Capitolo 15
Michele continuava a maledirsi per aver assecondato il desidero del Padre di sorvegliare Lucifero. Era una pessima idea, visto e considerato i sentimenti così confusi che provava nei confronti dell'angelo caduto. Continuava a credere che Suo Padre sapesse che provava ancora qualcosa per Lucifero e lo avesse mandato di proposito a sorvegliarlo: fino a quando qualcuno non lo avesse convinto del contrario avrebbe tenuto fede alla sua teoria.
Era negli Inferi da quasi due mesi e le cose con Lucifero non erano per niente migliorate, anzi. I loro rapporti si erano fatti più freddi di prima, aggravato dal comportamento ostile dell'Arcangelo. Quando si era ripresentato da Lucifero per la sua missione, il Diavolo gli era sembrato felice per il suo ritorno. I suoi occhi bicolore si erano illuminati nel vederlo, ma Michele non aveva avuto la stessa reazione: aveva represso con tutte le sue forze le sensazioni che quello sguardo gli procurava, indossando una maschera di freddezza che poco si addiceva al suo carattere. Lucifero aveva cercato più volte di intavolare un discorso con lui, ma l'angelo era rimasto testardamente zitto o, in alternativa, rispondeva solo a monosillabi. Alla fine, Lucifero aveva smesso di provarci e nella stanza era sceso un silenzio quasi opprimente. Da quel momento in poi i loro incontri erano un ripetersi continuo di monotoni silenzi. Fino a quando Lucifero, non riuscendo più a sopportare quella sceneggiata, esplose.
"Ora basta!" ringhiò il Diavolo, parlando per la prima volta dopo molto tempo. Michele aveva alzato la testa dalla lettera di Nico che stava leggendo, corrugando le sopracciglia in una muta domanda a chiarirsi "Non posso più sopportare questo stupido teatrino"
"Non so a cosa ti riferisci" rispose Michele in tono annoiato, tornando a leggere la lettera.
"Lo sai benissimo! Per quanto vuoi continuare questa storia del silenzio?"
"Continuo a non capire"
"Smettila di fare il finto tonto! Da quando sei tornato non hai più parlato con me, se non si contano quei sporadici 'sì' e 'no' che ti limitavi a rispondere alle mie domande dirette. Non mi hai mai detto perché sei tornato, né perché ti ostini a rimanere in questa stanza con me se non vuoi parlarmi"
"Vuoi saperlo?" esplose Michele, alzandosi di scatto e lasciando cadere la lettera, avvicinandosi al letto "Sono qui perché Nostro Padre mi ha obbligato a rimanere con te all'Inferno per cercare di cambiarti! Crede ci sia ancora qualcosa di buono in te e che io sia l'unico che può aiutarti! Ecco perché sono qui. Contento, adesso?"
"Tu lo credi?" domandò Lucifero a bassa voce, sorpreso dalla furia dell'angelo. Era cambiato più di quanto pensasse nel corso dei millenni.
"Cosa?" sibilò Michele, riducendo gli occhi a due fessure.
"Che ci sia ancora qualcosa di buono in me"
"Non lo so. Dopo tutto quello che hai fatto mi è difficile crederlo" non disse una vera e propria bugia, più una mezza verità. Dopo aver detto quelle parole comparve un sorriso sulle labbra del Diavolo "Cos'hai da ridere?"
"Sai, per un momento ho creduto che tu sperassi che potessi redimermi, ma a quanto pare anche tu la pensi come tutti gli altri"
"Non ho detto questo" disse Michele, incrociando le braccia al petto.
"Eppure è quello che pensi" rispose Lucifero senza alcuna traccia di accusa nella voce. Era calma e con una nota di rassegnazione "Sei cambiato così tanto. Non sei più il timido angelo dagli occhi curiosi che conoscevo millenni fa e del quale mi sono innamorato"
"Le persone cambiano" ribatté l'Arcangelo con il cuore che batteva più veloce dopo le parole dell'altro. Che potesse davvero cambiare?
"Vero e suppongo che tu sia cambiato più di tutti. Sei diventato più sicuro di te e consapevole della tua forza. A quanto pare non finirai mai di sorprendermi"
"Lucifero a che gioco stai giocando?" domandò Michele, chiudendo gli occhi, prendendo l'angelo caduto in contropiede.
"Scusami?"
"Perché mi dici queste cose? Perché, Lucifero? Non riesco a capire" Michele riaprì gli occhi e si prese la testa tra le mani, cercando di dare un senso a quel groviglio di emozioni che gli opprimeva il petto.
"Non è un gioco Michele, non per me" lo rassicurò Lucifero, cercando di allungare una mano nella sua direzione, ricordandosi però che era incatenato "Tutto quello che ti ho detto lo penso davvero. Non sto cercando di ingannarti, ho solo constatato quanto tu fossi cambiato dall'ultima volta che ti avevo visto"
"Questo non scusa le tue precedenti azioni. Prima cerchi di uccidermi e poi mi dici quelle cose! Cosa dovrei pensare, secondo te?"
"Io..." mormorò Lucifero, ma le parole gli morirono sulle labbra. Richiuse la bocca e distolse lo sguardo.
"Sono confuso e le tue parole hanno creato nuove domande nella mia mente. Ho bisogno di tempo per riflettere" disse l'angelo, voltando le spalle a Lucifero. Raccolse la lettera a terra e si avviò verso la porta.
"Michele aspetta" lo richiamò il Diavolo e l'angelo voltò la testa nella sua direzione "Pensi che solo tu sia confuso a causa dei sentimenti discordanti che provi? Sono confuso anche io, non so più come comportarmi in tua presenza. Millenni fa questo problema non esisteva, ma ora..." Lucifero sospirò e osservò l'angelo di fronte a lui "Ora molte cose sono cambiate, noi stessi per primi. Ho rischiato di perderti più di una volta, una di esse per colpa mia, non voglio che accada di nuovo"
Michele rimase in silenzio, ma Lucifero vide che il suo sguardo si era addolcito un po' rispetto a prima e decise di continuare "Mi hai chiesto perché ho tentato di ucciderti. È vero, ti ho odiato quando non ti sei schierato dalla mia parte e questo odio si è protratto per tanto tempo. Ho sempre pensato che mi avessi tradito e i sentimenti che provavo per te li ho rilegati in un angolo del mio cuore, ripetendomi giorno dopo giorno che tu mi avevi tradito. Sai, dopo un po' che uno si racconta la stessa bugia alla fine finisce per crederci. Credo che mi abbia addirittura condizionato e, subito dopo aver comunicato ai demoni la tua morte, il rimorso cominciò a farsi sentire. Non ci diedi peso e cercai di ignorarlo, ma quando ti vidi cadere dal cielo con la lancia che ti trafiggeva il petto ho capito di aver commesso l'errore più grande della mia vita. Ero così addolorato che combattei come un folle: non mi importava più di morire. Quando poi ti ho visto di nuovo, alla fine della battaglia, credevo che la mente mi stesse giocando qualche brutto scherzo, invece eri sopravvissuto" Lucifero tacque, sentendosi tutto a un tratto vulnerabile di fronte a Michele. L'angelo non disse nulla, lo osservò e basta.
"Se ora mi odi, lo capisco. Sarebbe la cosa più giusta da fare" borbottò Lucifero, guardando l'angelo negli occhi.
"Ho bisogno di stare da solo" detto questo Michele uscì dalla stanza, lasciandosela alle spalle mentre si addentrava nel dedalo di corridoi del palazzo. Camminava senza una meta precisa, rimuginando sulle parole di Lucifero, sentendo che tutto quello che gli aveva detto era vero. Cercò di provare rabbia, odio o rancore nei suoi confronti, ma non ci riuscì. Il cervello gli diceva che doveva avercela a morte con Lucifero per tutto il dolore che gli aveva causato, ma il cuore gli ricordava continuamente i bei momenti passati con lui, prima che il male si impossessasse della sua anima.
Ricordava vivamente il loro primo bacio, il sapore delle sue labbra dolci e delicate, la stretta delle sue braccia attorno al suo corpo e la sensazione di protezione che gli aveva donato. Non riusciva ad odiarlo perché, in fondo, teneva ancora a lui. Non importa quanto scortese potesse apparire di fronte a Lucifero, in fondo lui si sentiva ancora vulnerabile quando guardava i suoi occhi, in particolare quello viola perché gli faceva ricordare il vecchio Lucifero.
Riemerse dai suoi pensieri a causa di un rumore. Si fermò al centro del corridoio e tese l'orecchio per cercare di capire da dove venisse il rumore. Lo sentì di nuovo e si diresse nella direzione da cui proveniva, ritrovandosi nell'ala est del palazzo. Dopo due mesi lì dentro, e dopo i suoi continui viaggi all'interno del palazzo, aveva capito come muoversi senza perdersi nel dedalo di corridoi. Il suono lo condusse di fronte ad una porta nella parte più nascosta dell'ala est. Posò una mano su di essa e la spinse, rivelando una piccola stanza arredata con pochi mobili e senza sfarzi. Al centro della stanza c'era una demone che stringeva al petto un fagottino: la fonte del rumore.
"Chi sei?" domandò Michele, alzando le mani in segno di resa quando la demone sobbalzò e cercò di allontanarsi il più possibile da lui, stringendo al petto il fagottino.
"Beleth" rispose la demone alzando fieramente il volto, completamente ripresa dallo spavento di poco prima. Era molto bella con i suoi lunghi capelli biondi a boccoli e i contrastanti occhi neri. Era alta come Michele, il corpo agile e flessuoso, con due ampie ali nere piumate alle spalle "Sei Michele, non è così?"
"Sì, sono io" rispose l'angelo, avvicinandosi con cautela "Cos'hai tra le braccia?"
"Una bambina" disse Beleth, scostando la copertina per mostrargli il volto paffutello della neonata con gli occhi liquidi a causa delle lacrime.
"È... è tua...?"
"Non è mia figlia, se è questo che vuoi sapere" rispose la demone, prendendo una lettera dalla tasca dei pantaloni e porgendola a Michele. L'Arcangelo la prese e la lesse, spalancando gli occhi quando vide di chi era la bambina.
"Beryl... è la figlia di Beryl e Menadiel" sussurrò l'angelo, sconvolto.
"Sì, mi ha chiesto di accudirla durante la guerra e mi ha lasciato questa lettera in caso le fosse successo qualcosa. Sono rimasta chiusa qui dentro e non so come si sono svolti i fatti, ma se tu sei qui..." disse Beleth con la voce che diminuiva gradualmente quando realizzò cosa fosse successo a Beryl "Lei... è morta?"
"Sì, ha combattuto valorosamente contro i demoni, ma non ce l'ha fatta" rispose Michele, addolorato. La demone si appoggiò alla parete con lo sguardo fisso nel vuoto. L'angelo si avvicinò e le posò una mano sulla spalla e lei si rintanò contro Michele, piangendo silenziosamente. Lui le mise un braccio sulle spalle e la strinse a sé, cullandola fino a quando non smise di piangere.
"Prendi Victoria e portala dall'Arcangelo Nicola. Beryl mi aveva parlato di lui ed era l'unico di cui si fidasse per lasciargli in custodia la piccola. La saprà crescere meglio di me e l'Inferno non è decisamente il posto adatto ad un bambino" disse lei con voce tremante, porgendogli la piccola. Michele ripiegò la lettera e se la mise in tasca, prendendo poi la bambina dalle braccia di Beleth. Non aveva assolutamente nessuna esperienza con i bambini e la teneva come se stesse maneggiando una statua di cristallo. Quando si ritrovò tra le sue braccia, Victoria, smise di piangere e lo osservò con curiosità. Michele le sorrise, per poi volgere lo sguardo sulla demone.
"Le piaci" constatò lei con un timido sorriso "Va e portala da Nicola, lì sono sicura sarà cresciuta con amore"
"Cosa ne sarà di te?"
"Non preoccuparti, me la caverò" rispose Beleth, prendendo qualcosa dalla tasca "Un'ultima cosa: Beryl voleva che Victoria, una volta cresciuta, avesse il suo anello"
"Lo farò" disse Michele prendendo l'anello e, con un ultimo congedo, uscì dalla stanza e tornò verso quella di Lucifero. Parlò con uno degli angeli di guardia, dicendogli che sarebbe dovuto andare sulla terra e che avrebbe dovuto sorvegliare la stanza.
"Ora andiamo a trovare la tua nuova famiglia, piccola" mormorò dolcemente l'Arcangelo, toccando il ciondolo e visualizzando la sua meta: New York. Apparve poco dopo sulla cima di un grattacielo dove poteva ammirare tutta la città che non dorme mai. Mosse una mano e le sue vesti tremolarono per poi trasformarsi in abiti moderni.
Si avvicinò al parapetto e spalancò le grandi ali, prendendo il volo sopra le teste dei mortali. Volò abbastanza alto da non essere visto, ma non troppo per vedere la città e trovare il quartiere in cui Nico abitava. Ci era stato un paio di volte dopo la fine della guerra, dopo che Nico aveva parato ai parenti del suo fidanzato della sua natura angelica. Gli veniva ancora da ridere alla reazione che avevano avuto: Will e Nico gliela avevano raccontata non molto tempo dopo che era successo.
Strinse la bambina forte contro il suo petto, coprendola con una parte del capotto che indossava per non farla ammalare. Victoria, però, non sembrava spaventata dal fatto di star volando: guardava tutto con i suoi grandi occhioni e batteva le mani estasiata. Michele pensò che, non appena le fossero spuntate le ali, Nico avrebbe avuto il suo bel daffare per non farle prendere il volo ogni tre per due.
Atterrò poco dopo in un vicolo vicino, dove nascose le ali, approfittò di un condomino che stava entrando per intrufolarsi nel palazzo fino al piano dove, era certo, si trovava Nico con la famiglia del suo fidanzato. Suonò il campanello e attese che qualcuno venisse ad aprigli, attesa che durò molto poco visto che Apollo Solace gli aprì la porta. Il padre di Will lo guardò interdetto per un lungo minuto, prima di ritrovare l'uso della parola.
"Posso esserle utile?"
"In effetti sì. C'è per caso l'Arcangelo Nicola?" domandò Michele e da come Apollo spalancò gli occhi all'appellativo di Nico, capì che la persona con cui stava parlando era un angelo. L'uomo annuì e gli fece cenno di entrare.
"Nico credo che questa visita sia per te" disse Apollo e alle sue spalle apparve un uomo che Nico conosceva molto bene.
"Michele! Cosa ci fai qui?" chiese l'angelo avvicinandosi al suo amico per abbracciarlo, ma all'ultimo minuto si accorse di un fagottino tra le sue braccia.
"Ciao Nico" lo salutò l'arcangelo sorridendo dolcemente, sistemandosi meglio il fagottino tra le braccia.
"Michele, cosa...?"
"Devo parlarvi. Will, Nico è meglio se vi sedete"
"Avanti, parla" lo esortò Nico quando lui e Will si sedettero attorno al tavolo e Michele prese posto a capotavola.
"Io... io non credo ci sia un modo gentile per dirvelo" cominciò l'arcangelo, agitandosi leggermente "Voi... voi siete genitori" esordì facendo calare il silenzio.
"Come scusa?" domandò Nico in un sussurro, il primo ad essersi ripreso dalla notizia.
"Voi siete diventati genitori" ripeté Michele, scostando leggermente la copertina rosa che copriva il bambino tra le sue braccia. Era sveglio e la prima cosa che Nico e Will notarono furono due intensi occhi di un blu oltreoceano, limpidi e curiosi, e un ciuffetto di capelli corvini sulla testa "Vi presento Victoria Alià, vostra figlia"
"Michele puoi darci una spiegazione a tutto ciò?" chiese Will, parlando per la prima volta, facendo saettare lo sguardo dalla bambina all'angelo. Michele annuì e prese dalla tasca del cappotto un foglio di carta piegato e lo porse a Nico.
"Leggi a voce alta" disse Victor, in piedi dietro Bianca con le mani posate sulle sue spalle. L'angelo annuì e aprì il foglio. Nico lesse e, quando finì, tacque a lungo, gli occhi fissi sulla lettera dell'amica. Non avrebbe mai immaginato che Beryl avesse una figlia e che l'avesse data a loro: non aveva mai preso in considerazione l'idea di diventare padre. Sentì la mano di Will sul suo braccio, un tocco delicato e rassicurante che lo fece calmare. Alzò la testa e incrociò lo sguardo del suo ragazzo, domandandosi cosa ne pensasse di tutto ciò. Era giovane, non aveva nemmeno trent'anni, e di punto in bianco veniva a sapere che era diventato padre. Chiunque al suo posto sarebbe scioccato, ma lui era calmo e un leggero sorriso gli incurvò le labbra.
"Beryl ci ha nominato genitori di sua figlia" constatò Will a bassa voce, posando lo sguardo sul viso paffutello della bambina, che si guardava intorno curiosa.
"Sì, l'abbiamo trovata in una delle stanze del palazzo di Lucifero, dietro una porta segreta in compagnia di una demone che si occupava di lei. Quando le chiesi spiegazioni lei mi mostrò la lettera, dopodiché presi la bambina e la portai qui da voi" spiegò Michele, cullandola dolcemente.
"Posso tenerla in braccio?" chiese Will, tra lo stupore generale. L'arcangelo annuì, sì alzò e posò con attenzione la bambina tra le braccia del ragazzo. Will sorrise a Victoria, accarezzandole la manina con un dito, facendola ridere.
"Will" lo chiamò Nico, parlando per la prima volta dopo la lettura della lettera "Io non ne sapevo nulla e ti capisco se sei spaventato o non ti senti pronto per diventare padre..."
"Nico, va tutto bene" lo interruppe il suo ragazzo "Sono giovane, hai ragione, ma ho sempre desiderato avere un bambino e sono pronto a diventare genitore. Affronteremo anche questa nuova avventura, Nico. Insieme"
L'angelo sorrise e gli diede un leggero bacio sulle labbra, dolce e casto. Abbassò lo sguardo sulla bambina e allungò le braccia per prenderla. Will gliela passò e Nico la prese in braccio come se stesse maneggiando una statua di cristallo. La sistemò meglio tra le sue braccia e allungò un dito per accarezzarle la guancia morbida e rosa. Victoria sorrise e afferrò il suo dito la sua piccola manina, donandogli un dolce sorriso sdentato.
"Ciao Victoria" disse Will, piano, avvicinandosi alla bambina "Siamo i tuoi genitori, Papà Will e Papà Nico"
"Non riesco ancora a credere che siamo diventati genitori" mormorò Nico ancora stordito per la notizia.
"Credici, perché io e Hazel siamo appena diventate zie" disse Bianca avvicinandosi con la sorella alla bambina, sorridendole "E, se permetti, vorremmo tenere in braccio la nostra nipotina"
"Non credo proprio. Questo onore spetta prima al nonno!" protestò Apollo prendendo dalle braccia di Nico la bambina, cullandola dolcemente, mentre Diana le sussurrava parole dolci.
"Penso che non la riavrete presto" disse Frank, mentre Victor e Michele annuivano, tutti con un sorriso sulle labbra "Anche se non riesco a credere che io e Victor siamo diventati zii di un angioletto"
"E noi non riusciamo a credere che siamo diventati genitori" ribatté Will, sorridendo.
"Sono felice per voi" si congratulò Michele "Nico, posso parlarti un minuto?"
"Certo" acconsentì e seguì l'amico sul piccolo balconcino della sala, spiccando poi il volo. Atterrarono poco dopo sul tetto del palazzo.
"Mi sei mancato Nico" disse Michele, stringendo l'amico in un breve abbraccio.
"Anche tu. Come va con Lucifero? So che Lui ti ha dato il permesso di poter stare all'Inferno con Lucifero per far in modo che non scappi"
"Sì, è così. Voglio cercare di cambiarlo Nico, penso ci sia ancora qualcosa di buono in lui"
"Michele sei sicuro di ciò che dici? Sono millenni che Lucifero si è trasformato nel Diavolo..."
"Devo provarci. Non posso pensare di averlo perso per sempre, non riuscirei a superarlo" rispose Michele, abbassando lo sguardo. Nonostante quello che aveva detto a Lucifero credeva veramente che l'angelo ribelle si potesse redimere. Voleva provarci, sarebbe stato un lungo lavoro, ma lo avrebbe fatto. Come prima cosa, si ripromise di scusarsi con Lucifero per averlo trattato così male.
"Ti auguro di riuscirci, tu sei l'unico che potrebbe farcela"
"Lo spero" sospirò Michele, prendendo dalla tasca interna del cappotto un anello d'oro giallo con un rubino intarsiato "L'anello di Beryl"
"Grazie" rispose l'angelo, prendendo il gioiello "Buona fortuna, allora"
"Anche a voi"
"Veni a trovarci qualche volta, così Victoria potrà conoscere lo zio Michele" disse Nico, abbracciando forte l'amico, augurandogli di riuscire nella sua missione.
"Certo, lo farò. Vedi di portarla in Paradiso quando sarà abbastanza grande. Sono sicuro che ci saranno molti zii e zie che non vedranno l'ora di viziarla e coccolarla" rispose l'arcangelo, ricambiando l'abbraccio per poi spiccare il volo e sparire dalla sua vista, diretto nuovamente all'Inferno per intraprendere quella lunga missione che doveva portare a compimento.
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