Cap 7• Piccolo Henry e foto nella galleria
♫ It girl - Megan Nicole ♫
Henry
Avendo un bel po' di cose da discutere con Jackson, si è fatto abbastanza tardi. Precisamente sono le undici di sera e ormai ho gli occhi che sfarfallano e non riesco neanche più a leggere i documenti sull'affare in ballo. Ho già avvisato Adam di venirmi a prendere, perché immaginando l'ora non avrei mai minimamente pensato di prendere mezzi pubblici. Pensando alla metro mi torna in mente la ragazza incontrata la mattina: Elèna.
Credo sia solo colpa sua se ho fatto quella figura di merda con Caroline, avevo certamente la testa altrove. Spero solo che non le venga in mente di sputtanarmi in giro, ne andrebbe della mia reputazione.
Non devo aspettare a lungo l'arrivo di Adam, corre come un pazzo quell'idiota. Vin Diesel scende e mi viene incontro.
«Ehi! Sembri un uomo distrutto! Che è successo? Jackson ti ha fatto il culo?» ridacchia.
«Ah ah, simpatico come un manico di scopa! No, sono solo stanco!» dico senza incrociare il suo sguardo.
«Ti avevo detto che non dovevi venire in metro. I mezzi dei plebei non fanno per te!» ride con le lacrime agli occhi.
«Ma la vuoi piantare? Altrimenti ti licenzio!» lo canzono.
«No, padrone per favore! Io avere una moglie e due figli, come dare poi io da mangiare?» imita la voce da venditore ambulante.
«Imbecille! Guida prima che ti prenda a calci in culo!» ordino mentre salgo sul sedile posteriore.
Adam fa il giro dell'auto e torna al volante mettendo in moto, pronto a partire.
«Dove andiamo?» mi chiede guardandomi dallo specchietto retrovisore.
«Dove ti pare» rispondo noncurante della meta.
«Bene!» esclama con una voce soddisfatta che non mi piace per nulla e un ghigno malefico sul volto.
Che cazzo vuole fare questo pazzo? Qualsiasi cosa comunque andrà bene purché dimentichi questa giornata di merda! Poco dopo parcheggia davanti a un locale dove c'è una fila lunghissima di gente che aspetta di entrare.
Superiamo i polli in fila e Adam dà una stretta di mano al bodyguard che subito toglie la corda e ci fa passare.
Una volta dentro, il buio cala su di noi a parte qualche luce che ogni tanto illumina la schiena di Adam che si fa largo tra la folla.
Mi guardo intorno e ogni volta che passiamo davanti a qualche ragazza veniamo fissati come se fossimo delle succulente salsicce da barbecue.
Anche Adam è un bel ragazzo. Alto, muscoloso, castano, con la classica faccia da bravo ragazzo, a differenza mia.
Vedo una mora e una bionda puntarci e ho già il presentimento di come andrà a finire la serata. Quanto sono prevedibili le donne, sorrido tra me e me.
Adam dice qualcosa alla cassiera del bar che gli fa un occhiolino e subito chiama il barman che ci segue al tavolo con un secchio pieno di bottiglie di vodka e una di champagne.
«Ci andiamo leggeri, eh?» urlo all'orecchio di Adam per superare il frastuono della musica.
«Possiamo quasi considerarci astemi» ride lui.
Dopo circa un'ora di cocktail e balli non ricordo neanche come mi chiamo.
La mora e la bionda, come avevo previsto, si avvicinano al nostro tavolo in cerca di bere gratis e compagnia. La bionda punta Adam e lo trascina in pista ancheggiando. Io invece me ne sto buttato sul divanetto a fissare il nulla. Sono qui, ma è come se non ci fossi e non solo perché sono ubriaco perso. Rido al pensiero che Dean possa vedermi in questo stato. Mi alzo per andare in bagno e con la coda dell'occhio scorgo la mora seguirmi.
«Guarda che questo è il bagno degli uomini» la informo mentre già ho iniziato ad abbassare la cerniera per fare pipì.
«Oh, lo so benissimo» sussurra con voce suadente la mora avvicinandosi e abbracciandomi da dietro.
Il piccolo Henry si sente chiamato all'azione e non posso che esserne felice. Ah, allora sei ancora vivo! Non sei andato in pensione, pezzo di merda!
Mi giro, prendo la mora per le spalle e la infilo dentro a un cesso vuoto. La blocco al muro e inizio a baciarla, ma non sulle labbra. Non bacio mai nessuna sulle labbra. È una cosa sentimentale e io non sono romantico.
La mora geme sotto le mie mani esperte e dopo mezz'ora esce dal bagno soddisfatta e con lo sguardo quasi da drogata.
Fiero di me torno al tavolo e cerco Adam che ovviamente si sta ancora divertendo con la bionda. Mi avvicino e da dietro gli faccio segno che me ne sto andando. Lo saluto e lo lascio nelle mani della piovra. Saprà cavarsela di certo. È un esperto in gestione tentacoli con ventose.
Esco dal locale respirando a pieni polmoni l'aria fresca.
In giro non c'è quasi più nessuno e così, barcollando un po', inizio a camminare verso l'albergo seguendo Google Maps.
Avrei potuto prendere un taxi o chiamare Uber, certo, ma quando finiscono queste serate ho bisogno di smaltire l'alcol e un post scopata camminando.
Passo dopo passo la sbornia passa e i pensieri tornano. Mi tornano in mente quegli occhi e quel viso.
Diamine, ma perché? Urlo scalciando una bottiglia di vetro che intralcia il passaggio.
Afferro il cellulare e mi connetto a Facebook. Non lo uso mai, ma lei sì e devo assolutamente rivederla. Vado su cerca e inserisco il suo nome: Elèna Costa.
Escono una sfilza di profili, ma nonostante sia ubriaco la riconosco subito. Come se la conoscessi da una vita.
Clicco sopra e accedo al suo profilo.
Nella foto è bellissima, sorride e ha i capelli mossi.
Accanto a lei c'è un ragazzo. Spero sia il fratello, ma da come lo tocca deduco proprio di no.
Scorro le immagini che non sono bloccate e quasi tutte sono con questo ragazzo. Devono stare insieme da tanto tempo... Il solo pensiero mi infastidisce e mi disgusta e mentre sto per uscire, sopraffatto dal nervoso delle foto insieme a questo tipo, sfoglio un'altra foto.
È sola.
Ha i capelli legati in una treccia e sorride a qualcuno che non si vede in foto. Automaticamente e senza pensarci salvo la foto nella mia galleria.
Alzo gli occhi dal cellulare e mi accorgo di essere arrivato in albergo senza essermene neanche reso conto. Ritiro le chiavi dalla reception e salgo nella suite dove, una volta entrato, mi butto sul letto ancora vestito e mi addormento con il cellulare tra le mani.
Un fastidioso rumore ripetitivo mi sveglia. Qualcuno sta bussando alla porta.
«Servizio in camera» grida quel qualcuno dall'altra parte della porta.
Chiunque sia giuro che lo ammazzo di botte non appena trovo la forza di alzarmi da questo dannato letto. Che poi non ho ordinato niente, rifletto in un breve momento di lucidità.
La persona dietro la porta continua a insistere. Sbuffo e vado ad aprire pur di farlo smettere.
«Che cazzo ci fai qui?» dico sorpreso sgranando gli occhi ancora assonnato e vestito come la sera prima.
«Ah! È questo il modo di accogliermi?» dice Brian.
Brian è mio cugino. Non lo vedo da quando sono partito per lavoro da Londra due mesi prima. Siamo cresciuti insieme e siamo come fratelli.
«Vieni qui, idiota!» dico abbracciandolo.
«Idiota io? Pure! Non solo ti faccio le sorprese» si lamenta.
«Ma tu sai di essere il mio idiota preferito» rido guardandolo.
«Ruffiano» dice dandomi una pacca sulla spalla.
«Allora? Che mi racconti? Quando sei arrivato?» gli chiedo.
«Sono arrivato ieri notte e ho raggiunto Adam in quel locale dove eravate, ma tu te l'eri già svignata, così sono rimasto a fare baldoria e ora eccomi qui!» afferma allargando le braccia.
«Cazzo! A saperlo sarei rimasto, ma ero troppo stanco e avevo bisogno di riposare» gli dico buttandomi di nuovo sul letto.
«Quanto tempo resti?» chiedo a mio cugino.
«Penso abbastanza a lungo se non sorge qualche imprevisto» risponde Brian seguendomi sul letto.
«Ottimo, sono contento! Davvero» sospiro sbadigliando.
«Ci mancherebbe! E questo bocconcino chi sarebbe? Nuova conquista, cugino?» dice guardando attentamente quello che c'è sullo schermo del mio cellulare.
«Chi?» gli chiedo non capendo a cosa si riferisca.
Tutto d'un tratto mi viene in mente la foto salvata nella galleria. Eléna. Io che mi addormento. Cazzo.
Gli levo subito il cellulare dalle mani e metto il blocco.
«Ehi, sta calmo! Non te la rubo mica» dice alzando le mani in segno di resa.
«No, ma che rubare. Non è nessuno. Me l'ha mandata un mio... Jackson. Ecco, me l'ha mandata Jackson e mi sono addormentato mentre l'aprivo, per cui è rimasta aperta» dico sperando di dargliela a bere.
«Ah, Jackson, quel pervertito non si smentisce mai» dice ridendo.
«Eh sì, hai ragione. Dai andiamo a fare un giro» lo invito.
«Facciamo che ci vediamo per ora di pranzo? Devo sbrigare delle cose e non voglio annoiarti»
«Va bene, così io cerco di darmi una pulita. Alle 13 giù nella hall, ok?» propongo.
«Perfetto, a dopo!» dice Brian uscendo dalla camera.
Mi sdraio di nuovo sul letto e recupero il cellulare. Guardo di nuovo la foto e, non so né perché né per come, mi ritrovo ad aprire la casella dei messaggi e dopo aver fissato il display per un nano secondo, mi decido. Le scrivo.
***
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