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CAPITOLO QUINDICI - point break

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Buona lettura! 💘

CAPITOLO QUINDICI – point break

i'm so fucking lost here

benjamin

Prendevo a pugni il sacco da box da più di un'ora. Era un supplizio: da quando ero uscito di prigione non riuscivo più a dormire come prima. Mi svegliavo continuamente per qualsiasi cosa, a volte anche incubi. Incubi in cui mio fratello faceva del male a Victoria, o in cui facevo del male a mio fratello proprio perché lui faceva del male a Victoria. Mi sentivo tremendamente strano e terribilmente arrabbiato con il mondo intero, anche se non sapevo dire per quale esatto motivo fosse così. Il processo era andato bene, in fin dei conti, eravamo stati assolti e Michael si era persino rivelato una persona migliore di ciò che pensassi: contando che lo avevo quasi ucciso non avrei mai pensato che avrebbe potuto aiutarci, ma alla fine lo aveva fatto.

Ero riuscito, però, a rendere felice Victoria per un giorno, e far sì che smettesse di pensare a ciò che stava accadendo e a quanto stesse soffrendo, regalandole il giorno più bello della sua vita. L'avevo vista piangere di felicità, l'avevo vista ridere e abbracciare le sue migliori amiche con gioia e trasporto immersa nella musica. L'avevo vista credere di nuovo in qualcosa, insieme a noi, prendere l'iniziativa per rialzarsi e farsi aiutare. Non sapevo con precisione che cosa si fossero dette lei e Ashley, ma sapevo che qualunque cosa fosse stata le sarei stato grato per tutta la vita. Quella notte dormì per la prima volta da quando l'avevo conosciuta, ed ero stato felicissimo di poterla osservare dormire profondamente. Era leggermente agitata, però abbracciandola ero riuscito a far sì che non si svegliasse, era un buon passo.

Il fatto era che io sospettavo che mi stesse nascondendo qualcosa, e la cosa mi turbava parecchio. Non sapevo di che cosa si trattasse, sarebbe potuta essere anche una cosa stupida, ma mi turbava ugualmente. L'ultima volta che aveva deciso di tenermi all'oscuro di qualcosa era sparita per due settimane ed era stata rapita da suo padre. Avevo osservato i suoi polsi per diverso tempo, seduto sul letto, ad accarezzarla e intrecciare le nostre dita. Avevo visto i tagli e avevo passato le dita su quel livido consapevole che mi avesse raccontato una bugia su come se lo fosse fatto.

Continuavo a scagliare pugni e pensare a quello che lei mi nascondeva, ma soprattutto a Ryan. C'era qualcosa di terribilmente sbagliato in lui, anche se nel mio cuore speravo che tornasse il mio fratello di sempre, quello con cui giocavo a calcio nelle strade della città, quello che mi aveva portato ad una festa per la prima volta, quello con cui giocavo alla play station e che mi dava consigli su come conquistare una ragazza. Mi domandai cosa gli fosse successo in quei due anni di carcere, cosa lo avesse cambiato e per quale motivo erano soltanto due anni, dopo tutta la droga che avevano trovato nascosta in casa. Mi chiesi anche se Vincent fosse stato arrestato o se si fosse portato via Shelby in qualche posto strano all'estero, oppure se lei avesse trovato il coraggio di lasciarlo e andare avanti con la sua vita dopo tutto ciò che aveva fatto. In fondo Vincent era un latitante, perché mia madre avrebbe dovuto fare quella vita? Sapevo che lei lo amasse, glielo avevo sempre visto negli occhi, ma non riuscivo a capire come potesse essere possibile, dato che lui era uno dei più grandi trafficanti di droga esistenti in Canada, senza contare che ero quasi sicuro che avesse anche ucciso delle persone, per far sì che nessuno rovinasse il suo giro. Mia madre era sempre stata ingenua, ma da quando lei e papà si erano lasciati e poi lui era morto, la situazione era degenerata e si era data alla completa mercè di Vincent, come se fosse una bambola gonfiabile, o il suo passatempo quando si annoiava. Io amavo mia madre, ma il fatto che non si rispettasse e preferisse rischiare la sua vita ogni santo giorno invece che scegliere di mettere davanti i suoi figli e se stessa per un uomo che non l'amava come si meritava mi faceva infuriare. Sapevo di essere il primo a dover temere la bocca chiusa per aver rischiato la vita per Victoria, per aver rischiato la prigione, e molto altro ancora; ma Victoria meritava ogni mia cellula che l'amava e anche di più, mentre Vincent non meritava niente, nemmeno mio fratello. Mi aveva portato via ogni cosa quell'uomo: la mia casa, il rispetto da parte di mio fratello e mia madre, il rispetto che avevo verso me stesso, mia madre e mio fratello, io lo odiavo per questo.

Mentre quei pensieri continuavano a turbarmi li sfogavo scagliando pugni sempre più forti contro il sacco da box che Sam stringeva con forza, mentre mi osservava con quei suoi limpidi occhi verdi, riempiti dallo stesso tipo di turbamento e frustrazione. - Dovresti metterti i guanti, Ben - Suggerì indicandomi le nocche spaccate dalle quali usciva sangue.

Per tutta risposta feci spallucce e mi passai il dorso della mano sulla fronte, consapevole che le fasce avrebbero asciugato leggermente le gocce di sudore che solleticavano il mio viso infastidendomi tanto quanto mi infastidivano i miei pensieri. Mi sembrava quasi che ogni goccia che mi accarezzasse corrispondesse a un pensiero velenoso, credevo di stare impazzendo. Guardando Sam mi rendevo contro sempre più che dovevo scoprire cosa stava combinando mio fratello, perché la sua preoccupazione per Katherine era visibile anche a chi non li conosceva, e soprattutto dovevo farlo per lei, perché era sottoposta a un pericolo di cui nemmeno era a conoscenza. Qualsiasi cosa le sarebbe accaduta sarebbe stata una pugnalata alle spalle per lei, visto che Katherine si fidava di mio fratello. - Sento la puzza della tua ansia persino da qui. - Gli dissi fermandomi e respirando affannosamente. - Oltre che delle bugie. -

- Che tuo fratello non mi piace non è una novità, e non devo fingere che mi piaccia per farti un favore, quindi non capisco di che cosa tu stia parlando, Woods. - Rispose il ragazzo mollando il sacco e tirando su le maniche della felpa. 

- Tu e i ragazzi mi state nascondendo qualcosa. - Arricciai il naso infastidito, soprattutto osservando la sua espressione. Sam poteva apparire anche apatico, ma le espressioni del suo viso lo tradivano sempre, se lo avevi imparato a conoscere almeno un po'. In quel momento il suo sguardo si fece leggermente sorpreso, come se lo avessi colto sul fatto, il che mi fece intuire che avevo ragione.

- Hai preso una botta in testa per caso? - Domandò aggrottando le sopracciglia e stringendo gli occhi a fessura.

- Andiamo Sam, puoi fare meglio di così. - Risposi ridendo e scuotendo il capo. - Non sai recitare e nemmeno mentire, ritentiamo? -

- Benjamin tu la devi smettere di giocare con le persone e manipolarle, dico davvero - Borbottò infastidito nonostante fosse mezzo divertito. - È inutile che mi guardi così, non c'è niente da dire, riprenditi dai - Mi diede una spallata mentre uscivamo dalla stanza uno di fianco all'altro lanciandomi un'occhiata che sicuro pensava non avrei percepito.

Erano tutti strani, troppo strani. Qualcosa non mi quadrava e onestamente stavo iniziando anche a sentirmi preso in giro, ma feci comunque finta di niente, finsi di credergli, perché tanto prima o poi, in un modo o nell'altro, avrei scoperto cosa mi stavano nascondendo tutti quanti.

Incrociammo Arthur per le scale, che alzò gli occhi su di me e mi fece un luminoso sorriso quando mi vide, poi salutò Sam e si mise al mio fianco spiegando che lui ed Amy avevano preparato del tè caldo e volevano offrircene un po'. - Perché non sei con Victoria? - Mi chiese una volta giunti in cucina ed esserci seduti mentre Amy versava il tè.

- Ti ringrazio Amy. - Le dissi sorridendole. - Perché devo sempre essere con Victoria? - Risposi a mio fratello portando gli occhi su di lui.

- Ah non lo so, dimmelo tu - Esclamò Arthur divertito. - Nelle ultime settimane non avete fatto altro che passare le giornate insieme come se dipendesse dalle vostre vite, pensavo persino che venisse a vivere qui. -

Dopo quella frase Sam tossicchiò e sputò il tè battendo le ciglia freneticamente e mettendosi la mano sul petto. Si voltò di scatto verso di me e mi spintonò leggermente, facendo ridere i due ragazzi che ci fissavano divertiti. - Io ti ammazzo Woods - Minacciò il ragazzo. - Mia sorella rimane a casa Hastings per un po' ancora, capito? Per un bel po' di tempo: direi che prima dei trent'anni non andrete a convivere, prima dei quaranta niente matrimonio e prima dei quarantacinque niente figli. -

- Matrimonio? Figli? Ma che diavolo di problemi hai? - Replicai stizzito. - Ho a malapena vent'anni, neanche so cosa farò fra dieci minuti, figurati se penso a sposarmi. Tu sei pazzo. -

- Io e Arthur vogliamo due figli - Intervenne Amy. - E vogliamo sposarci naturalmente, tipo fra quattro o cinque anni. - Spiegò bevendo il tè. - Il primogenito deve essere maschio e il secondo una femmina, così il grande protegge la piccola per sempre. - Ci disse allegra.

- E se nascessero al contrario? - Chiesi divertito. - Li buttate via? -

Sam scoppiò in una fragorosa risata e mi diede un colpetto in testa, facendomi sputare il tè e ridere a mia volta. - E se fossero due gemelli? -

- È impossibile per noi avere gemelli - Spiegò Arthur. - O quasi del tutto improbabile. I gemelli nascono da una linea di sangue ben precisa, ignoranti. Cioè ovviamente non è del tutto impossibile ma se chi è gemello, o ha una coppia di gemelli in famiglia, ha una più alta probabilità di averli, per chi non ne ha è una possibilità quasi nulla. Io mi preoccuperei se fossi in voi Ben, e anche tu Sam, visto che tu e Victoria siete gemelli. - Sollevò le sopracciglia e sorrise posando la tazzina e osservandomi fiero di se stesso, per essere riuscito a tenermi testa e a prendermi in giro una volta tanto. Io e lui facevamo spesso così, ci beccavamo a vicenda, ma era da quello che era nato il nostro rapporto, lui mi diceva sempre che quando stava con me si sentiva una persona normale.

- Ti correggo - Si aggiunse Amy. - Tecnicamente per loro è meno probabile anche se lo stesso è una percentuale più alta della nostra, perché essendo che Sam e Victoria
sono gemelli, il gemellaggio solitamente salta una generazione. È possibile che i figli dei vostri figli abbiano gemelli, cioè i vostri nipoti, più che voi in realtà. Però avete comunque più probabilità di noi due che, nel caso le vostre ragazze restino incinta, potrebbero essere gemelli. - Disse divertita quando osservò le nostre espressioni scioccate.

- Vi consigliamo di utilizzare delle protezioni. - Continuò Arthur. Era calato il silenzio, a dirla tutta, e il solo pensiero che Victoria potesse rimanere incinta in quel momento, e che fossero addirittura due gemelli, mi fece rabbrividire. Mio fratello si girò verso la sua ragazze e si fece dare il cinque, orgoglioso di se stesso e di ciò che avevano appena concluso lui ed Amy. - Amy, credo di averli traumatizzati. -

Non ebbi il tempo di rispondere perché suonò il campanello. Mi alzai seguito da Sam, perché a dire la verità la mia intenzione era proprio quella di andare da Victoria dopo essermi fatto una doccia e lui sarebbe dovuto tornare a casa, ma il campanello mi ribaltò i piani e sbuffai teatralmente prima di aprire la porta. Quando mi trovai l'altro mio fratello davanti agli occhi, l'unica cosa che feci fu roteare gli occhi al cielo, alzare il dito medio, e sbattergli la porta in faccia come se non avessi visto nessuno.

- Ben! - Esclamò Arthur alle mie spalle.

- Che c'è? - Domandai alzando le mani per difendermi. - Non c'era nessuno alla porta. - Sbottai scocciato. Non avevo voglia di parlargli, di sentire ciò che aveva da dire, volevo solo farmi una doccia e andare da Victoria, senza lui tra i piedi.

Sam sghignazzò e mi seguì mentre tornavo in cucina brontolando, ma Arthur amdò ad aprirgli la porta e si dileguò nell'istante in cui Ryan entrò in casa, perchè sapeva che mi sarei messo a maledirlo nei peggiori modi esistenti, ma lo avrei fatto ne più ne meno se mi fosse capitato a tiro più tardi.

- Devo parlarti – Esclamò mio fratello sedendosi su una sedia come se fosse casa sua.

- No ma fai pure Ryan – Sbuffai alzando il braccio. - Fai come se fosse casa tua, vai tranquillo, non c'è problema – Alzai il pollice in su facendo una smorfia infastidita e vedendo mio fratello alzare gli occhi al cielo scocciato.

- Da soli – Lanciò un'occhiata a Sam, che aveva sollevato le sopracciglia contrariato e disturbato più di me dalla sua presenza.

- Si da il caso che Sam sia il mio horcrux, ciò significa che una parte della mia anima vive dentro di lui. Io sono immortale. - Lo schernii con più divertimento del previsto. - E sa tutto quello che so io. - Continuai sbattendo le ciglia e sorridendo sghembo.

- Non ricordo che Albus Silente abbia detto che funzioni proprio così, ma non è divertente comunque. - Replicò acido. - Senti non ho tempo da perdere e non sono qui per i tuoi stupidi giochetti da simpaticone, si tratta di una cosa importante, una questione famigliare davvero delicata. -

- Sam fa parte della mia famiglia, o resta qui o io ti strangolo perchè non ti sopporto, fa un po' tu. - Feci spallucce e presi posto versandomi del caffè e allungando una tazza a Sam e mio fratello che, nel frattempo, si guardavano come se volessero uccidersi senza alcuno scrupolo. - Allora parli o chiamo la carrozza? - Domandai schioccando le dita e richiamando la sua attenzione.

- Scusa – Disse sospirando e afferrando la tazza. - Senti, sarò breve, diretto e coinciso. - Era una premessa fastidiosa, ad essere onesti, ma lo lasciai parlare. - Sembra che nostra madre sia... Sembra che nostra madre sia morta, Ben. -

Sputai il caffè e tossii mentre Sam, al mio fianco, rimase con la tazza a mezz'aria e la posò sul tavolo abbassando lo sguardo e inspirando profondamente. Mi aspettavo che prima o poi una cosa del genere mi arrivasse all'orecchio o mi venisse detta e, ad essere del tutto onesto, non me ne stupii nemmeno. Mi veniva da piangere, e avrei voluto farlo, ma non ci riuscivo. Fissavo il vuoto senza sapere cosa dire o fare a riguardo, perchè quando scelsi di andare via con Leonard e vivere dai Woods, nonostante mia madre fosse ancora in vita, ero perfettamente consapevole che non l'avrei più rivista e che il nostro ultimo incontro era stato un litigio. Se avessi avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo probabilmente le avrei detto che nonostante tutto l'amavo, se solo avessi potuto dirglielo, farle sapere che se fosse stata una situazione diversa, per la nostra famiglia, non l'avrei mai lasciata andare in quel modo, ma purtroppo non mi restavano altro che parole non dette tra di noi, e lei se n'era andata pensando la odiassi, quando in realtà tutto ciò che avevo fatto era stato per lei. Era vero che l'avevo abbandonata al suo destino, che ero stato crudele, ma io ci avevo provato a salvarla e lei, a suo discapito ovviamente, non voleva essere salvata. Io ero disposto a tenderle una mano per portarla alla luce, ma non trascinavo i pesi morti e non potevo salvare qualcuno che non deisderava essere salvato, per questo alla fine me ne andai. Avevo il cuore a pezzi, soprattutto quando con una scusa qualsiasi condussi il mio migliore amico alla mia vecchia casa, tanto per spiare da dietro un albero o un cespuglio la mia mamma, vedere come stava, vedere se sorrideva e si era ripresa, se era andata avanti con la sua vita... Quando però fui davanti avanti a casa, non trovai nessuno: se n'era andata, senza nemmeno darmi l'occasione di dirle addio. Mi piangeva il cuore sapendo che avesse lasciato questo mondo penando la odiassi, perchè se solo ne avessi avuto l'occasione le avrei detto di salvarsi, e di tornare da me, ma ormai non potevo più farlo. Deglutii a fatica, rompendo il silenzio e posando la tazza sul tavolo senza guardare in faccia nessuno dei due. - Sembra? - Domandai tossicchiando e stringendo gli occhi quando mi resi conto che l'unica parola che mi erano uscite dalla bocca dopo una notizia simile era quella. Con tutto quello che ci sarebbe stato da dire...

- Pensiamo sia così. - Rispose lui.

- Pensiamo? - Alzai gli occhi dal tavolo e li posai su di lui, nonostante non volessi mostrare liberamente la mia sofferenza, non a lui. - Tu e chi? -

Ryan sospirò e scosse il capo leccandosi il labbro e arricciando il naso. Posò la tazza e distolse lo sguardo dai miei occhi passandosi le mani fra i capelli. - Non posso dirtelo. -

Sbattei le mani sul tavolo, facendo uscire il caffè da tutte e tre le tazze e facendo sobbalzare sia Sam che mio fratello. Tutta quella storia, tutto quel mistero, mi stavano stancando. Ero stufo delle cose dette a metà, da parte di tutti. Se mia madre fosse morta Elizabeth e Leonard avrebbero dovuto comunicarmelo, perchè quando era scomparsa ed io avevo accettato di vivere dai Woods, l'unica cosa che avevo chiesto era che mi venisse detto se mia madre fosse morta. Nessuno mi stava dicendo più nulla, o mi venivano dette le cose a metà, ed ero stanco. - Stronzate – Sbottai. - O mi dici in che cosa sei immischiato o giuro su nostro padre che rimpiangerai di essere venuto da me, Ryan. -

- Io non posso! - Esclamò alzandosi in piedi e fronteggiandomi. - Lo vuoi capire che non posso? - Disse di nuovo. - Ci sono cose che posso dire e altre che non posso dire. La morte della mamma è una cosa che avevi diritto di sapere, stop. Non mi posso spingere oltre. Il discorso è chiuso. -

Chiusi gli occhi e strinsi i pugni trattenendo il respiro mentre la rabbia mi ribolliva nelle vene, mescolata al dolore della perdita di mia madre. Mi sentivo sul punto di un crollo isterico e avevo voglia di spaccare qualsiasi cosa avessi sotto mano, compresa la faccia di mio fratello. - Non puoi entrare in casa mia e dirmi che nostra madre è morta senza nemmeno dirmi come, quando e perchè. Senza dirmi come lo sai, perchè lo sai, cosa c'è sotto e che cosa stai combinando. Era anche mia madre e ho tutto il diritto di sapere. Mi sono stufato delle tue mezze verità, parla, adesso. -

Ryan aprì la bocca per replicare, ma poi la richiuse e si avvicinò a me di un passo, stringendo i pugni a sua volta e fissando un punto fisso a terra. - Benjamin tu devi cercare di capire che tutto ciò che faccio è per proteggerti. Tutto ciò che ho sempre fatto è stato proteggerti. Non ti sto chiedendo di capire, non potresti mai farlo, ti sto chiedendo di fidarti di me. Lascia perdere, non cercare di capire, non provate a mettervi in mezzo e fidati di me. Lascia le cose così come stanno, sto cercando di fare del mio meglio per... -

- Per cosa? - Urlai sopra di lui. - Anche quando spacciavi per conto di Vincent era per il mio bene? Anche quando hai rubato quella macchina e mi hai piantato da solo in mezzo alla strada era per il mio bene? Anche quando hai abbandonato papà in punto di morte era per il mio bene? Sono tutte stronzate Ryan, non ci credo più, non credo più a niente. Non mi posso fidare di te se non mi dici le cose come stanno, e non ti posso credere e nemmeno provarci, se non so nemmeno la tua versione dei fatti. -

- Una mezza verità è sempre meglio di una bugia. - Replicò dandomi le spalle.

Mi avvicinai a lui, al suo orecchio, in modo da riuscire a fargli capire che non poteva prendermi in giro, perchè non ero più il ragazzino stupido che aveva lasciato prima di essere arrestato, non ero più quello che sarebbe stato disposto a farsi calpestare per il fratello, ma perchè lui mi aveva dimostrato che non sapeva cosa significasse, avere un fratello. - Però una bugia detta bene può sembrare la verità. -

- Sei mio fratello Benjamin – Rispose voltandosi e prendomi la testa fra le mani. - Non farei mai niente che possa ferirti o farti del male. - Continuò. - Ti sto chiedendo di fidarti di me, di tuo fratello. Per tutto quello che c'è stato e per tutto quello che eravamo da bambini. Sono sempre io, sempre lo stesso, sempre tuo fratello, sempre quello con cui giocavi a calcio per strada Ben. Il fratello che non ti ha mai abbandonato, anche se adesso non mi credi. -

Mi scrollai le sue mani di dosso e scossi il capo infastidito. - Come posso crederti visto che io ho la sensazione che siano tutte stronzate per proteggere te stesso e per coprire i tuoi casini? -

A quel punto Ryan si arrese e, alla fine, alzò le braccia in segno di resa. - Okay, va bene, come vuoi. - Disse all'improvviso dopo un sospiro. Mentre parlava roteava l'anello di nostro padre che portava al dito, che avevo notato solo in quel momento, perchè ero convinto che lo avesse tolto, o che mentre stava in prigione glielo avessero portato via. - Non vuoi fidarti? Va bene, lo accetto, ma ti chiedo un favore lo stesso. E se tu tieni un minino alla tua ragazza mi darai ascolto. - Si leccò il labbro e poi se lo morse, turbato e indispettito dalle mie parole. - Lascia Victoria fuori da questa storia. Dille di non intromettersi e che deve starne fuori, fallo per lei. -

- Che c'entra Victoria adesso? - Scattai sull'attenti nell'esatto momento in cui la nominò, proprio come fece il suo gemello che da estraneo alla situazione, si alzò in piedi e si mise al mio fianco, disposto a tutto per sua sorella, anche se era ovvio che fosse così.

- Ti conviene stare attento a quello che stai per dire. - S'intromise Sam scrocchiando le dita e guardandolo storto.

Ryan si lasciò sfuggire un sorriso e scosse il capo piegando, successivamente, la testa di lato e continuando a roteare l'anello di famiglia, senza guardarlo in faccia. - E a te conviene stare lontano dalla mia ragazza. -

A quel punto Sam esplose, ed io non riuscii a trattenerlo. Si scagliò addosso a Ryan e gli fece sbattere la schiena contro il muro prendendolo per il colletto della maglia. Aveva il viso talmente vicino a quello di Ryan che pensai che lo prendesse a morsi. - Perchè? - Sibilò. - Perchè se io mi mettessi in mezzo non potresti più farle del male come hai fatto quando io non c'ero? Perchè se io mi mettessi in mezzo non arriveresti più nemmeno a mia sorella come hai già fatto? Oppure perchè sai che sta con te solo per qualche tuo sporco giochetto o ricatto e non sa più come uscirne? - Lo schiacciò con più forza, facendolo tossicchiare e arrossire in viso e osservandolo con un tale ribrezzo, non avevo mai visto Sam così. Quando avevamo incontrato Paul c'era il panico, non così tanta rabbia. - O forse, adesso che ci penso, è perché sai che anche se sta con te, continua a pensare a me? Perché non ti amerà mai, come ci siamo amati io e lei. -

- Di che cosa sta parlando? - Sbottai allontanando Sam e spingendolo lontano quel tanto sufficiente da mettermi in mezzo a entrambi.

- Tu non mi piaci. - Urlò di nuovo Sam indicandolo. - E col cazzo che me ne sto fuori, mia sorella non ti devi azzardare a toccarla mai più, nemmeno a sfiorarla con un dito, perchè se io vengo a saperlo, ti trovo e ti faccio fuori. E lo stesso vale per Katherine. Intesi? -

Ryan lo fissava con aria truce, come se potesse ucciderlo con lo sguardo, senza però muoversi da dove era. - Non sai di cosa parli, Samuel. - Rispose. - Katherine non è più un tuo problema, fattene una ragione o qui finisce male, hai capito? Se mi vedi così minaccioso allora forse dovresti chiudere quella bocca, prima che ti tagli la lingua, principino. -

- Volete spiegarmi di cosa diavolo state parlando? - Gridai per riuscire a sovrastare entrambi. Con la coda dell'occhio notai mio fratello ed Amy sulla balconata del secondo piano, appoggiati alla ringhiera, che osservavano la scena con ansia e preoccupazione. - Arthur tornate in camera, adesso. - Alzai la voce per farmi sentire e, come immaginavo, i due ragazzi sgattaiolorono di nuovo in camera.

- Chiedilo a tuo fratello di cosa sto parlando – Sbottò Sam. - Visto che dobbiamo fidarci di lui. -

- Sam o parli, o ti prendo a pugni finchè non sei costretto a parlare. Non farmi incazzare anche tu, hai lanciato il sasso, non puoi più tirare indietro la mano. - Mi rivolsi a lui con lo sguardo, che però continuava a fissare mio fratello in cagnesco, ed ero sicuro che se non ci fossi stato io si sarebbero ammazzati a vicenda. Capivo l'odio nei confronti di mio fratello, da parte di Sam, probabilmente lo avrei fatto anche io se al posto di Katherine ci fosse stata Victoria, ciò che non capivo era cosa c'entrava lei in tutto quel caos. - Se hai fatto del male a Victoria, ti consiglio di scappare, perchè avrai vita breve, oltre che nessuna speranza che io mi fidi di te. -

- Ti ricordi il livido di Victoria? - Domandò Sam senza mai smettere di guardare Ryan, che nel frattempo era in piedi come uno stoccafisso e sospirava profondamente, chiudendo gli occhi quasi come se non volesse ascoltare quelle parole. - Non si è schiacciata il polso nella portiera della macchina. - Bisbigliò Sam a denti stretti.

Presi un respiro profondo e trattenni il fiato voltandomi lentamente verso mio fratello, che si posò una mano sul viso sfregandoselo, e lo portò in seguito al cielo. - Se non si è schiacciata il polso nella portiera – sibilai a denti stretti – allora come cazzo ha fatto a procurarsi quel livido? -

- Io non... - Bisbigliò soltanto, ma quel bisbiglio bastò a farmi scattare come una molla e piombargli addosso e farlo cadere a terra.

- È stato lui, le ha stretto il polso, così forte da lasciarle il segno. Testa di cazzo che non è altro. - Concluse Sam alla fine, con il respiro ancora spezzato a causa della rabbia.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: dopo avergli scagliato un pugno, mi alzai in piedi e lo schiacciai a terra con il piede, guardandolo come se fosse una cicca calpestata sul marciapiede fuori da casa. Lo guardai con le lacrime agli occhi e trattenni il respiro. - Io non ho più una famiglia. - Sussurrai con voce tremante. - Mio padre e mia madre sono morti, e lo è anche mio fratello. -

- Ben aspetta, posso spiegarti... - Esclamò alzandosi da terra e facendo sì che mi fermassi prima che uscissi di casa. - Non l'ho fatto apposta, non volevo farle male. Credimi, per favore. -

Mi voltai di scatto trovando Sam alle mie calcagna e mio fratello immobile a fissarmi come se il suo mondo stesse finendo proprio in quel momento, sotto agli occhi di tutti noi. - Tu non sei più nessuno, le tue parole valgono meno di un fantasma. Esci fuori dalla mia vita. -

- Ben... - Mi chiamò Sam posando la mano sulla mia spalla.

Mi scostai dalla sua stretta e scoccai un'occhiata alla sua mano, posandola solo dopo nei suoi occhi. Si sentiva in colpa, chiaramente, ma non potevo biasimarlo per non avermi detto niente. Lo capivo, lo capivo davvero, ma mi faceva troppo male, tutto quanto, mi stava facendo troppo male. - Te lo avevo chiesto, Sam. - Dissi mentre una lacrima scese lungo la mia guancia facendomi perdere il controllo di ogni mio gesto. Strinsi i denti e chiusi gli occhi per cercare di impedire a me stesso di avere un crollo emotivo proprio davanti a loro, ma era pressochè inutile, perchè sentivo il peso di tutto quanto schiacciarmi a terra con forza, impedendomi di respirare. - Te l'ho chiesto così tante volte da perderne il conto. - Sussurrai singhiozzando. - E tu mi hai mentito. Non ti biasimo per non avermelo detto, non stava a te, però mi hai mentito. Io mi fidavo di te, e tu mi hai mentito. - Lasciai cadere le braccia a peso morto lungo i fianchi, tirai su con il naso e mi voltai camminando verso la porta. - Uscite da casa mia, tutti e due. -

***

Prima di scendere dalla macchina per entrare a casa di Victoria che, fra l'altro, non aspettava il mio arrivo, non a quell'ora almeno, ero così nervoso, triste e incupito che presi a scagliare pugni contro il volante, imprecando in solitudine e fra le lacrime.

Mia madre era morta. Mio fratello mi stava nascondendo qualcosa che poteva mettere in pericolo la vita di tutti, a quanto sembrava. La mia ragazza mi aveva mentito. Probabilmente anche Leonard ed Elizabeth mi avevano mentito. Tutti mi stavano mentendo ed io mi sentivo così terribilmente solo e spento che l'unica cosa che riuscii a fare fu scagliare pugni contro il volante della macchina, osservando con una freddezza incredibile, le mie nocche che si aprivano di nuovo, sanguinando esattamente come sentivo stesse sanguinando il mio cuore. Alla fine, dopo minuti che mi parvero interminabili, mi asciugai le lacrime, presi un respiro profondo e scesi dalla macchina.

L'aria di aprile era fresca, il vento fresco accarezzava il mio viso e il calore dei raggi solari mi concesse qualche istante di pace mentre cammivano verso casa di Victoria che, però, mi dava tutt'altro che una sensazione di pace. Ero su tutte le furie, onestamente, sia perchè avevo permesso a mio fratello di farle del male, sia perchè mi aveva mentito e non riuscivo proprio a spiegarmi per quale motivo lo avesse fatto. Non mi aveva mai mentito sulla faccenda di suo padre, ma su mio fratello sì. Odiavo me stesso e anche la situazione, credevo fossimo giunti al momento in cui ciò che avevamo vissuto avesse fatto sì che niente venisse nascosto all'altro, eppure lei lo aveva fatto.

Suonai il campanello e mi aprì la porta Richie, in tuta e ciabatte, con lo sguardo confuso e leggermente assonnato. - Ben – Esclamò sorpreso. - Non ti aspettavo, Victoria non mi ha detto che saresti venuto. -

- Ti sei appena svegliato? - Sghignazzai indicandolo. - Victoria non sa che sono qui, ma devo parlarle, è urgente, me la puoi chiamare per favore? -

- Sì, certo vado subito... - corrugò le sopracciglia e mi scrutò qualche istante soffermandosi nei miei occhi, sul primo gradino degli scalini. - Va tutto bene? - Chiese.

Mi morsi il labbro e scossi il capo chiudendo gli occhi qualche istante. - No, Richie, non va tutto bene. - Sospirai alla fine. - Non c'è niente che vada bene. Ho bisogno di Victoria, per favore. -

Richie annuì e alla fine mi diede le spalle salendo le scale e lasciandomi di nuovo da solo. Non sapevo più cosa mi stesse succedendo, mi sentivo come se nella mia testa ci fosse un'altra persona, qualcuno che non ero certo di voler conoscere, perchè avevo la netta sensazione che mi avrebbe causato più guai del dovuto.

- Ciao Capitano – La voce melodiosa di Victoria mi fece voltare di scatto e mi presi qualche istante per osservarla. Era così bella, bella da farmi male al cuore e nonostante fossi tremendamente arrabbiato mi venne da piangere osservandola. Mi sarebbe piaciuto fingere che non fosse successo nulla, che non mi avesse mentito, ma non potevo, non ce la facevo. - Ben... - Victoria fece un passo avanti e mi sollevò il mento con la mano imponendomi di guardarla negli occhi. - Amore mio, che succede? - domandò.

- Ti va di uscire in giardino? - Domandai tossicchiando. - Ti devo parlare. - Le dissi arricciando il naso e non rispondendo alla sua domanda.

La ragazzo corrugò la fronte, confusa e incupendosi all'istante quando vide la mia espressione, ma mi fece strada rimanendo comunque in silenzio.

Tirò fuori dalla tasca uno spinello già fatto e lo accese, sedendosi sull'amaca e osservandomi dal basso, mentre io tenevo le mani nelle tasche della felpa e il cappuccio sollevato sulla testa. Victoria indossava una tuta nera ed era solo con i calzini, senza ciabatte, e aveva i capelli legati in una crocchia disfatta, con gli occhiali che le donavano quel tocco intellettuale che la faceva sembrare più dolce di quel che fosse che in realtà. Incrociai il suo sguardo solo dopo diversi minuti, sospirai e mi morsi il labbro, senza sedermi al suo fianco per paura di cedere sotto ai suoi occhi azzurri come il cielo. Le sue pastiglie e la cura che stava seguendo da qualche settimana sembravano farla rimanere più tranquilla e donarle un po' più di pace, ma Sam mi aveva detto che comunque il dottor Dustin stava ancora cercando di capire quale fosse il problema, e che ci volesse ancora un po' di tempo. Ai miei occhi appariva sempre fragile, come una barchetta di carta che fluttuava con innocienza nell'acqua, ed era proprio per quello che avevo paura di cosa sarebbe potuto succedere dopo averle parlato, era per quello che la sua reazione, un po', la temevo. - Tu mi ami, vero? - Domandai innocentemente. Mi sentivo un gran disperato, a dire la verità, la risposta già la conoscevo, ma era come se avessi bisogno di conferme, perchè l'incertezza regnava sovrana in quel momento della mia vita.

Victoria, per tutta risposta, alzò gli occhi e mi fissò. Quel giorno il colore delle sue iridi tendeva più al grigio bianco, mi faceva tanto pensare ai colori del cielo quando stava per nevicare, o quando stava per piovere. Piegò la testa di lato e allungò una mano verso il mio viso accarezzandomi dolcemente con i polpastrelli delle dita. Lasciò un bacio all'angolo della mia bocca ed io posai la mano sulla sua, impaziente di sentire la risposta. - Ma certo – Bisbigliò guardandomi negli occhi. - Ogni secondo di più. - Continuò posando la fronte sulla mia. - Che ti succede Ben? Mi stai preoccupando, seriamente... -

Le presi entrambe le mani allontanandomi leggermente e senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi nemmeno per un istante. - Quindi, proprio perchè mi ami, mi diresti la verità, sempre, giusto? A prescindere da quali potrebbero essere le conseguenze, vero? - Le chiesi di nuovo. Victoria era sempre più confusa, ma annuì ugualmente, invitandomi a parlare con uno sguardo così fragile e innocente da spezzarmi ogni singolo osso. - Victoria, tu lo sai che ti amo e che sarei disposto a fare qualsiasi cosa per te, quindi... - Chiusi gli occhi e cercai di trattenere il più possibile le lacrime, nonostante mi sentissi a pezzi, soprattutto perchè sapevo che mi aveva mentito, e ascoltare bugie essendo a conoscenza della verità, era una delle cose che più mi distruggevano. - Ti prego, con il cuore in mano: guardami negli occhi e dimmi che ti sei schiacciata il polso nella portiera della macchina. - Le dissi deglutendo con forza. - Ho bisogno che tu mi dica che è stato un incidente, ti scongiuro. -

Spalancò gli occhi come se l'avessi colta alla sprovvista, tanto che ritrasse le mani di scatto e rimase a fissarmi con le labbra dischiuse qualche istante. Dopo quel gesto annuii di conseguenza e, barcollando leggermente, distolsi lo sguardo e rimasi a fissare il vuoto qualche istante, alzandomi in piedi sconvolto. - No, non lo farò. - Sussurrò con mani e voce tremanti. - Non lo posso fare. - Disse poi sull'orlo del pianto. Conoscevo quella sensazione: la sensazione di quando vorresti piangere con tutte le tue forze e la gola si stringe, ti bruciano gli occhi tanto da fare male e hai la sensazione di stare morire perchè non riesci a respirare, quando in realtà stai soltanto trattenendo le lacrime. Eravamo entrambi a un punto troppo delicato, bastava una piccola folata di vento e ci saremmo potuti salvare, oppure distruggere. Lo sapevo io, e lo sapeva benissimo anche lei. - Tu però guardami negli occhi e giurami che non è successo nulla, in prigione, in quei dieci giorni. -

- Non sviare il discorso – Sbottai infastidito. - Questo non c'entra nulla con le tue bugie. -

- Le mie bugie? Non comportarti come se adesso la colpa fosse soltanto mia, perchè se siamo arrivati a questo punto è solamente perchè ci siamo dentro entrambi fino al collo, e questo tu lo sai meglio di me. È inutile andare avanti così e fare finta che vada tutto bene, perchè lo sappiamo benissimo tutti e due che non è così. Ci sono troppe cose non dette, da parte di entrambi non solo da parte mia, e non possiamo continuare in questo modo. Non fa bene a nessuno dei due. Tu mi hai allontanata da quando sei uscito – Disse con voce rotta. - E non so nemmeno il perchè – Continuò. - Non ti sto chiedendo di raccontarmi cosa hai passato lì dentro, ti sto dicendo che con me puoi parlare, che sono qui per ascoltarti e per prendermi cura di te. Sono disposta anche a rimanere in silenzio se è questo quello di cui hai bisogno, ma non allontanarmi, ti prego non farlo, perchè io ho bisogno di te e sentirti così distante mi spezza. Deve essere stato un inferno, ma sei hai bisogno di un motivo per cui lottare io sono qui. Sono qui per salvarti proprio come tu hai fatto con me, ma tu resta con me, torna da me. - Mi pregò piangendo e guardandomi mostrandomi tutte le sue insicurezze, spogliandosi di ogni sua paura.

- Stai scherzando, vero? Mi stai prendendo in giro, Victoria, spero. - Domandai sollevando le sopracciglia. - Io? Sarebbe colpa mia adesso? - Spalancai gli occhi indicandomi mentre iniziavo ad agitarmi nonostante mi fossi ripromesso di mantenere la calma. - Io ti avrei allontanata? Ti ho portato al concerto dei tuoi cantanti preferiti perchè sapevo quanto questa situazione ti avesse distrutta, abbiamo passato due settimane a vivere praticamente insieme, sarei disposto anche a tagliarmi le vene per te, e tu mi dici che ti ho allontanata? Ci tengo a ricordati che sono finito lì dentro perchè ti amo, e lo rifarei altre mille volte. Ma dopo tutto quello che ho fatto, l'ultima cosa che meritavo era che tu mi mentissi in questo modo. - Ormai avevo perso il senno e non sapevo nemmeno più cosa stessi dicendo, ma era troppo tardi per tornare indietro, mi sentivo come un fiume in piena: gli argini che contenevano la furia della mia rabbia si erano distrutti e ormai temevo che quel turbine di emozioni orribili che sentivo nel mio cuore avrebbe devastato non solo me, ma anche lei. - Io non ti ho mai chiesto di salvarmi, Victoria! Pensa a te stessa e a risolvere i tuoi problemi, non cercare di risolvere anche i miei e non tentare di ripararmi come se fossi un cazzo di vaso rotto, perchè mi fai sentire soltanto peggio e non mi aiuti. Sono io quello che dovrebbe salvare entrambi e mio fratello è un mio problema, non tuo. L'ultima cosa che mi sarei immaginato era che tu, proprio tu, mi spezzassi il cuore. -

- Così mi ferisci, Ben... - Restò qualche istante in silenzio, posandosi una mano sul cuore, ma poi prese un respiro profondo, come se le facesse male anche solo respirare, e tornò a parlare. - Un tuo problema? Credevo che ormai fossimo arrivati al punto di dovere affrontare ogni cosa insieme. Mio padre era un mio problema, ma non mi hai lasciata sola nonostante per colpa mia tu abbia rischiato la vita, e questo non me lo perdonerò mai. Io non ne resto fuori, Benjamin, non mi puoi chiedere una cosa del genere perchè quello che mi spezza il cuore qui, sei tu. - Esclamò di rimando. - Mettiti al mio posto: che cosa avrei dovuto fare? Eravamo sotto processo, Benjamin. Erano due mesi che provavo a parlarti, non riuscivo nemmeno a chiamarti mentre stavi in prigione, sottolineo per colpa mia, e avrei dovuto raccontarti una cosa simile sapendo quello che ancora avremmo dovuto affrontare? Eravamo sotto shock, tutti quanti, che cosa dovevo fare? Non sapevo nemmeno mi sarei dovuta sentire a riguardo! -

- Ah quindi il fatto che tu non sapevi come dirmelo, giustifica che la bugia? - Alzai la voce senza nemmeno farla apposta, fu istintivo, perchè la situazione mi faceva talmente arrabbiare che avrei voluto gridare fino a lacerarmi le corde vocali. - Victoria mio fratello, sangue del mio sangue, ti ha fatto del male. Non riesco nemmeno a razionalizzare e a capire se ce l'ho più con me stesso per averglielo permesso o con te perchè mi ha raccontato una marea di stronzate e hai costretto tutti, perchè sono sicuro che lo sanno tutti, a coprire la situazione. - Cominciai a camminare avanti a indietro per il prato, guardando l'erba ed evitando di guardarla negli occhi per non crollare. - Dato il tipo di relazione che abbiamo mi aspettavo altro da te, e sinceramente mi hai ferito Victoria. Mi meritavo la verità, lo capisci? - Le chiesi voltandomi a guardarla con le lacrime agli occhi. - Tutti, tutti quanti, non fate altro che mentirmi, raccontarmi le cose a metà o non raccontarmele affatto, perchè pensate che io sia fragile o che non possa affrontare le situazioni o che ne so io. E io sono qui, per voi, ma soprattutto per te, a farmi in quattro e a disperarmi perchè ti è stato fatto del male e non sono riuscito a proteggerti, di nuovo, e secondo te sarebbe colpa mia, perchè mi sono chiuso in me stesso? - Mi posai una mano sul cuore perchè sentii il battito accelerato all'improvviso, e la ferita bruciare intensamente, ma non riuscivo a capire se stessi bruciando di dolore per tutto quello che stava succedendo, o se fosse reale, quel bruciore. - Ma che cosa pretendevi? Non ti ho chiesto io di salvarmi, te l'ho già detto, e nemmeno di aggiungere alla lista il peso del mio passato e della mia famiglia. -

- Vorrei solo che tu mi parlassi e mi dicessi cosa ti passa per la testa, vorrei capirti nello stesso modo in cui tu capisci me, ma non ci riesco! - Urlò alzandosi, aslla fine, in piedi. - Vorrei darti quel briciolo di amore in più che meriti, per tutto quello che hai fatto per me, per tutto quello che sei per me, ma mi sembra di non essere abbastanza. Ti ho mentito perchè non voglio essere la causa della rovina del tuo rapporto con Ryan, ti ho mentito perchè anche se lo avessi detto, non sarebbe cambiato assolutamente niente. L'ho fatto perchè ti amo e perchè dopo tutto quello che abbiamo passato, darti un po' di pace mi sembrava il modo migliore per farti capire quanto ti amo. - Disse con le lacrime agli occhi e avvicinandosi a me, prendendomi per la felpa e spingendomi a guardarla negli occhi. - Ti amo e l'ho fatto per te, per favore... per favore mi devi credere. L'inferno è un posto troppo brutto e crudele, per potersi permettere di attraversarlo da soli. - Cercò di avvicinarsi e accarezzarmi, cercò il mio sguardo, ma io scossi il capo e sfuggii alla sua presa, senza riuscire a guardarla negli occhi.

Feci un passo indietro e spalancai gli occhi, sentendo le lacrime pulsare. - E io ti credo, te lo giuro che ti credo. Ma questo tuo modo di aiutarmi è sbagliato, mi fa sentire male, lo capisci si o no? È proprio per questo nostro folle modo di amarci da sempre, perchè è così da sempre, che non riesco ad accettare quello che ti ha fatto. Non riesco ad accettare che tu non me lo abbia detto, che lui ti abbia lasciato quel livido e che io non lo abbia capito. Non riesco a perdonare nemmeno me stesso, per averglielo permesso. Avrei dovuto lasciarlo andare via quando potevo, gli avrei impedito di rovinare tutto. - Sussurrai scrocchiando la schiena e dandole le spalle. - E sì, hai ragione, l'inferno è un posto troppo brutto per camminarci in mezzo da soli, ma forse è arrivato il momento in cui le nostre strade debbano dividersi per affrontarlo. Tu pensa al tuo inferno, Victoria, che al mio ci penso io. -

Victoria mi prese il braccio e mi strattonò per avermi vicino e per farsi guardare, ma ero così sconvolto che non avevo nemmeno le forze per farlo. - Ben? - Domandò scuotendomi il braccio e respirando a malapena. - Di cosa stai parlando? Cosa stai cercando di dirmi? Io ti amo, Ben, lo capisci che la mia vita, sei tu? Non posso stare senza di te, più passa il tempo più ti amo, io non... Ti amo, per favore. -

Scossi il capo e sollevai le man camminando all'indietro e guardandola mentre si faceva piccola piccola, e sempre meno nitida ai miei occhi. Non sapevo più cosa mi stesse succedendo, non sapevo cosa stessi dicendo e perchè, sapevo soltanto che mi sentivo ferito, da tutti, e l'ultima persona che mi aspettavo mi facesse stare male, era lei. Il motivo per cui mi svegliavo ogni giorno, l'unica luce del mio buio universo. - Ti amo, Victoria, ti amo da morire mi devi credere, però guarda dove siamo finiti. Guarda, dove ci ha portato questo amore. - Sospirai alla fine indicandola e osservandola ad occhi spalancati a causa di tutto il dolore che stava circolando nelle mie vene, con disperazione.

Sentii un'improvvisa fitta al petto e le formiche alla testa, poi mi sentii sprofondare, come se fossi sprofondato in un cratere. Persi un battito e mi sentii barcollare all'indietro, poi non vidi più nulla, solo un fitto e fastidioso buio. Era il mio punto di rottura definitivo, me lo sentivo, perchè si era spento tutto.
L'ultima cosa che sentii fu la voce di Victoria che urlava il mio nome disperata, poi più niente: il buio più totale e triste.

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Guess who's back guyssss! ✨✨✨

come state? che mi raccontate? com'è stato il rientro a scuola?

spero il capitolo vi piaccia, lo so che la situazione sta degenerando, però era inevitabile che fosse così, sopratutto per Benjamin. Il mio cuore ha fatto un po' "crack" scrivendo questo capitolo però non odiatemi :(

see you soon
love u all,
ila
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