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Capitolo Otto - Cassandra

Alzo lo sguardo sull'orologio appeso alla parete sopra la porta del mio ufficio momentaneo: quasi ora di cena, direi che è il caso di finire per oggi.

Mike è andato via già da un pezzo e chissà come starà passando la serata. Non che io debba preoccuparmi per lui, solo che siamo entrati subito in confidenza ed è difficile non pensarci. È davvero un bel tipo, non soltanto perché fisicamente è messo più che bene, ma per la particolarità dei suoi modi di fare, è premuroso, come quando stamattina mi ha portato la colazione (un gesto che non farebbe chiunque col proprio capo il primo giorno di lavoro). Devo ammettere che per tutto il tempo ho avuto l'impressione che flirtasse con me, poi, riflettendoci, forse voleva mostrarsi un dipendente valido e io ho frainteso, come sempre. Ora mi sento persino in colpa per avergli lasciato quelle casse da spostare e spero non abbia la schiena in frantumi.

Comunque qualcosa di buono ne è venuto fuori trascorrendo qualche minuto in più al suo fianco. Con la scusa di aiutarlo, non mi è affatto dispiaciuto osservare i suoi muscoli perfetti flettersi per sollevare tutto quel peso e diventare ancora più evidenti.

Sono un pessimo capo, lo so.

Appunto le ultime cose che mi vengono in mente sull'agenda, tra cui una chiamata all'elettricista per far installare un antifurto (non vorrei essere derubata e dover ripagare tutte quelle opere), e mando a casa Alessia che oggi ha lavorato più del dovuto per stare dietro ai mille imprevisti. Abbiamo richiamato i fornitori, fatto l'elenco delle opere che mancano e di quelle che sono già qui. Ho anche segnato ciò che potrà servire per l'allestimento della mostra. Non siamo messi poi così male. Spengo le luci e mi incammino verso l'uscita. Appena provo ad abbassare la serranda con un po' più di forza, un frammento di intonaco cade a pochi centimetri da me. Sollevo lo sguardo e mi accorgo, da questa prospettiva, che gran parte del soffitto è pieno di buchi di vernice. Questa davvero non ci voleva e forse è il caso di mettersi in contatto con un imbianchino perché qui c'è bisogno di una rinfrescata o andrà a finire come la prima mostra di opere moderne che ho organizzato al fianco di Luca. Conservo ancora la maglietta che indossavo quel giorno su cui è rimasta della vernice bianca, era una delle mie preferite. Il posto era un locale al centro di Milano, terribile. Cadeva talmente a pezzi che abbiamo passato i primi giorni a pitturarlo da soli: il tinteggiatore ci aveva dato buca. Chissà se anche Luca ricorda quella folle settimana. A proposito, non l'ho ancora sentito, nemmeno per chiedergli se sia arrivato a destinazione sano e salvo.

Oltre che un pessimo capo, sono pessima pure come amica.

A mia discolpa posso dire che Mike mi ha stravolto la giornata e mi ha distratta tutto il tempo. Per non parlare dei problemi che mi hanno creato i facchini e i documenti ancora da compilare. Ho bisogno del mio Gandalf. Prendo il cellulare, faccio partire la chiamata rapida così da non dover ricercare il suo nome tra tutti i contatti e, riposte le chiavi del locale nella borsa, mi dirigo verso la metro.

«Pronto, Cass? Ti stavo pensando proprio ora.» Luca mi risponde con voce flebile dopo pochi squilli.

«Come mai? Non sei neanche arrivato a Parigi e già ti manco?» Con un sorriso, passo la tessera al tornello e continuo a scendere nel sottopassaggio.

«Mi manchi sempre, solo che dal mio albergo c'è una visuale che ti sarebbe piaciuta tanto» sospira con una sfumatura di entusiasmo.

«Perché, cosa vedi da lì?»

«La vista sulla tua amata Torre è spettacolare, Cass. A quest'ora è proprio come me l'hai sempre descritta tu, presa in prestito da un film romantico.» La sua voce è sognante. Sono sempre più nostalgica, non solo per l'assenza del mio amico ma, soprattutto, a mancarmi è Parigi. Ci sono stata una sola volta qualche anno fa per organizzare un matrimonio. Gli sposi erano molto puntigliosi e volevano che tutto fosse perfetto. La location era elegante e suggestiva, con la Torre Eiffel illuminata come sfondo. Credo sia stata una delle viste più intense e spettacolari di cui io abbia mai goduto, dopotutto adoro i paesaggi urbani notturni. Quando cala il sole tutto sembra diverso, diventa magico.

«Che meraviglia! Un giorno la visiteremo insieme, te lo prometto. Ma, dimmi, va tutto bene? Non ti sento allegro come al tuo solito» chiedo preoccupata.

«Sì, sono solo stanco. Hanno ritardato il volo ed è stato estenuante. E come se non bastasse dovrò iniziare domattina con un meeting per conoscere tutto il team di supporto. Pensavo di avere almeno un giorno per ambientarmi e invece hanno anticipato tutto. A te com'è andata la prima giornata con il mio sostituto?» Lo sento ridacchiare, come se avesse dato per scontato che in sua assenza fosse andato tutto a rotoli.

«Bene, direi. È un gran lavoratore e mi ha aiutato anche con un paio di imprevisti.» E in un attimo, eccomi a ripensare al corpo divino di Mike.

Di nuovo.

«Sono davvero felice di averti lasciato in buone mani.» Guardo il banner nero su cui scorre in rosso la scritta che indica come prossima fermata la mia: sono quasi arrivata a destinazione.

«Ora ti lascio riposare, Luca. Ci sentiamo quando sei libero.» Raccolgo la borsa dal sedile di fianco al mio e mi alzo.

«Ti richiamo presto, fai la brava.» Riaggancio felice mentre scendo. Supero la linea gialla e intorno a me la gente si affretta verso l'uscita. Sento la metro ripartire, ma la mia attenzione è tutta per il deserto nell'area delle notifiche del mio cellulare. Nessun messaggio o avviso di chiamata da parte di Samuele.

Che fine ha fatto quel tanto fastidioso quanto adorato capo?

Decido di contattarlo per capire se va tutto bene ma, nonostante gli squilli ripetuti, non ricevo alcuna risposta. Mi posiziono sulle scale mobili, facendo spazio tra i lavoratori estenuati e i loro zaini logori. Sono immobile dietro a un paio di loro, con delle facce provate, che stanno chiacchierando in cerchio e bloccano il passaggio a chi ha più fretta. Le loro voci mi arrivano lontane, di certo per la stanchezza che sto accumulando in questi giorni, e, nell'attesa di uno spazio libero in cui infilarmi per oltrepassarli, fisso i vari poster pubblicitari appesi lungo la risalita. Sono sempre i soliti due che si ripetono a intervalli regolari: uno con sopra i volti di due comici famosi, per la pubblicità di uno spettacolo teatrale, l'altro con la gigantografia di un nuovo cellulare uscito in commercio, che è messo in risalto da uno sfondo blu elettrico pieno di dettagli psichedelici. All'improvviso una folata di vento mi sferza il viso. Succede sempre, a ogni passaggio della metro, accentuando l'aria pesante e maleodorante che si respira qui sotto. Provo a trattenere il fiato inutilmente. Per fortuna in breve tempo sono in superficie e torno a riempire i miei polmoni di primavera e smog, calmando il senso di nausea che mi colpisce lo stomaco. Mi guardo intorno e mi lascio trasportare per un attimo dal via vai di gente che mi circonda.

In questo periodo mi sono sentita in apnea, tra la ricerca del locale, le esigenze del mio campo, l'organizzazione della mostra, la partenza di Luca, il nuovo collega, i mille problemi burocratici e non, come se avessi messo la testa sotto la sabbia senza riuscire a vedere cosa stesse accadendo intorno a me. La verità è che le cose stanno andando fin troppo bene, tanto che ho paura di dimenticare o trascurare qualcosa, oppure di fare un passo falso, mandando tutto in frantumi.

Ho il lavoro dei miei sogni, nella città dei miei sogni, cos'altro potrei chiedere?

Persino Mike è il collega dei miei sogni.

Tra la folla sul marciapiede, passo accanto a una coppia di anziani che ridacchiano con tenerezza tenendosi per mano. Che bello quando la complicità continua a esserci dopo anni passati insieme. Io purtroppo non ho ancora avuto la fortuna di costruire un legame solido con qualcuno. Mi piacerebbe trovare un uomo divertente, che mi stimoli mentalmente, che si preoccupi per me e che assecondi le mie pazzie e le faccia con me. E Samuele potrebbe essere un buon candidato. Tutte le mie amiche hanno sempre sostenuto che la mia fosse solo ammirazione e gratitudine nei suoi confronti, loro non sanno come mi fa sentire la sua voce o semplicemente il suo aspetto. È come se il batterista di una rock band suonasse un assolo per la tredicenne che è in me.

Ora sembra che le cose tra noi stiano passando a un livello superiore, il nostro rapporto si sta rafforzando giorno dopo giorno. Lui inizia ad aprirsi, a fidarsi di più e a raccontarmi anche fatti della sfera privata della sua vita. Pochi mesi fa mi ha persino lasciato il suo recapito telefonico personale concedendomi la libertà di contattarlo in qualsiasi momento. Poi, l'ultima volta che ci siamo visti, mi ha invitato a pranzo ed eravamo noi due. Da soli. Un pranzo di lavoro, certo, ma soltanto io e lui.

Io.

E lui.

Ero talmente su di giri che già fantasticavo sul nostro futuro insieme, in una bella casa grande, sdraiati al sole sul terrazzo e due cani a scodinzolarci attorno in cerca di attenzioni e coccole.

Il mio sogno.

E sono sicura di aver visto anche nei suoi occhi una luce particolare tutte le volte che mi guardava, come se fosse emozionato, tanto quanto me, di essere soli in un ambiente meno formale. Ora questa sua assenza mi fa preoccupare, potrebbe essergli successo qualcosa. Così prendo coraggio e apro la sua chat per inviargli un messaggio vocale. Prima di premere sull'icona verde con il simbolo del microfono, mi soffermo sulla sua immagine del profilo, un mezzobusto in cui indossa giacca e cravatta e ha gli occhiali da sole posati sul naso a coprirgli gli intensi occhi scuri che ricordo alla perfezione. Ha un sorriso beffardo che mostra quanto sia sicuro di sé e affascinante.

Io: "Ciao Sam, scusa i rumori in sottofondo, sto tornando a casa. Ho provato a telefonarti più volte per aggiornarti su com'è andata la prima giornata ma, dato che non ci siamo proprio sentiti oggi mi sono preoccupata. Spero che tu stia bene... Per quanto riguarda la mostra, le spese aumentano. Mentre chiudevo il locale, ho notato che l'intonaco è a pezzi e bisognerebbe cercare un imbianchino. Ha anche iniziato a lavorare il nuovo critico che mi affiancherà in questi mesi: si chiama Mike, è attento e scrupoloso nel suo operato oltre che molto gentile con me. Pensa che grazie a lui siamo riusciti a sistemare in breve tempo un intoppo con i facchini che hanno fatto confusione con le consegne e ci hanno lasciato le casse con dentro le opere tra i piedi. Tutto sommato oggi è andata bene. Sto anche compilando tutti i documenti come mi avevi chiesto e appena saranno pronti te li invierò immediatamente. Sempre al solito indirizzo, giusto? Comunque sono fiduciosa e credo che metteremo su una mostra fantastica! Tu quando passerai a dare un'occhiata? Mi farebbe davvero piacere un tuo parere su come esporre le opere. Ho già una mia idea, ovviamente, ma la tua opinione da esperto è sempre un valore aggiunto. Un bacio."

Riprendo fiato e chiudo per un secondo gli occhi, consapevole di aver fatto un audio più lungo del previsto. Il cellulare si illumina in mano dopo qualche istante con una notifica.

Sam : "Ok."

Tutto qui? Talmente sbrigativo che rimango disorientata. Sono anche sicura che non l'abbia ascoltato per intero. Storco il naso e butto il cellulare nella borsa, infastidita. Non capisco se si fida a tal punto di me, dopo aver visto i miei lavori precedenti, o non vuole essere disturbato.

Voglio essere positiva.

Sono ormai sul pianerottolo di casa quando squilla il cellulare. Nel frugare in borsa mi cadono le chiavi a terra. Sbuffo, mi piego per raccoglierle e con l'altra mano ripesco l'aggeggio fastidioso.

«Cass! Disturbo?» chiede la mia amica Manuela, con un'allegria contagiosa.

«Manu, ciao. Sono appena arrivata a casa, tranquilla» esclamo, infilando la chiave nella toppa della porta.

«Giornata lunga?»

«Non immagini quanto.» Mi tolgo le scarpe e le lancio all'angolo del divano, prima di buttarmici sopra come se fossi un sacco di patate.

«Anche la mia non scherza, ma ho una bellissima notizia.» La sento entusiasta come se la sua voce fosse più vivace del solito.

«Di che si tratta?» Manuela ha sempre buone notizie e nel novantanove percento dei casi sono gossip imperdibili.

«Sono riuscita a organizzare l'addio al nubilato di Sonia» urla talmente forte che sono costretta ad allontanare di qualche centimetro il telefono dal mio viso.

Cavoli.

Con l'organizzazione della mostra mi era completamente passato dalla mente il matrimonio della nostra amica del liceo.

«Hai fatto tutto da sola? Potevo darti una mano...» La sua abitudine è organizzare tutto per conto suo perché, secondo lei, noi altre non ne siamo capaci.

E pensare che io lo faccio per lavoro!

«Non ti preoccupare, mi piace preparare feste, lo sai. E poi ho già programmato tutto. Iniziamo il pomeriggio, verso le quattro circa: una limousine ci porterà in un centro che ho scovato online per una sessione di terme e spa. Dopo, l'immancabile cena di pesce, sempre nella stessa struttura, e per chiudere in bellezza ho prenotato, per le undici circa, anche un tavolo nel club più esclusivo e sexy di Roma. Ci arriveremo in limousine per un'entrata trionfale. Quindi preparati, Cass, scegli l'abito più sensuale che hai e passa dall'estetista per un restauro, perché metteremo in mostra le chiappe!» Rimango senza parole. Ha davvero pensato a tutto, in ogni minimo dettaglio. Potrebbe farmi concorrenza sul lavoro.

«Mi stai ascoltando?» strilla dopo qualche secondo.

«Sì, certo. Sono solo... stupefatta.»

«E ancora non ti ho detto la chicca più interessante», riprende quasi sussurrando, «il club che ho scelto è uno dei pochi, in tutta Roma, a essere strapieno di spogliarellisti con la esse maiuscola» argomenta trascinando le ultime lettere di ogni parola, super eccitata. Solo lei poteva beccare un club di spogliarellisti per un addio al nubilato.

«Non vedo proprio l'ora di andarci» ridacchio e la immagino già a fare un giro di perlustrazione da sola in quel posto, solo per rifarsi gli occhi.

«Ci andremo presto. Non sto più nella pelle. Tu ci sarai, sì?» Come potrei perdermi il primo addio al nubilato della mia vita.

«Certo che ci sarò! Hai già avvertito le altre?» chiedo, mentre penso alla serata che ci aspetta e ai vestiti adatti che ovviamente mancano nel mio guardaroba. La mia noiosa routine non prevede tacchi vertiginosi e abitini succinti, perciò dovrò fare rifornimento prima dell'evento.

«In realtà, sei stata la prima, ma ora rimedio. Byeeee»

«Cia–» Niente, ha già riattaccato. Mentre ci ripenso vado in bagno e, osservando il mio riflesso nello specchio, comincio a struccarmi. Fantastico su questo night club, lo immagino come quelli che fanno vedere nei film, pieno di luci stratosferiche e di ballerini che fanno la lap-dance con degli slip attillati e il corpo ricoperto di brillantini. Sorrido a ciò che ha creato la mia stupida mente perché non è di certo il mio ideale di serata, ma appena mi infilo nel box doccia davanti agli occhi si palesa Mike alle prese con uno spogliarello tutto per me. Li vedo quei centimetri di ben di Dio che si scoprono poco per volta, dalle sue braccia, al suo petto, a... Scuoto la testa e rido di gusto, riprendendo a insaponare i capelli. Mike non sarebbe proprio il tipo da spogliarelli.


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Spazio Autrice: Eccoci per l'ultimo capitolo che verrà postato qui su Wattpad! Mi dispiace che la nostra avventura sia stata così breve, ma altri capitoli vi spoilerebbero tutto.

Spero comunque che il viaggio fino ad ora vi sia piaciuto e che abbiate iniziato ad amare i due protagonisti.

Se vorrete saperne di più o semplicemente leggere tutto il romanzo, lo trovate su Amazon pronto per voi!

La storia colorata di Mike e Cass vi attende!

xoxo, Althaia

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