portatore di Luce, vedendo i suoi particolari occhi viola scrutarlo come se volessero carpire ogni suo segreto. Continuando a cantare sostenne il suo sguardo fiero, sentendo però le sue guance pizzicare e il suo cuore battere più forte sotto lo sguardo degli occhi magnetici dell'angelo più bello dei Cieli.
N.A.
Eccomi con un nuovo capitolo, sperando vivamente che sia di vostro gradimento. Lo ammetto, è molto descrittivo ma spero di non essere stata troppo pesante o ripetitiva nello scriverlo.
Baci,
Poseidon1999
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