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Capitolo 7 - Sam

Sam osservava L.A. dal finestrino del taxi, che erano riusciti a fermare dopo l'incontro con la barbie malefica.
Il sole splendeva alto nel cielo azzurro. Lungo il viale disseminato di palme, c'erano persone che facevano jogging, pattinavano o passeggiavano. Si aspettava qualcosa di più frenetico  oltre al traffico automobilistico, che a detta del tassista, sembrava essere una costante. D'altronde  lei proveniva da una piccola cittadina e si era appena trasferita in delle città più popolate d'America.

La cosa che la rincuorava, era di non essere completamente da sola: con lei c'era Jack, che, proprio come lei, era diretto alla Los Angeles Academy of Performing Arts.  Anche se non lo conosceva, che da poche ore, sentiva che non era un cattivo ragazzo. Riflettendoci, si era dimostrato gentile nei suoi confronti, dopo il loro incontro/scontro all'aeroporto.
Col senno di poi, la scena era stata piuttosto comica, e a Sam scappò una risata.

"Perche ridi?" Le chiese Jack con un sorriso

"Stavo ripensando a come ti sono caduta addosso in aeroporto e, anche se ero veramente mortificata, se ci pensi, è stato piuttosto comico" 

"Dovevi vedere la tua faccia, quando ho finto di prendermela con te. Quella sì, che era davvero comica" disse Jack ridendo a sua volta.

"A proposito di quello... come mai hai scelto di diventare attore?"
Sam si mise comoda sul sedile e attese la risposta di Jack.

Jack fece una pausa e si passò una mano sul mento privo di barba. Lei aspettò in silenzio, che lui proseguisse con il racconto, e fu presto accontentata.

"Sai, mia madre adorava il teatro. Fin da bambina aveva partecipato ai laboratori teatrali e preso parte a varie rappresentazioni, vincendo anche qualche premio. Quando arrivò il momento di scegliere quale college frequentare, i miei nonni, che pensavano che il teatro non fosse nient'altro che un hobby, le imposero la facoltà di medicina. All'epoca, lei non se la sentì di andare contro il loro volere, così, li accontentò e adesso è una bravissima ortopedica, anche se il suo amore per il teatro non è mai svanito. Ha condiviso questa passione con me, portandomi a vedere spettacoli ogni volta che ne aveva la possibilità e io non ho potuto fare altro che rimanerne affascinato." Jack le rivolse un sorriso, ma Sam si accorse che c'era dell'altro. Sembrava velato da una sorta di tristezza, come se ci fosse dell'altro dietro quel racconto. Lei avrebbe voluto saperne di più, ma si conoscevano da meno di tre ore e non poteva pretendere che lui le raccontasse tutta la sua vita per filo e per segno; lei sicuramente non lo avrebbe fatto. Come spinta da una forza invisibile, però, appoggiò una mano sul suo braccio, per fargli capire che aveva capito e che non c'era bisogno di dire altro. Jack rivolse, per un momento, lo sguardo alla mano posata sul braccio, poi si voltò verso Sam e la guardò negli occhi. Dopodiché, sul suo volto, si dischiuse un sorriso sincero.

All'improvviso, lo stridio dei freni del taxi, si diffuse in tutto l'abitacolo. A questo seguì un colpo, che fece chinare Sam di scatto in avanti. L'azione congiunta, del movimento improvviso e della stretta della cintura di sicurezza, senza la quale, probabilmente, avrebbe sbattuto la testa contro il sedile che aveva di fronte a sé, le mozzarono il fiato.

Si voltò verso Jack, che sedeva accanto a lei, e vide che si passava la mano dietro il collo. Anche lui doveva essere stato preso alla sprovvista dalla frenata improvvisa e dal colpo che ne era conseguito.
Il tassista, nel frattempo, aveva iniziato ad imprecare ed era sceso in tutta fretta dalla vettura.

"Non male come primo giorno
Prima vengo colpito da una mina vagante in aeroporto, poi mi viene soffiato il taxi ed infine, quello su cui salgo è coinvolto in un tamponamento. Una bella tripletta, non c'è che dire" disse Jack, cercando di alleggerire l'atmosfera

Sam non rispose, era distratta dalla discussione che stava avvenendo fuori dal taxi. Non riusciva ad afferrare il discorso, siccome le voci giungevano come ovattate, ma non doveva aver preso una bella piega, perché il tono del tassista si stava alzando sempre di più.

"Ehi, tutto ok? Ti sei per caso fatta male?" Le chiese Jack, preoccupato.

"No, no, non mi sono fatta nulla. Scusami, stavo ancora ripensando a quello che è successo. Cosa stavi dicendo?"

"Niente, stavo solo facendo un elenco di tutte le cose fortunate che ci sono accadute oggi e..." ma Jack non fece in tempo a terminare la frase, che un altro colpo li fece girare tutt'e due di scatto verso il  finestrino posteriore della macchina, dal quale videro la sagoma del tassista giacere contro il vetro.

Jack aprì in fretta lo sportello e corse ad aiutare il tassista. Anche Sam fece lo stesso, ma rimase come impalata ad osservare la scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi.

Un ragazzo, vestito completamente di nero, che doveva avere più o meno la sua età, teneva stretto in un pugno la maglia del tassista, inchiodato contro il cofano dell'auto, mentre l'altra mano era poggiata sul finestrino, proprio accanto alla sua testa, con il braccio teso. L'uomo, con gli occhi spalancati, aveva iniziato a sudare dalla paura e sembrava rimpicciolire davanti al ragazzo, che torreggiava su di lui. Improvvisamente, il ragazzo mollò la presa, fece un passo indietro e si voltò verso di lei, che nel frattempo, non si era mossa di un millimetro. Incrociò per un secondo i suoi occhi azzurri, dopodiché, lui le diede le spalle e si diresse verso la sua macchina. A quel punto, Sam, pensò che se ne sarebbe andato, invece si avvicinò ancora una volta al tassista, gli diede un pezzo di carta, risalì in macchina e solo allora andò via, facendo tutto senza dire una parola.

"Signore, è tutto ok? Si sente bene? Vuole che chiami la polizia, qualcuno?" Sam sentì Jack rivolgersi al tassista, che nel frattempo si era ricomposto e negava di voler qualsiasi tipo di aiuto, anzi, l'unica cosa che voleva era andarsene da lì. Così, tutti e tre risalirono in macchina e ripresero la strada verso il College.

Il resto del viaggio si svolse nel silenzio più totale. Nessuno aveva voglia di dire nulla dopo l'accaduto e Sam non riusciva a togliersi l'immagine di quel ragazzo dalla testa. Non sapeva neanche lei quale fosse la ragione, ma aveva qualcosa di ipnotico e quando i loro sguardi si erano incrociati, aveva percepito come una scossa, o forse era solo suggestione. Cose di quel genere accadevano solo nei film o nei romanzi, sicuramente si stava facendo troppi film mentali e poi, non lo avrebbe rivisto mai più, quindi, che senso aveva arrovellarsi tanto.

Ad un tratto, sentì qualcuno che la scuoteva delicatamente

"Ehi, bella addormentata. È arrivato il momento di tornare alla realtà. Su, sveglia". Era la voce di Jack.
Sam impiegò qualche secondo a rimettere insieme i pezzi. Doveva essersi addormentata lungo il tragitto, mentre era persa nei suoi pensieri. Pensò che forse viaggiare la rendeva narcolettica, perché non era possibile che si fosse addormentata di nuovo, dopo aver dormito per quasi tutta la durata del volo. Sperò ardentemente di non aver dormito con la bocca aperta e di non aver detto qualche stupidaggine mentre era tra le braccia di Morfeo. Si sistemò meglio sul sedile e si rese conto che il collo le faceva un male cane. Probabilmente era dovuto sia al colpo,  che al fatto di aver dormito con la testa appoggiata al finestrino, leggermente ripiegata all'indietro.

"Che succede?" Sam doveva avere proprio un aria disorientata, perché Jack non riuscì a trattenere una risata.

"Guarda lì" le rispose lui, indicando di fronte a sé. Sam si accorse che il taxi stava accostando e che proprio di fronte a loro si stagliava l'ingresso della Los Angeles Academy of Performing Arts. Erano arrivati. 

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Spazio autrice
CiO a tutti! Ecco come ha vissuto Sam l'incidente. Diciamo che non è passato in sordina ahaha
Cosa ne pensate di lei e di Jack?
Fatemelo sapere nei commenti ;)
Al prossimo capitolo! 

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