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Capitolo 16

Le cose tra Michele e Lucifero si erano lentamente sistemante: l'angelo aveva ricominciato a parlare con il Diavolo e l'altro era stato decisamente felice di questo cambiamento. Chiacchierare nuovamente con Lucifero era stato semplice per Michele e lo faceva tornare ai tempi andati, quando erano felici insieme e nulla li preoccupava. Si raccontavano aneddoti che erano successi durante quei millenni di separazione: alcuni erano belli, altri divertenti, altri ancora erano tristi, specialmente quelli dopo la Caduta.

"Sei stato così triste per colpa mia" mormorò Lucifero, scuotendo appena la testa "Come ho potuto permetterlo?"

"È tutto passato, ora. Non rivanghiamo i nostri errori" rispose Michele, seduto sulla sedia di fianco al letto di Lucifero. L'angelo caduto alzò lo sguardo su di lui e, senza bisogno di parlare, si rese conto di cosa parlava.

"Nemmeno tu devi incolparti per quello di cui ti ho accusato. Volevo così tanto che parlassi a Nostro Padre di noi che, quando non l'hai fatto, non sono riuscito a fermare la mia rabbia. L'unica cosa di cui non smetterò mai di incolparmi è quello che ti ho costretto a fare: compiere una scelta tra me e il Paradiso" disse Lucifero e, dopo quella rivelazione, si sentì nudo di fronte al penetrante sguardo di Michele. L'Arcangelo non disse nulla, si limitò ad allungare una mano sul braccio di Lucifero con un sorriso mesto. Da quel giorno in poi decisero di non rivangare nuovamente quei ricordi: non sarebbero mai andati dimenticati, ma se volevano davvero ricominciare era meglio voltare pagina e lasciarsi il passato alle spalle, ricordando però gli errori commessi e imparando da essi.


Il tempo passava nell'Inferno e Michele ne aveva ormai perso la cognizione, solo quando Nico gli mandava qualche lettera poteva avere un riferimento temporale. Aveva l'impressione che all'Inferno, e in Paradiso, il tempo scorresse in maniera più lenta rispetto al mondo mortale. Purtroppo non visitava da tempo la Terra, era sospeso tra il mondo infernale per la sorveglianza di Lucifero e il mondo celeste, dove si recava quando l'Inferno gli prosciugava troppa energia.

"Michele?" lo chiamò Lucifero e l'angelo si mosse leggermente nel sonno. Il Diavolo sorrise: si era addormentato da un po' ma, come quando erano insieme, non riusciva mai a svegliarlo. Aveva il sonno decisamente pesante "Michele, svegliati"

"Cosa vuoi?" borbottò Michele, stropicciandosi gli occhi.

"Devo dire che la tua guardia è infallibile" ghignò Lucifero e Michele lo fulminò con lo sguardo.

"Molto divertente. Sono esausto, l'Inferno mi sta prosciugando"

"Allora perché non torni per un po' in Paradiso? So che ci sono due angeli di guardia fuori: potresti lasciare loro qui, così tu avresti il tempo di riposarti" propose Lucifero, preoccupato dalle occhiaie che cerchiavano gli occhi di Michele.

"Penso di poter resistere" Michele si raddrizzò sulla sedia e minimizzò tutto con un gesto della mano "Cosa volevi chiedermi?"

"Ecco... mi domandavo se potessi togliermele" disse il Diavolo, mostrando all'altro le mani ancora incatenate nelle manette di Samael.

"Perché?" domandò Michele, stupito e sospettoso per la sua richiesta. Certo, le cose tra loro erano migliorate, ma non si era mai fidato a liberarlo.

"Perché i polsi mi fanno male e vorrei poter muovere liberamente le braccia" rispose Lucifero, sentendo le braccia intorpidite per il troppo tempo costrette nella stessa posizione "Non ti fidi di me? Pensi che potrei scappare?"

"Io..." Michele si mordicchiò il labbro inferiore, muovendosi a disagio sulla sedia. Una parte di lui era ancora diffidente sul conto di Lucifero.

"Dove potrei mai fuggire? Le mie ali non reggerebbero mai il mio peso e gli angeli sarebbero pronti ad attaccarmi non appena uscissi dal mio regno" Lucifero mosse piano le immense ali infuocate costellate da cicatrici slabbrate che lo stesso angelo gli aveva procurato durante la battaglia.

"Dovrai giurarmi di non fare niente di avventato quando te le avrò tolte" si arrese Michele, alzandosi dalla sedia per poi accomodarsi sul letto di fronte al Diavolo.

"Lo giuro" Michele lo fissò negli occhi e lesse la verità nel suo sguardo. Posò le mani sulle scintillanti manette e chiuse gli occhi, concentrandosi. Le sue mani brillarono di luce bianca e, poco dopo, i polsi del demone furono di nuovo liberi. Lucifero socchiuse gli occhi per l'improvvisa luce, ma quando affievolì si sentì decisamente meglio. Mosse i polsi e le braccia dopo la lunga costrizione, sentendoli informicolati a causa della circolazione che riprendeva.

"Finalmente libero" sospirò Lucifero con un sorriso, massaggiandosi il polso dolorante, ma quando vide le condizioni di Michele si preoccupò. Il volto dell'angelo era pallido e gli occhi chiusi e cerchiati da ombre violacee ancora più marcate di prima, le mani che gli tremavano incontrollate.

"Michele!" lo chiamò, ma l'angelo non rispose. Si alzò dal letto, facendo distendere Michele al suo posto, cercando di farsi venire in mente una soluzione per guarirlo. Aveva usato troppa energia, di questo era certo, ma sapeva che non sarebbe riuscito a tornare in Paradiso a riposare. Gli venne in mente un'idea, ma non era sicuro del risultato che avrebbe procurato, o se avrebbe funzionato. Prese le mani dell'angelo tra le sue e fece fluire una parte della sua energia nel corpo esausto di Michele, cercando di ignorare quelle piccole scosse di piacere che gli procurava il contatto con le mani dell'Arcangelo.

"Michele?" lo chiamò Lucifero quando lo vide muoversi leggermente. L'angelo riaprì piano gli occhi, mettendo a fuoco la stanza, rendendosi conto di essere sdraiato sul letto del demone. Troppo tardi si rese conto che le sue mani erano intrecciate con quelle del Diavolo, ma non si sottrasse alla sua presa "Come ti senti?"

"Cos'è successo?"

"Non ricordi?" domandò Lucifero, sorpreso, mentre l'altro scuoteva piano la testa "Mi hai liberato, ma eri troppo debole e hai perso conoscenza, così ti ho infuso parte della mia energia per farti riprendere"

Michele aggrottò le sopracciglia, confuso, ma a poco a poco i ricordi cominciarono a riaffiorare nella sua mente e arrossì per quello che era successo. Cercò di alzarsi, ma un giramento di testa lo fece gemere di dolore.

"Ehi, piano" gli disse Lucifero, facendolo nuovamente distendere sul letto "Non penso tu sia nelle condizioni di andare da qualche parte"

"Ci voleva solo questa" borbottò Michele, chiudendo gli occhi, mentre il dolore si affievoliva lentamente.

"Vedrai che sarai in piedi presto"

"C'è una cosa che non capisco" disse l'angelo all'improvviso, spalancando gli occhi "Come... com'è possibile che tu mi abbia dato la tua energia? Sei un demone..."

"Penso che il tempo passato con te mi abbia reso meno demoniaco" lo interruppe con un sorriso "Forse non è tutto perduto con me"

"Forse hai ragione" Michele gli sorrise a sua volta, stringendo leggermente le dita del Diavolo con le sue "Mi è mancato tutto questo"

"Cosa?"

"Parlare con te di tutto e di niente, sentire di nuovo la tua risata, stringere ancora la tua mano" rispose l'angelo, facendo spalancare gli occhi di Lucifero "A te no?"

"Sì, sì mi è mancato tutto questo" rispose Lucifero di getto, rispondendo alla stretta dell'angelo. Michele sorrise dolcemente e, con cautela, si alzò sui gomiti e si avvicinò lentamente al volto dell'angelo caduto.

"Aspetta" lo fermò il Diavolo e vide la luce morire nel suo sguardo.

"Oh, io... credevo... scusami..." balbettò Michele, allontanandosi un po' dall'altro, dandosi mentalmente dello stupido. Lucifero, forse, non provava più quel tipo di sentimenti nei suoi confronti. Forse aveva frainteso tutto.

"Riesco a sentire i tuoi pensieri fino a qui" ridacchiò Lucifero "Provo anche io i tuoi sentimenti, ma non volevo baciarti in questa forma"

Michele alzò di scatto la testa a quelle parole e vide il volto e il corpo dell'angelo ribelle mutare: i suoi lineamenti tremolare per poi trasformarsi in quelli angelici, ritornando ad essere l'angelo di un tempo. Il viso tornò ad essere di un sano rosa, i lunghi denti scomparvero, gli occhi tornarono entrambi violetti e i suoi capelli dorati sfioravano dolcemente le spalle. Il suo corpo rimpicciolì, rimase comunque a petto nudo, ma i muscoli erano tornati di proporzioni normali rispetto a prima. Le mani tornarono senza i lunghi artigli neri e le fiamme sulle ali si spensero, per poi ritornare ad essere piumate con le sfumature violette verso la fine.

L'Arcangelo sorrise nel rivedere l'angelo di cui si era follemente innamorato. Era lo stesso, ma allo stesso tempo sapeva che non era più lui: era cambiato nei millenni, così come lo stesso Michele, commettendo errori e imparando da essi. Di una cosa era però sicuro: non era più assetato di potere come all'epoca della Caduta. Durante le loro chiacchierate aveva notato i suoi progressivi miglioramenti e si riteneva fiero di non essersi sbagliato sul suo conto. In fin dei conti c'era ancora qualcosa di buono in lui, qualcosa che lo ricollegasse alla sua natura angelica e, Michele, sapeva di essere quel sottile legame che Lucifero non aveva mai realmente troncato.

"Non mi riconosci più così?" domandò Lucifero, ironico, dopo il lungo silenzio da parte dell'altro. Titubante, l'Arcangelo, allungò una mano per posarla sulla guancia del suo vecchio amante. Sentì la pelle liscia sotto i polpastrelli e Lucifero chiuse gli occhi a quella carezza, spingendosi contro la mano dell'angelo. Quando riaprì gli occhi ripeté lo stesso gesto con Michele, avvicinando il volto al suo e posando dolcemente le labbra su quelle dell'angelo. Inizialmente fu un bacio delicato, quasi titubante, dove nessuno si azzardava ad approfondire, limitandosi ad un leggero sfioramento di labbra. Entrambi sentivano i cuori battere più veloci, quasi volessero uscire dalla cassa toracica, provando una felicità nell'essere di nuovo insieme talmente forte da far male.

Lucifero decise di prendere il comando del bacio, approfondendolo e chiedendo l'accesso alla bocca dell'angelo, che gli venne subito concessa. Angelo e demone erano semisdraiati sul letto, ormai, con gli occhi chiusi e persi nell'estasi del momento. Quando sentirono di nuovo il sapore dell'altro in bocca sorrisero simultaneamente: entrambi non avevano mai realmente dimenticato il sapore dell'altro, la consistenza morbida delle labbra, il corpo fremente sotto il proprio e le mani che si intrecciavano rapidamente nei capelli dell'altro, stringendo e tirando le ciocche a seconda dell'intensità del bacio.

Si separarono dopo pochi minuti, allontanandosi pochi centimetri l'uno dall'altro. Lucifero aveva il respiro affannato, così come l'angelo, e osservava l'amante dall'alto, sorretto dai gomiti puntellati sul materasso del letto. Si perse negli occhi di Michele, finalmente liberi dalle preoccupazioni, tornati di quel grigio perla di cui si era innamorato la prima volta.

Michele, sotto di lui, lo guardava con lo stesso sorriso rilassato e il respiro pesante. Le mani erano agganciate dietro il collo di Lucifero, con i capelli biondi che gli solleticavano dolcemente le dita. Sentì il petto del demone sfiorarlo ad ogni respiro, scontrandosi con il suo, a dividerli la leggera tunica bianca dell'angelo. Incontrò lo sguardo viola dell'angelo ribelle e si perse anche lui in quella sfumatura così particolare anche per un angelo, sentendo il cuore gonfio delle stesse emozioni che provava millenni fa, come se il tempo non fosse mai passato.

Non dissero nulla per interi minuti, non volendo spezzare quel silenzio che si era creato nella stanza, racchiudendoli ed abbracciandoli in una piccola bolla che li separava dal mondo reale. Fuori da quella stanza avevano chiuso i problemi e le critiche che ci sarebbero state una volta che il Paradiso avessero saputo di loro. Ma ora non volevano pensarci. Si erano ritrovati, si erano chiariti dopo millenni di incomprensioni e per il momento era quello che contava per loro.


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