Cap 29• Humor inglese e ladro di patatine
♫ What a feeling - One Direction ♫
Henry
Ho sentito il bisogno di passare del tempo con lei. Perché? Non lo so neanche io. Volevo conoscerla meglio. Volevo capirla, ma volevo anche che stesse bene e non pensasse a quell'idiota ossigenato.
Aveva già fatto abbastanza guai per il momento e non capivo come avesse potuto stare con lui per tutti quegli anni. Li ho visti insieme e, più che una coppia, sembravano fratello e sorella.
Non so niente dell'amore, non ho mai amato nessuno, ma so per certo che il loro non è amore. Ho imparato qualcosina dalle canzoni che scrivono Adam e Mason a riguardo, ma mai niente di romantico è uscito dalla mia penna. Non puoi scrivere di una cosa che non conosci. Quello che ho potuto capire è che l'amore è passione, qualcosa di incontrollabile, un'energia vibrante tra due corpi e l'unica cosa che vibra tra quei due è il cellulare.
Elèna aveva tirato fuori l'argomento Caroline. Come faceva a saperlo? Quella cagna avrà sicuramente spiattellato tutto quello che era successo a quel maledetto addio al nubilato. La prossima volta che la incontro la metto al suo posto così impara ad andare a raccontare i cazzi miei, o meglio del mio cazzo, in giro.
Poi Elèna era entrata nella stanza avvolta solo da un asciugamano. Cazzo, quella sì che era stata una tentazione o forse più una punizione divina dato che non potevo averla. Quando mi ero avvicinato avevo scorto nei suoi occhi la voglia di fuggire, ma anche quella di restare e lì avevo deciso che l'avrei portata fuori. Ovunque.
Avevo iniziato a camminare senza sapere dove l'avrei portata, ma dopo un po' mi era venuta l'illuminazione. Il vecchio luna park che c'è in periferia.
L'ho portata lì e sulla ruota panoramica. È stato bellissimo vederla emozionata. Sembrava una bambina alla quale avevano appena regalato il giocattolo più bello del mondo. Tutto era andato bene fino a quando non mi aveva quasi fatto volare il naso con una testata.
Per non parare poi di quel tampone di Spongebob. Mai niente mi ha umiliato così tanto come quel coso e quello che più mi fa impazzire è che mi sono lasciato convincere a metterlo solo per poterla sentire ridere ancora.
Mi ha anche scattato una foto a tradimento, ma sotto minaccia mi sono assicurato che rimanga in buone mani.
Chiunque avrebbe potuto ottenere una mia foto molto facilmente. Bastava andare su Google e ne sarebbero uscite a milioni, ma quella era speciale. Era una foto vera, genuina e forse neanche Adam ne aveva una così nonostante le migliaia di foto insieme. Solo Brian, forse, ma perché siamo cugini e di stronzate ne abbiamo fatte da piccoli.
Quella ragazza, di cui so ben poco in fondo e che conosco da poco più di un mese e mezzo, è riuscita ad avvicinarsi a me come nessun'altra ha mai fatto, nonostante l'avessi respinta e rifiutata più volte.
Certo, sono stato io a scriverle, ma per me era solo un gioco. L'ennesima figurina mancante da aggiungere alla mia prestigiosa collezione, niente di più. Lei però non mi aveva risposto e questo era nuovo per me.
Al colloquio, quel giorno in cui me la sono ritrovata davanti inaspettatamente, aveva risvegliato in me il piacere della caccia. Sono un fottuto stronzo, lo so.
L'avevo volontariamente messa in imbarazzo con le mie domande alle quali però aveva risposto mantenendo la calma e la testa alta. Mi ha sfidato e io amo le sfide.
Questa ragazza ha un cervello a differenza di quelle che frequento di solito. Neanche le modelle che mi rifilava Sheila a Londra erano all'altezza. Sheila, la mia vecchia segretaria a Londra, conosceva un certo Victor, uno stilista che molto spesso metteva delle modelle in contatto con me e chi ero io per rifiutare un'uscita divertente? Loro volevano un momento di celebrità e io non rifiutavo mai la buona compagnia.
Con Elèna però è diverso. Quante probabilità c'erano che la rivedessi dopo l'incontro in metro? Nessuna, eppure eccola di nuovo lì davanti a me. Poi è stata la volta della sera al Twenty Two e del bacio che io ho liquidato come una cosa normale, quando invece non lo era per niente. Cazzo, non bacio mai nessuna, ma quando sono con lei non mi ricordo più cosa sia giusto o meno.
Con lei non sono Henry Evans, l'erede dell'impero Evans, il ragazzino che già a ventidue anni ha più soldi di quanti se ne possano immaginare. Con lei sono semplicemente Henry. Non c'è malizia in lei, né brama di fama e denaro. È pura ed in più sembra che tutti quanti la adorino, a partire da Jackson fino ad arrivare ad Adam e sono sicuro che anche Brian la adorerebbe.
È di una semplicità disarmante e allo stesso tempo complicata come il cubo di Rubik. Quando mi sembra di averla inquadrata ecco che cambia direzione, come la mossa di ubriacarsi e ballare su quel bancone. Cazzo quanto era sexy e quanto avrei voluto prenderla lì, su quel bancone davanti a tutti.
No. Non posso. È troppo delicata per me e io rovino tutto quello che tocco. Mi accontenterò di lavorare con lei e di osservarla da lontano.
Ho visto come si è legata ad Adam e come Adam la guarda. So benissimo che Adam prova un interesse per lei, si vede lontano un miglio e nonostante il sangue mi si geli al solo pensiero di loro due insieme, se c'è una remota possibilità che possa essere felice di certo non voglio essere di intralcio.
Non sono pronto per una storia seria e mai lo sarò.
Mi sto facendo mille problemi facendomi i conti senza l'oste. Non ho la minima fottuta idea di quello che lei pensa di me. Mi ha baciato, è vero, ma è anche vero che si è allontanata e che ogni volta che ci sono io nei paraggi finiamo per punzecchiarci o litigare come i bambini dell'asilo.
Non ci sopportiamo, eppure eccoci qui al luna park a fare le giostre più strane come se lo facessimo da una vita.
Ha ragione Jackson, siamo come cane e gatto, ma in fondo quello che fanno i cani e i gatti non è altro che rincorrersi a vicenda ed è esattamente quello che stiamo facendo noi due.
Dopo questa giornata tornerò ad essere l'Henry di sempre e lei tornerà ad essere l'assistente di Jackson, come doveva essere sin dal principio.
Dopo l'ultima giostra, quella con le tazzine che girano su cui Elèna ha quasi rischiato di vomitare, ci avviamo all'uscita per rientrare in città. Si sta facendo buio.
«La prossima volta che decido di salire su una qualunque macchina infernale che gira, per favore, fermami» dice tenendosi lo stomaco con le mani.
«E la prossima volta che decidi di ritoccarmi il naso assicurati di avere con te dei normali tamponi» aggiungo io ed entrambi scoppiamo a ridere.
«Sai, sei quasi divertente» afferma lei.
«Io sono molto divertente» ribadisco.
«Ah sì?» mi incalza lei mettendo le braccia conserte e alzando un sopracciglio.
«Lascia che te lo dimostri» e mi schiarisco la voce «Sai perché il babbuino chiede alla giraffa perché ha il muso lungo?».
Lei mi guarda confusa e scuote la testa.
«Perché pensa che il collo sia la testa!».
Seguono momenti di silenzio in cui Elèna mi fissascioccata e io non so che fare.
Dopo quasi un minuto scoppia a ridere così tanto che quasi rischia di soffocarsi con le Maltesers che stava sgranocchiando.
«E quello cos'era?» ride lei tra le lacrime.
«Una barzelletta!?» dico io in tono ovvio.
«O mio Dio! Ne ho sentite di pessime, ma questa le supera davvero tutte» dice prendendomi in giro.
«Ok, adesso sono ferito» affermo mettendo il broncio.
«Scommetto che questa era una delle tipiche freddure che dite voi inglesi, vero?» continua ridendo.
«Sei cattiva. Di solito i ragazzi ridono alle mie battute» mi ritengo offeso.
«Forse perché non vogliono darti un dispiacere?» abbozza lei. Io roteo gli occhi e mi allontano fingendomi seccato.
«Dai, stavo scherzando! In fondo in fondo, ma molto in fondo, era carina» dice sorridendomi e offrendomi una pralina come offerta di pace.
«Ah ah, simpatica» la schernisco, ma accetto volentieri.
Nel frattempo è arrivato il taxi e così saliamo dirigendoci di nuovo verso il centro.
«Ho fame» esordisce dopo un po'.
«Hai appena divorato un intero sacchetto di palline di cioccolato e un enorme cheeseburger con patatine a pranzo» le ricordo elencandole tutto quello che aveva ingurgitato nella giornata.
«Ti ricordo che non hai fatto altro che rubarmi le patatine una dopo l'altra! E poi cosa sei un conta calorie umano?» mi rimprovera.
«Mi ricordi qualcuno di mia conoscenza» sorrido pensando a quello che era in grado di ingurgitare anche Mason. Chissà chi vincerebbe la sfida!
«Ora che mi ci fai pensare però potremmo andare a cena con Adam e Brian» propongo studiando la sua reazione.
Lei sembra pensarci su e poi esclama: «Mi farebbe davvero piacere e poi... Devo sdebitarmi con te per oggi» dice passandosi una mano tra i capelli.
«Solo per oggi?» le chiedo alludendo a tutte le volte in cui le ho salvato il culo. Lei alza gli occhi al cielo e mi dà una leggera spallata.
Tiro fuori il telefono e chiamo Adam.
«Henry! Aspettavo la tua chiamata da un giorno intero» sbotta lui senza neanche salutare.
«Hai ragione, ma va tutto bene. Sono stato... Occupato» dico guardando Elèna che mi fissa di rimando.
«Hai impegni per cena?» gli chiedo.
«No, non ancora» risponde lui.
«Bene, allora non prenderne. Ceniamo insieme stasera e avvisa anche Brian. Ci vediamo alle nove giù nella hall» e dopo la risposta affermativa di Adam riaggancio.
«Ci vediamo in albergo e poi decidiamo dove andare» riferisco ad Elèna.
«Ok, io allora tornerei a casa a cambiarmi. Ehm, Henry?» e mi giro a guardarla.
«Dimmi» rispondo.
«Posso dirlo anche a Eleonora e JJ, un'altra mia amica? Mi piacerebbe fargli conoscere tutti voi, se non è un problema» dice guardandosi le mani.
Ci penso un po' non perché non voglia, ma perché significherebbe aggiungere altri punti di contatto tra noi. Oh, al diavolo.
«Certo, nessun problema» rispondo.
«Grazie» dice lei con un sorriso enorme che le riempie il viso. Si accontenta di così poco per essere felice, la invidio.
Arriviamo di fronte casa sua e lei mi saluta scendendo dal taxi e scomparendo dietro al portone.
Come la prima volta che eravamo rimasti nello stesso abitacolo, l'auto si è riempita del suo profumo o forse sono le mie narici che ormai sono piene di lei, pure quella ammaccata.
Dopo aver dato il mio indirizzo al tassista, sprofondo sul sedile e guardo l'ora. Mancano ancora due ore all'appuntamento per la cena, così arrivato in albergo mi siedo fuori sulla veranda per cercare di rilassarmi e mettere in ordine i pensieri.
Il telefono inizia a squillare senza darmi neanche il tempo di slacciare le scarpe, così, sbuffando torno dentro per vedere chi sia a quest'ora.
«Ciao Dean» rispondo.
«Henry! Come procede?» domanda lui senza neanche chiedermi prima come sto.
Non lo chiamo più papà da quando mia madre se ne è andata, abbandonandoci. Per un uomo non è facile crescere un figlio da solo, figuriamoci un figlio come me poi. Solo grazie alle sue conoscenze era riuscito a non farmi espellere dall'ennesima scuola in seguito alle solite risse e così, man mano che crescevo, il nostro rapporto era diventato sempre più conflittuale soprattutto dopo il giorno in cui gli avevo rivelato che avrei voluto far parte di una band. Non gli interessava nulla dei mie sogni, il suo unico scopo era guadagnare a dismisura e ottenere potere e i miei sogni minacciavano la sua serenità. Così aveva deciso di impedirmelo in ogni modo. Mi tratta più come un dipendente che come suo figlio.
Dal canto suo, lui non sembra soffrire più di tanto per le mie mancanze nei suoi confronti e di rimando neanche lui si lascia andare a grandi sentimentalismi. Forse so da chi ho preso, in fondo.
«Bene. L'affare procede e con Jackson stiamo sistemando le ultime clausole per poi passare alla fase operativa della fusione» dico esponendogli gli avanzamenti degli ultimi giorni.
«Ci state mettendo troppo e la Stars ci sta con il fiato sul collo. Non possiamo permetterci di perdere ancora altro tempo. Ho bisogno che rientri al più presto con il contratto firmato per discutere degli step successivi» dice senza mezzi termini con la voce arrochita dal fumo.
«Pensavo di rientrare settimana prossima» lo informo della mia decisione.
«Non un giorno di più, Henry» mi intima.
«D'accordo. Ci vediamo tra qualche giorno» e stacco la chiamata.
Mi stringo le tempie per cercare di calmare il mal di testa che mi è appena venuto. Quell'uomo riesce a farmi innervosire anche a chilometri di distanza e con una sola telefonata. Prendo una pillola per calmare l'emicrania e innervosito mi metto sul letto. Inizio a buttare giù qualche frase sul mio blocco degli appunti.
Quando ho finito fisso di nuovo le parole che ho appena impresso sul foglio bianco e scuoto la testa pensando a quanto sembrino folli. Ripongo il blocco e vado a farmi una doccia prima di vestirmi per la cena, continuando a domandarmi che piega prenderà la serata con Elèna e le sue amiche.
***
Scusate il mega ritardo! Spero di essermi fatta perdonare!
Pagina Instagram autrice: martina.ingallinera
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