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CAPITOLO TRE - tko

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Buona lettura! 💘

CAPITOLO TRE - tko

keep me in your memory, leave out all the rest

Victoria

Me ne stavo seduta a braccia conserte, dietro quella scrivania, ad osservare il dottor Dustin da quindici minuti, battendo le ciglia e sospirando ogni tanto. Lui mi fissava come se così facendo mi sentissi in dovere di fare qualcosa, di muovermi, di sorridere, di parlare, ma la verità era che non sentivo nulla. Non avevo la minima voglia di fare niente, men che meno di parlare. Anche perchè le sue domande erano abbastanza stupide, come ogni volta. Non mi domandava cosa fosse accaduto o quale fosse il mio problema, mai, mi chiedeva come era andata la giornata o la settimana, cosa avessi fatto durante il giorno, cose del genere. In quel preciso istante lo stavo guardando storto perchè mi aveva chiesto quindici minuti prima cosa ne pensassi del tempo atmosferico. Ero rimasta sconcertata, tanto che avevo corrugato le sopracciglia e mi ero domandata quali diavolo di problemi avesse. Nella mia testa continuavo a pensare che tutto ciò fosse inutile, perchè io non me la sentivo affatto di parlare, non ne avevo voglia, era come se ci fosse qualcosa che mi bloccava. Era una prigione assurda, che a mio parere meritavo più di qualsiasi altra cosa perchè se non fosse stato per me e per il mio amore folle nei confronti di Benjamin, niente di ciò che era accaduto sarebbe accaduto. Il fatto era che non potevo più tornare indietro, il danno era fatto, non volevo stare senza di lui mai più ed era come se il mio cuore fosse incatenato al suo per sempre e non potevo proprio fare a meno di lui.

- Quindi, ti piace la pioggia? Come la vedi, Victoria? - Ignorai completamente la sua domanda e continuai a fissare la parete alle sue spalle come se quella potesse darmi delle risposte, come se potesse dirmi qual era il segreto per poter tornare come prima. Io mi ero persa, ne ero consapevole, ero consapevole del fatto che fossi a un punto di non ritorno, però volevo sapere come poter esprimere quello che sentivo, per tentare almeno di liberarmi di tutto quel peso, ma non trovavo risposte. Ormai avevo una prospettiva pressochè nulla, e le mie giornate si basavano sul pensare a Benjamin e guardarlo ogni secondo giusto per accertarmi di non perderlo di nuovo, abbracciare Sammy, ascoltare parlare per ore Carter, e cercare di non pensare. Era tremendo avere come unico pensiero fisso il non dover pensare, era il mio mantra.

Quando il dottor Dustin vide che la mia unica risposta fu fare spallucce, sospirò e batte le palpebre annotando cose sul quaderno. A volte mi sentivo come se fossi un libro da studiare, come se mi guardasse e tentasse di riassumermi per poi studiarmi e provare, tramite una verifica, che lo aveva fatto correttemente. Frustante. - D'accordo, senti. Di che vuoi parlare? Parliamo di Benjamin? Come ti senti con lui? Sei innamorata? -

Non sapevo come sentirmi a quella domanda, sapevo soltanto che non appena sentii il suo nome sollevai la testa di scatto e mi posai la mano sulle labbra, mordicchiandomi le unghie finte e sentendo gli occhi pizzicare. Ormai era inevitabile: dire di essere innamorata di Benjamin era un eufemismo, ero più che innamorata, se mi fossi soffermata a pensare al sentimento che mi legava a lui sarei scoppiata a piangere, e già soltanto nominandolo mi vibrava il cuore. Nei suoi confronti, in quel momento, mi sentivo come mesi prima, quando non riuscivo a dirgli che lo amavo, con la sola differenza che non riuscivo più a esprimermi in nessun modo, nemmeno con lui, con lui che mi aveva salvato la vita rischiando la sua. In un certo senso mi sentivo in dovere, in obbligo, di parlargli, ed il fatto che nessuna parola avrebbe potuto esprimere ciò che provavo per lui e riguardo la situazione, mi devastava, mi uccideva lentamente. Io non lo facevo apposta, speravo lo capissero, non avevo fatto il voto del silenzio perchè mi andava, era successo. Era successo che quella notte, quel grido aveva distrutto tutto, compresa me stessa, rendendo la mia presenza un fantasma. Non volevo diventare così, non volevo amare Benjamin in quel modo, non lo volevo distruggere, però lo avevo fatto perchè era la mia natura. Un come era nella natura degli uragani distruggere tutto ciò che incontravano, di sicuro non è mai loro intenzione provocare tutta quella devastazione, però lo fanno perchè è nella loro natura, così come era nella mia natura fare del male alle persone che amavo e restare in quella prigione infernale per il resto dei miei giorni.

- Va bene per oggi abbiamo finito. - Disse l'uomo brizzolato togliendosi gli occhi e sfregandosi con la mano destra quel lieve accenno di barba che lo invecchiava. I suoi occhi scuri trovarono i miei e quando lo fecero rimasero incastrati qualche istante, come se volesse dirmi qualcosa ma non sapesse come farlo. - Senti, Victoria, io lo so che non lo stai facendo apposta e che la cosa non ti diverte, però provaci almeno. Non vedo più nei tuoi occhi la volontà di provarci da tempo, è come se tu ti fossi arresa. Non ti sto parlando da psichiatra, cerca di capire, ti sto parlando da amico, come se fossi un tuo amico. Vorrei che tu sappia che queste sedute, questa terapia, questo percorso non servono se tu non ci provi, se non parte da te. Non è facile, nessuno lo ha mai detto, però possiamo portarti fuori da tutto questo buio, credimi possiamo, ma solo se tu smetti di rifugiarti dentro al tunnel e cominci a camminare alla ricerca della luce, alla ricerca della tua luce, della valle incanta, felice. Promettimi che ci proverai, che dentro ai tuoi non cedrò più soltanto il vuoto dalla prossima volta, ma qualcosa, fammi vedere qualcosa, un accenno di speranza. Per te stessa, non per qualcuno, ma per te stessa. -

Recepii tutta la sua frustrazione in quell parole e mi morsi il labbro sollevando le sopracciglia e le spalle, come se quel gesto significasse che ci avrei provato. Il dottor Dustin annuì e si alzò in piedi, così io feci lo stesso e quando allungò la sua mano come faceva alla fine di ogni seduta gliela strinsi a mia volta. Quella volta, però, mi sembrò una stretta più forte, come se cercasse di donarmi un briciolo di forza, anche se sapeva che non aveva nessun super potere e non poteva. Gli sorrisi lievemente e m'incamminai verso la porta dove, aprendola, trovai Sammy seduto su una sedia della sala d'attesa a braccia conserte che batteva i piedi nervosamente. Prima di uscire mi sentii in dovere di voltarmi un'ultima volta, per ringraziare con un cenno il dottore, che però mi richiamò e m'imposa di guardarlo. - Victoria – Disse cercando i miei occhi. - Trova il tuo modo per comunicare. -

Battei le palpebre e piegai la testa di lato, sospirai, abbassai lo sguardo e mi chiusi la porta alle spalle, osservando il mio migliore amico che a sua volta osservava me con fare circospetto.

- Com'è andata? - Domandò scattando in piedi nell'esatto momento in cui incrociai il suo sguardo. Gli sorrisi, gli sorrisi davvero perchè tutto il suo amore mi scaldava il cuore, l'anima, mi faceva sentire come se li avessi ancora. Gli andai quindi incontro, e lo abbracciai forte, infilando la testa nell'incavo del suo collo e strusciandola con delicatezza, sperando che mi coccolasse anche lui, come quando eravamo più piccoli.

Ancora non potevo a credere al fatto che fosse mio fratello, che nelle nostre vene scorreva lo stesso sangue e lo stesso DNA, però da quando lo avevo scoperto mi era tutto più chiaro. Tutto quel sentimento morboso che sentivamo l'uno per l'altra aveva improvvisamente senso e soprattutto non mi stupiva più il fatto che il solo pensiero della mia vita senza di lui, mi faceva piangere. E comprendevo molto meglio i suoi gesti, i suoi sguardi preoccupati, le sue carezze e le volte in cui mi diceva che mi amava. Sammy era sempre stato l'unico vero amore della mia vita, gli avevo detto un sacco di volte che lo amavo, ma non era l'amore che sentivo per Ben, era proprio qualcosa di morboso, che sembrava brutto da dire, però era la verità. Sapevamo di avere un legame indissolubile e insostituibile: eravamo fatti per essere compagni per la vita, io e lui. Io respiravo quando lui respirava, sorridevo quando sorrideva, ero felice quando lui lo era, piangevo quando anche lui lo faceva, ero sua e lui era mio, per sempre. In quel momento, non sapevo come e perchè ma mentre mi stringeva e mi coccolava al suo petto, mentre circondavo il suo torace con le braccia e lui mi riempiva la testa di baci, chiusi gli occhi e lo strinsi più forte, stringendo il suo maglione fra le dita. - Ti amo, Sammy. - Sussurrai con voce roca.

Sam si allontanò di scatto e prese il mio viso fra le mani mentre i suoi occhi si fecero via via sempre più lucidi, permettendomi di osservare la piccola goccia di amore puro che stava solcando il suo viso stanco e spento. S'illuminò all'improvviso, nel sentire la mia voce. Il fatto era che ero riuscita a dire solo quello e non potevo andare oltre, non sapevo il motivo. - Vic – Bisbigliò baciandomi gli occhi. - Tu sei tutta la mia vita, da sempre, lo sai vero? -

Annuii ancora tremante per essere riuscita a parlare, anche se si trattava soltanto di tre semplici parole. In quel momento mi sentii in colpa nei confronti di Benjamin, che si era svegliato e mi parlava ogni secondo. L'unica cosa che ero riuscita a fare era stata rispondere ai suoi messaggi, ma sapevo che aveva bisogno di sentire la mia voce.

Quando, il giorno precedente, ero stata a trovarlo e lo avevo visto sveglio, quando mi ero voltata ed ero entrata nella sua stanza tentando di non farmi notare perchè ero fuori dall'orario di visita, e lo avevo visto seduto sul lettino, con una tazza di tè davanti e i vispi occhi neri ad osservarmi, per poco non svenivo. Avevo iniziato a tremare, e lui mi aveva sorriso. Aveva fatto un lieve cenno con la mano ma ero troppo, davvero troppo presa dai suoi occhi per potermi muovere di un millimetro, finchè non avevo sentito la sua voce. Il modo in cui mi aveva detto ciao, il modo in cui mi aveva sorriso, mi avevano spezzata. La cosa triste del momento era che io non riuscivo ad esprimermi, non riuscivo a parlare ed ero così convinta che vederlo sveglio e sorridente mi avrebbe aiutata ad uscire da quella prigione, che quando non ero riuscita a dirgli nemmeno che lo amavo ero scoppiata a piangere. Un po' era il sollievo dell'averlo visto sveglio, un po' era il fatto che non potevo dirgli quanto mi sentissi uno schifo per ciò che gli era accaduto. Mi ero avvicinata e lui mi aveva baciata, aveva detto che mi amava e che lo avrebbe fatto infinite volte, ma io mi sentivo ugualmente in colpa, mi sentivo spezzata per tutto ciò che era accaduto e temevo sul serio che l'unica soluzione per me era andarmene. Sapevo però, che non lo potevo fare, che non ce l'avrei mai fatta, avevo troppe cose che mi legavano alla vita stessa e mentre una era il mio cuore, l'altra stava in piedi davanti a me, che mi baciava la testa e mi fissava con i suoi occhi verde smeraldo: pietre di diamanti incastonate in un'anima triste incantata dal dolore.

***

Nonostante fosse un periodo in cui non ero affatto di compagnia, quel giorno avevo deciso di vedere le mie amiche. Sam e Carter erano usciti insieme, non me l'ero sentita di impedire al mio migliore amico di stare a casa, a parte il fatto che non era mai accaduta una cosa del genere, per stare insieme a me, per il semplice che fatto che eravamo sempre insieme, viveva con me, per cui mi sembrava crudele tenerlo chiuso in questa prigione con me, e lo avevo spinto fuori di casa senza ammettere proteste.

In quel momento stavo preparando del tè per tutte e tre, e fui sorpresa di trovare seduto a tavola Richie, quando mi voltai a posare le tazze sul tavolo mentre attendevo le ragzza. - Ehi raggio di luna – Disse sorridendo. - Deduco che stannpo arrivando quelle capre delle tue amiche. -

Sorrisi e ridacchiai un po' scuotendo la testa, poi alzai lo sguardo e lo posai nei suoi occhi, che mi scrutavano attentamente facendo attenzione ad ogni mio movimento. Lo guardai come se gli stessi chiedendo spiegazioni, e nel frattempo aprii le bustine di tè e infilai l'infuso dentro l'acqua che fumava sotto ai nostri occhi. - Volevo solo dirti che sono stato a trovare Benjamin. - Corrugai la fronte visibilmente confusa, e lui fece un sorriso divertito. - Non guardarmi con quella faccia, non sono un mostro come pensi. Abbiamo parlato un po' e mi sono scusato con lui per... Sì insomma, un po' per tutto. Mi dispiace per i problemi che vi avevo creato, per il bacio, per i miei sentimenti e per il fatto che non ho mai provato ad andare d'accordo con lui. Lo so che vi amate, e la cosa mi ha sempre fatto una certa invidia perchè ho passato gli ultimi anni, da quando ti conosco, a desiderare di essere amato da te nello stesso modo in cui tu ami lui. Però, dopo quello che è successo, e dopo averti guardato negli occhi il giorno del tuo compleanno, ho capito che non sarà mai possibile. Io sarò sempre tuo fratello e tu mi vedrai sempre solo in quel modo, però voglio che tu sappia che tutto ciò che voglio è la tua felicità, Victoria. Sei una persona che merita tutto il mondo, anche se il mondo non merita te, e ho intenzione di fare di tutto per aiutarti, compreso provare ad andare d'accordo con Ben. -

Gli sorrisi e per la prima volta in tutta la mia vita riuscii a vedere la persona che avevo sempre immaginato e desiderato che fosse, il che mi portava a pensare che di fratelli ne avessi due, in quel momento. Andai verso di lui e lo abbacciai con dolcezza, posando la testa sul suo petto perchè era venti centimentri più alto di me e neanche se mi fossi alzata in punta di piedi sarei riuscita ad arrivare a incastrare la testa nell'incavo del suo collo, era una situazione buffa. - Sei proprio una nana, ha ragione Sam. -

Mi scostai da lui e gli diedi un pugno sul braccio ridendo e quando suonarono il campanello mi voltai di scatto presa completamente alla sprovvista, dimenticandomi dell'arrivo di Vanessa e Kat. - Lascia vado io. - Richie sospirò e si alzò andando verso la porta e aprendo dopo che quelle due suonarono altre dieci volte.

- Togliti di torno, voglio vedere Victoria – Tuonò Vanessa spintonando mio fratello.

- Ciao anche a te, Vanessa. - Replicò il ragazzo.

- Sì, sì, come ti pare. - Lo oltrepassò dandogli una spallata e quando mi vide dietro di lui appoggiata con la schiena al tavolo, si fermò in mezzo al salone e posò le mani sulle sue labbra, quasi come se non credesse al fatto che fossi davvero lì.

Le sorrisi e piegai la testa di lato sollevando la mano e scuotendo le dita e stringendomi nelle spalle, mentre lei scosse il capo con le lacrime agli occhi e mi venne incontro. Però, prima che potesse abbracciarmi, l'uragano Katherine fece il suo ingresso alle sue spalle e, dopo aver preso la rincorsa, mi si buttò fra le braccia e scoppiò a piangere come una disperata. - Tu sei l'unico amore della mia vita – Esclamò stringendomi forte. - Mi sei mancata, mi manchi, fatti abbracciare, non mi lasciare più. - Rimase a stringermi ancora qualche istante, poi si allontanò e mi prese le guance fra le dita. - Ma sei vera? - Sollevai le sopracciglia e la pizzicai sul braccio, come se quel gesto stesse a domandarle se fosse seria oppure no.

- Katherine – Sbottò Vanessa. - Ti vuoi togliere di mezzo? Voglio abbracciarla io adesso. -

- No che non mi levo, non la abbraccio da troppo tempo, levati di mezzo tu. - Replicò lei.

- Adesso vengo a darti una scarpata in testa. - Ribattè la bionda.

- Dai, ti sto aspettando. - C'era aria di sfida, ovviamente non erano cambiate, non facevano altro che beccarsi ogni santa volta che stavano nella stessa stanza, ma era er quello che le adoravo.

Sorrisi e allargai le braccia verso Vanessa, che si mosse venendomi incontro a braccia aperte a sua volta e dando uno schiaffo in testa alla nostra amica, che protestò sbuffando e alzando il viso al cielo. Quando però ci vide abbracciate, fece un verso che solo Katherine poteva comprendere, e alla fine abbracciò entrambe, come se ne valesse la sua vita.

- Come stai? - Domandò Katherine. - Mio Dio quanto sei dimagrita... Però sei bellissima! Oddio mi sei mancata da morire, Victoria del mio cuore, ti ammazzerei mi stai facendo preoccupare. Però se ti uccido come faccio senza di te? Ti prego fammi sentire la tua voce... madonna, fatti abbracciare, sei la mia anima, mi manchi. - Avrei voluto replicare, avrei voluto dirle quanto le volevo bene e quanto mi fosse mancata, ma non ci riuscivo.

Io avevo dischiuso le labbra per rispondere, lo avevo fatto veramente, però non erano uscite le parole, tanto che mi posai una mano sul collo e distolsi lo sguardo scuotendo il capo. Mi sentii gli occhi pizzicare, e tirai su con il naso, ma poi Vanessa mi strinse fra le braccia nuovamente e strofinò le sue mani sulla mia schiena consolandomi e dandomi qualche tenero bacio sulla guancia, posò la fronte sulla mia e sorrise. - Non preoccuparti, tornerà tutto come prima, tornerai a parlare, te lo prometto. -

Annuii e le sorrisi a mia volta, poi lanciai uno sguardo a Richie che lasciò la stanza con un gesto del braccio e un sorriso, facendomi intendere che ci saremmo visti più tardi. - Visto che vogliamo distrarti un po', ho deciso che ti faremo sapere le ultime novità. - Esclamò Kat sedendosi e scuotendo la bustina di tè.

- Nessuno te lo ha chiesto Kat, puoi fare silenzio e possiamo guardare un film. La tua vocetta fastidiosa mi disturba da settimane. - La rimbeccò Vanessa.

- Gne gne, la tua vocetta fastidiosa mi disturba da settimane. - La imitò l'amica. - Tu pensa a vuotare il sacco e a dire quello che hai da dire, invece che rompere a me. -

Roteai gli occhi al cielo e mi lasciai sfuggire una risatina, osservandole divertita mentre bisticciavano, come facevano sempre: mi erano mancate immensamente. - Io non ci posso credere, ti sopporto da giorni, sei un'ansia perenne, e ti vieni pure a lamentare? - Sbuffò la bionda.

- Ma vuoi stare un po' zitta? Sto cercando di parlare con la mia migliore amica. - Sbottò la ragazza. Gli occhi verdi di Kat tornarono a posarsi nei miei azzurri e mi sorrise sospirando. - Bene, dicevo. Io e Sam abbiamo litigato. Anzi no, non è del tutto esatto. Ho litigato da sola, è due settimane che litigo da sola, visto che non mi risponde. -

Presi la sua mano e mi morsi il labbro tristemente, consapevole che il motivo per cui non le parlava ero soltanto io. Mi sentivo tremendamente in colpa a guardare negli occhi la mia migliore amica, perchè la sua relazione si stava spezzando a causa mia, e non sapevo proprio come rimediare. - Non hai pensato alla possibilotà che Sam abbia bisogno di un po' di tempo per pensare anche a se stesso? - Le chiese Vanessa. - Io ti voglio bene, so che tu ci stai male, e non so nemmeno io come aiutarti e credimi che questo mi fa sentire una pessima amica. Però, forse, con tutto quello che è capitato in questo ultimo mese, Sam non ce la fa. Se mi soffermo a pensarci nemmeno io sarei in grado di mantenere una relazione dopo tutto. Kat lui ha scoperto che per tutta la vita gli hanno mentito. Ha scoperto che l'uomo che fin da quando è nato credeva fosse suo padre, in realtà non lo è mai stato, non biologicamente almeno, perchè io infondo sono dell'idea che un padre non necessariamente è quello che ha il tuo stesso DNA. Sean lo ha cresciuto, è lui suo padre, non Paul, perchè non c'è mai stato. -

Vanessa aveva ragione, era una cosa che avrei voluto dire io, a mio fratello, se solo ne avessi avuto la possibilità. Mi si spezzava il cuore vedendo quanto entrambi i miei migliori amici stessero male, per colpa mia. Se solo fossi stata abbastanza forte, meno fragile... Più Sam e meno Victoria, nessuno dei due sarebbe stato così male. Il problema era che io non ero Sam. Lui era la persona più forte che io conoscessi, la persona che mi aveva sempre aiutata a rialzarmi da terra donandomi ogni briciola do se stesso, senza cadere mai. E in quel momento, in cui aveva bisogno di lasciarsi andare, non se la sentiva di farlo per non farsi vedere debole da me e per consentirmi, ancora una volta, di essere quella fragile fra i due.

- Non è colpa tua. - Katherine mi prese la mano e la strinse. - Non fare quella faccia V, per favore, non è colpa tua, non ci pensare nemmeno. -

Io annuivo soltanto, non facevo altro che annuire e trattenere le lacrime perché non potevo negare che non fosse colpa mia, lo era eccome. Se io non fossi stata così a pezzi, Sam non si sarebbe sentito costretto a raccogliere i cocci che perdevo. - Parliamo di altro ok? - Intervenne Vanessa. - Io e Carter stiamo ufficialmente insieme. -

Ed ecco che, come per magia, quella frase mi fece sorridere. Ero così contenta per loro due: sapevo esattamente che a Vanessa piaceva Carter, ma sapevo ancora di più che c'era un'amicizia importante fra di loro, più o meno simile a quella di me e Sammy. Vanessa mi aveva spiegato che aveva conosciuto Ben tramite Carter, perché Ben e Carter si conobbero in estate, mentre lei era via con suo padre in vacanza, oltre oceano. Era ritornata a settembre, per la fine dell'estate, e lì aveva conosciuto Ben, in un locale con Carter. A volte mi dimenticavo che Vanessa e Katherine avevano un anno in più di me.

Alla fine, riuscirono a farmi distrarre per il resto del pomeriggio, finché non arrivò l'ora di andare a casa di Benjamin, dove lo avrei atteso per accoglierlo dopo la sua dimissione. Erano passati circa cinque giorni da quando si era risvegliato e dopo la serie di accertamenti che gli avevano fatto, avevo deciso di dimetterlo proprio stamattina. Sam e Carter sarebbero andati a prenderlo mentre Arthur mi avrebbe aiutata a sistemare la casa per accoglierlo. Mi ero davvero impegnata un sacco per riuscire a sollevargli un po' il morale, perché sapevo benissimo che non faceva sonni tranquilli da quando si era risvegliato dal coma, anzi Carter mi aveva detto che non dormiva proprio, anche se lui non voleva dirmelo per non farmi preoccupare.
Erano cinque giorni che tentavo disperatamente di trovare il modo giusto per comunicare con lui, ma fino alla sera precedente non ero riuscita a pensare a nulla. Le parole non erano mai state necessarie fra di noi, lui mi capiva benissimo senza il bisogno di parlargli, però io volevo che lui sapesse quanto amore ci fosse nel mio cuore, quanto profondamente fossi innamorata di lui, con ogni cellula, con ogni parte di me. Volevo che lui sapesse che oggi lo amavo più di ieri, ma meno di quanto lo avrei domani, se si poteva dire. Non sapevo spiegarmelo, ma più passavano i giorni più ero innamorata. poteva esistere un amore così?

Le ragazze mi avevano appena lasciata sola, ed io stavo preparando tutto quanto pronta per andare da lui, così bussai alla porta di Richie e mi feci accompagnare a casa Woods.
Avrei dovuto, inoltre, fare sapere a Ben del processo, ma volevo che prima si rilassasse a casa, invece che dargli una batosta dietro l'altra. Era troppo difficile e pesante la situazione, non avevamo mai un momento di pace, e sapevo che stringeva perché da quando sarebbe stato dimesso, la polizia sarebbe potuta piombare in casa in ogni momento per interrogarlo, anche se speravo che gli dessero un po' di tregua. I miei movimenti erano tenuti sotto controllo in ogni momento, il mio telefono era praticamente spiato da tutto il commissariato e sapevo anche che ogni tanto qualche agente in borghese mi seguiva. Ero stata informata della fuga di Michael, anche se non serviva me lo dicessero perché lo sapevo benissimo che fosse scappato, e mi avevano anche informata che ero ancora libera soltanto perché il dottor Dustin aveva emesso una specie di relazione nella quale spiegava il mio problema di quel momento e i miei problemi passati, dato che solitamente chi era accusato di omicidio stava in carcere in attesa del processo. La differenza fra me e una persona normale era proprio che io non ero normale, per la legge, ma ero stata definita come persona mentalmente instabile, per cui non potevano tenermi in prigione. Avevo bisogno di diverse sedute psichiatriche e fra le altre cose, prendevo psicofarmaci, per cui il mio posto sarebbe dovuto essere una specie di centro di recupero, anche se il dottor Dustin e Nicole con Alexander, avevano accordato che avrei seguito le sedute da casa e dallo studio del dottore, sempre rimanendo sotto il vigile controllo della polizia. Il dottore, ad ogni seduta, compilava un modulo in cui attestava la mia presenza e lo consegnava alla polizia, insomma era come se fossi alla libertà sulla parola, potendomi spostare un po' a destra e sinistra come mi andava, anche se i posti in cui andavo erano sempre gli stessi.

Arrivai a casa Woods con largo anticipo, posso tutte le mie cose nella stanza di Ben e mi misi ai fornelli cucinando un piatto che mi faceva sempre Nicole quando ero triste: le lasagne. A dire la verità, facevo abbastanza schifo in cucina, però quel piatto sapevo farlo bene, perché lo amavo prima cosa e seconda cosa avevo aiutato Nicole innumerevoli volte, finché non avevo imparato a farle e Sammy, con qualche disappunto, mi aveva fatto da cavia. Leonard ed Elizabeth ci avevano lasciato la casa, affermando che sarebbero dovuti uscire a cena e che Ben già lo sapeva, tanto che si erano scusati se per il suo rientro non ci sarebbero stati. Però, a quanto loro avevano detto, era convinto che avrebbe cenato con suo fratello Arthur, quando in realtà non sapeva che lui andava al cinema con Amy, che sarebbe passata a prenderlo a breve.

In sostanza avevamo la casa tutta per noi, e la mia sorpresa poteva funzionare benissimo, se solo mi fossi data una mossa. Non vedevo l'ora di poter stare insieme a lui e coccolarlo per tutto il tempo non avevo potuto farlo, infilare le mani nei suoi riccioli ribelli, giocare con le dita delle sue mani o anche solo godermi la nostra tranquillità, sdraiati sul divano a guardare la televisione. Quella era il tipo di monotonia che non mi stancava mai, anche perché di Ben non ne avevo mai abbastanza, sarei rimasta a guardarlo per tutta la mia vita, anche senza fare niente, perché era la cosa più bella che mi fosse mai capitata e perché osservarlo ridere, sorridere, spostarsi i capelli, ascoltarlo respirare, vedere quanto in fretta potevano cambiare le sue espressioni del viso, era del tempo ben speso per la sottoscritta, speso nel modo migliore. Avrei voluto dirgli tante cose, ma non potevo farlo, quindi avevo trovato un modo per comunicare senza l'uso della parola, oltre che i baci, gli abbracci e le carezze, c'era una cosa che potevo fare e che poteva renderlo felice.

- Vic - La voce di Arthur mi fece voltare di spalle e lo osservai mentre accendeva una candela con le dita tremanti e la posava al centro della tavola. - Va bene così? -

Posai lo straccio e sorrisi allegramente, applaudendo e ringraziandolo per il suo prezioso aiuto con un forte abbraccio. Anche Arthur mi strinse con forza, come mai aveva fatto da quando ci conoscevamo, forse per trasmettermi emozioni positive, o forse perché sentiva che ne avevo bisogno. - Ho fatto una ricerca - Mi allontanai da lui e gli sorrisi scuotendo il capo. - Sì Vic, un'altra. Non guardarmi così, le ricerche sono l'unica cosa che può aiutarmi a non dare di matto. - Annuii e tornai a mettere il sugo sulla pasta, poi la besciamella e poi la pasta di nuovo, mentre il ragazzo mi affiancò e mi osservò attentamente in ogni movimento, sedendosi sul tavolo e continuando a parlarmi. - Ho letto che quando una persona non parla, il modo per farla sentire più a suo agio è comportarsi esattamente come se questa persona parlasse con te lo stesso, attraverso i suoi gesti e i suoi silenzi. E bisogna dirle che andrà tutto bene, senza forzarla. - Saltò giù di nuovo dal tavolo e mi prese per le spalle facendomi voltare. Se c'era qualcuno che non mi dava assolutamente problemi quando mi toccava senza preavviso era proprio Arthur, perché nei suoi occhi ci lèggevo tanta tanto innocenza, ci vedevo così tanta purezza che il mio cuore si scioglieva. Aveva un animo così buono, così puro, così delicato, come un fiore di cui era necessario prendersi cura con la massima premura, per evitare che appassisse o che morisse, per non permettere a nemmeno un petalo di cadere al suolo. - Quindi Vic, ti voglio tanto bene, sei la sorella che non ho mai avuto, sono certo che torneremo tutti a stare bene e che saremo felici un giorno. Ben ti ama e io sono tanto contento che state insieme, così un giorno vi sposerete ed io diventerò zio Arthur, ok? Promettimi che starete insieme per sempre, mi basta che fai sì con la testa. - Rimasi senza fiato alle sue parole, e mi posai una mano sul cuore perché era davvero bello che qualcuno credesse in me e nel mio futuro in quel modo. Non potevo permettergli che io e Ben saremmo stati insieme per tutta la vita, io nel per sempre non ci credevo, però potevo assicurargli che ci avrei provato, che avrei provato a renderlo felice ogni secondo di ogni giorno, che non gli avrei fatto del male perché lo amavo e perché non potevo vivere senza di lui. Quindi annuii, e lasciai che la lacrima che stavo trattenendo scendesse solitaria lungo la mia guancia, e lasciai che lui con il dito la asciugasse, poi lo abbracciai e lo strinsi forte, perché era una persona meravigliosa e meritava tutte le meraviglie del mondo, anche di più.

***

- Vic io adesso vado - Arthur sbucò dal salone con in mano la giacca di jeans. Lo scrutai attentamente per controllare che avesse tutto e nel mentre, gli sorrisi. Indossava una t shirt verde smeraldo, come i suoi occhi, un paio di jeans neri e le scarpe da ginnastica. I suoi capelli erano sparsi qui e là, le cuffie al collo sempre presenti, l'elastico al polso non mancava e lo vidi infilarsi le sue pasticche nella tasca dei pantaloni. - Stai tranquilla ho preso tutto, le chiavi di casa le ho, le pastiglie le ho, cuffie e il mio elastico anti stress, visto? - Allungò il polso e me lo mostrò anche se non ce n'era bisogno, ed io sollevai la mano e gli feci il pollice all'insù. S'incamminò verso la porta e si voltò battendo le ciglia prima di uscire. - Di' a Ben che farò tardi. - Feci una smorfia e scoppiai a ridere quando tornò indietro e sollevò le braccia. - Scusa, ogni tanto me ne dimentico. Ciao Vic ti voglio bene, state attenti, chiudete la porta a chiave. Buona cena! - Uscì sbattendo la porta e mi lasciò sola con me stessa.

Mi guardai qualche istante attorno, con il cuore che batteva a mille e le gambe che tremavano. Portai il viso al cielo e, mentre aspettavo Ben, decisi di farmi una doccia e cambiarmi, dandomi una sistemata e truccandomi tanto per essere presentabile.

Mentre sfregavo la spugna sul mio corpo mi soffermai a pensare a quanto mi sentissi in colpa per il mio mutismo. Avrei tanto voluto parlare con Ben, parlarci tutta la notte, ridere con lui e abbracciarlo, e poi parlare ancora, abbracciarlo di nuovo, e ridere, ridere come se la nostra vita fosse bella e felice, come se nulla di ciò che era accaduto fosse accaduto e come se l'unica cosa che nel nostro tempo dovessimo fare era stringerci le mani e ridere, anche se ci credevano dei pazzi, dovevamo ridere.

Uscii dalla doccia e mi vestii indossando una maglietta rosa che mi aveva regalato, una di quelle che facevano da vestito: aveva le ali d'angelo stampate sulla schiena e sul davanti la scritta angel. Ci misi sotto soltanto un paio di calze a rete e i dottor martens, sapendo che adorava quando mi vestivo in quel modo. Lisciai i capelli e passai il phone sulla frangia, mi truccai leggermente con un po' di mascara, indossai gli occhiali e tornai nel salone dove, dopo aver preso in mano il cellulare lèssi il messaggio di Sam di dieci minuti prima dove diceva che stavano arrivando.

Infornai le lasagne, sparsi i petali delle rose bianche sul pavimento, accesi le ultime candele e tornai al piano di sopra a prendere le ultime cose, lasciare la mia lettera sotto al suo cuscino e prendere un profondo respiro.

Ero un fascio di nervi: mentre mettevo tutto in ordine la mia testa continuava a pensare e le voci giravano e giravano ripetendomi che non fosse una buona idea, che niente di ciò che stavo facendo sarebbe servito a perdonarmi, perché ero imperdonabile e nemmeno la dichiarazione d'amore più bella sarebbe stata necessaria, visto che per colpa mia era quasi morto. Ignorai la lacrime che solcò le mie guance e continuai per la mia strada, finché non sentii la maniglia scattare e rimasi ferma ed immobile appoggiata alla colonna.

- Carter levano queste mani dalla faccia santo cielo e rispondimi alla domanda - Esclamò disperato Ben. Era sulla sedia a rotelle, che Sammy stava trascinando dentro mentre il biondo copriva gli occhi del mio ragazzo. - Voglio sapere perché Victoria non c'è e perché non mi risponde al telefono, smettetela di cambiare argomento e datemi una risposta. -

Le luci erano spente ma io potevo vederlo per la luce della luna che filtrava dalla porta. Carter scoprì i suoi occhi e senza dire nulla i due uscirono dalla porta, chiudendola con delicatezza mentre Ben brontolava infastidito. Sentii che si alzava dalla sedia, lui non mi poteva vedere per la porta ormai chiusa, compresa quella della cucina, così decisi di stare ferma a cercare di capire cosa stesse facendo, in attesa che accendesse la luce e mi vedesse, vedendo anche i petali di rosa ai suoi piedi.

La luce si accese di colpo e lo vidi strusciarsi le mani sugli occhi per abituarsi, poi si voltò lentamente convinto di essere solo, accorgendosi soltanto dopo che ero appoggiata alla colonna che lo osservavo da diversi minuti.

Rimase a bocca aperta, tanto quanto lo ero io quando lo guardai negli occhi, e gli andai incontro baciandolo senza nemmeno pensarci troppo. Lui si lasciò andare e sorrise sulle mie labbra, stringendo le dita sulla mia vita e attirandomi più vicina che mani. Quando il mio petto entrò in contatto con il suo sentii il suo cuore battere a tempo assieme al mio, così veloce da portarmi a stringerlo più forte e trattenere il respiro, così forte da voler restare a baciarlo per sempre. Tutto era tanto forte, con lui.

Quando mi allontanai camminai all'indietro prendendo i miei fogli, che giacevano sul tavolo, e presi il primo sollevandolo, mentre Ben mi guardò dritto negli occhi, prese un respiro profondo e lesse il foglio.

- Ti amo. - Diceva il primo. Ben sorrise e si posò una mano sul cuore. Lo lanciai per terra e sollevai il secondo. - Scusami se non posso dirtelo. - La sua voce era così spezzata da farmi pensare che stesse per mettersi a piangere. Sollevai il terzo. - Però ti amo da morire, credimi. - Disse sorridendo di più. Si avvicinò di un passo e mi guardò negli occhi intensamente. - Sei magica. - Mi disse. Lo allontani spintonandolo leggermente e sorridendo, schivando il suo bacio e lasciandolo interdetto. Sollevai il quarto foglio. - Non voglio più passare un secondo senza di te. Mi sono resa conto che il tempo passato insieme non è mai abbastanza, non sarà mai abbastanza. Ti chiedo scusa perché non te lo posso dire, ma voglio che tu ti renda conto che, per me, esisti solo tu. - Vidi una lacrima solcare il suo viso. - Sei la cosa più bella della mia vita, l'unica che conta. - Lesse sul quinto foglio. - Ti amo oggi più di ieri, ma meno di quanto di quanto ti amerò domani. Morirei per te. Amami più forte e fai tremare il l'universo, anche se per me non esiste nulla, al ci fuori di te. Bentornato a casa, ti amo da vivere. Sempre tua, Victoria. -

Ben mi osservò con quelle sue pietre color oro nero, le più preziose pietre sulle quali i miei occhi si fossero mai posati, e quando il suo sguardo incrociò il mio capii che non aveva valore assolutamente nulla, perché volevo che mi guardasse così per sempre. Non vedevo più i miei errori, se osservavo il mio riflesso attraverso i miei occhi, vedevo soltanto il modo in cui lui mi vedeva. Mi faceva sentire la più bella, come se lui fosse un girasole e come io fossi proprio il sole che lui avrebbe seguito ovunque, perché era così che funzionava realmente fra di noi. L'uno per l'altro, sempre e comunque.

Accarezzai il suo viso quando posò la fronte sulla mia e sorrisi quando si avvicinò lentamente per baciarmi. - Non ho fatto altro che pensare a te, da quando ti conosco. - Sussurrò. - Quando mi sono svegliato, e mi sono ricordato del motivo per cui ero in ospedale, il mio primo pensiero sei stata tu. Mi sono detto che se tu fossi morta, non sarei stato felice di essere vivo, perché io vivo per te da quando ti ho incontrata la prima volta. - Le sue mani erano posate sul mio viso e con i polpastrelli del pollice accarezzava le miei guance facendo movimenti circolari. - Non voglio che tu ti scusi, per niente. Te l'ho detto quel giorno e te lo ridico adesso: non è colpa tua. Ho scelto io di farlo, e lo rifarei milioni di volte, come lo faresti anche tu. Non m'importa se adesso non riesci a parlare e se non parlerei per i prossimi mille anni, io ti amerò lo stesso. Non mi serve la tua voce, mi basta il tuo sorriso, mi bastano le tue carezze, e i tuoi gesti silenziosi che valgono più di un milione di parole. Victoria, tu dici di amarmi ogni volta che mi guardi negli occhi. Qualsiasi cosa accada, io e te staremo insieme, non esiste niente, assolutamente niente a mondo, che io non farei per te. E sai perché? Perché ti amo da morire Victoria, e se il mio cuore servisse a salvarti la vita te lo darei subito, anche a costo di perdere la mia. Ti amo, hai capito? Ti amo. -

Gli saltai al collo, letteralmente, e lo abbracciai con forza, come se quello fosse stato il nostro ultimo abbraccio, anche se non era così. Lo stavo facendo perché quando avevo creduto che fosse morto, mi ero resa conto di non avergli parlato abbastanza, di non averlo abbracciato abbastanza, di non averlo osservato come meritava di essere osservato. Ben era l'essere umano più bello e prezioso esistente al mondo, la stella più fragile dell'universo, quella che brillava di più e dava luce a tutte le altre stelle. Era meraviglioso il modo in cui mi stringeva fra le braccia, il modo in cui tentava di assorbire il mio dolore e alleggerire il peso sul mio petto, per aiutarmi, per salvarmi.

Mi sentivo in ko tecnico da quando aveva chiuso gli occhi, ma in quel momento mi sentivo come se fossi consapevole che l'amore che ci univa avrebbe fatto sì che andasse tutto bene. Forse credevo troppo nelle favole e nelle cose surreali, ma con lui che mi stringeva così, non potevo fare altrimenti, eravamo una persona sola, soprattutto quando posò le labbra sulle mie e mi baciò con delicatezza e trasposto al tempo stesso, tanto che arretrai di qualche passo e andai a sbattere contro la porta della cucina, ridendo divertita.

- Che bello sentirti ridere - Disse giocando con una ciocca dei miei capelli e arricciando se li attorno al dito. - La tua risata è la mia canzone preferita -

Sorrisi ancora di più e poi lo presi per mano portandolo davanti al forno per mostrargli cosa avevo cucinato. Lui si rese conto della cucina sistemata con candele e fiori, petali di rosa bianca ovunque e mi abbracciò da dietro, stringendo e stritolandosi facendo gridare per la sorpresa. - Mi hai fatto le lasagne! - Esclamò. - Finalmente posso mangiare qualcosa che non sa di plastica. - Ridacchiò fra se e se mentre io mi sedetti sul bancone e lo osservai guardarsi attorno meravigliato. - Hai fatto tutto questo da sola? - Domandò guardandomi negli occhi.
Scossi il capo e sorrisi piegando la testa di lato. - Ma certo, mio fratello. - Feci spallucce e mi morsi il labbro battendo le palpebre. - Sei fantastica. - Allungai la mano per stringere la sua e lo attirai più vicino a me, posandole poi sul suo petto e scorrendo con i palmi fino a che non circondai il suo collo con le braccia, per essere abbastanza vicina da riuscire a baciarlo.

Chiusi gli occhi e lasciai che mi accarezzasse. Mi abbandonai alle sue carezze e ai suoi sorrisi, ai suoi baci e ai suoi abbracci, al suo modo di guardarmi, di vivermi e farmi sentire viva. Con una mano spensi il forno ruotando la manopola e mi sollevai leggermente con il busto fino a far scontrare il petto con il suo. Ben mi attirò più vicina alla sua vita, facendomi scontrare con la sua, esattamente come era accaduto la notte in cui ci eravamo conosciuti, ma invece che allontanarmi come aveva fatto, mi sollevò e mi prese in braccio facendo una smorfia per il dolore, tanto che quando me ne resi conto tornai con i piedi per terra e infilai le mani fra i suoi capelli per farlo stare zitto. 

Sentii Ben sorridere e, con il cuore che batteva a mille, prese posto sul divano ed io in braccio a lui, a cavalcioni, lasciando che mi accarezzasse e mi facesse dimenticare tutto per questo momento. Le voci nella mia testa si zittirono nello stesso istante in cui lui sfilò la mia maglietta, e mi resi conto proprio mentre le sue mani mi sfioravano che in quel silenzio l'unica cosa che sentivo era la mia voce che urlava il suo nome. Mi sembrava che stessimo respirando ognuno la vita dell'altro e quei gesti mi ricordavano tanto una preghiera, come se mi stesse pregando di far sì che lui potesse alleggerire il mio dolore per sempre.
Eravamo una cosa sola, come sempre, e mi sembrò che solo in quel momento tutto avesse un senso, il senso che avevo sempre voluto avesse la mia vita.

Il ko tecnico era svanito nello stesso istante in cui lui mi aveva guardata negli occhi e mi aveva detto che mi amava. Mi accorsi che stavo piangendo soltanto perché lui asciugò le mie lacrime con i baci, soltanto perché sentii il loro sapore sulle labbra quando mi baciò nuovamente e soltanto perché sentivo nelle ossa il dolore per essergli stata lontana tutto quel tempo. Respirai profondamente e tenendo la fronte posata sulla sua, sfregai il naso sul suo, sorridendo e facendolo sorridere. - Qualunque cosa mi riservi il futuro, la mia luce sei tu. - Fu l'unica cosa che riuscii a dire mentre mi stringeva.

Quando sentì la mia voce s'illuminò all'improvviso e tornò a baciarmi con più forza, amandomi più forte, più forte che mai, tornando al punto di partenza ancora una volta. Ed era bello così, perché mi sentivo una principessa guerriera, più forte che mai.

***

Stavamo mangiando allegramente le lasagne che avevo quasi fatto bruciare per colpa di Ben, ogni tanto lui mi imboccava per accertarsi che mangiassi tutto quello che avevo nel piatto. Era dal giorno di San Valentino che bevevo soltanto frullati o mangiavo yogurt, e in effetti ero troppo dimagrita, lo avevano notato tutti, lui compreso. Mi dispiaceva il fatto che dovessero occuparsi di me in continuazione, che volesse sempre esserci qualcuno al mio fianco per accertarsi che andasse tutto bene. Tutti credevano che avrei potuto attentare alla mia vita da un momento all'altro, cosa comprensibile dato il mio stato emotivo. Ben continuava a fissarmi i polsi, per ovvi motivi, ogni tanto passava le dita sopra ai segni ancora rosa, chiudeva gli occhi, respirava profondamente e distoglieva lo sguardo.

Mentre vivevamo la nostra cena, nella nostra bolla, il mio telefono squillò e notai che Katherine aveva mandato una foto sia a me che a Vanessa, dove era con un ragazzo con i capelli scuri e con lo stesso taglio di Ben, gli occhi marroni, quasi neri. A dire la verità era molto carino, aveva anche un'aria leggermente familiare, tanto che posai la forchetta e restai a fissare quell'immagine per diversi minuti. Ben si rese conto che c'era qualcosa di strano e posò la forchetta a sua volta e piegò la testa di lato osservandomi. - Chi è? -

Feci spallucce e restai sempre ferma a fissare quella foto. Qualche istante dopo arrivò un video di loro due, dove ballavano praticamente incollati e dove Kat lo baciava con disinvoltura, come se lo conoscesse da una vita. Assieme al video inoltrò un messaggio che diceva: "fanculo Sam". Il fatto che quel messaggio m'infastidisse passò in secondo piano quando Ben, che aveva posato la testa sulla mia spalla per guardare assieme a me, mi strappò via il telefono dalle mani e fece ripartire il video. Sembrava sconvolto, come se avesse visto un fantasma, tanto che gli diedi una spallata per farlo tornare alla realtà. Ben fece ripartire il video una terza volta e aveva l'espressione letteralmente apatica, mentre fissava Kat strusciarsi su quel ragazzo, che continuava ad avere l'aria di uno che avevo già visto da qualche parte. Nel video si vedeva ancora meglio rispetto alla foto e sembrava di media statura, ricciolo, che incantava da morire con quello sguardo di pietra.

Sentii Ben agitarsi sulla sedia e tossicchiare posandosi una mano sul petto dolorante, gli portai via il telefono e lo feci voltare verso di me, per far sì che mi guardasse negli occhi. Piegai la testa di lato e quando incrociò il mio sguardo mi sembrò un cucciolo impaurito, spaventato e parecchio confuso. - Vic - Disse con il respiro spezzato. - Quello è mio fratello. - Spalancai gli occhi e rimasi a fissare Ben, che aveva la mia stessa espressione in viso. - Quello è mio fratello Ryan. -

Ed ecco che il ko tecnico tornò a incombere su di noi, seduta stante.
Guardavo Ben negli occhi e vedevo tutto il suo panico, come se lui non avesse affatto voglia di vedere suo fratello, come se non avesse dovuto vederlo.

Il momento di gloria terminò quando una lacrima scese lentamente lungo il viso di Ben, e quando lo abbracciai con forza senza pensarci due volte, lasciando che si sfogasse e stringendo più forte quando lui prese la mia maglietta fra i suoi pugni e strinse con forza, aggrappandosi alla mia vita come io mi ero sempre aggrappata alla sua, nel nostro modo preferito, nel modo di Benjamin e Victoria.

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Hiii guysss
ci ho messo tipo quindici giorni per finire questo capitolo, quindi fatemi assolutamente sapere cosa ne pensate.

Ci sono un sacco di feels e momenti delicati, e spero che il finale con il botto non vi abbia sconvolto più di tanto.
Ci rivediamo fra una settimana (se tutto va bene) con il nuovo capitolo!

love you all, so much
ila
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