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|2: La scoperta|

Salutò l'amica e si mise a correre verso la scuola di canto, mentre le guance perdevano il rossore dell'imbarazzo, ma acquisivano quello della fatica.

BOOM!
Un tuonò scoppiò, talmente forte che Jane si tappò le orecchie con le mani.
Nemmeno un secondo dopo stava piovendo a dirotto.
La bambina si mise a correre, fermandosi sotto un portico. Doveva tornare a casa, subito. Non poteva arrivare a canto fradicia. No, proprio no.
Contò mentalmente fino a dieci, poi partì a razzo sfidando la pioggia e il vento, lo zainetto che le picchiettava la schiena.
Quando giunse a destinazione era completamente fradicia, il vestito giallo che aderiva al corpo e i ricci castani appiccicati al collo.
Cercò la chiavi di casa nella tasca dello zaino, ma poi notò che la porta era aperta. La spinse e questa si aprì cigolando.
«Andrew?» Chiamò. Le giunse solo un gemito soffocato.
La bambina rimase immobile, pietrificata sulla soglia, indecisa sul da farsi. Doveva andare a chiamare la polizia? Era successo qualcosa? Magari suo fratello aveva bisogno d'aiuto immediatamente...
Entrò. E non credette ai propri occhi.
Davanti a lei c'era uomo. Le dava le spalle.
Era alto e corpulento, i vestiti tesi sui muscoli. Teneva un coltello attaccato alla gola di Andrew.
«Non ti credevo così, ragazzo. Un traditore... Denunciarci ai Chicago Wolves , che scortese».
Il suo tono era calmo, ma racchiudeva una rabbia letale.
L'uomo non si era ancora accorto della presenza di Jane, che indietreggiò lentamente.
«Credo proprio che dovrei punirti, in modo molto atroce. Ucciderti? Non mi sembra il caso. Mi conosci, no? Sono una persona ragionevole».
La bambina mosse ancora qualche passo indietro, quando la porta d'ingresso si chiuse. A farlo era stata una donna, alta e corvina.
«Ma guarda, una mocciosa! Ehi, Will... Guarda qui!».
Jane provò a correre via, ma venne afferrata per il collo del vestito e trascinata all'ingresso.
«No, lasciatela stare!» Esclamò Andrew appena la rivide. La sua voce si incrinò.
L'uomo, Will, lasciò andare al ragazzo e si avvicinò alla bambina. Il suo ghigno metteva i brividi.
«E questa chi è, Andrew? La tua sorellina, non è vero?».
«Lasciala stare».
«Non è questa la risposta che mi attendevo, ma ok. Come ti chiami, piccola?».
La bambina lanciò un'occhiata al fratello, senza sapere cosa dovesse fare.
La donna le strinse il polso. «Ti conviene rispondere» Le sussurrò.
«J...Jane».
«Ascolta, Jane... Tuo fratello è un grande idiota, sai? Insomma... Ha tradito i suoi amici, facendoli finire nella merda. Scortese, non credi?».
La bambina annuì lentamente. Se c'era una cosa che aveva capito era che doveva assecondare quel tipo.
«Tu mi piaci, mocciosa. Sei intelligente, più di tuo fratello.
Sentiamo: tu cosa proporresti per un traditore come lui?».
«U... Una seconda possibilità» Balbettò.
Will scoppiò a ridere. «Una seconda possibilità, eh? Che cosa st...».
Non finì la frase. Cadde a terra, un lago di sangue che si allargava sulla moquette.
Jane sollevò lentamente lo sguardo, il terrore dipinto negli occhi.
Andrew era fermo, un coltello sporco di sangue stretto tra le mani. «Lascia andare mia sorella» Sibilò alla donna, che lasciò andare la bambina e indietreggiò contro il muro.
«Non ti ucciderò se te ne vai» Continuò il ragazzo. «Ah, e se terrai la bocca chiusa. Se oserai raccontare qualcosa... Beh, so dove trovarti».
Un secondo dopo i due fratelli erano soli. Il silenzio era rotto solo dallo scroscio dell'acqua e dalla porta d'ingresso che sbatteva.
Andrew posò una mano sulla spalla di Jane. «Stai bene?».
Lei non rispose. Non riusciva a pensare una risposta, non riusciva nemmeno a muoversi. Poteva solo guardare quel cadavere ai suoi piedi, il sangue che le macchiava le scarpe.
«Jane?».
Ancora niente.
Fuori scoppiò un tuono talmente forte che fece vibrare i vetri delle finestre.
Andrew sbuffò e andò a chiudere la porta di casa. Abbassò le tapparelle e accese la luce.
«Non devi raccontare a nessuno di quello che hai visto, hai capito? A nessuno».
Ovvio che non avrebbe parlato.
In quel momento a Jane sembrava che non avrebbe parlato mai più. Sentiva a malapena quello che le diceva il fratello.
Fratello, già... Assassino.
Ma non era colpa sua, giusto? Lui aveva ucciso per difesa. Non l'aveva fatto per altri motivi. Non aveva colpe.
Ma chi erano quelle persone?
Mentre la bambina pensava Andrew aveva già infilato il cadavere di Will in un sacco della spazzatura. I suoi movimenti erano decisi ed esperti, la sua mente fredda e aperta. Era calmo.
«Jane, aiutarmi a portarlo in macchina. Del resto mi occupo io».
La bambina riuscì solo a guardarlo negli occhi. Come poteva chiederle una cosa simile...?
«Senti, ti spiegherò tutto, va bene? Ma adesso devi aiutarmi. Devi solo prenderlo per i piedi e aiutarmi a metterlo in macchina, poi sarà tutto finito. Coraggio, piccola».
Qualche secondo dopo i due stavano trascinando il cadavere in garage.
Quando il bagagliaio dell'auto fu chiuso Jane si sentì meglio, lo sguardo al riparo da quell'orrore.
Andrew montò sulla Range Rover. «Tornerò tra poco, ok? Tu non fare entrare nessuno. Non toccare niente. Va' in camera e non uscire, ok?».
Jane annuì.
Rimase a guardare il fratello che partiva, poi chiuse la saracinesca del garage e salì le scale.
Si sdraiò sul letto e rimase ad ascoltare la pioggia che cadeva. Tutte le volte che pioveva succedeva qualcosa. Qualcosa di brutto.
Ripensò alla donna che avevano fatto scappare. Sarebbe stato meglio ucciderla...
Si coprì la testa con le mani. Ma cosa stava pensando?!
Doveva calmarsi. Doveva calmarsi subito.
Come se fosse stato semplice...
Si alzò dal letto. Doveva farsi una doccia, calmarsi e dimenticarsi tutto.
Non ce l'avrebbe mai fatta.

Era appena uscita dal bagno quando Andrew tornò a casa.
Lo raggiunse in cucina.
Lui le preparò la merenda e le fece cenno di sedersi.
«Stai meglio?» Le chiese.
Jane annuì, anche se non era certa di stare bene. Le sembrava di non poter essere certa di nulla.
«Quelle persone...» Cominciò il ragazzo evitando lo sguardo della sorella. «Un tempo lavoravo con loro. Sono una gang, si fanno chiamare New York Bosses. Un gruppo di ladri, assassini, spacciatori. Incapaci, aggiungerei. Insomma, portavo sempre io i compiti a termine e dovevo anche occuparmi che loro non finissero nella merda.
Finché non ho conosciuto i Chicago Wolves, nemici dei New York Bosses. Loro erano più forti, più ricchi e meno idioti».
«Così hai iniziato a lavorare per entrambi. Un doppiogiochista» Concluse Jane. Nella voce aveva una fermezza e lucidità che non si sarebbe mai aspettata, soprattutto non in quel momento.
Ma sentiva una grande rabbia ribollirle nelle vene, e una grande amarezza in gola.
«E la polizia?» Chiese.
«Non lo saprà».
Calò il silenzio.
«Jane... Promettimi che non lo racconterai a nessuno».
La bambina non rispose subito.
«Non andremo in contro a problemi. Te lo prometto» Continuò il ragazzo.
Jane sospirò. «Te lo prometto».

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