Capitolo Cinque - Mike
Cassandra mi confonde: un secondo prima ammicca con un occhiolino (ed è davvero sexy quando lo fa) poi torna rigida, come se temesse di fare qualcosa di sbagliato. Sentivo il suo sguardo su di me senza capire cosa avesse attratto la sua attenzione, finché non ho intuito che ciò che stava constatando fosse la mia massa muscolare. Mi ha fatto sorridere. Cerca sempre di trattenersi, forse perché è il mio capo, ma sono abbastanza consapevole di avere un certo ascendente sulle donne e non in modo volontario.
Magari posso aver fatto colpo pure questa volta.
La capisco, anche se non condivido la brutta reputazione che hanno le relazioni sentimentali sul posto di lavoro. Io non ci trovo nulla di strano (anzi, con lei ci proverei, eccome) purché si continui a lavorare con professionalità.
I pensieri mi hanno sommerso così tanto da distrarmi e andare a rilento con il mio compito. Finisco di estrarre con cura l'opera dalla cornice rovinata, senza commettere errori. È stata una genialata seguire il corso di restauro e pensare che nessuno lo sceglie mai essendo noioso, lungo e il docente anche piuttosto lunatico, eppure è stato ottimo per i crediti extra e, a quanto pare, anche per fare colpo sul lavoro. Mi fermo a guardare il display del cellulare e noto che è quasi ora di pranzo: non a caso il mio stomaco si sta ribellando. Vado in cerca di Cassandra con l'intento di chiederle di staccare per mettere qualcosa sotto i denti.
«Scusami se ti disturbo ancora», esordisco varcando la soglia del suo ufficio, «il mio lavoro è a metà ma, dato che è quasi ora di pranzo, abbiamo una pausa?» So di essere sfacciato, però quando si tratta di cibo...
«Sì, certo. Vai pure» annuisce dopo aver controllato l'ora.
«Tu, invece, cosa farai?»
«Mangerò un panino al volo, credo.» È distratta e tiene gli occhi incollati ai fogli davanti a lei. Non se ne rende neanche conto che i capelli le vanno a finire davanti al volto.
È davvero bella.
«Ti va di pranzare insieme? Così ci facciamo compagnia» azzardo e, finalmente, alza lo sguardo posandolo su di me. I suoi occhi sono arrossati forse per lo sforzo della lettura.
«Va bene. Dammi cinque minuti» risponde dopo un po'. Annuisco ed esco per appoggiarmi al muro appena fuori al suo ufficio e la attendo per diversi minuti.
«Eccomi.» Resto immobile nel vederla avvicinarsi, come se fossi vittima di un incantesimo: non solo si è sistemata i lunghi capelli castani che ora ondeggiano di nuovo a ogni suo passo, ha anche aggiunto un filo di trucco che le mette in risalto quegli occhi scuri di forma insolita.
«C'è un posto qui vicino dove preparano panini con il pesce. Non so se avevi altro in mente...» propongo, sperando che non abbia notato che la stavo fissando.
«No, va bene. Mangio pesce volentieri» sussurra e la seguo verso l'uscita del locale. Una volta fuori, la guardo abbassare la serranda bianca senza chiuderla del tutto, forse all'interno c'è ancora qualcuno.
«Parlami un po' di te» le domando poco dopo. Non mi piace trovarmi in un silenzio imbarazzante, anche se al suo fianco avrei comunque tanto a cui pensare.
«Di me?» Me lo chiede come se l'avessi colta alla sprovvista. Annuisco e per alcuni secondi non dice nulla, forse per pensare a cosa rispondere.
«Vediamo... sono nata e cresciuta qui, poi per lavoro mi sono trasferita a Milano. Ora faccio avanti e indietro tra queste due città, ma mi trattengo anche altrove, sempre per organizzare mostre. Non è facile e spesso mi manca la mia famiglia, però sono davvero felice della scelta che ho fatto.» Abbassa per un attimo gli occhi, forse per nostalgia.
«Come ti ci sei avvicinata al mondo dell'arte?» ribatto curioso.
«Mia madre era un'appassionata, mi portava in giro per musei. All'inizio odiavo andarci, svegliarmi presto anche quando potevo dormire di più. Ero troppo piccola per capire. Poi un giorno ho visto il Laocoonte nei Musei Vaticani e non potevo credere ai miei occhi. Una statua così maestosa, elegante e precisa nei dettagli: un vero capolavoro che sono rimasta a contemplare a lungo per carpirne ogni particolare. Me ne sono innamorata e ha preso avvio la mia passione.»
«Bellissima scultura, capisco perché ti abbia fatto cambiare idea sull'arte. Lo sapevi che, in origine, non è stata realizzata in un unico pezzo, ma in ben sei parti diverse? Poi è stato tutto incastrato alla perfezione.»
«No, non lo avrei mai immaginato. Sarà stato un lavoraccio, però credo che ne sia valsa la pena, è uno spettacolo», esclama sbalordita, «e comunque, nonostante questo colpo di fulmine, non ho continuato gli studi all'accademia, mi sono buttata su un corso per organizzare eventi. I primi mesi ho fatto la gavetta per coordinare feste di compleanno e battesimi. Poi sono passata ai matrimoni, finché non ho trovato un annuncio per allestire una mostra di opere spagnole. Da lì ho capito che potevo unire le mie due passioni e mi ci sono dedicata.» La sua voce è così musicale che mi piace ascoltarla e la farei parlare per delle ore, ma non vorrei oltrepassare una linea di troppo e perdere quello spiraglio che mi ha aperto per poterla conoscere meglio, perché, anche se non sembra, mi ha appena raccontato un pezzo della sua vita.
«Sei stata fortunata. Non tutti riescono a fare il lavoro dei propri sogni.» Il mio commento la fa annuire e per qualche altro metro rimaniamo in silenzio.
«Di te, invece, che mi dici?» Si volta all'improvviso per guardarmi.
Ecco, cosa le dico?
«Io vivo qui fin da quando ero piccolo e all'inizio, come a te, studiare storia dell'arte mi annoiava. Mi è sempre piaciuta l'arte, ma solo quando ero io a farla. Mi divertivo a dipingere per dare libero sfogo alla creatività e credevo che studiare gli autori o i periodi storici delle varie correnti fosse inutile, fino a quando mio padre non mi ha trascinato a una mostra di Raffaello.»
«Raffaello è stato il tuo Laocoonte?» Le si illuminano gli occhi per l'intuizione.
«Assolutamente no, non mi piaceva.» Rimane perplessa per la risposta inaspettata e poi libera una risata in un modo così contagioso che a guardarla sembra emanare tanta luce ed energia. Non so come spiegarlo, mi attrae ogni istante di più e non posso fare altro che sorriderle di rimando.
«Ho sempre adorato Caravaggio, invece. Le ambientazioni scure, macabre e anche un po' inquietanti, quello sì che era interessante», proseguo e lei mi guarda affascinata, «e ho iniziato, così, ad amare l'arte in generale. Completati gli studi sono diventato un critico. Non è facile trovare un lavoro sicuro in questo ambito, dovresti saperlo anche tu, e quando l'agenzia per cui lavoravo mi ha assunto ero su di giri, solo che poi ha dovuto chiudere...»
«Ma cosa è successo?» mi interrompe, curiosa.
«Ci sono state delle complicazioni con dei critici poco professionali che hanno creato problemi all'agenzia» spiego senza scendere nei dettagli.
«Pensi che riapriranno?»
Bella domanda.
Non lo so, ma me lo auguro. Vorrei tornare a fare il lavoro per cui ho studiato e sudato tanto.
«Spero di sì» mormoro sconsolato.
«Da quanto ha chiuso?» È curiosa e sembra a disagio nel pormi la domanda, come se temesse di mettermi in difficoltà, lo noto da come gioca con le ciocche dei suoi capelli.
«Un anno e mezzo, circa.» Lo ricordo ancora quel dannato giorno e il panico che ne è conseguito.
«E cosa hai fatto in questo frattempo?»
Vorrei tanto dirti la verità, Cassandra, ma non posso o non mi guarderesti con gli stessi occhi con cui mi guardi ora. Probabilmente mi licenzieresti su due piedi.
«Un po' di lavori per tenermi a galla. Per fortuna ora sei arrivata tu a salvarmi la pelle.» Le sorrido grato. Niente di seducente, anche se, quando la vedo rispondere con la stessa espressione, in me si accende una fiamma maliziosa.
«È il mio superpotere» ridacchia.
«Ne hai anche altri?»
«Nessun altro, temo.» Alza le spalle mentre ci avviciniamo alla meta.
«Un altro ce l'avrai di sicuro.» Mi piace tenerle il gioco.
«Ah sì? Tipo?» La osservo dalla testa ai piedi per qualche secondo, prendendo tempo per riflettere. Un gruppo di turisti ci passa vicino nello stesso istante e noto i loro sguardi su Cassandra, così sfrontati e fin troppo invadenti. Non indossa nulla di particolare, solo un paio di jeans e una camicetta blu, eppure la stanno mangiando con gli occhi.
«Tipo quello di far cadere ai tuoi piedi gli uomini.» Con un cenno della testa le indico i tipi che si sono fermati poco distanti da noi.
«Touché» sussurra e lascio cadere l'argomento appena la invito a entrare.
Il posto è molto accogliente. Le pareti sono coperte di piastrelle bianche e dietro al bancone c'è un grande cartellone con le varianti dei panini tra cui poter scegliere. Scorriamo con gli occhi l'intera lista e, dopo un cenno d'intesa, elenchiamo le nostre scelte al commesso davanti a noi, chiedendo dei sacchetti per asporto. Io prendo un panino con gamberetti, rucola, salsa alla greca e cipolle croccanti, mentre Cassandra sfida la sorte con un ripieno di tartare di salmone, zucchine fritte, pesto e mozzarella.
«Non dovevi pagare anche per me» esclama offesa dopo che ho saldato il conto.
«Figurati, per così poco.»
«Questo non va bene, Mike.» Mette il broncio, però poi allarga le labbra in un sorriso.
«La prossima volta pagherò io.» È così tanto risoluta nella sua dichiarazione, che non posso fare altro che annuire. Nell'attesa, iniziamo entrambi a canticchiare la canzone che stanno trasmettendo alla radio. Ci guardiamo, capendo che quella musica piace a entrambi, e scoppiamo a ridere. È tutto così naturale quando le sono vicino, neanche mi accorgo del commesso che è tornato con le nostre ordinazioni.
Usciamo dal locale con le mani occupate. Potrei pranzare con lei in tranquillità e far finta che la conversazione di prima non sia mai avvenuta, ma ho un dubbio che continua a frullarmi in testa: vorrei sapere a cosa alludeva con quel francesismo e la curiosità mi sta divorando.
«Quindi, tornando al discorso di prima... Hai ammesso di aver fatto conquiste?» Senza riuscire a mettere insieme i miei pensieri, la bocca si apre e tira fuori ciò che stavo cercando di formulare in maniera più delicata. Devo capire se c'è qualcuno nella sua vita perché, come un imprevisto, lei comincia a interessarmi più di quanto potessi immaginare. Alle mie parole quasi si strozza diventando tutta paonazza. Poi scuote la testa mentre posiziona una mano sul petto.
Credo che abbia di certo qualcuno in mente.
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Spazio Autrice: Mike non nasconde a Cassandra che ha un certo interesse nei suoi confronti, tuttavia nasconde ben altro. Voi sapete già cosa? Provate a fare delle ipotesi! Sicuramente la vita di Mike è incasinata e chissà se ne uscirà fuori!
Vi attendo nel prossimo capitolo per tentare di capire meglio questi due birbantelli
xoxo, Althaia
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