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Capitolo 01 - Dream On...

Will



La stanza era vuota e fredda ora che l'illusione che l'aveva impregnata si era dissolta.
Will entrò lasciandosi la porta aperta e avanzò fino al centro della stanza e si sedette a gambe incrociate sul freddo pavimento poggiando i palmi a terra e lasciando che i brividi gli penetrassero nelle ossa.

Aveva imparato a sue spese nell'Altrove ad assorbire le emozioni dei luoghi, adesso aveva dannatamente bisogno di riportare dentro di sé quei pochi ricordi agrodolci della sua vita.
Tutti legati a quel posto, a quella persona.

Rammentava quel compleanno, il primo e unico della sua esistenza.
Gli occhi splendenti di Julij e le fossette che incorniciavano ogni suo sorriso.

Esprimi un desiderio...

Si poteva rivedere nell'emozione di quel momento, i capelli scuri portati indietro, occhi serrati tentando di trattenere la notte dentro di essi.

«Vorrei essere libero...»

La sua voce gracchiante spezzò l'incanto del ricordo e Will si risvegliò solo, nella gelida stanza vuota del suo presente.
Si massaggiò la gola indolenzita, per quanto per i mortali fosse passato poco più di una manciata di mesi dal suo ultimo sospiro emesso sulla superficie della Terra, per lui erano stati anni di dolore e silenzio passati nell'Altrove.
Provò a riscaldare le corde vocali forzando il dolore che gli rievocavano, ma quando tentò di parlare ancora si accorsi di quanto la sua voce cigolasse, come un ingranaggio arrugginito. Green lo aveva obbligato al silenzio per punire la sua insubordinazione fino a fargli scordare di poter dar suono alle sue emozioni.
In fondo era andato in quel luogo proprio per questo, rammentarsi l'umano che sperava si essere ancora una volta.

«Pronto?»

Will si voltò verso la sua grigia accompagnatrice, gli aveva concesso ogni momento.
Moonie aveva acconsentito ad ogni sua richiesta, anche a se silenziose.
Osservando la creatura Will comprese che il suo tempo era finito.
«Non temere piccolo, non ho scordato la mia promessa...»
La voce di Moonie era delicata come una brezza estiva, come il suono di piccole campanule mosse dal vento.

Will afferrò la mano che la creatura gli porgeva, era grato delle sue parole, ma non troppo fiducioso.
Aveva abbandonato la speranza da tanto troppo tempo, incatenato sotto quel cerchio magico.




Julij


Si era risvegliato nel suo letto con le lacrime agli occhi, per un breve istante si era illuso di essere tornato a quel periodo, a quella sera.
Si era convinto di aver sentito il sapore della torta all'arancia che aveva preso per il suo compleanno. Il suo volto era rimasto ben delineato davanti a lui a lungo, sorpreso e felice, prima di svanire nuovamente nella sua mente.

Auguri Will!

I suoi grandi occhi sgranati, due pozzi oscuri pieni di stelle, il volto completamente assorbito da quello sguardo ricolmo di gioia.
Julij aveva allungato le dita per fargli assaggiare la crema, aveva desiderato che il mondo potesse terminare in quell'istante, in un desiderio ancora inespresso.

Poi le voci del fratello e della sorella lo spinsero ad alzarsi, non aveva senso restare bloccato in un ricordo, rincorrere un bacio mai ricevuto, una relazione mai evoluta.

La sua tutrice lo accolse con un cenno del capo, poi il suo sguardo severo tornò sui gli altri due figli adottivi.
«Siete la vergogna della nostra confraternita, non mi sorprende che nessuno di voi sua stato scelto!»
Sophie incrociò le braccia e si lasciò cadere sul divano, scoccando a Julij uno sguardo colmo di rimprovero. Lui si limitò a versarsi dei creali e rivolgerle una scrollata di spalle. Non aveva mai pensato di essere la persona adatta per impersonare il capo, il successivo Cavaliere d'argento.
Era solo grato a Suor Elizabeth di averlo comunque prelevato dall'orfanotrofio e addestrato. Di avergli dato una formazione, in fondo anche se come migliore all'interno della Congrega. Inoltre la sua tutrice gli aveva dato uno spazio anche tra gli umani ignari, e per lui era più che sufficiente.

Diverso era stato per Patrick e Sophie, loro si erano vocati anima e corpo all'ordine.
Credevano ciecamente alla missione dei figli dell'Eclisse, di preservare il mondo dei mortali dalle creature ostili provenienti dai mondi confinanti.
Sopra a tutti le Bogey, comandate dalla peggiore creatura mai esistita, la piaga dell'umanità, Jenny Greentheeth, solitamente chiamata solo Green.

Julij era stato terrorizzato sin da piccolo da quella immortale creatura, forse per questo non aveva mai desiderato più di tanto diventare il capo dei figli dell'Eclisse.
Suor Elizabeth aveva calcato molto la mano sui racconti inerenti alla Creatura.
Di come rapisse i piccoli orfani, li trascinasse nell'Altrove per sottoporli alle peggiori torture. I pochi che sopravvivevano divenivano schiavi delle Bogey.
Sapeva quanto la sua tutrice l'avesse salvato da quel destino, strappandolo al suo orfanotrofio, dandogli uno scopo, una nuova vita.

Essere parte dell'esercito, uno dei tanti era per lui più che sufficiente. Magari seguire i suoi passi e diventare a sua volta Tutore, salvatore per altri orfani... Salvatore di tutti i Will che avrebbe incontrato.
I grandi occhi oscuri di Will emersero nuovamente, tristi e spenti in quell'ultimo addio.

Per sua fortuna il fratello si trascinò fino a sedersi accanto a lui, riscuotendolo dalla tristezza.
Solo in quel momento Julij notò che fosse vestito con solo il lenzuolo, doveva esser stato stanato nella sua stanza con una nuova temporanea compagnia, cosa che la loro tutrice disapprovava alquanto.
Alla gemella Sophie invece non sarebbe importato molto, se le inadeguatezze del fratello non fossero ricadute anche su di lei.

«Vi attendo alla Cattedrale! Meditate sui vostri fallimenti!»
Proclamò in tono solenne Suor Elizabeth.
Julij fece cenno di saluto alla tutrice, un segno di reverenza che la donna benedì con un mezzo sorriso. Malgrado non fosse predisposto al potere era sempre stato il suo prediletto tra i suoi protetti. Julij credeva che in lui vedesse un'altra se stessa, la sua missione.

Quando la donna si chiuse la porta alle spalle Julij tornò a fissare il fratello.
Patrick era ancora nudo ma si era trascinato sul divano, e se ne stava in silenzio con sguardo colpevole.

La sua ultima conquista sgattaiolò cercando di coprirsi farfugliando scuse.
Sophie ricambiò il saluto con un sorrisetto delineato nel suo volto costellato di lentiggini. In fondo appariva più divertita che arrabbiata.

«Non siamo abbastanza grandi perché lei pensi di doverci ancora trattare come dei bambini? Non può davvero pensare che la nostra mancata investitura come Cavaliere d'Argento sia colpa mia, Adam è imbattibile! Quel pomposo sbruffone!» borbottò Patrick portando dietro la testa gli arruffanti i capelli biondi. Nessuno guardandolo avrebbe detto che lui e Sophie fossero gemelli. Lei con una chioma ardente e un pallido volto costellato di lentiggini, lei era fuoco ardente e lui decisamente una pozza acquosa paragonato a lei. Eppure, inesorabilmente congiunti da un legame empatico indissolubile.

«Credo che sarà la nostra tutrice per sempre, ha iniziato ad esserlo nel preciso istante in cui siamo entrati in questa casa e lo sarà fino alla nostra morte!» borbottò Patrick con le orecchie arrossate.
Julij comprendeva il suo imbarazzo, Suor Elizabeth era quanto più si avvicinasse a una madre per loro e farsi vedere in certi frangenti lo metteva giustamente a disagio.
Julij guardò quella che era diventata nel tempo la sua famiglia, quel giorno si sarebbero separati. Forse a quello era dovuto il suo sogno e la malinconia che si era trascinato dietro, tutto stava per mutare ancora una volta.

Da quando si era risvegliato consapevole che il suo dono lo avrebbe reso diverso Julij aveva lentamente trovato una nuova dimensione di casa, nella vita che Suor Elizabeth aveva dato loro. Era in quella casa di orfani ed esuli, dove la loro tutrice, Suor Elisabeth li aveva radunati che aveva incontrato la persona più speciale, per poi perderla.

«Da quando Will ti ha scaricato hai proprio perso il senso del limite...»
Julij sobbalzò nell'udire quel nome.
Non ebbe tempo di rimuginare molto su di esso che qualcuno bussò alla porta.
Julij si chiuse in se stesso. Amava il suono del suo nome tanto quanto lo odiava.
Will era stata la persona più importante della sua esistenza, il suo più caro amico, il centro del suo cuore. Ma prima che scegliesse suo fratello Patrick per poi rubargli la chiave del Altrove e sparire. Ma i suoi grandi occhi scuri erano ancora al centro della mente di Julij ed emergevano costantemente dai suoi sogni.

«Va tu ad aprire!» gli urlò Sophie «Io riaccompagno questo stupidone in camera e lo aiuto a ritrovare un po' di dignità...»
Julij annuì sbuffando, in fondo a che serviva rimuginare su qualcosa di passato e forse dimenticato?

Ogni risposta gli si cristallizzò nella mente quando aprendo la porta si ritrovò a perdersi in due grandi occhi scuri da bambino, immensi in un volto pallido sporco di sangue. Ferite gementi fiumi purpurei che scorrevano sulla sua pelle fino a inzuppargli i vestiti.

I due rimasero a guardarsi per un tempo che a Julij parve infinito poi Will sollevò lo sguardo e l'altro si perse nei suoi grandi occhi scuri come gli capitava spesso in passato, e lesse in essi la medesima supplica.

Ti prego non mandarmi via...

Julij si protese verso di lui mentre il sangue scorreva tra le sue dita, premute contro l'addome, poi l'altro gli crollò addosso.

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