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Capitolo 5 - Sam

L'aeroporto di Los Angeles brulicava di persone: uomini di affari, vestiti con completi eleganti e valigetta alla mano, lo attraversavano a grandi falcate sicure; famiglie e turisti, con i loro carrelli stracolmi, si muovevano alla rinfusa gettando occhiate qua e là,  nella speranza di intravedere qualche stella di Hollywood nei paraggi; assistenti di volo e steward, incuranti della confusione, si affrettavano a raggiungere i vari gates, pronti per un nuovo volo verso chissà quale meta. E poi c'era lei.
Sam si guardava attorno disorientata mentre si destreggiava tra i vari bagagli, maledicendosi per aver portato tutte quelle cose. Provò ad aguzzare la vista alla ricerca di un carrello libero per potercele scaraventare dentro, ma non ve ne era neanche l'ombra. Così, si caricò in spalla la chitarra, prese ciascun bagaglio in mano e si diede da fare per cercare l'uscita.

L'impresa si rivelò più difficile del previsto. L'aeroporto era enorme e ricco di negozi: librerie, negozi di scarpe, di abbigliamento, ristoranti e profumerie. Sam dovette imporsi più di una volta di non fermarsi a fissare le vetrine luccicanti ed invitanti, che erano lì apposta per tentare di intrattenere i passeggeri, in attesa del loro volo, oppure distoglierli dal pensiero di un ritardo o di una cancellazione. Dopo aver vagato per una ventina di minuti senza successo, Sam scorse una colonnina raffigurante una sorta di piantina; era una di quelle che sembravano un labirinto, con un grande pallino rosso al centro e la scritta 'tu sei qui'. Dopo averla osservata per un paio di minuti,  riuscì finalmente ad individuare quale fosse la direzione per l'uscita. Sollevata, raccolse in tutta fretta i propri bagagli e girò su se stessa. Qualcosa, però, era andato storto, perché aveva perso l'equilibrio e si era ritrovata per terra.

"Hey, tu! Fai attenzione a quando ti muovi con quella cosa!"

Sam sollevò lo sguardo e vide che a parlare era stato un ragazzo. Era piuttosto alto, capelli ricci e biondi e i suoi occhi castani la squadravano con rimprovero.

Probabilmente girandosi lo aveva urtato con il braccio della chitarra e aveva perso l'equilibrio a causa del peso delle altre valige che teneva in mano. Complimenti Sam, pensò. Che bella figura. Poi vide la mano del ragazzo tesa nella sua direzione, così l'afferrò e si rialzò in piedi.

"Scusami sono davvero mortificata, non volevo, ti ho fatto male? Mi dispiace molto. Stavo cercando l'uscita e avevo la testa da un'altra parte e non mi sono accorta" Sam, con le guance rosse dalla vergogna, aveva inizato a parlare a raffica. Inaspettatamente, il ragazzo, dopo averla fissata con espressione dura, scoppiò a ridere.

"Scusa, ma perché ridi adesso? Un momento fa sembravi piuttosto infastidito, mi pare" chiese Sam guardandolo sbalordita.

"Non mi sono fatto nulla, tranquilla, è solo che non ho resistito. Sto studiando per diventare attore e a quanto pare non sono poi così male a recitare la parte del ragazzo infastidito e arrabbiato" rispose lui sorridendo "Credo che ora sia io a doverti delle scuse. Per la cronaca io sono Jack, piacere"

Sam era senza parole. Erano tutti così a Los Angeles? Le sembrava una situazione assurda, tanto che rimase impalata a fissarlo, poi si riscosse e si presentò a sua volta.

"Ora devo proprio andare Jack, è stato bello conoscerti" Sam era decisa ad andarsene il prima possibile. Voleva solo trovare un taxi e raggiungere il dormitorio.

"Aspetta, se vuoi ti aiuto. Anche io mi stavo dirigendo all'uscita. Quei bagagli sembrano piuttosto pesanti e io non vorrei che mietessi qualche altra vittima durante il tragitto" disse Jack con un sorriso.

Sam era combattuta. Obbiettivamente faceva fatica da sola, ma non si fidava molto di quel ragazzo, in fondo, lei non lo conosceva. Poteva essere uno psicopatico oppure un maniaco come quelli dei film. Provò a scacciare quel pensiero dalla testa. Guardava decisamente toppa televisione.

"Se stai pensando che io sia un maniaco o qualcosa del genere, ti assicuro che non è così.
Se vuoi posso farti vedere la mia carta d'identità o possiamo chiamare mia madre. Anche se... pensandoci bene, la madre di un serial killer potrebbe mentire per proteggere il proprio figlio, chissà" fece Jack fingendo di pensarci su.
"Ma se non vuoi il mio aiuto lo capisco. Riconosco di essere stato un po' invadente, ci si vede in giro".

Cavoli l'aveva beccata in pieno. Le avevano detto che la sua espressione parlava, ma non pensava così tanto e così precisamente. In fin dei conti  quel ragazzo era simpatico e lei non conosceva nessuno, magari poteva chiedergli qualche indicazione.

"No, aspetta! Non volevo essere brusca. Mi farebbe piacere, se tu mi aiutassi a trovare l'uscita" disse Sam vedendo che stava per allontanarsi.

Jack si fermò. Senza dire nulla, andò verso di lei e si caricò in spalla uno dei suoi borsoni.

"Bhe, cosa stiamo aspettando? Los Angeles ci aspetta!" disse lui allegramente.

Jack l'aveva praticamente già seminata e Sam dovette quasi correre per mantenere il suo passo.

"Non potresti rallentare, per favore?" Chiese lei con il respiro affannato

"Se vogliamo aggiudicarci un taxi ci conviene sbrigarci" rispose lui, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.

Qualche minuto dopo, Jack aveva individuato l'uscita ed era riuscito, con un cenno della mano, a fermare un taxi. Sam osservava il tutto, come una bambina in gita per la prima volta. Ma proprio mentre la vettura era in procinto di fermarsi, una voce alle loro spalle li fece sobbalzare.

"Javier, carica i bagagli per favore"

Sam e Jack si girarono di scatto e si accorsero che la voce alle loro spalle apparteneva ad una ragazza, che al suo cospetto aveva così tanti bagagli, da far impallidire Paris Hilton.

"Ehy, spero che tu non ti riferisca a quel Taxi, perché è il nostro" fece notare Jack tra lo sbalordito e l'infastidito.

"Io non ci vedo scritto il vostro nome" ribattè la bionda tranquillamente.

Sam era incredula. Non aveva mai visto nessuno di così arrogante. Quella ragazza sembrava uscita dal film di "Mean Girls" in tutto e per tutto. Capelli biondi, occhi azzurri, fisico statuario, vestiti impeccabili ed atteggiamento spocchioso. Gli ingredienti per la perfetta barbie malefica c'erano tutti.

"Se ora volete scusarmi, non ho tempo per queste chiacchiere inutili, ho un taxi da prendere. Javier hai caricato tutto?"

"Sì, signorina Sharon" rispose quello che doveva essere il suo valletto, mentre le apriva la portiera.

Erano talmente presi dalla conversazione con Miss Hollywood, da non essersi resi conto che il fidato maggiordomo si era già messo all'opera. Intanto Sharon, come in una scena da film, mosse, con un movimento della mano, la folta chioma bionda, facendo svolazzare i capelli proprio davanti i loro occhi. Poi inforcò gli occhiali da sole e salì sul taxi, senza degnarli di uno sguardo.

"Se queste sono le premesse, si prospetta un soggiorno davvero divertente" disse Jack.

"Già, lo penso anche io" rispose Sam, più a sé stessa che lui.

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Spazio autrice
Ciao a tutti! Sam è atterrata a Los Angeles e ha già fatto due nuovi incontri: Jack e Sharon. Cosa ne pensate di questi personaggi? E della storia?
Attendo i vostri commenti e se vi va lasciatemi qualche stellina ;)
A presto!  

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