Roane

L'incanto era cessato nel momento in cui l'umano era morto, Roane aveva compreso rapidamente che il suo assassino non avrebbe tardato molto a volgere a lui la sua attenzione, così balzò in piedi e fuggì.

Imprecò pensando a quanto sarebbe stato più facile, se solo avesse avuto le ali come le altre Bogey. Se solo quel maledetto Moonezekein non gliele avesse lacerate per ordine di Green... Quel fottuto bastardo che suo fratello chiamava Moonie.
Ormai erano solo un peso, non serviva a nulla evocarle, lo avrebbero solo fatto soffrire.

Una fitta alla gamba bloccò la sua corsa, inciampò e rovinò a terra.
Una punta di metallo spuntava dal suo polpaccio, una catena di ferro spuntava dall'altra parte, le armi predilette di quei maledetti servi dell'eclisse.

Roane ringhiò artigliando il terreno, avrebbe potuto evocare la sua forma bestiale ma era troppo debole dopo lo scontro con quell'idiota.
Il suo fottuto cerchio contenitivo lo aveva privato di quasi tutte le sue energie, altrimenti sarebbe stato troppo rapido per permettere ai figli dell'eclisse di catturarlo.

Afferrò con le mani la catena, ignorò il dolore delle ustioni che si formavano sulla sua pelle e tirò con tutte le sue forze fino a estrarre la punta di lancia.
Il suo avversario si avvicinava con calma, soddisfatto.
Lo aveva messo in scacco, aveva eliminato il primo ostacolo e adesso poteva gustarsi la sua caccia, assaporare ogni goccia di sangue zaffiro spillato alla sua preda.

Roane cercò di rimettersi in piedi, almeno era riuscito a sfoderare i suoi lunghi artigli.
Come poggiò un po' di peso sulla gamba ferita il dolore prevaricò la sua sopportazione e crollò nuovamente a terra.
Imprecò davanti alla soddisfazione dell'altro.
«Buffo... Non pensavo che la mia parte umana, anche se minima, mi avrebbe condannato a morte...» sbuffò deciso a non arrendersi a morire in ginocchio.
Non lui, mai! Non si sarebbe arreso davanti a uno schiavo del Cavaliere.

Sapeva cosa fare, ma detestava il pensiero che fosse la sua unica via di fuga, ma non aveva scelta, era l'unica via.
Si strappò dal collo l'ampolla osservò il sangue scarlatto in esso contenuto e con un sorriso beffardo in volto sussurrò «William...» e svanì lasciando il suo aggressore a urlare alla notte, mentre la sua preda gli scivolava tra le dita.

Will

Lo aveva visto svanire davanti ai suoi occhi, come un sogno che si dissipa al sorgere del sole. Lo stesso di cui tanto aveva sentito la mancanza in quell'oscurità, dentro se stesso.
Allo stesso modo Moonie era svanito, dissipandosi come polline nel vento, andando ad allargare quel vuoto che Will avvertiva nel proprio cuore.

Gli schiavi di quella maledetta setta lo avevano distrutto. Dopo tutto quello che la Bogey aveva fatto per lui era svanito in un momento, il tempo di un battito di ciglia.
Senza potergli dire altro su cosa si celasse dietro al disprezzo e alla furia omicida di suo fratello Roane.

Sophie avanzò con un sorriso soddisfatto.
«Finalmente soli... È tempo di morire!»

Will si sollevò e senza che dovesse pensare niente la spada splendente apparve nella sua mano, non aveva forza né sangue da dare, ma l'avrebbe comunque affrontata in piedi, avrebbe mostrato che non era mai stato davvero succubo di nessuno, i quantomeno non lo era più. Per qualche follia l'amuleto lo aveva scelto e voleva sentirsene degno.

Poi una stella esplose davanti ai loro occhi.

Will si coprì gli occhi, ma la luce non lo feriva, mentre i suoi avversari venivano bloccati, come sospesi nel tempo.
Lui avanzò strascicandosi verso il suo avversario, l'espressione spavalda sostituita da uno stupore senza alcun suono. Will non comprendeva cosa fosse successo, quale folle magia avesse mosso quello splendore, ma non gli importava. Voleva soltanto distruggere le sue armi, vendicare tutte le creature che con noncuranza aveva distrutto.
Era già pronto ad muovere la lava quando il suo sguardo fu catturato da una pietra che gli ricordò l'occhio di Roane, una pietra lapislazzuli screziato d'oro, una pietra del potere... Una perfetta prigione per una creatura magica, un amuleto potente per un'umana.

Per quanto desiderasse vendicare Moonie, liberare una creatura e sottrarre a quella spocchiosa il suo trofeo sembrava la scelta migliore.

Sophie sbattè le palpebre, il tempo stava riprendendo a scorrere, il misterioso incanto si stava dissipando e Will comprese di dover affrettarsi, afferrò il gioiello sul farsetto della ragazza e lo strattonò via.
Vide la rabbia dipingersi sugli occhi di lei mentre la luce che li aveva avvolti lo trascinava via assieme al suo bottino.

Per un breve istante si ritrovò nel Nulla, stretto alla pietra e alla vita in essa racchiusa.
Una stranissima sensazione lo avvolse, dolce e calda, una reminiscenza lontana.
Poi la vertigine lo attrasse a terra e un corpo gli rovinò addosso lasciandolo ansimante e incapace di comprendere.
Una nuvola di polvere si sollevò attorno a loro.
Quando Will riuscì a sollevarsi, scrollandosi di dosso il corpo che lo ricopriva, si guardò attorno cercando di mettere a fuoco l'ambiente che li avvolgeva, mentre i suoi occhi protestavano per lo sbalzo da estrema luce a una polverosa oscurità.

Un sepolcro o un mausoleo, lentamente vedeva i marmorei sepolcri scavati nelle pareti.
Will li osservò perplesso, quale oscuro incanto lo aveva trascinato in quel luogo?
La tosse lo piegò in due e una boccata purpurea macchiò la pallida pietra. Lui osservò il nome inciso

ELEANOR, CAVALIERE D'ARGENTO

Lui deglutì comprendendo dove fosse finito, era sotto al pavimento della Cattedrale di San Galgano, il cuore del suo nemico, nel sepolcro dove venivano tumulati i loro campioni.

Indietreggiò e finalmente il suo sguardo cadde sul corpo che gli era piombato addosso, a terra, privo di sensi giaceva Roane, la gamba sanguinava, le mani ustionati dal metallo e dal pallore sembrava non fosse messo molto meglio di William, sembrava che stessero morendo entrambi.