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Cap 15• Richieste del venerdì sera e trucco che cola

Save you tonight - One Direction

Elèna

I giorni successivi all'incontro imbarazzante con Henry sono passati tra carte e scartoffie a cercare di capire cosa trattasse il progetto nel quale Jackson mi aveva infilata ad ogni costo. 

È una cosa grossa che coinvolge la Evans Productions e la Wilson. Sembra ci sia in previsione una sorta di fusione per quanto riguarda la parte europea del portafoglio clienti (band, musicisti, cantanti) per creare una joint venture volta a ottenere maggiore potere contrattuale sul mercato. In breve, avrebbero fuso l'insieme dei propri clienti in modo da diventare la più grande casa discografica a livello europeo e schiacciare i concorrenti che, per sopravvivere, sarebbero stati costretti a stare alle loro regole. Insieme sarebbero diventati inarrestabili.

Non ho visto Henry per una settimana, nonostante Adam mi venisse a prendere e a riaccompagnare tutti i giorni. Spero solo non sia a causa mia, perché vorrebbe dire che quel ragazzo ha dei seri problemi a stare al mondo.

Ogni giorno stringevo sempre di più con Adam e avevo iniziato a confidarmi con lui su problemi a lavoro, a raccontargli i miei sogni e a volte anche i miei problemi con Leo. Le cose con lui non stanno andando nel migliore dei modi. Lui comincia a dare segni di ipergelosia nei confronti di Jackson o di chiunque abbia la lettera M sulla carta d'identità alla voce "genere". 

È sempre stato un tipo geloso, ma ultimamente sembrava essere migliorato. Da quando però ho iniziato a lavorare ci sentiamo sempre meno spesso e la sera torno a casa così stanca che a malapena ho la forza di chiamare i miei per rassicurarli che hanno ancora una figlia e lui me lo fa costantemente pesare. Logicamente ha anche ragione, però non ho alcuna voglia di stare col telefono attaccato a un orecchio per ore senza nulla da dire.
Il progetto della fusione mi sta risucchiando via molte energie per non parlare del fatto che ogni giorno sento nominare Henry dalla mattina alla sera e ormai ho capito che sta facendo di tutto per evitare di doversi trovare insieme a me. Inizio a credere di essere io ad avere qualcosa che non va.

Cosa gli avrò mai fatto? Ok, non sarò il suo tipo, ma evitarmi in questo modo senza avermi mai realmente parlato lo trovo davvero frustrante e infantile. Che imbecille! Dovrei davvero prendere in considerazione il suggerimento di Nor e cominciare un corso di yoga o una di quelle cose zen che vanno tanto di moda oggi. 


Finalmente è arrivato venerdì sera e con esso la consapevolezza di avere il weekend davanti per andare a morire nel letto e resuscitare solo quando avrò riacquistato tutte le forze.
Ovviamente però non può filare tutto liscio come speravo.
Proprio all'ultimo, quando ho finito di sistemare e chiudere tutto, Jackson mi chiama chiedendomi di raggiungerlo nel suo ufficio.
Busso e lui mi fa cenno di entrare.

«Ho bisogno di un favore. Non saprei a chi chiedere. Sono andati via tutti» comincia lui disperato.

«Tranquillo Jackson, dimmi pure» mi offro io ingenua.

«Meno male. Grazie Elèna. Non te lo chiederei se non fosse importante. Ho dei documenti da far firmare urgentemente, ma non posso portarli io perché ho un impegno che non posso disdire e men che meno ritardare. È questione di vita o di morte» mi dice lui supplicandomi.

«Va bene. Dammi pure. Dove e a chi li devo portare?» chiedo io prendendo il faldone.

«Conosci quel club che c'è in centro che si chiama TwentyTwo? All'ultimo piano del palazzo?» mi chiede Jackson.

«Sì, lo conosco» rispondo io un po' confusa.
Eccome se lo conosco! È il locale più in della città, nel quale io e le mie amiche non siamo mai riuscite a entrare nonostante i mille agganci di Eleonora. Ricordo tutte le volte che poi avevamo dovuto ripiegare al Tod.

«Solo che non so se mi faranno entrare» dico io titubante.

«Certo che ti faranno entrare. Basta che tu faccia il mio nome e poi ti metto in lista così non avrai problemi. Grazie grazie grazie, Elèna» dice lui prendendomi le mani.

«Ehm, non mi hai detto però a chi devo portarli»

«A Henry!» risponde lui distogliendo lo sguardo dal mio.

«Cosa? No, Jackson, sai che mi odia e che non può vedermi. Sono settimane che mi evita. Non puoi chiedermi questo!» farfuglio io disperata cercando di ridargli i documenti.
Lui li respinge e tira fuori la scusa del capo.

«Sono il tuo capo e ho bisogno che tu faccia questo per me. Prometto che mi farò perdonare. Lo giuro!» dice lui seriamente.

«Va bene, d'accordo!» sospiro io sconfitta.

«Vai lì per le 22:30 e cercalo al privé. Chiama pure un taxi... Ecco, tieni i soldi. Purtroppo non riesco a contattarlo, ma sapevo sarebbero andati lì e quindi sicuramente lo troverai» mi fornisce le indicazioni. «D'accordo. Ricordati che mi devi un favore» gli ricordo io salutandolo e prendendo i soldi per il taxi.

Torno a casa e per fortuna Eleonora è già uscita, altrimenti mi avrebbe assillata per portarla con me e non ho voglia di starle dietro. Avrei fatto toccata e fuga e soprattutto sarei tornata presto perché sono davvero stanca. Indosso un vestito di pizzo nero che avevo comprato per le occasioni speciali e andare al TwentyTwo è di certo un'occasione speciale.

Raccolgo i capelli ondulati tirandoli tutti da unaparte e mi trucco. 

Durante il tragitto cerco di rilassarmi anche se sono tutt'altro che calma. Sono un vero e proprio fascio di nervi.

Arrivata al TwentyTwo scendo dall'auto e mi soffermo sull'enorme fila che c'è all'ascensore che conduce all'ultimo piano. Il ventiduesimo per la precisione.
Raggiungo il grosso energumeno che sta davanti alla porta e gli faccio il nome di Jackson. Senza neanche controllare la lista mi fa entrare non appena sente il nome di Jackson. Aveva ragione che non mi avrebbero fatto problemi.

Una volta arrivata in cima, apro la porta e la musica colpisce subito i miei poveri timpani.
Il locale è pieno, ma non troppo. Si nota subito il tipo di clientela e capisco perché non siamo mai riuscite ad entrare. Ci sono solo persone che odorano di banconote qui dentro.
Tutto è al buio come nella maggior parte dei locali, così inizio a farmi strada e a cercare il privé.
Noto Adam da lontano ballare con una ragazza dai capelli ricci rossi e insieme a lui c'è un ragazzo che non conosco e un altro che si sta strusciando con una bionda anoressica.
Potrei riconoscere quelle braccia anche al buio (che più o meno è quello che c'è in questo momento).
Quello che si sta strusciando con la bionda è Henry.
Sento uno dolore strano, una fitta stringermi lo stomaco e approfitto del fatto che nessuno mi abbia vista per cercare il bagno. Ho bisogno di riprendere fiato.
È in un angolo del locale dietro una tendina nera.
La scosto e vengo investita dalla luce artificiale dei neon. Il bagno delle donne è subito dopo quello degli uomini.

«Hey dolcezza» mi dicono due che sembrano essere già arrivati alla fine della serata nonostante sia ancora relativamente presto. Riesco a sentire la puzza di alcol mista al fumo. Non li degno neanche di uno sguardo e vado oltre aprendo la porta dei bagni femminili sperando mi lascino in pace.

«Che fai? Non saluti?» dice uno dei due biascicando le parole. Nel bagno non c'è nessuno.
Cazzo, c'è sempre qualcuno nel bagno delle donne e quando serve non c'è nessuno?
Sto per infilarmi dentro a un gabinetto quando mi sento afferrare il polso. Uno dei due mi ha raggiunta e mi tiene salda.

«Lasciami» gli dico cerando di liberarmi dalla forte presa.

Sento il panico assalirmi. Provo a urlare, ma prontamente l'uomo mi mette una mano sulla bocca impedendomi di farlo. Sono scossa da singulti e il corpo trema.
Non sta succedendo, non sta succedendo davvero.

«Stai zitta puttana! Vogliamo solo divertirci un po'» dice quello più basso e tozzo avvicinandosi lentamente e guardandomi con un ghigno malefico.

Inizio a scalciare e cerco di dimenarmi, ma la presa dell'uomo è troppo forte. Sento le lacrime rigarmi le guance e gli occhi mi bruciano per il trucco che cola. 


***

Pagina Instagram autricemartina.ingallinera

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