|9: Debolezze|
«Ci incontriamo di nuovo, eh?».
Se c'era una cosa che Jane aveva capito con gli anni era che usare il potere la rendeva estremamente debole.
E poi, quando ti sparavano un potente sonnifero, non potevi fare a meno di stare male.
Quando aprì gli occhi si trovava in una camera. Era spaziosa e lussuosa. Molto.
Le pareti erano ricoperte di libri e di fronte al letto c'era una scrivania di legno lucido.
Il pavimento era coperto da una moquette azzurra.
Jane si alzò lentamente, la testa che le girava e le tempie che le pulsavano.
Non sapeva dove si trovasse e non aveva idea di dove fosse Kyle.
Si avvicinò alla porta con le gambe che tremavano e provò ad aprirla, ma era chiusa a chiave.
Non dovette aspettare a lungo, perché quella si aprì dopo poco.
La donna corvina comparve sorridendo sulla soglia.
«Buongiorno, Jane. Stai meglio? Quando ti ho portata qui eri pallida come un lenzuolo».
«Dove mi trovo?».
«Questo non ha importanza».
«Io credo di sì. E voglio sapere dov'è Kyle».
«Il tuo amico sta bene; lo vedrai tra poco. Hai fame?».
Quella sempre.
La ragazza non rispose e la donna sospirò. «Ascolta, non ti conviene farmi arrabbiare, ok?
Così come non conviene fare arrabbiare te.
Conosco il tuo potere e so cosa sai fare».
«Come fa a saperlo?».
«Ti ho seguita per tutti questi anni. Ti ho vista quando hai ucciso i miei amici anni fa».
«Belle amicizie che avevi».
«Ascolta, non dimenticare che ora sei troppo debole per... Per fare quella cosa che sai fare. E Kyle è qui, da qualche parte. E noi non vogliamo che gli succeda qualcosa di brutto, non è vero?».
«Preferirei di no, mi sembra ovvio» Rispose acidamente la ragazza. Cercava di mascherare la paura e ci stava riuscendo.
La donna sorrise. «Vedo che iniziamo a capirci. Allora, ti va di fare colazione? Immagino che tu abbia fame».
Jane annuì lentamente.
Aveva deciso di dimostrarsi mansueta, giusto per vedere che razza di persone la circondava.
«Wow, è da anni che non mangiavo del bacon!».
Kyle aveva la bocca talmente piena di pancetta che non riusciva a parlare senza sputacchiare.
Senza nemmeno finire di masticare si versò un gigantesco bicchiere di succo d'arancia e lo bevve tutto d'un sorso.
Il braccio era stato steccato e le ferite medicate.
La donna corvina sorrise gentile. «Prendi tutti quello che vuoi: sei un ospite!».
Il ragazzo si voltò verso Jane, le guance ancora gonfie di cibo. Sembrava uno scoiattolo.
«Jane, devi assaggiare queste uova. Sono divine!».
Lei lo ignorò e continuò ad osservare la donna davanti a sè.
Alla fine questa cedette.
«Mi chiamo Anaïs» Cominciò.
«Sono uno dei pochi membri rimasti della vecchia NYB, ma non vi ho portato qui per vendicarmi della morte dei miei compagni -anche se quella di, chiamiamolo così, Francisco potevate risparmiarvela».
«Allora che vuoi da noi?» Sibilò Jane.
«La domanda giusta sarebbe che cosa voglio da te.
Kyle è qui solo come ostaggio per obbligarti a collaborare».
Kyle smise di mangiare. Aveva una striscia di bacon che gli pendeva dalla bocca.
«Sinceramente preferivo la versione dell'ospite» Disse con falsa tranquillità.
Anaïs rise alla battuta, poi sorrise di nuovo. «Vedila sotto questo aspetto, allora.
Siamo ricchi e tu ti sentirai a casa tua. Jane, tu dovrai solo collaborare con noi. Nient'altro.
Insomma, ci guadagneresti. Guardati intorno: questa grande villa -abbiamo la piscina-, tutta la zona in sè è meravigliosa.
E poi, detto con tutta franchezza...» E qui il sorriso si allargò ulteriormente «...Se non collabori il tuo amico muore».
«Cosa ti fa pensare che potrò esservi utile?» Chiese ancora Jane gelida.
Anaïs rise. «Ma il tuo potere, tesoro! Sei propensa alla violenza, che ti piaccia o no.
Domani inizierai l'addestramento, e una volta che l'avrai terminato farai ufficialmente parte della più grande e potente gang criminale di New York!».
La ragazza non rispose. Non disse nulla.
Che culo.
«Li ucciderò tutti. Stanne certo».
Jane si chiuse bruscamente alle spalle la porta di quella che, d'ora in avanti, sarebbe stata la sua camera.
Kyle storse il labbro all'ingiù.
«Non lo so, Jane. Detto con tutta sincerità... Ci stanno offrendo una casa. Una bellissima casa. E...».
«Ti sei rincoglionito per caso? Ma ti ascolti?!
Vorresti dire che preferisci vivere con dei criminali solo per avere una bella casa?
Beh, certo. Tanto il lavoro sporco lo faccio tutto io, giusto?».
«Ci sono abituato a vivere con una criminale».
Fu una pugnalata.
Jane rimase immobile, le braccia lungo i fianchi e le mani strette nei pugni.
Incrociò lo sguardo sprezzante del ragazzo che le stava davanti.
«Che ti aspettavi? È la pura verità, e lo sai.
Credi che mi piaccia passare... Passare tutto questo per causa tua?
E poi... A te cosa cambia in tutto questo? Nulla. Dovrai solo fare il "lavoro sporco".
Ma lo hai sempre fatto, quindi non c'è problema, giusto?
Andiamo, non fare quella faccia. Lo sai che ho ragione. Lo sai meglio di me.
Anche tu sei abituata a vivere nel lusso dei soldi sporchi di sangue, o sbaglio?
No. Ho pienamente ragione.
Perciò chiudi la bocca per una volta e fa' quello che ti viene detto.
È anche quello che sai fare meglio: uccidere».
La ragazza lo guardò incredula. La sua faccia era il ritratto confuso di varie emozioni: rabbia, stupore, tristezza.
Kyle venne verso di lei e si fermò al suo fianco. «Ti ho solo detto quello che penso».
Detto ciò aprì la porta della camera e uscì.
Avrebbe giurato di aver sentito il frastuono di qualcosa che si fracassava contro il muro, e immaginò che presto sarebbe stata la sua testa.
In realtà non pensava veramente quelle cose. Non gli importava se Jane fosse un'assassina: non aveva mai fatto del male a qualcuno che non lo meritasse.
Ma ora lei lo odiava e ne era felice.
Adesso non aveva più motivi di fare come Anaïs le ordinava.
Non aveva più motivi di fare come Nightmare le ordinava.
Lui era un "ostaggio" inutile adesso che la ragazza lo odiava.
Era stata una scelta difficile. Essere detestato di proposito dalla ragazza di cui si era innamorato non era facile, ma al pensiero che così facendo sarebbe stata salva si sentiva più tranquillo.
Doveva proteggerla; doveva fare in modo che non le succedesse nulla di male. E per farlo doveva starle lontano, ma allo stesso tempo vicino.
Se Jane avesse accettato comunque "l'addestramento" lui l'avrebbe seguito con lei.
E un giorno o l'altro l'avrebbe salvata da quell'inferno.
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