Capitolo 10 - The Loneliest
Will
Will scagliò l'amuleto con un ruggito ferino cercando di mandarlo il più lontano possibile.
Ariele non disse nulla, limitandosi ad osservarlo in silenzio.
L'amuleto, come le volte precedenti, tornò indietro colpendo con fare quasi stizzito il suo ingrato portatore.
«Non ti voglio, sei inutile, fastidioso... Mi stai solo complicando la vita»
Ringhiò scagliandolo via un'ultima volta e afflosciandosi a terra.
Aveva seguito le tracce di Julij fino ad arrivare al parco segnalato da Moonie, sperando fino all'ultimo di sbugiardare suo fratello, giunto sul posto però aveva trovato solo caos e sangue.
Tracce a terra, sangue di umano e di Bogey. Solamente conferme del racconto del fratello. Ma soprattutto niente che gli lasciasse sperare che Julij potesse essere sopravvissuto a dispetto delle parole di Roane.
L'amuleto lo colpì alla testa scivolando nel cappuccio della sua felpa il che scaturì in Ariele una risata.
Will lo fulminò con lo sguardo, era furioso, frustrato il che gli rendeva dannatamente difficile reprimere le lacrime di dolore che sentiva bruciargli gli occhi.
Aveva recuperato appena il rapporto con Julij, avrebbe dovuto dirglielo, almeno questa volta prima di lasciarlo andare. Confessargli la verità aprirsi e invece aveva nuovamente esitato e forse lo aveva perduto per sempre e per cosa?
Afferrò l'Amuleto e lo strinse con forza desiderando mandarlo in mille pezzi.
«L'amuleto ha scelto te, sei il Cavaliere dell'Eclisse e devi vegliare su tutti noi...»
Will deglutì ma poi ripensò a quel nome.
«Questo non sono io... E poi i Figli dell'Eclisse non lo hanno mai chiamato così...»
Ariele inclinò la testa «I traditori posso aver cercato di deviare il potere dell'Amuleto per i loro spregevoli scopi, ma alle origini, il protettore dei tutti i popoli aveva questo nome... E in quanto mezzosangue questo rappresenti, questo è il tuo nome!
Roane
Avrebbe volute avere tempo per urlare, la capacità di uccidere di nuovo quell'umano che gli si trovava davanti agli occhi, ma in fondo Roane sapeva bene che non solo non avesse tempo da perdere ma nemmeno sarebbe stato utile.
I figli dell'Eclisse erano piombati su di loro all'improvviso, o meglio su di lui, lo spettro era rimasto intoccato, non visto, morto.
Stava sanguinando, liquido scarlatto gli macchiava le dita là dove la lama lo aveva ferito, i due gemelli, Patrick e Sophie lo osservavano dall'alto dell'ingresso del sepolcro. Malgrado Julij lo avesse curato, rinvigorendolo con le sue parole ma qualcos'altro di imprevisto era accaduto.
La ragazza aveva gli mostrato la lama insanguinata e Julij aveva imprecato, Roane avrebbe voluto spezzare quel legame, liberarsi da quello spettro, tornare a sentirsi se stesso.
Non riusciva a mutare, non riusciva ad avvertire il legame con il suo sangue di Bogey e di certo era colpa di quello spettro.
Era finito, sarebbe morto in quel sepolcro, soppresso senza alcuna esitazione.
Julij di certo non avrebbe potuto far molto, poteva toccare solamente lui.
«Stavamo cercando un altro succubo ma tu andrai comunque bene...» sussurrò Sophie avanzando con un sorriso divertito dipinto sul volto.
«Il tuo sangue di mezzosangue lascia una scia maleodorante, sarà un piacere eradicarlo...»
Roane vide Julij sussultare, aprire la bocca spettrale per inseguire la verità che gli si profilava davanti mentre comprendeva di essere stato ingannato dai suoi ex compagni.
«Andiamo Sophie smetti di giocare!»
Sentenziò il fratello.
«Ti prego Patrick smettila di tenere il broncio, dispiace anche a me per Julij, ma non solo ci aveva tradito era un abominio esattamente come questo essere...»
Roane non riuscì di impedirsi di volgere lo sguardo allo spettro, sempre più evanescente e impalpabile. Non riusciva a immaginare cosa gli passasse per la testa dopo così tanti colpi.
Non solo era morto, ma era stato tradito proprio da coloro che considerava la propria famiglia.
I loro sguardi si incrociarono e i grandi occhi dorati dello spettro parvero accendersi di interesse.
Roane non seppe esattamente perché scelse di fidarsi, forse perché si sentiva vicino a quel senso di dolore che doveva provare, forse perché i suoi cacciatori ormai gli erano addosso e non desiderava morire in quel sepolcro così protese la mano insanguinata e lo invitò dentro di sé, gli offrì il proprio corpo allo spettro, lo avvinse a se impedendogli di sparire e l'altro cedette, precipitando verso la creatura.
Julij spinse Roane verso il sepolcro sussurrandogli nell'orecchio.
«Sanguis est via...»
Lo spettro si strinse all'altro e quando le grida di rabbia dei due cacciatori li raggiunse Roane seppe che erano riusciti a fuggire ancora una volta e che malgrado tutto, quello stupido spettro che lo indeboliva rendendolo umano lo aveva salvato.
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