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Cap 26• Pigiami imbarazzanti, ricordi sfocati e fare un giro

I get to love you - Ruelle

Elèna

Sento il suo respiro caldo su di me. So che è vicino, troppo vicino. La sua pelle incontra la mia e il contatto elettrizza la superficie della mia guancia. Il mio cuore inizia ad accelerare. Mi accarezza e lo sento sussurrare qualcosa e poi sospirare il mio nome. Vorrei che non smettesse mai, ma dopo un po' non sento più niente. Quando le sue dita si allontanano dalla mia pelle dei brividi mi percorrono la schiena.

Mi sveglio e apro lentamente gli occhi. Sono come pesantimacigni e faccio molta fatica prima di riuscire ad aprirli completamente.Stanotte ho sognato Henry o almeno credo fosse lui. Era più una sensazione cheuna certezza. Ripenso però al gesto dolce che ha fatto e ovviamente capisco diaverlo solo sognato.

La luce invade la mia visuale e istintivamente porto una mano davanti agli occhi. Qualcosa però mi blocca il braccio e non riesco a muovermi. Lentamente mi giro cercando di mettere a fuoco quello che ho davanti. Qualcosa, anzi qualcuno, è poggiato sopra al mio braccio e sta dormendo.

Provo a muovere il braccio e la persona mugola alzando la testa per girarla verso di me e si risistema comodamente sul mio braccio.

Oh merda. Che ci fa lui qui? Oddio, oddio, oddio! Non mi ricordo niente, penso in preda al panico mentre cerco di fare spazio tra i ricordi della sera prima che sembrano essere spariti dopo il primo cicchetto offerto dal barista in quel locale in centro. Certo che è davvero uno schifo ubriacarsi. Ti svegli con un mal di testa pazzesco e non ti ricordi nulla di quello che hai combinato. Spero solo di non aver fatto cazzate anche se, a giudicare dalla presenza di Henry nella mia stanza, non escludo alcuna possibilità.

Mi guardo di nuovo intorno e capisco di essere nella mia stanza con indosso il pigiama rosa tempestato di maialini che mi ha regalato Eleonora a Natale.
Non ci posso credere. Non solo non mi ricordo niente, ma sono pure vestita come un'idiota e Henry è qui. Vorrei scomparire dalla faccia della terra per la vergogna.

Per quanto mi sforzi, niente, non ricordo un fico secco della sera prima a parte il litigio con Leo, la mia fuga e il sogno. Perché era un sogno, vero?
Cerco di liberare il braccio dalla forte presa di Henry, ma alla fine dopo vari inutili sforzi mi arrendo.

«Henry» sussurro debolmente.

Non mi ha sentita. Sonno pesante, mi dicono. Mi schiarisco la voce e riprovo un po' più forte.

«Henry!» e ottengo l'effetto desiderato. Due pietre verdi fanno capolino da sotto i ricci che gli cadono sul viso.

«Buongiorno» sussurra con la voce ancora impastata dal sonno e sbadiglia.

«Buongiorno... Ehm, non è che potresti spostare il braccio? Sai, mi stai mandando in cancrena il mio» dico indicando il punto in cui si è lasciato andare come un sacco di patate sul mio esile e povero braccio.
Lui abbozza un sorriso dal quale si affaccia quella sua adorabile fossetta e si alza mettendosi seduto sul bordo del letto senza mai staccarmi gli occhi di dosso.

«Come ti senti?» mi chiede con un cipiglio sul viso.

«I-io non mi ricordo nulla» sospiro passandomi una mano tra i capelli.

«Niente niente?» chiede e io scuoto la testa «Immaginavo» afferma lui.

«Niente, nada. Ricordo che mi trovavo in un bar in centro. Poi il vuoto!» sospiro evitando di incrociare il suo sguardo indagatore.
«H-ho fatto qualcosa che dovrei sapere? E che ci fai tu qui?» chiedo temendo la risposta.
Lui si passa una mano tra i capelli e si morde il labbro inferiore.

«Mmm vediamo. Forse dovrei dirti che mi hai mandato un messaggio sconclusionato e senza senso, così ti ho cercata e quando ti ho trovata stavi ballando ubriaca sul bancone di un bar, così ti ho portata a casa perché, credimi, non stavi per niente bene» conclude lui.

Ubriaca. Bancone. Ballato. Ok, voglio morire. Ora.
Mi lascio cadere sul cuscino mettendo due mani sulla faccia per coprire la mia vergogna.
Avrò bisogno di una scopa e di una paletta per raccogliere pezzo dopo pezzo la mia dignità.

«Ho ballato. Ho bevuto. Ho bevuto e ballato. Cristo!» mi lamento.

«Già! Devo dire che se non fosse stato per tutti quegli ubriaconi che ti fissavano come se fossi una birra fresca in un giorno afoso, ti avrei lasciata continuare» e si lecca le labbra.
Lo guardo in cagnesco.

«Che c'è? Sono onesto» dice alzando le mani.

«Forse avresti preferito che ci fosse stata qualcun'altra su quel bancone» sussurro quasi impercettibilmente, ma lui mi sente e alza un sopracciglio.
Mi alzo dal letto anche se la testa mi gira da morire e lo supero per uscire dalla stanza, ma lui mi blocca per un polso e mi fa girare.

«Cosa intendevi?» chiede sovrastandomi.

«Perché non lo chiedi a Caroline?» dico guardandolo negli occhi. Lui li sbarra sorpreso e allenta la presa permettendomi di divincolarmi e uscire dalla stanza.
Mi chiudo prontamente nel bagno e prima di tutto mi libero di quel coso rosa per poi infilarmi in doccia. Ne ho bisogno, puzzo come una bottiglia di vodka e ho bisogno di uno shampoo.
Dio solo sa cosa ho davvero combinato ieri sera.
Chissà dov'è Leo e dove avrà dormito. Sarà già partito? Non ho ancora controllato il cellulare e non penso troverò nessun messaggio o chiamata da parte sua e anche se fosse, li ignorerei. Spero solo che Henry non mi faccia domande perché non voglio parlarne, soprattutto non con lui.
Qualche lacrima scende e si dissolve insieme all'acqua che scorre sul mio viso. Ho bisogno di sfogarmi e provare a dimenticare.
I viaggi insieme, le passeggiate, le cene, i compleanni. Ogni lacrima è un ricordo legato a Leo.

Poi mi torna in mente che Henry è ancora qui e quindi cerco di sbrigarmi. Oggi è sabato e quindi non lavoro e neanche Eleonora e non posso lasciare che restino soli per troppo tempo. Sicuramente Nor finirebbe per raccontargli qualcosa di scabroso e imbarazzante sul mio conto e non posso permettere che accada. Mi sono già resa ridicola da sola ieri sera e con il pigiama rosa e i maiali ho fatto una figura che è tutto un dire.

Indosso l'asciugamano per andare a recuperare i vestiti in camera. Fa che sia in cucina, fa che sia in cucina, prego mentalmente.
Ovviamente il fato non può essere dalla mia parte neanche per una volta e così lo trovo in camera, intento a guardare tutte le foto appese al muro. Non appena mi sente entrare si gira verso di me.

«Ho dimenticato i vestiti, potresti girarti il tempo di trovare qualcosa?» mi giustifico cercando di sbrigarmi a prendere qualsiasi straccio mi capiti per le mani.
Apro l'armadio, prendo un paio di jeans e cerco una maglietta da mettere sopra.
Faccio per chiudere il cassetto e l'armadio dopo aver trovato un top, quando una presenza alle mie spalle mi fa sussultare e girare.

Henry è esattamente dietro di me e mi sta bloccando contro l'armadio con le sue braccia appoggiate ai lati del mio viso.
Sento alcune gocce scendere lungo i capelli bagnati e cadere per terra mentre altre scivolano sulle spalle fino ad incontrare il tessuto dell'asciugamano. Il ritmo del mio respiro inizia ad aumentare in modo incalzante e la stanza sembra essersi rimpicciolita di colpo. Siamo a pochi centimetri di distanza e lui non accenna minimamente a indietreggiare.

Posso sentire il suo respiro mischiarsi con il mio e il verde dei suoi occhi impossessarsi dei miei.

«H-Henry cosa stai facendo?» sussurro.

«Caroline...» dice senza aggiungere altro e non riesco a capire a cosa si riferisca.
Che cosa vuoi da me, perché continui a torturarmi se non ti interessa nulla di me?

Sposta una mano per poi prendere una ciocca dei miei capelli e portarmela dietro l'orecchio.

«Non è nessuno» sussurra guardandomi intensamente come se dovessi decriptare un messaggio dietro quella frase e poi si allontana andando verso la porta.

«Ti aspetto in cucina» ed esce definitivamente.
Porto una mano sul petto e per poco le gambe non mi cedono per il calo di adrenalina.
Non mi sono mai sentita così in trappola e allo stesso tempo al sicuro. Era come se volessi scappare, ma ogni fibra del mio corpo si rifiutasse di allontanarsi. Nessuno mi ha mai fatta sentire così pronunciando delle semplici parole, ma so anche che è perché "lui con le donne ci sa fare" come aveva detto Caroline, quindi non posso e non devo lasciarmi abbindolare da due begli occhioni verdi che già una volta mi hanno ferita. Dopo essermi ripresa dallo shock iniziale, mi asciugo i capelli, mi vesto e vado in cucina dove, come previsto, Eleonora sta intrattenendo Henry.

«Quindi ti occupi di musica?» gli sta chiedendo lei davanti ad una tazza di caffè.

«Sì, esattamente» risponde lui girando il cucchiaino nella sua tazzina.

«Non è che avresti dei biglietti per qualche concerto?» chiede Eleonora ammiccando.

«Nor!!!!!» la rimprovero guardandola male.

«Che c'è? Non ho mica offeso nessuno» rispondesostenendo il mio sguardo.

«Posso provare a contattare Rihanna per il concerto di Luglio se vuoi» si intromette lui ignorando il mio rimprovero.
Gli occhi di Eleonora iniziano a brillare e risponde con un urlo che quasi mi rompe il timpano.

«O mio Dio, o mio Dio! Sarebbe ultramega fantastico» continua a urlare facendomi una linguaccia. Porto una mano sulla faccia esasperata e ancora provata dalla notte di baldoria.

«Dai non fare la guastafeste! Sempre la solita musona!» ribatte Eleonora.
Le lancio un'occhiataccia e non faccio in tempo a risponderle perché Henry è più veloce.

«Infatti adesso io e la musona andiamo a fare un giro» esclama alzandosi in piedi e raggiungendo la porta d'entrata.

«Scusa? E dove dovremmo andare?» chiedo io ancora scioccata sotto lo sguardo esaminatore di Eleonora.
Le si legge in faccia che se non accetterò mi farà a pezzi con le sue mani e mi farà morire di una morte lenta e dolorosa.

«Non lo so, so solo che andiamo a fare un giro. Non importa dove» sentenzia lui facendo cenno con la testa verso l'uscita.

«E va bene» sbuffo io raggiungendolo. Henry Evans non è il tipo che accetta un no come risposta.

«È stato un piacere conoscerti, Eleonora. E grazie per il caffè» dice Henry sparendo sul balcone d'entrata.

«Piacere mio, Henry» risponde Eleonora.
«Divertitevi» dice allegra e quando sto per chiudere la porta mi mima con le labbra un "poi mi racconti tutto".
Roteo gli occhi sorridendo e la saluto chiudendomi la porta alle spalle. Henry è appoggiato alla ringhiera e si è messo gli occhiali da sole.

«Visto? Sei anche fortunata, è una bella giornata. Andiamo» inizia a camminare e io lo seguo chiedendomi ad ogni passo che cosa voglia questo ragazzo da me e soprattutto perché io fossi sempre lì, pronta a seguirlo.



  *** SPAZIO AUTRICE ***

Beh, mia cara Elèna: chi non seguirebbe questo pezzo di manzo?

All the love, M


***

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