Capitolo 4
Clyde's pov
Quando torniamo a casa dei miei zii il pomeriggio, Elodie e Ty insistono per creare una specie di riunione di persone di cui ci fidiamo, perciò viene anche Chase con noi, e chiama Chloe. Paris non è molto entusiasta all'idea di rivederla, ed in effetti neanche io. Non ho più sue notizie da quattro anni e, anche se era la mia migliore amica, si è comportata male.
Eppure non riesco ad oppormi, anche perché se chiedono quanti più agenti dell'FBI possibili è qualcosa di serio. Non appena sento il campanello, vado ad aprire e trovo una Chloe con le guance rosse. Sono tutti radunati in soggiorno, mancava solo lei. «Clyde, che bello rivederti.» Mi abbraccia, il che mi lascia sorpreso. Mi aspettavo un sorriso imbarazzato o al massimo due baci formali sulle guance, ma mai questo.
Cerco di rilassarmi e abbracciarla anche io per non essere proprio uno stronzo. «Ciao. È bello rivederti anche per me.» Sarà anche vero quando capirò che non prova più niente per me. Chiudo la porta dietro di lei non appena scioglie l'abbraccio. Sembra diversa. Ha i capelli neri molto più corti, che le arrivano a malapena sulle spalle, i lineamenti sono più rilassati dall'ultima volta che l'ho vista, e dalla maglietta che indossa intravedo un tatuaggio sulla spalla.
Le faccio segno di seguirmi fino al soggiorno. Una volta arrivati, si zittiscono tutti. Chase e Paris stavano chiacchierando seduti sul divano, di fianco ci sono zia Abbie ed Elodie, mentre zio e papà sono in piedi. «Eccola. Vi ricordate tutti di Chloe, vero?» La mia è più o meno una domanda retorica. I miei ci hanno lavorato e hanno visto che ci ero amico, perciò è un po' come Chase; mentre Paris non se la scorderebbe neanche se perdesse la memoria.
«Ciao a tutti.» Gli occhi di Chloe vanno subito sulla mia ragazza e corruga la fronte. Immagino che Chase non gliene aveva parlato. «Sei masochista, ragazza mia.» Le sorride, andando ad abbracciare anche lei. Paris sembra sotto shock e non la biasimo. «Spero che non hai rancori nei miei confronti e ti chiedo scusa per quattro anni fa. Quell'imbecille non mi piace più.»
Alzo gli occhi al cielo, mentre Paris accenna un sorriso. È uno di quelli finti, però. «Ho perdonato tante persone, credo di potercela fare.»
Chase fischia. «Che frecciatina.» So che la frecciatina non è per me, o almeno solo in parte, ma più per i discorsi che Chloe le ha fatto. Eppure mi viene lo stesso da stringere i denti. Vorrei eliminare quella parte della nostra relazione. Il mio migliore amico cambia subito faccia e atteggiamento non appena Chloe incrocia il suo sguardo. «Ciao.»
Lei alza a malapena il viso, in segno di saluto. «Agente.» Poi sorride e va ad abbracciare i miei genitori, mentre si limita a stringere la mano dei miei zii.
Io corrugo la fronte. La reazione di Chase e Chloe è strana. Sono sempre stati amici, anche in questi anni, mentre ora il mio migliore amico neanche riesce a guardarla negli occhi. Vorrei indagare di più, ma smetto di pensarci nel momento in cui mio padre inizia a parlare. «Io ed Elodie vi ringraziamo per essere qui. Quello che vi stiamo per dire non è facile.»
Chloe si siede tra mia madre e Paris, evitando accuratamente Chase, mentre io vorrei solo andare vicino la mia ragazza e stringerle la mano. «Alcuni agenti dell'FBI sono stati corrotti.» Si stringe nelle spalle Elodie. «E non ora o dieci anni fa. Da anni, corrotti non per soldi, ma per potere. Steven è uno di questi.»
«Gonzalez?» Chiede Chase, ed i miei genitori dicono di sì. È Ty a spiegare meglio.
«Certi agenti lavorano per l'FBI, è vero, ma rimangono in contatto con moltissimi criminali. Alcuni si drogano e spacciano, altri sono più cruenti. Alcuni anni fa vennero attaccate le famiglie di alcuni agenti. Sembrano tutti incidenti, ma in realtà sono stati Steven e gli altri.» Ho una brutta sensazione riguardo questa storia.
Elodie mi guarda, con gli occhi lucidi. Ed io improvvisamente capisco perché sembra sempre costretta di fare certe cose. «In particolare, gli attacchi sono iniziati diciannove anni fa.» Anche Ty mi lancia un'occhiata. «Per questo abbiamo chiuso i ponti con Abbie e Ross, e lasciato a loro Clyde. Per tenerli al sicuro.»
Mia mamma si alza, con le lacrime agli occhi. «Scusate, non ce la faccio. Vado un attimo in bagno.» Ma nel momento in cui mi passa vicino le prendo il braccio per fermarla. Non voglio che vada in bagno a piangere. È mia madre e dovrei smetterla di fare lo stronzo. «Mi dispiace tanto.» Singhiozza, ed io la stringo a me. Sono più alto di lei di circa cinque centimetri, l'altezza so per certo di averla presa da mio padre.
«Lo so.» Sussurro, in modo che mi senta solo lei. Ty ci sorride e continua a spiegare. «Ed è anche per questo che siamo stati scettici nell'incontrate tuo padre, Paris. Avevamo paura che essendo stato in contatto con la squadra di Clyde e quindi con Steven avessero in comune quel tipo di rapporto.»
Paris scuote lentamente la testa. Sembra confusa e in parte spaventata. Lei l'ha conosciuto. «Mio padre non fa niente del genere. Non voleva neanche far parte di quel mondo.»
Zia Abbie le stringe la mano. Mi piace il rapporto che hanno, come se fossero loro zia e nipote. «Lo sappiamo, tesoro, non preoccuparti.» Zia poi si rivolge a mio padre. «Ma non capisco cosa abbia a che fare questo con la vostra finta morte e soprattutto il vostro ritorno. Steven è ancora in circolazione, no?»
Elodie si asciuga le lacrime con il palmo della mano e, dopo un attimo di esitazione, si allontana di qualche passo da me per guardare gli altri e riuscire a parlare. «Sí, lavora ancora nella squadra di Chase e Chloe, se non mi sbaglio. Abbiamo finto la nostra morte perché era l'unico modo per fuggire. Steven si vuole vendicare di certi agenti, tra cui noi, perciò se morivamo per prima non avrebbe toccato voi, perché non avrebbe avuto il nostro dolore. Ma adesso siamo venuti a conoscenza che i traditori, chiamiamoli così, hanno cambiato modus operandi. Ora se la stanno prendendo direttamente con gli agenti dell'FBI.»
Ty guarda i miei amici. «Perciò voi due siete in pericolo.» Assottiglia le labbra. «E pensavamo anche Clyde. Comunque non c'è da escludere che lui possa ancora essere un bersaglio.»
Paris si porta una mano tra i capelli, fissandomi negli occhi. So cosa sta pensando. Mi sta praticamente implorando di fuggire da qualche parte dove non possono trovarmi, ma non posso farlo. Non posso lasciare qui Chase in pericolo, o la mia famiglia. «Dobbiamo fermarli.» Conclude Elodie, facendo un respiro profondo. «Hanno già ucciso troppe persone e ora siete abbastanza grandi e bravi per indagare.» Si sta rivolgendo più che altro a me, Chloe e Chase. Ma io non posso fare proprio niente, dal momento che non entro in quel maledetto palazzo da quattro anni.
«Abbiamo bisogno di voi per riuscire ad incastrarli, a creare un piano.» Mia mamma accenna un sorriso verso sua sorella. «E di Abbie e Ross per un posto dove nasconderci.»
Zia alza gli occhi al cielo. «Come se ti lasciassi dormire in uno squallido albergo, poi.» Mi scappa un sorriso al suo sarcasmo. Ed è strano che non abbia ancora detto nulla di logorroico, in genere lo fa quando è preoccupata.
Non appena la guardo meglio mi accorgo del perché. Non è solo preoccupata, è terrorizzata. E le tremano le dita delle mani, perciò non lascia quella di Paris, nel tentativo di nasconderlo. Non ho pensato che sia difficile anche per lei, trovarsi all'improvviso la sorella che dovrebbe essere morta dire che ha rischiato di essere uccisa non so quante volte. Da bambino pensavo che i miei genitori mi avessero lasciato dagli zii perché erano degli eroi che salvavano in ogni momento le persone -e in realtà era questa l'idea che mi facevano entrare in testa zia Abbie e zio Ross-, ma quando ho iniziato a crescere mi sono reso conto che neanche loro sapevano precisamente perché ero lì. Dopo anni, lo stiamo scoprendo insieme.
«Dovreste ritornare dove siete stati nascosti fino ad adesso.» Dico, andando a sedermi sul bracciolo del divano, vicino zio Ross. «Non è sicuro per voi. Basta che Steven vi incontri per strada o anche qualcuno che conosce e siete morti.»
Ty scuote lentamente la testa. «Siamo stati nascosti abbastanza, Clyde. Vogliamo dare una mano e far finire questa storia. Non possiamo farlo nascosti in Olanda, non credi?»
Non voglio ammettere che ho paura di perderli e che quindi saperli lontani mi farebbe stare meglio. «Sei dei nostri?» Mi chiede mia madre, con un sussurro. Non ha più segni di pianto sul viso, neanche gli occhi lucidi o rossi.
Non ha bisogno di chiederlo agli altri. Chloe e Chase è chiaro che aiuteranno, dato che ci sono dentro fino al collo, così come zia Abbie e zio Ross. «Certo.» Rispondo, dimenticandomi di una promessa importante che ho fatto.
* * * *
Paris' pov
Mi fischiano le orecchie quando i genitori di Clyde finiscono di raccontare. Io non ce l'avrei mai fatta ad allontanarmi dalle persone che amo, a fingere per tutto questo tempo, anche se capisco che è necessario.
Ma c'è anche un altro sentimento che prevale tra tutti gli altri: la rabbia. Clyde ha rinunciato a questa vita, non capisco perché dopo tutto questo vuole ritornarci. È pericoloso, cavolo. Se vuole ritornare all'FBI a lavorare lo spronerei anche, ma non quando si tratta di una missione suicida.
Lascio la mano di zia Abbie per alzarmi ed uscire dalla stanza. Non che la mia presenza sia così fondamentale, non ho fatto altro che stare zitta e ascoltare. Non posso dare una mano, non posso fare proprio niente. Non sono come loro, perciò non ci penso due volte ad andare nel giardino sul retro per prendere un po' d'aria. Nessuno mi chiama o cerca di parlarmi, il che è una buona cosa per me. Probabilmente risponderei anche male.
Una volta all'aria aperta mi porto entrambe le mani sulla faccia. Il pensiero di tutte le persone che sono morte per quei criminali e Steven mi fa salire la nausea. E anche il pensiero di averlo conosciuto, che Clyde ci ha lavorato per così tanti anni e Chase ancora lo vede tutti i giorni.
«Stai bene?» La voce di Clyde mi fa sobbalzare. Si avvicina a me, cercando di abbracciarmi, ma mi scosto. «Che hai?» Mi chiede, come se non sapesse già la risposta.
Lo guardo male, infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans. «Che ho? Me lo stai chiedendo davvero? Stai per prendere parte ad un piano suicida, chissà quanti uomini sono schierati dalla parte di Steven e tu non te ne freghi niente!»
Clyde corruga la fronte. «Certo che me ne frega, ma fare giustizia è molto più importante. Ed è la mia famiglia che rischia la vita, Paris.»
Il giardino del retro di zio Ross e zia Abbie è piccolo, con solo un paio di alberi grandi e un orticello. Appena usciti dalla porta c'è una veranda lunga circa tre metri, ed è dove siamo ora io e Clyde. «Tu rischi la vita, per nessun motivo. Fare giustizia non è più il tuo lavoro, perciò lascialo fare a chi ha i giusti mezzi invece che a giocare a fare l'eroe.»
«Giocare a fare l'eroe.» Ripete, amaramente. «Ti rendi conto di quello che stai dicendo? I miei genitori mi hanno appena detto che uno psicopatico può tentare di ucciderli e cosa faccio, me ne sto con le mani in mano?»
Sta facendo finta di non capire, il che mi irrita ancora di più. Sono arrabbiata, furiosa e soprattutto spaventata. So quello che ha fatto per me quando mio padre è stato arrestato. Ha rischiato lui in primis per me, perciò non oso immaginare cosa farebbe per Elodie e Ty. «Sì, dovresti fare proprio questo. Cosa vorresti fare, rifarti ammettere all'FBI? Non serve a niente, Clyde, se la maggior parte degli agenti sono corrotti. Non riusciresti ad imprigionarli, dovresti solo ucciderli uno ad uno.»
Lui non risponde, il che mi fa allarmare. «Clyde...» Non posso credere che stia davvero prendendo in considerazione l'idea.
«Se è l'unico modo per tenerli al sicuro lo farò.» Ribatte, facendo un respiro profondo. «Tu lo faresti per i tuoi genitori ed i tuoi fratelli, perciò non venirmi a dire che non capisci.»
Il battito del cuore mi rimbomba nelle orecchie ed alzo la voce. «Cercherei prima altri modi invece che andare subito a farmi ammazzare! Sei completamente impazzito. Saresti il primo bersaglio di Steven, sappiamo benissimo che ti odia da quando hai iniziato la missione contro mio padre ed è stato abbastanza chiaro quando ti ha licenziato.»
«Tu che ne sai?» Ha lo sguardo arrabbiato, furioso. E mi viene da piangere sapere che tutta la rabbia è destinata a me, come se non lo stessi cercando di proteggere. «Non hai idea di che cosa mi ha detto, cosa ho fatto. Tu non sai niente perché non c'eri.»
Il sangue mi ribolle nelle vene. Non me ne importa niente se mi sentirà la sua famiglia. Lo odio quando fa così. «Non puoi darmi la colpa che me ne sono andata dopo tutte le bugie che mi hai mentito! Avevo perso Blake e mio padre, non puoi proprio dirmi niente!»
Anche Clyde inizia ad alzare la voce. «Ho rischiato la vita per te in quel periodo, proprio come farei adesso con i miei genitori! Perché per te posso farlo e per loro no?»
«Non è che con me puoi farlo e con loro no, idiota.» Sbotto, cercando comunque di abbassare la voce e mantenere la calma. Le mani mi tremano, perciò le stringo a pugno lungo i fianchi. «È proprio perché già l'hai fatto che non voglio che succeda di nuovo. Sei stato fortunato una volta, non sfidare di nuovo la sorte.»
«La sorte non c'entra un cazzo, Paris.» Le unghie mi lasciano i segni sul palmo della mano talmente le affondo nella carne. «Si tratta di mille fattori diversi, ma questa è una specie di guerra, ed io non perderò di nuovo i miei genitori perché la mia ragazza non vuole che faccia qualcosa.»
La mia ragazza non vuole, come se controllassi cosa faccia. Non ci arriva proprio ed io sono troppo nervosa ed orgogliosa per ammettere la verità. «Avevi detto che volevi tornare in Virginia e far finire presto questa storia.» Osservo, con un magone alla gola.
«Sì, ho detto quando questa storia sarà finita.» Sottolinea, ancora con la fronte corrugata. Io mi sento sempre più pronta per cadere a pezzi sotto il suo sguardo. «Ti prego, cerca di capirmi.»
Io lo capisco, ed è questo quello che mi spaventa. Se avessi le sue capacità farei la stessa cosa. È che mi sento inutile, incapace di proteggerlo come lui può proteggere me. «Ti farai ammazzare. Mi avevi promesso di non farti coinvolgere. Mio Dio, me l'hai promesso questa mattina.»
«Pensavo che sapessi che era una promessa che non avrei mantenuto.» Scuote lentamente la testa. Mi scappa quasi un singhiozzo. Mi sembra di essere tornata a quattro anni fa, quando ho scoperto chi era davvero.
Immagino che per quanto si possa perdonare una persona o amarla, siamo sempre destinati a soffrire, a scoprire nuovi lati di quella persona che nessuno si sarebbe mai aspettato. È questo che sta facendo Clyde: mai mi ha fatto sentire così inutile ed incapace di comprenderlo.
Ho la vista offuscata dalle lacrime. È pericoloso, e lui mi guarda come se stessi esagerando. Come se quello a cui sta per partecipare sia solo un gioco sulle montagne russe. «Già, in effetti dovevo aspettarmelo.» Mormoro, tirando su con il naso. Lo guardo un'ultima volta prima di girarmi e incamminarmi.
«Dove vai?» Mi chiede. Sembra allarmato.
Mi fermo, giusto per riflettere se dirglielo oppure no. «A casa mia. Salutami gli altri.» Apro la porta della veranda per ritrovarmi in corridoio, ma non ci metto molto prima di essere per strada, lontana da quella casa.
Non so cosa ci è preso, immagino che sia un mix di tutto ciò che è successo in tutte queste ore. So solo che mi sento svuotata, come un bicchiere rotto che perde acqua fino a rimanere prosciugato. Non mi piace litigare con Clyde, non mi piace avere paura. Questa storia metterà in pericolo lui, la sua famiglia, me ed i miei parenti. Perché per quanto lui finga di non saperlo o di non capire, lo sa benissimo che non lascerei mai da solo in una situazione del genere.
Mi ha rinfacciato di essermene andata, ma non ho più intenzione di farlo. Quattro anni fa evitavo i problemi, la verità soprattutto. Ho evitato per settimane mio padre e Clyde, senza riuscire a pensare ad altro. Ora non voglio scappare, voglio stare con lui qualunque cosa succeda. Però non voglio che si cacci nei guai.
Ho il cellulare nella tasca dei jeans, mentre il resto è tutto a casa di zia Abbie e zio Ross. Sia io che Clyde dobbiamo sbollire la rabbia e qualunque altra cosa proviamo prima di ritornare a stare nella stessa stanza. Digito velocemente il numero di Liam. Casa di papà dista circa quaranta minuti da casa degli zii di Clyde, ma non ho i soldi per chiamare i taxi. «Paris? Tutto okay?» Risponde al quarto squillo. Sento in sottofondo la voce dei miei nonni, segno che mio fratello sta ancora in soggiorno con loro.
«Sì, solo... puoi venirmi a prendere?» Chiedo, alzando la testa verso l'alto. Il cielo è nuvoloso, il sole quasi coperto del tutto, però non sembra essere in arrivo un temporale. «Preferirei stare con voi oggi.» E chissà per quanto tempo.
So anche senza vederlo che mio fratello ha un sopracciglio inarcato, come se cercasse di capire come risolvere un cruciverba. «Certo, sto arrivando. Sei da Abbie e Ross, giusto?»
«Sì, la strada di fronte. Grazie.» Chiudo prima che possa dire altro, sapendo già che mi chiederà come sto e non glielo voglio dire. Voglio solo un suo abbraccio.
Quando ero a Boston era quello che mi mancava di più. Ogni volta che mi mancava casa, mi sentivo triste, mi mettevo una felpa di Liam e chiudevo gli occhi, fingendo come mi stesse abbracciando. Forse è questo un lato positivo di questa situazione: sono con la mia famiglia.
Ecco la prima litigata tra Paris e Clyde... chi pensiate che abbia ragione? E come pensate che riusciranno a fermare Steven e gli altri? Io ho una mezza idea... che spero non vi aspettiate 🙈❤️
Aggiornerò entro questo weekend, promesso <3
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