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Capitolo 3

Clyde's pov

Se dovessi descrivere le ore successive dopo l'apparizione di Elodie e Ty le definirei imbarazzanti, senza neanche pensarci due volte. Mi sento di nuovo quel sedicenne trascinato nella sede dell'FBI, con due genitori che non vedeva da tredici anni e di cui non sa assolutamente niente. Non sono altro che sconosciuti ai miei occhi. Eppure, da un lato mi sento sollevato all'idea di riaverli nella mia vita.

Parcheggio davanti la vecchia casa di Paris e lei sospira, probabilmente pensando a tutti i vari scenari possibili ed immaginabili che potranno accadere. Non la biasimo: sarà l'inferno. È per questo che ho chiesto ai miei genitori di dire perché hanno finto la loro morte nel pomeriggio, dopo questo pranzo. Ho già scombussolato abbastanza la vita di Paris e in generale quella della famiglia Collins, voglio almeno dare loro ancora un pomeriggio di quiete. «Non ti dirò che andrà tutto bene perché non ne sono sicuro.» Non mi va di mentirle, ma le prendo la mano e le bacio il palmo. «Però ti prometto che rimarrò sempre al tuo fianco.»

Paris ha le guance rosse e ridacchia lievemente. So che cerca solo di nascondere il nervosismo. «Sembra che stiamo andando in guerra, Clyde. Infondo siamo solo due famiglie che si riuniscono per il Ringraziamento.» Già, un ex criminale appena uscito dalla prigione, due agenti dell'FBI dati per morti, una tizia con la parlantina e un federale ancora in servizio. Più noi due, che secondo Liam siamo Romeo e Giulietta versione moderna. Direi che "due famiglie" è riduttivo.

In più ci saranno anche i nonni materni della mia ragazza, che ho visto solo una volta in vita mia ancora nei panni di Blake. Spero che non si ricordino di me. «Già.» Le lascio la mano quando vedo la macchina di zio Ross parcheggiare proprio dietro di noi. Ci sono i miei zii ed i miei genitori, perché volevo far staccare un po' la spina a Paris, oltre che a me stesso. «Tu inizia ad andare dentro, okay? Io devo dire un paio di cose a Ty ed Elodie.»

Paris annuisce ed esce senza spicciare parola. Credo che sappia già cosa devo dire, e comunque immagino che vorrà fare anche lei delle raccomandazioni alla sua famiglia. Non appena scendo anche dalla macchina, mi sento arrabbiato nei confronti dei miei genitori. Più ci penso, più credo che avrebbero potuto lasciare un biglietto o qualcosa che mi assicurasse che stessero bene.

Elodie prende la mano di Ty non appena sono davanti a me. Per quanto stronzi possano sembrare, mi rendo conto che sono ancora molto innamorati l'uno dell'altra. «Volevo solo farvi qualche raccomandazione.» Non lascio neanche il tempo di parlare, che sto già continuando. «Per quanto voi vogliate pensare che state entrando nella tana del lupo, vi sbagliate. Adam è stato in carcere, ed è stato sicuramente un criminale, ma non lo conoscete, non sapete le sue motivazioni e non avete il diritto di giudicarlo, okay? Anche solo una frecciatina e vi giuro che sarà l'ultima volta che mi vedrete.» Guardo Elodie, che sta annuendo impercettibilmente. «E questo vale anche per Paris. Smettila di guardarla come se fosse lei il problema.»

Più ci penso, più questo pranzo sarà un disastro. «Hai ragione e mi dispiace. Stavo solo cercando di capire la ragazza di mio figlio, okay? E capirai dopo perché siamo così scettici. Ma se questa famiglia e in particolare questo pranzo sono importanti per te, ci comporteremo di conseguenza. Non preoccuparti per noi.»

Zia Abbie ha un sorriso fiero per le parole della sorella e annuisce per poco tempo, come per dirmi di fidarmi. Sospiro e annuisco, per poi dirigermi verso casa Collins. «Noi Evans abbiamo una tendenza ad innamorarci delle persone più improbabili che è davvero preoccupante.»

Non riesco a trattenere una risata. «Perché tu di una tua collega e io della figlia di Adam?» È Ty annuisce, sorridendo anche lui. Ho sempre trovato più facile parlare con lui, non per qualcosa, ma perché mia madre sembra sempre molto più prudente. Come se analizzasse troppo, fosse troppo concentrata a pensare prima di dire. Alcune volte vorrei che facesse come mio padre e dicesse una battuta o qualcosa del genere.

Suono al campanello, scrollando le spalle. Zio Ross ridacchia. «Sei proprio terrorizzato.» Ed alzo gli occhi al cielo alla sua affermazione.

Ad aprire la porta è Liam, che ha un sorriso malizioso stampato in faccia. «Paris sta facendo la ramanzina a tutti in soggiorno. Mi sembra di essere tornato ai tempi del vecchio e caro Blake.»

Mio padre corruga la fronte. «Blake, sul serio? Potevi sceglierti un nome più originale.» Liam annuisce, d'accordo, ed io sono tentato di mandare tutti a quel paese. Poi il fratello della mia ragazza si presenta ai miei genitori ed entriamo tutti in casa.

«Ti giuro su Dio, Darren, che se fai una battuta sconcia ti taglio la lingua con un coltello.» È l'unica frase che riesco a sentire di Paris non appena entriamo in soggiorno. Sono tutti seduti sul divano o sulle poltrone, mentre lei è in piedi stile comandante di guerra.

Elodie si porta una mano davanti alla bocca per trattenere una risata ed io sorrido. Darren, invece, si sta sbellicando dalle risate. «Mi sa che la lingua te la devi tagliare da sola.» Fa cenno verso di noi e mi accorgo del rossore di Paris ancora prima che lei si porti le mani sulle guance per cercare di riscaldarle.

«Stai zitto.» Lo riprendo, andando a salutare tutti gli altri. È Paris che presenta i miei genitori ad i suoi, e poi a tutti gli altri.

«Signori Evans.» Chase li va a salutare e mi stupisco di come lo abbracci mia madre. Sembra che sia lui suo figlio.

Ma la mia attenzione viene distolta nel momento in cui i nonni materni di Paris mi vedono. «Mi ricordo di te. Sei quello che al matrimonio di Adam non toglieva le mani di dosso da mia nipote.»

Credo che la mia faccia parli per me, così come quella di Paris. È più o meno una che dice "mi vado a buttare giù da un ponte". Liam ride così forte che gli vengono le lacrime agli occhi, invece i miei genitori sembrano confusi.

Chase alza due mani in aria, neanche stesse lodando Dio, e sussurra: «siano santificate le missioni sotto copertura», che fa ridere Darren. Si battono pure il cinque.

«Sì, signora, sono io.» Rispondo, anche se imbarazzato. Amanda mi lascia un paio di pacche sulla spalla come consolazione. Però sono tutti divertiti, persino i miei genitori hanno un accenno di sorriso, perciò mi rilasso subito.

Sua nonna annuisce e sorride a Paris. «Come sta andando a Boston, tesoro? Non mi chiami mai ma tuo padre ed i tuoi fratelli mi hanno detto che hai una media impeccabile.» Sì, non la chiama mai perché odia sentirsi chiamare Cassandra... ma questo non lo ammetterà mai. Non alla sua famiglia, per lo meno: è il nome che le ha scelto Adam.

«Sta andando bene, ma credo che chiederò il trasferimento per l'università in Virginia.» Fortunatamente ho avuto modo di parlare per un po' con i miei genitori, ci siamo aggiornati su ciò che è successo in gran linea in questi quattro anni e sono riuscito a dire che non vivo più in California. Erano sorpresi, ma non hanno avuto grosse reazioni come quando hanno scoperto che non lavoro più all'FBI.

Sua nonna corruga la fronte. «In Virginia? Perché?»

Lei si fa rossa sulle guance e sorrido, lusingato di esserne la causa. All'inizio mi sentivo in colpa, non voglio che rinunci ai suoi studi per me, ma Paris è stata abbastanza convincente e decisa. «Perché Clyde abita lì, ora. L'università è molto buona anche in Virginia e la preferisco.»

«Vivranno praticamente insieme.» Fa la spia Adrian, lanciando un'occhiata ai nonni. «La nostra piccola Paris vivrà con un uomo più grande di lei di quattro anni.»

I miei genitori, intanto, iniziano a conversare con Adam e Amanda. Sono felice che si stiano davvero sforzando di parlarci e di far finta di non avere dei pregiudizi.

Lancio un'occhiata divertita ad Adrian. So dove puntare, più o meno, per infastidirlo. «E la tua ragazza dov'è, Pulce?» Mi ricordo che quando era piccolo -per quanto lo negasse- gli piaceva il soprannome. Forse perché era una cosa che ci avvicinava, un po' come quando chiamo Paris Macaron per prenderla in giro.

Lui fa una faccia arrabbiata, mentre Paris ha gli occhi spalancati. «No, non dirlo!» Grida e va ad abbracciare il fratellino, per modo di dire. Ha le spalle più larghe delle sue e sono alti uguali. Ma lui ha quattordici anni, Paris ventidue. «Adrian è sempre un bimbo piccolo che non avrà la ragazza e anzi, le uniche donne della sua vita saremo io e Manda.»

Il diretto interessato alza gli occhi al cielo, ma sembra divertito. «Vuoi la risposta che ti farà stare meglio o la risposta onesta?»

Bethany, che è stata stranamente silenziosa per tutto il tempo, ridacchia alla faccia sconcertata di Paris. Credo che sia strano vedere una persona crescere. Un conto è crescere tu, un altro è vedere un bambino e dopo qualche anno rendersi conto che non lo è più.

Lancio un'occhiata ad Elodie e Ty, che adesso mi stanno guardando. Sono ancora mano nella mano. «Rilassati.» Mormora Chase, senza farsi sentire dagli altri. «Per una volta goditi le cose belle che ti stanno succedendo.» E stranamente gli dò retta.

* * * *
Paris' pov

Alla fine del pranzo la mia pancia chiede pietà e probabilmente non mangerò per i prossimi due giorni. Amanda si era pure preoccupata per il cibo quando le ho detto dei genitori di Clyde, sostenendo che "è troppo poco".

«Chi vuole il dolce?» Chiedo, retoricamente, e sono sorpresa quando vedo alcune mani alzarsi. Clyde -che non mi sorprende, mangia come non so cosa-, i due porci dei miei fratelli, Adrian, Beth e anche Ty. Elodie ride, ma non gli dice niente. Vorrei che mi trovassero almeno un minimo simpatica, ma le occhiate che mi hanno lanciato qualche ora fa ha reso la situazione abbastanza chiara. «Vado.»

«Vuoi una mano?» Clyde solleva la testa per guardarmi, dato che mi sono già alzata, ma scuoto la testa e gli lascio un bacio sulla fronte per dirgli di no.

Beth fa un commento su di noi che mi fa alzare gli occhi al cielo e fa ridere Clyde, ma decido di non commentare e vado davvero a prendere i dolci. Mia madre avrà sicuramente preparato una torta, ma sono sicura che anche Darren e Chase abbiano portato dei dolciumi. Non sono sorpresa, infatti, quando trovo vari cupcake ed una torta di mele in frigo.

«Ti diamo una mano.» Amanda ed Elodie entrano in cucina. Quest'ultima sembra a disagio, ma cerca di nasconderlo con un accenno di sorriso.

«Non vi preoccupate, ho tutto sotto controllo.» E soprattutto non voglio auto-mettermi in imbarazzo. «Piuttosto potete chiedere a nonno se mangia i cupcake? Credo che dentro abbiano il cioccolato e l'anno scorso stava ancora facendo il fioretto, ma non so se ha smesso.»

Amanda annuisce e ritorna in sala da pranzo, mentre Elodie dice di rimanere per aiutarmi. In realtà sono sicura che mi voglia ammazzare. Fingo di essere indifferente e metto i cupcake in un piatto più elegante, levandogli dalla scatola che si è anche sporcata un po' di glassa sul coperchio. «Tuo padre ha detto che vai all'MYT, uno dei college più difficili dove entrare. Rinunci davvero per mio figlio?»

Improvvisamente sento la rabbia montarmi dentro. Non dovrebbe parlarne così. «Non rinuncio proprio a niente per Clyde. Voglio stare con lui, ed è questa la mia priorità al momento. Non sto abbandonando tutto, solo cambiando sede.»

Elodie inarca un sopracciglio, iniziando ad aiutarmi a disporre in modo ordinato i cupcake. «Non intendevo offenderti o aggredirti, in realtà era un'osservazione con una punta di stima. Non è facile cambiare le proprie priorità per un'altra persona, io ci ho messo un po' a farlo.»

«Con Ty?» Chiedo, pentendomene subito dopo. Sono curiosa, è vero, ma non voglio sembrarle un'impicciona.

Lei annuisce e sorride un po' di più. «Teoricamente all'FBI sono vietate relazioni tra colleghi di una stessa squadra. Prima il mio mondo girava solo su Abbie ed il lavoro, Abbie ed il lavoro, ma quando l'ho conosciuto ho capito che avrei dovuto riservare un po' del mio tempo anche per lui.» Vorrei dirle qualcosa, ma non so che cosa. Così la lascio continuare. «Quando è nato Clyde non ho capito più niente, sai? Era il mio intero universo. Vivevo per lui.»

Rimango per un attimo ferma, con la mano a mezz'aria. «Tu gli vuoi bene.» Me lo aspettavo, ma non è detto che un genitore tenga al proprio figlio. La mia madre biologica non mi vuole bene, ad esempio. «Allora perché siete spariti per tutto questo tempo?»

Elodie si stringe nelle spalle. «Hai mai sentito il detto che quando ami una persona devi imparare a lasciarla andare?»

Certo che l'ho sentito, ed in alcuni casi sono anche d'accordo su quel detto, ma non ha senso dirlo su Clyde. «Aveva solo tre anni.» Osservo, volendo continuare a parlarle anche se abbiamo finito di sistemare i dolci.

Sembra quasi una conversazione normale, tra una ragazza e la madre del suo fidanzato. Peccato che stiamo parlando del suo abbandono. Elodie si irrigidisce e inarca un sopracciglio. Ha di nuovo l'espressione da dura, l'espressione che mi fa capire che continua ad odiarmi. «E li avrebbe ancora se non avessi fatto quel che ho fatto.»

Il pensiero di un piccolo Clyde in pericolo, tantomeno che morto, mi fa stringere lo stomaco in una morsa. Annuisco, in silenzio, senza sapere più cosa dire. Forse se mi mettessi nei suoi panni riuscirei a capirla. Farei di tutto anche io per la mia famiglia, figuriamoci un figlio.

«Comunque.» Continua Elodie, rilassando le spalle con una scrollata. «Hai una bella famiglia.» Punta gli occhi nei miei. «E sono felice di essere viva per conoscerti.»

Forse proprio schifo non le faccio. O magari lo sta dicendo per Clyde. Qualunque sia il caso, mi va bene. «Già, sono felice anche io.» Metto nel cestino il vecchio contenitore di cartone di cupcake. «Clyde non lo ammette, ma gli siete mancati.»

Elodie ridacchia. «Sì, lo so. È testardo come Ty, ma non ho mai creduto al suo atteggiamento da "non me ne frega niente di voi".»

Vorrei dirle qualcos'altro, ma veniamo interrotte proprio da Clyde, che si ferma sull'uscio della porta. «Tutto bene? Ci state mettendo un po'.»

Elodie inarca un sopracciglio, ridacchiando. «Che c'è, hai paura di noi due insieme da sole?» In effetti credo che sia proprio questo quello che lo preoccupa. Che sua madre possa spaventarmi, o il contrario.

«No.» Alza gli occhi al cielo, avanzando verso di noi. Appena vede i cupcake non capisce più niente. «Buoni.» Allunga una mano per prenderne uno, ma gliela schiaffeggio per fermarlo.

Non ho sprecato tutto questo tempo per metterli in ordine inutilmente. «Non ci provare. Li mangi tra due minuti, in sala da pranzo con tutti gli altri.»

Clyde corruga la fronte. «Sei un essere spregevole. Sto solo chiedendo un cupcake.» Come se lui ne mangiasse solo uno, poi. Fa tantissimo sport, questo glielo riconosco, ma è anche vero che non ho mai visto una persona mangiare tanto quanto lui. È un pozzo senza fondo. «Ti prego.»

«Scordatelo.» Mi dà corda Elodie, prima di prendere il piatto e portarlo di là, facendomi scappare un sorriso divertito.

Appena siamo soli, Clyde mi porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mi lascia un bacio sulla tempia. «Vuoi scappare di nuovo in Virginia? Perché a me va bene.»

Mi viene da sorridere. «Per ora sto bene. Non credo che tua madre sia la mia fan numero uno, ma almeno abbiamo conversato un po'.»

Lui sospira, ancora con il viso vicino al mio. «Sì, lo so. Vi ho sentite.»

Corrugo la fronte, improvvisamente vorrei fare un passo indietro per guardarlo meglio. Eppure lui mette le mani sulla mia vita, come se sapesse ciò che sto pensando di fare e non gli piacesse minimamente l'idea. «Ci stavi spiando?»

«Certo che no.» Ridacchia, alzando gli occhi al cielo. «Come se noi due non parlassimo. Stavo venendo a controllare che foste entrambe vive, ed ho sentito che le hai detto che mi mancano.»

So che non c'è niente di male, ma mi sento mortificata. Ho paura che gli abbia dato fastidio il mio commento. Decido di ignorare per una volta le mie paure, e mi avvicino ancora, così le mie labbra sfiorano le sue quando parlo. «Ti vogliono bene, Clyde.»

«Lo so.» È preoccupato, glielo leggo in faccia. Ultimamente era sempre così sereno e felice, e mi spezza il cuore rivederlo così. «Ma ho paura che mi feriranno di nuovo. So che mi vogliono bene, ma sono stanco dei loro continui abbandoni. Non ho più tre anni, né sedici, non voglio che ritornino ora nella mia vita se poi tra qualche mese se ne andranno di nuovo.»

Capisco il suo punto di vista, ma ripenso anche a quello che ha detto Elodie: se non se ne fossero andati, Clyde avrebbe rischiato la vita. Non ho idea del perché e non sono sicura di volerlo sapere, ma tutto quello che hanno fatto è stato per proteggerlo. Anche se questo è costato ferirlo emotivamente. «Devi fare quello che ti senti.» Mi allontano un po', per sorridergli e guardarlo in faccia. Gli aggiusto i capelli, mentre lui accenna un sorriso. «Ma come hai detto tu prima, ti prometto che starò sempre al tuo fianco, qualunque cosa accada.»

«Voglio solo che questa storia non ci prenda troppo tempo. Voglio tornare in Virginia e stare lì con te, come abbiamo fatto nell'ultimo periodo.» Mormora, questa volta abbracciandomi e affondando la testa nel mio collo. Deve anche essere scomodo, dal momento che io sono più bassa di lui e per farlo si deve mezzo accovacciare.

«Torneremo a casa presto.» Gli dico, stupendomi anche io di quello che ho detto. Per me "casa" è sempre stata questa, Los Angeles. Neanche quando ero a Boston la definivo casa mia. Ma immagino che ora abbia una prospettiva diversa del mio posto sicuro.
Immagino che casa sia dov'è Clyde.

Elodie e Paris sono -finalmente- sulla buona strada per andare d'accordo? E Clyde riuscirà davvero a lasciare i suoi genitori e tornare in Virginia dopo aver scoperto la verità? Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate 🥰

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