Cap 40• Matite e occhi su carta
♫ Everything has grown - Colouring ♫
Elèna
E così Jackson ha una figlia. Non ne avevo la minima idea. Ora che ci penso ha qualche foto sulla scrivania, ma pensavo fosse la nipotina o qualcosa del genere dato che non ne parla mai e in questi mesi non l'ho mai vista venirlo a trovare in ufficio.
Sembra una bambina sveglia, ma è di poche parole a quanto ho potuto vedere.
Quando ero piccola volevo una sorellina. Mi sarebbe piaciuto essere la sorella maggiore oppure, perché no, avere un fratello maggiore. Invece sono figlia unica. Ormai ci ho fatto l'abitudine, ma quando vedo il rapporto che c'è tra fratelli sento che è come se mi mancasse qualcosa. Nessuno può sostituire il bene che c'è tra fratelli e sorelle e nonostante si possa litigare spesso, è comunque un legame troppo forte per essere spezzato.
Vedendo Henry con Jenny nonostante non siano davvero fratelli, ho capito che Henry le vuole davvero bene come se fosse realmente sua sorella. L'ho capito da come l'ha stretta a sé e da come l'ha difesa dalla babysitter. Non ne so molto di bambini, ma penso che quella non sia la migliore babysitter al mondo e qualcuno dovrebbe dirlo a Jackson.
Henry è sparito con Jenny nell'ufficio di Jackson e io ho lasciato la babysitter seduta sui divanetti all'ingresso congedandomi per andare nel mio ufficio a lavorare.
Ho un sacco di lavoro da ultimare e soprattutto clausole da imparare a memoria. Il contratto che mi ha dato Jackson è lunghissimo e aveva annotato con dei post-it tutto quello che è importante io debba sapere. Ma perché diamine devo sapere tutte queste cose? Per di più in così poco tempo... Jackson mi ha dato tempo per imparare tutto entro mercoledì. Cioè facendo due conti e non considerando oggi, ho solo un giorno e qualche ora di tempo.
Passo tutto il pomeriggio a leggere, evidenziare, fare ricerche e rileggere il contratto per cercare di memorizzare quanto più possibile. Mi sembra di essere nel pieno della sessione estiva, con la differenza che qui si parla di soldi e ho solo un giorno per imparare cose per cui mi ci vorrebbero settimane. Ogni tanto Henry passa davanti all'ufficio e fa capolino dalla porta salutandomi con la scusa di chiedermi la pinzatrice o lo scotch.
La porta si apre di nuovo.
«Cosa ti serve questa volta?» sorrido alzando gli occhi.
«Oh, Jenny» dico osservando la bambina che a sua volta mi osserva da sotto le folte ciglia.
«Cercavi qualcuno?» le chiedo e lei annuisce indicandomi. Me? Cosa vorrà?
«Uhm, entra pure» le dico avvicinandomi e chiudendo la porta.
«Ti serve qualcosa?» le chiedo non sapendo come comportarmi.
Lei in tutta risposta alza dei fogli bianchi che ha in mano e li fa sventolare.
«Oh, vuoi disegnare?» le chiedo e lei annuisce così la faccio sedere e le do qualche pennarello colorato.
Mi siedo dall'altra parte della scrivania e la osservo mentre sfrega le punte dei pennarelli sul foglio. Anche a me piaceva disegnare da piccola, mi rilassava molto e ogni volta quando avevo finito avevo le mani piene di polverina e macchie di colore. Mia madre mi guardava dicendo che sembravo una tavolozza di colori e ridendo mi portava in bagno a lavarmi cercando di fare andare via l'arcobaleno di colori sulla pelle. Sorrido a quel pensiero e penso a quanto tempo è passato da quando mi sentivo così spensierata e da quando potevo passare più tempo con i miei genitori. Sono la sola famiglia che ho e la distanza ogni tanto mi fa paura. Ho sempre paura di perdermi momenti importanti o di non esserci nei momenti del bisogno, ma loro questo non me lo hanno mai fatto pesare e anzi, mi hanno sempre lasciata libera di fare le mie scelte.
Mi incanto ad osservare Jenny. È una bimba bellissima, ha i capelli lunghi un po' ramati e gli occhi di ghiaccio come quelli di Jackson.
La vedo scarabocchiare sul foglio e quando finisce mi mostra orgogliosa il suo disegno.
Sono semplicemente due paia di occhi. Un paio verdi e un paio marroni. Accanto ad ogni paio di occhi c'è una lettera: una H e una E. Sgrano gli occhi e... No, non può essere.
«Di chi sono, Jenny?» sussurro.
Indica me e poi dice «Fratellone».
Io e Henry? Cioè insomma i nostri occhi? Perché ha fatto questo disegno?
Inquietante.
Faccio finta di non essere stata turbata dal disegno e glielo porgo dicendole che è bellissimo, ma lei scuote la testa e mi fa segno di tenerlo.
«D'accordo, lo terrò io. Grazie, Jenny» le sorrido e lei ricambia. La porta si spalanca e la faccia di Caroline fa capolino.
«Potresti anche bussare» le dico a denti stretti. Calma, Elèna. Sta' calma!
Al diavolo, strappale quelle extension finte e infilagliele su per il c...
Zitta o lo faccio veramente e ci sono bambini.
«Perché dovrei?» dice lei sogghignando e io la fulmino con un'occhiataccia.
«Cosa vuoi, Caroline?» sbotto.
«Jackson vuole che Jenny torni da lui» dice guardando la bambina che fa il giro della scrivania e si viene a riparare dietro la mia sedia.
«D'accordo, cinque minuti e la accompagno» la liquido e lei gira i tacchi e senza neanche chiudere la porta se ne va. Alzo gli occhi al cielo e mi giro verso Jenny.
Jenny mi guarda e tira fuori la lingua scuotendo la testa e facendo un grugnito.
«Non ti piace, eh?» le chiedo ridacchiando e lei scuote ancora di più la testa.
«Neanche a me» le dico toccandole la punta del naso e facendola ridere.
«Andiamo dal tuo papà adesso» dico prendendola per mano e accompagnandola da Jackson. Una volta in ufficio da Jackson, trovo anche Henry.
«Ehm, scusate. Ho riportato Jenny» dico giustificandomi.
«Jenny, non devi andare in giro a disturbare negli uffici. Spero non ti abbia dato fastidio, Elèna» dice Jackson.
«No, assolutamente. Nessun problema» dico sorridendo.
Jenny mi tira in basso con la manina e mi posa un bacio sulla guancia per poi sparire tra le braccia di Jackson che, come Henry, mi guarda scioccato.
«Che c'è?» chiedo io confusa.
«Oh, niente. Di solito non mostra affetto a nessuno se non a me o Henry» spiega Jackson.
«Ah» riesco solo a dire aggrottando le sopracciglia.
«Sei pronta? Adam ci aspetta sotto» interviene Henry.
Sono le sette e mezza e direi che sì, dopo una giornata come questa sono proprio pronta per tornare a casa, così annuisco. Henry si alza e saluta Jackson e Jenny arruffandole teneramente i capelli.
«A domani, Jackson! Ciao Jenny e grazie» le faccio l'occhiolino e lei ricambia nascondendosi poi nel petto di Jackson.
«A domani» saluta Jackson.
Seguo Henry e insieme scendiamo giù dove ci aspetta Adam.
«Dovreste cambiare auto. Perché non usate quella della sera della cena? Non è scomodo andare in giro con la limo?» chiedo a Henry.
«Ci stavo pensando anche io da un po'. Direi che Adam si è divertito abbastanza» ridacchia lui.
«Ah, quindi era Adam che voleva la limousine?» domando io.
«Sì, dice che l'autista ha senso solo se porta una limousine» ripete virgolettando le parole di Adam.
«In effetti» dico ridendo.
«Domani veniamo con la Range. È deciso» mi fa l'occhiolino Henry e io distolgo lo sguardo imbarazzata. Perché mi fa questo effetto? Non posso arrossire per un semplice occhiolino, dannazione!
Usciamo dall'ascensore e troviamo Adam ad aspettarci.
«Adam, da domani si viene con la Range Rover» esordisce Henry ancora prima di salutarlo.
«Eh? No, perché?» si lamenta lui con lo sguardo da cucciolo mentre io me la rido di nascosto.
«Ordini superiori» dice Henry mentre mi guarda con la coda dell'occhio e io per poco non soffoco per trattenere la risata.
«Voi due non me la raccontate giusta» dice Adam guardandoci storto. «Amore, non ti preoccupare. Loro sono cattivi, ma sappi che papino ti vorrà sempre bene» dice accarezzando l'auto.
«Non stai davvero parlando con una macchina, vero Adam?» gli dico spaventata.
«Certo che ci parlo!» risponde lui come se fosse la cosa più normale del mondo e cercando sostegno in Henry che alza le spalle.
«Aspetta!» dico fissandolo «O mio Dio, anche tu parli con le auto?» strillo.
«E non solo, anche con le moto. Soprattutto con le moto» ghigna Adam soddisfatto.
Io mi metto una mano sulla faccia.
«Farò finta che questa conversazione non sia mai avvenuta e che voi due siate ancora sani di mente» e salgo in auto.
I due pazzi mi seguono e salgono ridacchiando tra di loro e facendomi alzare gli occhi al cielo.
«Un'ultima corsa insieme, Mercy» dice Adam baciando il volante e lisciando il cambio.
«Mercy? Mio Dio, le hai anche dato un nome?» dicoincredula.
Neanche molto originale direi dato che è una Mercedes.
Adam ride e ingrana la marcia uscendo dal parcheggio e avviandosi verso casa mia.
Sono troppo stanca e le parole del contratto mi frullano nel cervello. Sto per cedere me lo sento.
«Elèna?» sento la voce di Henry in lontananza.
«Mi stai sbavando sulla camicia» ridacchia lui. Apro subito gli occhi e mi guardo intorno confusa.
«Ah? Uhm? Cosa? Che è successo?» dico con la voce impastata.
«Ti sei addormentata lungo il tragitto e ti sei appoggiata, ma stavi cominciando a sbavare. So che non puoi resistermi però...» ridacchia lui divertito.
Gli do una manata sul petto e mi asciugo la bavetta che effettivamente mi sta uscendo dall'angolo della bocca.
Che figuraccia!
«Ehm scusa, di solito non mi succede mai, solo quando sono troppo stanca» cerco di giustificarmi. «Tranquilla, so che Jackson ti sta dando molto da fare» dice lui.
«Lo sai?» chiedo io confusa.
Lui sembra pensare per un attimo a cosa rispondere, come se non avesse dovuto dirmelo.
«B-beh sei stata chiusa nel tuo ufficio tutto il giorno, quindi l'ho dedotto» gesticola lui.
«Mmm, sarà. Comunque grazie del passaggio, ci vediamo domani. Ciao Adam, sono curiosa di sapere come chiamerai la nuova auto» dico uscendo dall'auto e salutando entrambi.
Mentre la macchina si allontana e sto per aprire il portone avverto una strana sensazione alle spalle, come se qualcuno mi stesse osservando. Mi giro, ma non vedo nessuno.
Maledetti film horror, penso scuotendo la testa ed entrando in casa.
***
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