CAPITOLO QUATTORDICI.1 - stand tall
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Buona lettura! 💘
🚨 AVVISO! 🚨
scusatemi innanzitutto per tutto il tempo che ci ho messo a scrivere il capitolo. In secondo luogo questa è soltanto la prima parte ed è un capitolo di passaggio, quindi perdonatemi se non succede nulla di così eclatante, ma forse questi ragazzi hanno bisogno di una piccola pausa, dopo tutto la meritano.
LEGGETE LO SPAZIO AUTRICE!
io so di un vecchio pazzo, che parla alle persone, di cose mai accadute per vivere un po' altrove...
Victoria
Erano passati venti giorni dalla fine del processo, venti giorni in cui Ben era di nuovo a casa con noi ed in cui era stato assolto. Venti giorni in cui era stato dichiarato innocente ed in cui, dopo la mia testimonianza e quella di Michael che aveva confessato, la faccenda era stata dichiarata legittima difesa e Benjamin dichiarato innocente. Il procuratore distrettuale ci aveva comunicato, attraverso una lettera, che stavano indagando sulla possibilità che ci fosse un poliziotto corrotto come avevamo comunicato io e Michael durante la testimonianza, e che il detective John era in custodia cautelare accusato di corruzione. Il fatto che mi fossi messa a singhiozzare durante l'interrogatorio aveva destabilizzato tutti quanti, me compresa, perché mi ero sentita come se mi stessero strappando il cuore dal patto. C'erano cose che non volevo ricordare, dettagli che avrei voluto rimanessero sepolti nella mia mente, chiusi in un cassetto allo scopo di non riaprirlo più, dettagli che avevo sorvolato dopo tutto il resto, ma che purtroppo quel giorno erano venuti a galla e mi avevano distrutta, un'altra volta. Ero tornata punto e capo: Benjamin non mi toccava dal giorno del processo, credevo avesse paura della mia reazione se si fosse spinto troppo oltre, e forse aveva ragione, perché onestamente ne avevo anche io. Temevo di essere tornata all'inizio, a quando non riuscivo a spingermi oltre a un bacio, temevo che dopo aver avuto la conferma di quello che era successo in quello scantinato, sarebbe stato un susseguirsi di flashback e paura, di dolore e nuove ferite che avrebbero faticato a marginare o che addirittura non si rimarginassero più.
Ero andata dal dottor Dustin, naturalmente, ma invece che dirmi che il fatto che fossi tornata a parlare era un bene, aveva aumentato la dose di pillole e calmanti: invece che dieci gocce mattina e sera erano diventate quindici e invece che le pillole con il principio più basso come quelle di prima mi aveva prescritto quelle più forti. Le gocce mi permettevano di dormire un pochino di più, non che dormissi bene. Era vero che mi permettevano di chiudere gli occhi, ma il mio sonno era troppo tormentato, avevo persino paura di dormire, ormai. Se non avessi preso le gocce probabilmente avrei fatto il possibile per rimanere sveglia, perchè quello che c'era nascosto nella mia mente mi terrorizzava. Gli incubi non facevano altro che farmi visita notte dopo notte, oltre che i ricordi con mio padre, si era aggiunto anche l'incidente di quella notte di recente, e non solo vedevo mio padre morire ogni notte e vedevo le mie mani puntargli addosso la pistola sparando con un'apatia che metteva terrore a chiunque mi osservasse dall'esterno, ma vedevo le mie mani sporche del sangue di Ben, il verde di quel prato diventare rosso scarlatto e lui smettere di respirare e chiudere gli occhi fra le mie braccia, dopo avermi detto che mi amava più di qualsiasi altra cosa. Avevo troppe cose da affrontare, e non ce la facevo proprio a razionalizzare, l'unica cosa che mi restava da fare era stamparmi un sorriso in faccia e continuare a ripetermi che stavo bene, che andava tutto bene e che era tutto finito, anche se di finito non c'era proprio nulla, non per me almeno. Non era vero che tutto era finito, non era vero nulla. Avevo parlato con Sammy: a quanto pare anche lui avrebbe iniziato una terapia con il dottor Dustin, un po' per tutto ciò che era accaduto e soprattutto per ciò che aveva visto, per ciò che aveva scoperto quella notte. Sean, a quanto sembrava, glielo aveva proposto infinite volte, ma lui aveva sempre rifiutato. La cosa che mi faceva più male era che non mi serviva sapere per quale motivo avesse sempre negato la terapia dicendo che stava bene, perchè io lo sapevo, sapevo che lo aveva fatto per me. Sammy non stava bene, soprattutto in quell'ultimo periodo, anche se continuava a dirmi che pensava fosse così, io sapevo che lui pensava ci fosse qualcosa di tremendamente triste e sbagliato nella sua testa e che non andava tutto bene.
Forse, però, continuando a ripetere a noi stessi che stavamo bene, ci avremmo creduto realmente e sarebbe davvero andato tutto bene. Si era rotto qualcosa nel nostro già precario equilibrio, di tutti noi, soltanto che nessuno aveva il coraggio di dirlo a voce alta.
Io per prima avevo una miriade di cose in sospeso e a cui pensare, ma dovevo darmi tempo per affrontare una cosa sola alla volta, darmi delle priorità e decidere cosa mettere davanti a tutto. Io, me stessa, mi ero messa in fondo alla lista. Avevo anche deciso di rimuovere Juliette dai miei pensieri, mi dava fastidio soltanto sentirla nominare. Ogni tanto Sam ci aveva provato a chiedermi come mi sentissi a riguardo o cosa pensassi di lei, anche Sean e i miei genitori lo avevano fatto, ma io avevo sempre fatto finta di nulla, come se non sapessi chi fosse e come se non fosse mai tornata. Io sapevo che lo facessero per me e per farmi parlare e farsi dire come mi sentivo, ma a me proprio non andava, tentavo di evitare di parlare della mia salute mentale il più possibile. Non avevo ancora voluto parlare con lei o di lei, con nessuno, mi rifiutavo categoricamente per svariati motivi: il primo era che mi aveva mentito per anni, il secondo che aveva visto cosa era successo, nonostante fosse arrivata tardi invece che intervenire e aiutare aveva semplicemente filmato l'accaduto e se n'era andata. Sam non aveva la minima intenzione di perdonarla e nessuno dei due aveva voglia di ascoltare le sue stupide scuse ne tanto meno le sue spiegazioni. Sean le aveva detto che non la voleva a meno di due chilometri da casa e che non voleva sapere nulla di lei.
Io da una parte delle spiegazioni le desideravo, ma la rabbia per tutto ciò che era accaduto era ancora troppo fresca, circolava ancora nelle mie vene ogni volta che la sentivo nominare o che la pensavo, per cui tentavo in ogni modo di accantonare il pensiero e la faccenda, nonostante sapessi che non potevo farlo ancora a lungo. Avevo ancora delle questioni in sospeso ed io lo sapevo bene, ma a dire la verità avevo bisogno di un istante di pausa, di respiro, di felicità anche se effimera.
Era per quello che, con l'ansia che mi mangiava lo stomaco nonostante non sapessi il motivo, stavo correndo per casa come una pazza isterica dopo che Ben aveva suonato il clacson e mi aveva mandato un messaggio scrivendomi che era arrivato ed eravamo pronti a partire. Erano le sette del mattino, era una pazzia lo sapevo, ma Ben mi sosteneva e diceva che avevo bisogno di staccare la spina per un giorno e che potevo permettermelo, per cui alla fine avevo ceduto ai miei sogni più nascosti, avevo preso in mano quei biglietti e avevo deciso di andare a quel concerto, dopo una vita intera che lo desideravo.
Carter mi aveva regalato due biglietti per il concerto di Ashley Anderson, per il mio scorso compleanno, lì in città, e dopo tutto ciò che era accaduto non ero poi così convinta di andarci. Però Ben se ne era ricordato, e mi aveva convinta ad andarci dicendo che non avrei dovuto fare tante storie, perché me lo meritavo ed era arrivato per me il momento di respirare un istante, smettendo di pensare a ciò che accadeva intorno a me e concedendomi un attimo di pace.
Avevo domandato a Sam se avesse voluto venire con me, ma mi aveva risposto dicendo che sarebbe stato più giusto andarci con Ben, perché avevamo passato poco tempo insieme a causa del processo, dell'accusa e di tutto il resto, per cui mi arresi a non avere con me il mio gemello in quel giorno speciale e decisi di andarci con il mio ragazzo, consapevole che Ashley piaceva anche a lui.
Mi sentivo un sacco entusiasta, per quel concerto, non vedevo l'ora di vederla e ancora non ci credevo al fatto che stessi stringendo i biglietti fra le mani.
Stavamo partendo così presto perché avevamo i biglietti nella platea e per avere un buon posto, prima arrivavamo, più vicini al palco eravamo. Era il concerto che più desideravo in assoluto, da tutta la vita: ero così elettrizzata che stavo correndo per casa convinta di avere dimenticato qualcosa ogni volta che stavo per uscire.
Mi soffermai nel corridoio portando il viso al cielo e strizzando gli occhi prendendo un respiro profondo e facendo una lista mentale di tutto ciò che mi serviva, contando anche che avrei dormito da Ben, quella notte. - Ti sei ricordata le pastiglie e le gocce? - Domandò Richie sbucando fuori all'improvviso dalla sua stanza.
Quando mi voltai ad osservarlo aveva i ricci sparso ovunque ed era appoggiato allo stipite della porta mezzo addormentato mentre si sfregava gli occhi e li strizzava, tentando di mettere a fuoco la mia figura, così almeno pensavo. Era a torso nudo e mi fissava intensamente cercando di capire come mi sentissi, come ogni mattina dal giorno del processo a quella parte, ed incrociò le braccia al petto attendendo la mia risposta. - Merda... - Sbottai.
- Dai scendi a bere il tè, te le porto giù io. - Replicò sorridendo.
Corsi giù per le scale rischiando anche di inciampare nei miei piedi, e quando arrivai in cucina trovai Nicole che armeggiava con la teiera e riempiva la mia tazza in attesa delle gocce che Richie non tardò a portare. Me le metteva nel tè, perchè diceva che avrei sentito di meno il sapore amaro che avevano. - Come ti senti? - Mi chiese sorridendo e allungandomi la tazza.
- In ansia – Risposi. - Anche se non so perchè, è solo un concerto infondo. - Scostai una ciocca di capelli dal viso e cercai il suo sguardo come se potesse realmente spiegarmi per quale motivo fossi così agitata.
- Ascoltami bene – Intervenne Richie. - Prendi le gocce e tienitele in tasca, se ti senti male chiedi a Ben di dartene qualche goccia. - Mi disse avvicinandosi a me. - Cerca anche di goderti questo momento, divertiti e non pensare a niente, solo alla musica. -
- Grazie – Bisbigliai sorridendo e stringendo la sua mano. - Per me è importante sentirti vicino. - Gli diedi un bacio sulla guancia e lo lasciai andare osservandolo divertita. Mi stava fissando come se avesse visto un fantasma, probabilmente perchè non se lo aspettava. Il nostro rapporta stava migliorando piano piano e mi faceva piacere sapere che aveva accantonato i suoi sentimenti, sapere che avesse smesso di fare la guerra a Ben e avesse messo la situazione prima dei suoi conflitti personali con chiunque di sesso maschile mi circondasse. Aveva anche smesso di arrabbiarsi quando mi vedeva con addosso gonne corte o maglie scollate, ero meravigliata.
Quando tornai ad osservare Nicole mi resi conto che aveva gli occhi lucidi, per cui le sorrisi e afferrai la sua mano scuotendo la testa. - Sarò sincera: sono stata arrabbiata per un bel po', con te e papà, però poi ho capito che non serviva a niente, che ormai era andata così. Ti prometto che ascolterò tutto quello che avrete da dire, un giorno e quando mi sentirò pronta, sappi che nonostante tutto io vi sono infinitamente grata, nonostante la rabbia intendo. Voi mi avete salvato la vita e se non fosse stato per il vostro piccolo ma grande gesto, ora forse non sarei qui. Avete un cuore enorme, e vi considero realmente la madre e il padre che non ho mai avuto. Io vi voglio davvero bene, anche se avete sbagliato e questo non si può negare. Infondo però, tutti sbagliamo, non saremmo umani se no, giusto? -
Nicole, con il suo cuore immenso e pieno di amore da dare, stava piangendo come una fontana e mi osservava scuotendo la testa, quasi come se fosse sconsolata dal fatto che ogni qualvolta facessi quei discorsi lei dovesse per forza mettersi a piangere. Era oer tutta quella sua sensibilità e quella sua empatia, che io le volevo bene dal profondo del mio cuore. Per cui l'abbracciai e sorrisi, accarezzandola e lasciando che Richie, dietro di noi, la prendesse in giro perchè piangeva sempre, sdrammatizzando la situazione e facendola ridere.
- Hai preso i biglietti? - Domandò Nicole asciugandosi le lacrime.
- Cazzo... - Esclamai lasciando cadere la borsa. Corsi su per le scale e mi fiondai al cassetto ribaltando tutti i vestiti e arricciando il naso in preda all'isteria perché non li trovavo. - Mamma! - Urlai con la voce tremante e il cuore in gola. - Mamma non li trovo!! - Corsi di nuovo giù per le scale e la trovai davanti alla porta, con i biondi capelli tutti arruffati e ancora in pigiama, con la mia borsa in una mano e i biglietti nell'altra.
Aveva la testa piegata di lato e un sorriso divertito in viso, come se mi stesse prendendo in giro silenziosamente. - Dove avrai la testa? -
- È attaccata al collo per miracolo – Rispose Richie al posto mio.
- Oh sì ridi pure Richard, perchè è tanto divertente vero? - Esclamai assottigliando gli occhi ad una fessura. - Grazie mamma, ti voglio bene, a domani - La abbracciai forte e uscii dalla porta correndo fuori come se fossi una disperata, consapevole di essere in super ritardo.
Osservai Ben appoggiato al cofano della macchina, scuoteva la testa e picchiettava il dito sul quadrante dell'orologio imprecando a gesti, come sempre, per il mio ritardo. Stava fumando una sigaretta e mi osservava divertito mentre correvo verso di lui con il fiatone e l'espressione di chi aveva appena visto un fantasma. Arrivai dinanzi a lui e lanciai la borsa sull'asfalto, mi soffermai con le braccia sulle ginocchia e respirai cercando di darmi una controllata, perché altrimenti rischiavo di morire di infarto.
Benjamin, vedendomi in quello stato, scoppiò in una fragorosa risata e raccolse la mia borsa continuando a prendermi in giro. - Ma tutto apposto amore? - Domandò ridendo.
- Vaffanculo Ben - Sbottai battendo le ciglia e facendo il dito medio.
- Ma non hai freddo? - Mi chiese quando tornai dritta e tentai di respirare profondamente.
Battei le palpebre e piegai la testa di lato, poi arricciai il naso e osservai fierissima I miei vestiti. Indossavo una semplice maglia a mezze maniche nera che faceva da vestito, perchè era molto lunga e mi copra quasi fin sopra il ginocchio, con una rosa bianca disegnata sul cuore, le calze nere a rete e le parigine dello stesso colore, ai piedi portavo i dr martens e l'unica cosa che mi copriva era la pelliccia sintetica. - Ho talmente ansia che sto sudando - Esclamai salendo in macchina quando Ben fece lo stesso. - E poi Sammy mi ha detto che avremo caldo, quindi ho pensato di vestirmi così. - Affermai allacciando la cintura.
Ben mi scoccò un'occhiata e tornò a fissare la strada come se fosse disturbato da qualcosa, così mi presi qualche istante per osservarlo meglio, illuminato dai primi raggi del sole che illuminavano il suo dolcissimo viso. Indossava dei semplici jeans neri, una camicia sbarazzina colorata e le vans, era proprio stupendo, a volte lo guardavo e mi veniva da piangere per quanto bello apparisse ai miei occhi. Aveva il cappotto sopra perchè la camicia era a mezze maniche, ma era il solito Ben, niente di più e niente di meno. L'unico dettaglio nuovo, che aveva preso da quando era uscito di prigione, era la bandana in testa per tenere fermi i ricci ribelli, nei quali avrei affondato le dita per sempre. Mi scoccò un'occhiata guardinga quando portai la mano fra i suoi capelli, e si leccò le labbra soffermandosi solo alla fine, nei miei occhi. - Spero che sotto tu abbia dei pantaloncini, perché sei un po' troppo scoperta per i miei gusti. - Esclamò dopo qualche istante di silenzio. - Hai preso le pastiglie? -
Roteai gli occhi al cielo e non risposi alla sua prima affermazione. - Sì, papino, le ho prese, e anche le gocce. - Detto ciò, gli diedi un bacio sulla guancia e alzai il volume della radio, mettendomi a cantare per il resto del viaggio, notando che anche lui era abbastanza divertito e contento di vedermi così spensierata.
Quello era il mio giorno, non avrei permesso a niente e a nessuno di rovinare la gioia di poter vedere finalmente il mio idolo per la prima volta. Volevo essere sotto al palco, vederla bene e magari stringerle la mano. Avevo passato la vita intera a desiderare di essere come lei, di poter avere il suo fascino e il suo incanto, era la mia ispirazione per un'infinità di motivi. Mi faceva sciogliere il cuore il fatto che lei continuasse a ripetere a tutti noi quanto fosse fondamentale l'amore per se stessi, per ciò che eravamo, per ciò che facevamo. Era incredibile il fatto che lei fosse quel tipo di persona che diceva che l'egoismo era un vanto, che quando ci dicevano di essere egoisti e che pensavamo soltanto a noi stessi, dovevamo essere felici di sentircelo dire perché significava che il nostro obiettivo lo avevamo raggiunto. Solitamente l'egoismo veniva visto come un difetto, eppure lei insegnava a vederlo anche come un pregio. Ogni nostro difetto, secondo lei, andava visto
come un pregio, come una caratteristica unica e fondamentale senza la quale non saremmo davvero noi stessi. Era davvero magica, senza contare che con la sua musica univa milioni di persone, e incantava tutti noi in ogni momento della sua vita. La cosa che amavo più di lei, però, era che mi aveva insegnato che non avrebbe piovuto per sempre, che c'era sempre una luce anche nel buio più fitto e che, alla fine, sorgeva sempre il sole. Lei in prima persona ne aveva passate tante, aveva vissuto la sofferenza sulla sua pelle e si era rialzata con la sua forza e soprattutto più forte che mai, ed era arrivata al punto più alto, ai giorni migliori della sua vita. Era quello che mi aveva insegnato: puntare in alto, amarmi prima di amare qualsiasi altra persona, che nessuno aveva il diritto di dirmi come mi sarei dovuta sentire, che potevo sentirmi triste e che non era un errore, ma più di tutto che avrei sempre, sempre avuto la forza di rialzarmi.
Persino in quel momento, però, faticavo a crederci, perché io ero consapevole di non stare bene, di avere tanto dolore ancora nel cuore che mi stava avvelenando, però speravo che le sue parole mi donassero la forza per credere che mi sarei rialzata, sperai che sentirla cantare mi permettesse di crederci davvero, di diventare realmente consapevole del fatto che tutti, tutti noi, eravamo delle stelle. Lei avrebbe detto così: avrebbe detto che ero forte e ce l'avrei fatta, come sempre.
Ben parcheggiò la macchina e mi sorrise quando mi vide sospirare agitata, mi regalò un luminosissimo sorriso e mi scostò una ciocca di capelli dal viso, facendo rabbrividire per il contatto, ma facendomi anche sorridere. - Tutto bene? -
Sospirai e alla fine annuii, posando una mano sulla sua e scrollando le spalle. Gli diedi un bacio e poi scesi dalla macchina, seguita da lui e dal suo amore.
***
Stavamo cercando l'ingresso dello stadio nel quale saremmo dovuti entrare per raggiungere il parterre quando, una volta raggiunto e avvistato, una voce squillante catturò la mia attenzione. C'era già un sufficiente numero di persone in coda che mi fece arricciare il naso, ma sperai di riuscire ad arrivare davanti in qualche modo, anche superando, se fosse stato necessario. In fondo alla coda c'era un gruppetto che mi era fin troppo famigliare e così mi voltai verso Ben, incrociai le braccia al petto e mi fermai in mezzo alla strada a fissarlo con la testa piegata di lato. - Perché a questa distanza in quel gruppo mi sembra di vedere i ragazzi? - Domandai sollevando le sopracciglia.
- Ma in che senso scusa? - Chiese battendo le palpebre e facendo il finto tonto anche se il suo sorrisetto lo ingannava. - Non ho fatto niente io – Alzò le braccia in segno di resa e fece l'espressione, però, di chi la sapeva lunga.
- Non fare il finto tonto con me eh - Esclamai assottigliando gli occhi ad una fessura e fissandolo poi con aria diffidente. Era inutile che provava a fare finta di nulla, lo avevo beccato, tanto che quando mi voltai vidi il cespuglio riccio e castano di Sam nascondersi dietro la capigliatura di una ragazza bionda che scommettevo fosse Vanessa. Erano tutti e quattro in cerchio, ognuno copriva un po' l'altro ma ero sicura che fossero loro, anche perché Carter era uno stangone e non passava di certo inosservato, soprattutto per i suoi capelli biondissimi e i tatuaggi sparsi ovunque. Mancava solo Arthur, anche se pensavo di sapere per quale motivo non ci fosse.
- Non sto facendo il finto tonto, non oserei! - Ribattè avvicinandosi e prendendomi il viso fra le mani per stamparmi un bacio dolce e tenero sulle labbra. Quando sentii il sapore della sue labbra, sorrisi mentre mi baciava, e gli saltai in braccio come un koala stringendolo fortissimo per baciarlo più forte e aggrapparmi a lui in quel momento più che in qualsiasi altro. Ero troppo, davvero troppo felice di averlo con me quel giorno, e lo amavo così tanto che avrei passato il tempo prima del concerto seduta in un angolino a baciarlo senza parlare.
In quei giorni avevamo passato un sacco di tempo da soli, sia per recuperare i dieci giorni di costretta separazione, sia perché ne avevamo bisogno. Se non era lui ad essere a casa mia ero io ad essere a casa sua ed era così bello poter vivere in quella pacifica bolla che mi sembrava quasi incredibile. Quando Arthur mi aveva sentita parlare insieme a lui mi aveva imposto di sedermi a tavola e raccontare la prima cosa che mi passasse per la testa dicendo che avrebbe registrato la mia voce nel qual caso fosse successa di nuovo una cosa del genere e avesse sentito la mia mancanza. Era così dolce che mi si stringeva il cuore ogni volta che stavamo insieme, senza contare che gli avevo promesso che se le cose fra me e Ben fossero andate male e che se lui e amy si fossero lasciati, io e lui ci saremmo sposati, era una promessa da un principe a una principessa, secondo lui.
Mentre con Ben avevamo passato le giornate a parlare e ad abbracciarci, a scattare fotografie di quei momenti tanto per ricordare quanto bello fosse avere una bolla di gioia e mi aveva chiesto ogni minuto di ripetere che lo amavo tanto per accertarsi che la mia voce gli rimanesse impressa nella mente.
Non volevo più, ma proprio più, passare un secondo della mia vita senza di lui ed era per quel motivo che mentre mi baciava davanti a tutte quelle persone mi faceva sorridere, perché stava dimostrando a tutti che appartenevamo l'uno all'altra e mi sentivo così tanto piena di amore che non volevo più lasciarlo andare. Quando tornai con i piedi per terra non misi fine al bacio, anzi, continuai a baciarlo anche mentre camminavamo all'indietro e ridevamo perché nessuno dei due sapeva dove stavamo andando e soprattutto perché nessuno dei due accennava a mettere fine a quello splendido bacio che brillava più del sole all'alba.
- Ti amo - Sorrisi all'improvviso stringendo il suo viso fra le mani. - Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti ... -
- Zitta - Esclamò tornando a baciarmi e prendendo un respiro profondo. - Zitta e dammi un altro bacio -
Allacciai le braccia dietro al suo collo e mi alzai in punta di piedi avvicinandomi il più possibile per fare aderire il mio petto al suo, giusto per sentire i nostri cuori battere insieme per tutto quell'amore che nessuno, mai nessuno, avrebbe potuto capire, e lo baciai ancora, più forte di prima, più a lungo di prima, con più amore in ogni secondo che le sue labbra sfioravano le mie.
Ad interrompere quel bellissimo momento e far esplodere la nostra bolla fu un dito che picchiettò sulla mia spalla e mi fece roteare gli occhi al cielo, tanto che quando sciolsi l'abbraccio e mi voltai a guardare il biondo che mi si stagliava davanti a braccia conserte e mordendosi il labbro divertito, sollevai il dito il medio e gli feci una pernacchia.
- Amori miei ascoltate - Disse Carter sollevando le sopracciglia. - Se svoltate l'angolo cinquecento metri più avanti, trovate un ingresso vuoto, dentro dovrebbe esserci un bagno o qualcosa del genere, potreste chiudervi lì per la prossima mezz'ora, tanto ne avremo per tutto il giorno, almeno passate il tempo. -
- Ma vattene testa di cazzo - Esclamai tentando di trattenere una risata e spingendolo. Lo oltrepassai dandogli una spallata e lo sentii ridacchiare e lamentarsi per uno schiaffo di Ben, ma quando feci per raggiungere il mio gemello che stava ridendo con una delle mie migliori amiche, Carter mi sollevò da terra e mi piazzò sulle spalle come se nulla fosse, facendomi urlare frustrata e facendomi sbattere i pugni sulla sua schiena. - Mettimi subito giù razza di imbecille che non sei altro, ma sei impazzito, che cosa ti passa per la testa? - Tuonai scalciando e sbattendo più forte i pugni. - Mettimi giù porca di quella ... -
- La chiamavano bocca di rosa! - Esclamò ridendo.
Benjamin osservava la scena ridendo e facendo addirittura il video, mentre io misi il broncio e feci il medio anche a lui, fino a quando Carter non mi fece tornare con piedi per terra e si beccò uno schiaffo dritto sulla nuca. - Testa di cazzo - Sbottai frustrata e sistemando la maglietta. Sembravamo un normale gruppo di amici, in quel momento, nonostante fossimo consapevoli di essere uno più a pezzi dell'altro.
- Ehi nana - Sammy mi strinse da dietro ed io mi lasciai andare di peso fra le sue braccia, consapevole che mi avrebbe tenuto sollevata per non farmi cadere.
- Ciao amore mio - Esclamai sorridendo e alzandomi in piedi per baciarlo sulle guance e mordendolo addirittura. - Mi hai ingannata, sei un bugiardo. -
Mi aggrappai alla sua vita e piegai la testa di lato quando lo guardai negli occhi e notai una strana luce nel suo sguardo. Sorrisi e lanciai uno sguardo a Kat, che stava salutando Benjamin e presupponevo si stesse scusando per la famosa sera in cui avevano litigato. - Ti devo parlare - Sussurrò al mio orecchio.
- Sì - Replicai. - L'ho capito soltanto guardandoti in faccia. - Gli dieci un altro bacio e mi avvicinai al suo orecchio. - Saluto le ragazze e poi parliamo ok? - Gli dissi guardandolo negli occhi e arruffandogli i capelli.
Lo vidi annuire e scoccare un'occhiata a Kat, mi lasciò andare la mano e io presi la rincorsa per saltare a spalle della mia migliore amica, che non tardò ad afferrarmi ma, invece che reggermi come faceva Sam, cademmo entrambe a terra sbattendo il sedere sull'asfalto e ridendo divertite. - Mi siete mancate! - Dissi fra le risate e completamente sdraiata a terra.
Diedi un calcio a Vanessa e la osservai sorridere e farmi una pernacchia, mentre Katherine urlò attirando l'attenzione di tutti. - Ma perchè devi sempre fare la gallina, Katherine? - Sbottò Vanessa sbuffando.
- Non rompere! - Tuonò l'altra. - Sto parlando con la mia migliore amica per la prima volta dopo due mesi, stupida oca -
Il profumo inconfondibile di Katherine riempì le mie narici quando mi abbracciò di colpo, piangendo fra le mie braccia e stringendomi fortissimo. - Ti ho sempre pensata - Sussurrò tra i singhiozzi. - Sempre - Eravamo sedute a terra, abbracciate e coccolate una con l'altra. - Lo so che sono stata distante, che sono stata pessima e una migliore amica tremenda in questi mesi, ma ti giuro che in questo schifo io ti ho sempre pensata. Scusami per non esserci stata al processo, ti prego di perdonarmi, ma non avevo scelta. Credimi, ci ho provato e non mi perdonerò mai per aver fallito e non esserci stata, sono orribile, lo so. Però sono felice di poter essere qui con te, era il nostro sogno, e lo stiamo per realizzare insieme. Ti amissimo V, sei magica - Mi disse accarezzandomi la schiena e senza smettere di piangere.
Io le sorrisi. Mi allontanai per farmi guardare negli occhi e riuscii soltanto a sorriderle mentre una lacrima solcava la mia guancia. - Ti ho sempre portata con me, sei nel mio cuore. - Risposi tornando ad abbracciarla. - Non importa se non stiamo insieme, non importa quanto siamo distanti, dove siamo e con chi siamo. Ovunque io sia, tu sei con me; ovunque tu sia, io sono con te. Ti porto con me, sempre. Adesso non pensiamo a cose tristi, siamo qui per realizzare un sogno, facciamolo insieme, con un sorriso, ok? -
Kat annuì e tirò su con il naso, poi mi alzai in piedi e sorrisi allungandole la mano e aspettando che si alzasse per rivolgermi a tutti loro. - Grazie, ragazzi. - Mi portai una mano sul cuore mentre Vanessa e Katherine mi abbracciavano fortissimo. - Non sapete quanto sono contenta di avervi tutti qui con me, quanto mi fa bene vedervi qui mentre realizzo il sogno più grande di tutta la mia vita. Lo so che sembra stupido, che forse non capite, ma vi giuro che essere qui, in questo momento insieme a voi, mi sta facendo capire quanto valga la pena e quanto sia bello essere vivi. Mi avete dato una speranza, Ashley mi da speranza, i vostri sorrisi sono la speranza. Vi amo tantissimo, siete il regalo più bello che la vita potesse farmi. Grazie, solo e semplicemente grazie. -
Carter fu il primo a venire verso di me e chiedermi un abbraccio, ma venne seguito a ruota da tutti quanti, per cui mi ritrovai immersa dagli abbracci dei miei amici, dalle loro risate e dal loro affetto. Averli accanto in un momento come quello mi faceva sentire meno sola e più forte, anche perché ero consapevole che al termine di quella giornata, all'alba del giorno dopo, sarebbe tornato tutto triste come prima, per cui volevo godermi appieno ogni minuto di quel giorno, assieme a loro, le persone migliori che mi potessero regalare.
- V - Mi chiamò Sam. - Ti posso parlare? - Domandò scrutandomi attentamente e tirando fuori dal pacchetto di sigarette uno spinello e un accendino.
Feci un sorrisetto malefico e una linguaccia, poi gli indicai il marciapiede alle sue spalle e lo presi per il braccio trascinandolo a sedersi con me. Gli strappai lo spinello dalle mani accendendolo senza staccare gli occhi da Benjamin, che mi stava osservando a sua volta con un mezzo sorriso divertito mentre accendeva, invece, una sigaretta e Carter lo prendeva in giro perché non mi toglieva gli occhi di dosso. Il fatto era che avevo perso troppo con lui, nell'ultimo periodo, non avevo goduto a pieno di ciò che avevamo e non volevo perderlo di vista nemmeno per un secondo.
- Come ti senti? - Mi chiese Sam imponendomi di interrompere il contatto visivo con Ben.
Mi voltai ad osservarlo e scrutai a fondo la sua espressione un po' persa, se nel mondo dei sogni o nel dolore, ancora non lo sapevo. - Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. - Gli dissi arricciando il naso e facendo un lungo, lunghissimo tiro, di erba. - Tu? Che hai fatto? -
- Dovrai parlarne prima o poi – Rispose sospirando e scuotendo il capo
- Spero più poi che prima, onestamente adesso come adesso non mi va, cioè non sono pronta. Datemi tempo, per favore. - Tagliai corto tornando a guardarlo negli occhi. - Dimmi cosa ti succede, Sammy. Cosa c'è che non va? Te lo leggo in faccia -
Sam lasciò andare le braccia a peso morto, poi si passò le mani sul viso e infilò alla fine le dita nei ricci. Aveva gli occhi fissi su Katherine da quando lo avevo visto, anche in lontananza riuscivo a percepire la sofferenza che portava nel cuore a causa della loro relazione che non stava andando come entrambi desideravano. - Ieri sera sono andato da Katherine - Esclamò rompendo il silenzio e battendo le palpebre. - Io e Carter avevamo bevuto un po', e uscendo dal locale pensavo soltanto a lei e a quanto mi mancasse. Io non lo so perchè mi sono allontanato così, V, forse avevo bisogno di un po' di tempo per pensare a me e a tutto il resto... Non so, davvero. Però mi manca da morire e ormai non lo posso più negare. Quindi ieri sera non ce l'ho più fatta e senza nemmeno volerlo mi sono trovato sotto casa sua. Io non sapevo cosa stavo facendo, continuavo soltanto a camminare e pensare a lei e alla fine mi sono ritrovato davanti al suo cancello. Mi sentivo un po' infantile, non parlarle per mesi e piombare a casa sua così, soltanto perché mi mancava, è stato stupido, molto stupido. Le ho lanciato i sassolini alla finestra perché era notte fonda, ma lei si è affacciata lo stesso per dirmi di salire. Ho fatto come sempre, come quando stavamo insieme: mi sono arrampicato sull'albero e sono saltato
sul cornicione della balconata, trovandomela davanti che mi osservava con le braccia incrociate e appoggiata alla finestra. Era bellissima, V, e mi era mancata così tanto che non ho avuto nemmeno il coraggio di dire una sola parola, ho fatto la prima cosa che mi è passata per la testa e l'ho baciata. Abbiamo passato la notte insieme come se niente fosse mai successo, come se Ryan non fosse mai esistito e come se non fosse mai finita. Sono crollato Vic, non volevo, però non ho potuto evitarlo, e adesso mi manca più di prima, è possibile? - Concluse in un sospiro. Mi scoccò un'occhiata e mi portò via dalle mani lo spinello, fumando al posto mio e cercando di non lasciarsi andare proprio in quel momento. Quanto soffriva, nel mio cuore lo sentivo il suo dolore pulsare e stringere facendomi male fino a togliermi il respiro. Fu per quel motivo che posai la testa sulla sua spalla e intrecciai le sue dita alle mie, forse se mi avesse dato un po' di quel dolore sarebbe stato meglio, avrebbe potuto respirare un po' meglio.
- È possibile, sì. Ma io sono qui per te, lo sai. Sai quanto ti voglio bene Sammy? - Gli chiesi arricciando il naso e sbattendo le ciglia cercando il suo sguardo.
Sammy sorrise e scosse il capo. Lo sapeva benissimo, quanto lo amassi, ma ogni tanto voleva sentirselo dire. - No – Rispose scuotendo il capo e facendo quella sua espressione da furbo, come la chiamavo io. - Dimmelo tu. -
- Più di tutto – Sussurrai guardandolo negli occhi. - Ti voglio bene più di tutto Sammy e non ci sarà mai, mai niente, che possa separarci. Sono qui per te e con te, da sempre e per sempre. Sei la mia metà e quando soffri tu, soffro anche io. Fammi un sorriso, avanti. - Gli dissi dandogli un buffetto sulla guancia e lasciando che posasse la fronte sulla mia con un luminosissimo e splendente sorriso, che illuminò il cielo più di quanto lo stesse già facendo il sole. - E non sei stupido, solo perchè hai pensato a te per una volta nella vita. Hai sempre messo il mio star bene davanti al tuo, ma adesso è ora che metta il tuo, davanti al mio. - Conclusi accarezzandogli la guancia e dandogli un bacio sulla guancia. - Ascolta Sam io lo so che è una questione delicata e non è proprio il momento adatto, ma io credo che con Kat ... -
- Che ci sia qualcosa che non vada? - Domandò interrompendomi. Mi vide annuire e batté le palpebre spostando lo sguardo dai miei occhi, alla figura di Kat, che bisticciava e rideva con Vanessa mentre mangiavamo le patatine fritte della bancarella di fianco a noi. - Ne sono sicuro al cento per cento. Ryan non mi piace Vic, non mi piace per niente. Ho capito che qualcosa non andava ancora quando si è presentata a casa tua prima del processo, ho sorvolato perché il pensiero di saperla in pericolo a causa di Ryan mi fa più male che averla lontana, ma dopo la disperazione che le ho visto negli occhi ieri sera e sopratutto per il fatto che non ha voluto accendere la luce nemmeno una volta, sono sicuro che qualcosa non vada. Kat ha sempre avuto paura del buio, quando dormivamo insieme teneva la lampadina del comodino accesa anche di notte, ma ieri quando sono entrato in camera prima di fare qualsiasi altra cosa ha chiuso la finestra e siamo rimasti sepolti nel buio, non l'ho mai vista in faccia, non vedevo nemmeno un centimetro della sua pelle e ho la sensazione che non volesse che io lo vedessi, devo solo capire perché. Senza contare che la sentivo piangere, baciavo le sue lacrime, in sostanza. - Bisbigliò arricciando il naso e continuando a fissarla. - Mi sta nascondendo qualcosa, devo scoprire cosa le sta succedendo. - Roteò l'anello sul sito e scosse il capo con gli occhi verdi intrinsi di sofferenza, malinconia e ansia.
- Avete fatto sesso? - Chiesi senza peli sulla lingua.
Sam si voltò di scatto a guardarmi come se avessi appena detto chissà che cosa, quando in realtà aveva sempre funzionato così fra di loro. Parlavano con quei loro piccoli gesti che solo fra loro potevano comprendere. Sam era una persona molto difficile, sapevo che era stato fatto per amare ma era troppo rotto per farlo a cuore aperto e senza pensieri, per cui Katherine per lui era una scommessa su se stesso, un terno al lotto, ma non stava funzionando. Non riusciva a smettere di essere terrorizzato dalla parola amore, e credevo che sotto sotto non sapesse nemmeno lui che cosa lo spaventasse così tanto. Però non lo poteva negare, era innamorato perso di Katherine, ed il fatto che ogni volta che Ryan venisse nominato lui s'incupisse, era una dimostrazione più che sufficiente. - Quando ho detto che abbiamo passato la notte insieme era per non fornirti i dettagli. - Replicò facendo una smorfia.
- Sì, ma la mia domanda ha un senso e non c'era altro modo più delicato per fatela, quindi... - Risposi ridacchiando. - Ti giuro che non è per farmi i cavoli vostri, era solo per capire. Ha lasciato che la toccassi quindi? -
Sam annuì e piegò la testa di lato corrugando la fronte. - Sì, almeno da me... Cioè non mi sembrava spaventata, non da me. -
- Da te forse no - Sospirai voltandomi a guardarlo negli occhi. - Ma da Ryan probabilmente sì. Senti parlerò con Vanessa e cercheremo di capire cosa sta succedendo, ok? Per il momento non dire nulla a Ben, per favore. -
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e sbattere le palpebre freneticamente, turbato dalle mie parole ma soprattutto dai suoi pensieri. - Sei impazzita? Non puoi chiedermi una cosa simile. - Disse mordendosi le dita e osservando il suo amico. - Già solo il fatto che non gli abbia detto di quello che ti ha fatto mi sta logorando lo stomaco. Senza contare che mi sto ancora domandando come sia possibile che lui abbia creduto alla storiella da quattro soldi che gli hai raccontato su questo livido – Esclamò sollevandomi il polso e fissando il livido, ormai verdognolo, che stava guarendo. - Come fa a credere che tu te lo sia chiuso nella portiera? Ma meno male che studiava medicina, dovrebbe sapere che quando succede ti rompi il polso e non ti fai un semplice livido. -
- Infatti non lo ha fatto – Sospirai sorridendo amaramente. - Lo conosco abbastanza da sapere che sta fingendo di credermi e che sta pensando per i fatti suoi a scoprire cosa sia veramente successo in quei giorni senza di lui. Vuole farmi crede che mi crede, ma non mi crede assolumente. Come io non credo a lui quando mi dice che sta bene e che non è successo nulla mentre stava in prigione. - Dissi infine. - Sam - Lo chiamai improvvisamente sentendo il cuore battere fortissimo nel petto. - Sammy - Dissi di nuovo scuotendo il suo braccio e osservando due figure maschili incappucciate venire verso di noi e perdendo completamente i contatti con la realtà. Stringevo con forza il suo braccio mentre fissavo i due ragazzi che camminavano a testa bassa verso di noi. - Ma quelli che stanno venendo verso di noi non sono... -
- Victoria! - La voce squillante della mia migliore amica attirò la mia attenzione e notai che aveva la mia stessa espressione sul viso: pareva aver visto un fantasma. - Quello è Christopher! - Esclamò correndo verso di me e saltandomi al collo indicandoli. - E l'altro è Jake! - Esclamò ancora. - Madonna quanto fa caldo? Siamo a Rio per caso? - Dopo quelle parole scoppiai in una fragorosa risata osservando Kat scuotere la maglietta e la mano per farsi aria. Mi faceva troppo ridere, era inutile. - Fingiti disinvolta arrivano. - Le lanciai un'occhiataccia come se fossi io quella a dovermi fingere disinvolta, quando proprio non riuscivo a controllare il mio battito cardiaco ed ero certa che sarei potuta scoppiare a piangere a brevissimo. Già ero di umore precario, figuriamoci con loro.
Gli altri ci raggiunsero e Ben mi affiancò posando il mento sulla mia spalla mentre i miei occhi erano fissi sui due ragazzi che stavano camminando a passo lento verso di noi, con la sigaretta stretta tra le dita, mentre ridevano e scherzavano. Erano Christopher Morgan e Jake Parker, ero sicura al cento per cento. Il primo era altissimo, biondo e camminava come se fosse un Dio. Jake era, per come lo vedevo io, un po' l'anima del gruppo: mi sembrava quel tipo di persona che portava la festa ovunque andasse e che pur di non far crollare il morale degli altri si trasformava in pagliaccio. Un po' Carter lo era per noi, mi venne inevitabile fare quell'associazione di caratteri. Indossava un paio di semplici jeans, le converse nere e una felpa. Aveva anche una cuffia, però i suoi inconfondibili ciuffi biondi sporgevano ugualmente e gli donavano il tocco sbarazzino alla Jake. Era bellissimo e, nonostante sapessi che lui ed Ashley non fossero realmente fratelli, a volte trovavo della somiglianza sia nei loro modi di porsi a noi, che nelle loro espressioni del viso. Forse era perché avevano un rapporto così stretto che si definivamo fratello e sorella e anche noi, o almeno parlando per me, li vedevamo in quel modo. Christopher, invece, era ricciolo e scuro di capelli, un po' più basso e minuto. Indossava una di quelle sue camice tutte strane e colorate, jeans neri e dr Martens con la Platform tanto per sembrare un po' più alto, quando io in realtà sapevo benissimo che fosse praticamente alto come me, forse poco più. Lui portava un giubbotto sopra la camicia e aveva il cappuccio tirato su tanto per non farsi riconoscere da tutto lo stadio se non veniva guardato in faccia, ma io ero sicura fosse lui, lo avrei riconosciuto anche in mezzo a miliardi di persone quel sorriso. Più si facevano vicini, più avevo voglia di urlare, senza contare che tutti quanti stavano provando a fingersi disinvolti, tranne me. Io proprio li stavo fissando senza alcun pudore, entrambi, forse perché non potevo credere che fossero a pochi metri di distanza da me dopo tutto quel tempo in cui erano stati soltanto nella mia testa, in cui li avevo soltanto immaginati. Era strano trovarseli davanti e vedere che, in realtà, erano semplici ragazzi proprio come lo eravamo noi. Tutto il mondo li idolatrava, ma alla fine erano uguali a tutti noi, con la sola differenza che avevano lottato fino in fondo per ottenere ciò che volevano, e alla fine avevano vinto. Erano arrivati per vincere, e avevano vinto, ecco perché li amavo così tanto.
Pensavo a tutto ciò mentre li osservavo camminare verso di noi, anche se non ero proprio del tutto certa che stessero venendo verso di noi, perché per conto mio potevano anche dirigersi alla bancarella del cibo alle nostre spalle.
- Ehi! - Era davvero Christopher Morgan, ed era davvero insieme a Jake Parker, erano davvero davanti a me. Stavo per mettermi a piangere, ma dovevo darmi un contegno per sembrare il meno infantile possibile, anche se a dirla tutte volevo saltare in braccio a Christopher e portarmelo a casa. Sarebbe stata la volta buona che mi avrebbero arrestato sul serio.
- Chris - Bisbigliò Jake dandogli pacche sul braccio e facendo sì che borbottasse e lo guardasse male. - Patatine - Disse solo arricciando il naso. - Sento odore di patatine fritte - Chiuse gli occhi e portò il viso all'aria, con aria trasognante. - Voglio le patatine fritte. -
Fu come se avesse chiamato il genio della lampada di Aladino, perché Katherine allungò la sua scatoletta e rimase a fissarli come se non fossero reali, esattamente come li stavo fissando io. Dal canto loro, Sam, Carter e Ben osservavano sia loro che noi, le nostre reazioni, a dire vero più la mia, soprattutto Sammy, perché sapeva da quanto tempo li seguivo e quanto fossi innamorata persa di Christopher. E innamorata, sì, perché non c'era altro modo di esprimere il mio amore incondizionato per quei ragazzi. Ben sorrise, e mi lasciò un bacio un dolce bacio sulla guancia, mentre io strinsi la sua mano senza staccare gli occhi da Christopher. Non ci potevo davvero credere, era così assurdo, surreale Mi sentivo in una favola.
Jake prese a mangiare la patatine di Katherine, mentre lui lo fissava come se fosse stato scolpito dagli dei, e non potevo nemmeno darle torto. Jake era uno dei ragazzi più attraenti e magnetici che io avessi mai visto in vita mia, e poi faceva del sarcasmo per qualsiasi cosa, mi faceva ridere un sacco, sarebbe sempre stato uno dei miei preferiti.
- Jake stai mangiando da quando siamo arrivati - Replicò lui sbuffando e scuotendo il capo sconsolato. - Ma la vuoi smettere? Lascia le patatine a questa povera ragazza, stanno qui tutto il giorno, almeno falli mangiare in pace, imbecille. -
- Katherine - Esclamò lei fissandoli e sorridendo allungando la mano verso Jake. - Mi chiamo Katherine -
- Ma la smetti di guardarli in quel modo? - Sbottò Vanessa sbuffando teatralmente. Un po' la capivo, perchè ne io ne lei avevamo tutta quella sfacciataggine per poter parlare con loro come se nulla fosse, ma pensavo che infondo loro lo apprezzassero, perchè erano ragazzi normali alla fine, niente di più e niente di meno. Christopher diceva sempre che ci vedeva come se fossimo tutti suoi amici, non fan, solo amici. Vanessa, però, dal canto suo, aveva le gote arrossate e stava davvero provando con tutta se stessa a trattenersi, ma bastava guardarla qualche istante per capire che avesse voglia di urlare tanto quanto me.
Vidi Carter assottigliare gli occhi ad una fessura e avvicinarsi a Christopher, allungò la mano e fece per togliergli il cappuccio, ma io scattai in avanti e gli presi il polso guardandolo come se potessi incenerirlo. - Ma che cazzo ti salta in mente? - Sbottai. - Sei fuori di testa? Non abbassargli il cappuccio, idiota -
- Volevo solo accertarmi che fosse lui - Disse battendo le palpebre. - Mi sembra surreale averli davanti capisci? -
- Fratello, ma guardalo: come fai a pensare che non è lui? Che problemi hai? Mia sorella ha la camera piena della sua faccia, è lui, lo riconoscerei persino a dieci chilometri di distanza - Intervenne Sam scoccandomi un'occhiata.
In quel momento desiderai che si aprisse un cratere sotto i miei piedi e mi risucchiasse seduta stante. Quando Sam pronunciò quelle parole, Christopher si voltò ad osservarmi e mi ritrovai immersa nei suoi occhi ambrati, che a tratti mi ricordavano quelli di mio fratello. Io lo conoscevo soltanto per ciò che leggevo di lui, per come si mostrava lui a noi e per la sua musica, però mentre mi osservava mi sembrava che mi conoscesse in un modo in cui nemmeno io riuscivo a comprendere. Mi sentii le guance andare a fuoco e pensai al motivo per il quale non mi fossi ancora messa a correre e non me la fossi data a gambe, ma poi lasciai perdere e restai a guardarlo perché mi sembrava di stare sognando e se fossi corsa via sarebbe sfumato tutto nel vento e mi sarei svegliata da quel bellissimo sogno. - Come ti chiami? - Mi chiese sorridendo.
- Victoria - Risposi con voce tremante. Ero così emozionata che stavo per mettermi a piangere, ma se lo avessi fatto probabilmente avrei fatto la figuraccia più grande di tutta la mia vita, per cui tentai di ricacciare indietro le lacrime, e godermi il momento a cuor leggero, come mi aveva suggerito Richie.
- Io sono confuso - Esclamò Jake. - Ma perché notano tutte te per primo, ma che cazzo! - Sbuffò scuotendo il capo scocciato. - Basta, io con te in giro non ci vengo più. -
- Perché io sono più bello - Piegò la testa di lato e fece una smorfia soddisfatta, tanto che gli si formarono due fossette quando sorrise.
- In realtà ti sta guardando perché non le piacciono i biondi - Spiegò Ben. - Sei come me, cioè intendo hai le mie stesse... - Quando però si rese conto dell'intenso sguardo che gli stava regalando Christopher, la sua voce si affievolì come se si fosse appena reso conto di avere detto una cavolata. -...caratteristiche fisiche. -
Lo stava guardando come se potesse incenerirlo, senza contare che io avrei voluto tirargli un pugno in faccia. Mi voltai a fissarlo con gli occhi stretti a fessura mentre Jake e Carter osservavano la scena divertiti. - Questa è bella, Ben - Esclamò Carter. - Meriti un applauso. Un oscar al mio migliore amico per favore!! - Disse poi alzando la voce e battendo le mani.
- Forse, ma dico forse eh, visto che la tua ragazza ha mie foto ovunque... - Christopher ruppe il suo silenzio accendendosi una sigaretta e sorridendo al mio ragazzo piuttosto divertito. Avevo realmente voglia di rinchiudermi in un buco, dopo questa. - Sei tu che sei simile a me. Ci hai mai pensato? -
Jake scoppiò a ridere e continuò a mangiare le patatine insieme a Katherine, mentre Vanessa scuoteva la testa e mi osservava compatendomi. - Vi prego continuate - Ridacchiò Jake. - Tutto questo è molto più divertente di Cody che litiga con Margareth perché è innamorata di Chris e vuole sposarlo, esilarante – Disse battendo le mani e ridendo come un pazzo.
- Stai zitto Jake - Esclamò Chris. - Comunque siamo venuti qui da voi per un motivo preciso. - Ci informò Christopher.
- Ah giusto, me ne stavo dimenticando - Continuò Jake. - Avete tutti il biglietto? - Chiese.
- Sì, sì - Disse Sam. - Abbiamo il parterre, siamo in coda di qui per questo. Ci hanno detto che saremmo dovuti arrivare presto, per essere il più davanti possibile. - Spiegò.
- Sì beh, si da il caso che il capo supremo, ad ogni concerto, ci dia l'ordine di scegliere un gruppetto di persone da poter portare con noi, nel backstage, per chi non è riuscito ad avere il meet - Ci disse Christopher sfregandosi le mani e sorridendo come se avesse detto che ci regalava una bottiglia di acqua. Come era possibile tutto ciò? Ero sveglia o stavo sognando?
- Per capo supremo intende Hitler - Disse Jake. - Cioè Ashley, ops -
- Imbecille - Lo rimbeccò Christopher. - Non è finita qui. Se Jake sta zitto, forse riesco a spiegarmi. - Mi sembra che siate sei, a meno che non manchi qualcuno e se sì ditecelo, ma noi abbiamo a disposizione cinque meet con Ash, purtroppo. -
- Fatelo voi - Dissi immediatamente. - Avete già fatto tantissimo per me avendomi regalato questo biglietto, e per è già un sogno essere qui, mi basta stare sotto al palco. -
- Io non lo faccio senza di te - Esclamò Katherine. - Questo lo sognavamo entrambe, non posso farlo senza di te, e credo che la pensino così anche gli altri, anzi ne sono sicura. -
Seguì il coro dei miei amici d'accordo con lei, ma io continuai a negare con la testa, anche perché a dirla tutta non avrei saputo nemmeno cosa dirle e come comportarmi. E poi avevo già visto Jake e Christopher, e valeva tantissimo per me, quindi andava bene così. - Katherine, sono seria, no. Non saprei nemmeno cosa dirle, non saprei come comportarmi Lascia perdere, okay? Cioè ovviamente mi piange il cuore, darei la mia vita per un minuto di tempo con lei, ma non saprei nemmeno da che parte iniziare, probabilmente la guardarei e mi metterei a piangere. - Mi tremava la voce, a dirla tutta, e tremavo anche io onestamente per tutto quello che provavo in quel momento. Mi sentivo realmente tre metri sopra il cielo, ed ero davvero felicissima di ciò avevo già così. - Però davvero, sono la persona meno indicata e non serve nemmeno che vi dica il motivo perché lo sapete. Per me è tantissimo essere riuscita a venire qui, dopo tutto quello che è successo non credevo di potercela fare e non me la sentivo nemmeno, però sono qui, con voi e grazie a voi, e mi sento già sulle nuvole così, quindi non preoccupatevi, mi basta questo. -
Vidi Jake e Christopher lanciarsi un'occhiata a vicenda e subito dopo Chris tirò fuori dalla tasca del cappotto i cartellini del vip da attaccare al collo. Si avvicinò a me e con un sorriso m'infilò il pass al collo e mi guardò dritto negli occhi. - Questo è il tuo momento - Sussurrò. - Non smettere mai di sognare, sei una stella ed è proprio perchè lo sei che devi usare la tua luce per brillare più che puoi. -
In quel momento non riuscii proprio a trattenere le lacrime, e quando vidi il suo sorriso, quello che avevo sempre visto in foto, scoppiai davvero a piangere. Sentii la mano di Benjamin intrecciarsi alla mia e posai la testa sulla sua spalla quando fu sufficientemente vicino, mentre Christopher continuava comunque a guardarmi e sorridere. Mi strinsi a Ben, e lasciai che le lacrime si sfogassero perché ne sentivo davvero il bisogno per tutto quanto quello che era successo. Io sapevo che non avrei dovuto permettere che accadesse, sapevo che non mi sarei dovuta lasciare andare, perché nel momento in cui avrei permesso che accadesse avrei pianto tutte le lacrime che in quelle settimane avevo evitato. Christopher si voltò verso Jake che parlava con gli altri ragazzi, lasciandomi da sola con Ben che continuava a stringermi forte e baciarmi la testa. - Va tutto bene amore mio - Disse. La sua voce era così rassicurante che mi convinsi davvero che piangere andava bene, in quel momento. Per cui mi aggrappai letteralmente alla sua maglietta, stringendo il tessuto fra i miei pugni, e lasciai che le lacrime cadessero copiosamente. Lui mi abbracciava come se fosse fermamente convinto che prima o poi sarebbe successo, come se se lo aspettasse e se lo aspettassero tutti. Non sapevo cosa mi fosse successo in quelle tre settimane, da quando avevo ricominciato a parlare, non sapevo perché mi stavo rifiutando di accettare come mi sentivo e di pensare a ciò che era successo al processo. Non avevo idea del motivo per cui stavo evitando Juliette, forse ero spaventata, forse non la volevo ascoltare perché sapevo che sarebbe stato troppo dolore un'altra volta. Non volevo pensare alle due settimane in cui ero stata chiusa in quel tugurio, dove mio padre entrava liberamente quando più gli andava e dove si era ripetuta la stessa storia di anni prima, senza nemmeno che io me ne rendessi conto. Mi spezzava troppo, e forse era per quello che stavo reagendo in quel modo, ma vedere Christopher e sentirmi dire, proprio da lui, che ero una stella mi aveva dato il colpo finale, proprio perché mai avrei pensato che fosse possibile.
- Grazie - Sussurrai a Ben tirando su con il naso. - Grazie per essere qui ancora una volta mentre io sto crollando. -
Ben mi prese il viso fra le mani e mi sorrise guardandomi dritto negli occhi: mi faceva sentire così piena di amore quando mi guardava in quel modo. Mi asciugò le lacrime e mi accarezzò dolcemente, posando la fronte sulla mia e prendendomi poi la mano, chiudendo gli occhi. - Dove altro potrei essere, se non qui con te? - Lo abbracciai con forza, lo strinsi forte, forte e sempre più forte. - Dai vieni, ci stanno aspettando. -
- Ben - Dissi tirando su con il naso e facendo un cenno con la testa verso i ragazzi. - Ti rendi conto? Quello è Christopher Morgan, e l'altro è Jake Parker. Le loro foto stanno appese nella mia camera da una vita: li ho sempre e soltanto visti in foto o nei video, e adesso sono qui davanti a me e mi hanno anche parlato. Sto malissimo, posso continuare a piangere? - Domandai lanciandogli un'occhiata e tornando a guardare Christopher.
Ben s'incamminò facendosi seguire a ruota da me, mentre borbottava e batteva le palpebre infastidito da ancora non sapevo cosa. - Se Christopher non la smette di guardarti come se fosse la madonna i motivi per cui piangerai saranno altri. - Sbottò prima che arrivassimo da loro.
- Ci siamo tutti? - Esclamò Jake. Ci osservava sorridente e lo vidi alzare un braccio, girare su stesso e piazzarsi davanti a noi. - Avanti ciurma di bimbi sperduti, è l'ora di andare a incontrare la piccola Wendy - Disse ridendo.
- Stai zitto e cammina, peter pan dei miei stivali - Intervenne Christopher spingendolo e scuotendo la testa divertito, con tutti noi alle loro spalle che li seguivamo come se ne valesse delle nostro vite.
***
Dopo cinque minuti camminando, anzi nemmeno perché stavo a spalle di Sam, arrivammo sul retro dell'edificio e prima che potessimo entrare la porta si spalancò di scatto, dando largo spazio a due risate genuine e tanto pure quanto lo erano quelle dei bambini. I capelli biondi di Ashley furono i primi che intravidi e nel momento in cui uscì dalla porta trascinando Cody mentre ridevano e si baciavano dolcemente fra quelle risate, il mio cuore perse un battito e sentii le lacrime chiamare ancora una volta. Tornai con i piedi per terra, coprendomi le labbra con la mano e posando l'altra sul cuore, barcollai all'indietro e andai a sbattere contro Ben, che mi strinse forte e sorrise quando notò la mia espressione meravigliata. Era ancora più bella dal vivo e la sua risata era ancora più magica sentita davvero, in quel momento, sincera e realmente felice, mentre era aggrappata, letteralmente, al collo di Cody. Era così spensierata che sembrava un aneglo delle nevi e non potei fare a meno di pensare a quanto fosse splendida in tutto e per tutto.
Ashley si mise a canticchiare scuotendo la testa e lasciando che i suoi capelli volteggiassero nel vento, mentre lui la osservava come se al mondo non esistesse nient'altro di più bello. Mi domandai come ci si sentisse a fare la loro vita ed avere qualcosa di eterno e puro come quel sentimento, nonostante sapessi che il mondo in cui avevano sempre vissuto non lo fosse. Però bastava guardarli per capire quante storie avevano da raccontare e quanto amore fosse racchiuso in quegli sguardi sorridenti e felici. - Bit of this and a bit of that, it's bittersweet how you bring me back, oh... - Mentre canticchiava schioccava le dita e Cody batteva le mani muovendo la testa a ritmo che scandiva Ashley con lo schioccare di dita e con la voce. Sorrideva, come faceva sempre mentre cantava, e lo guardava come se le piacesse ciò che stava cantando.
- You turn cold and I turn bitter - Intervenne Christopher alle loro spalle. Sia lui che Jake si unirono al ritmo scandendolo entrambi in diversi modi e ricominciando a cantare la strofa. - Ho trovato il finale della canzone, vi amo, vaffanculo - Esclamò andando incontro ad Ashley, abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia.
Cody batté e osservò entrambi, senza nemmeno accorgersi di noi dietro che li stavamo fissando come se fossimo all'Olimpo e ci trovassimo davanti a delle divinità, soprattutto io, che mi stavo sentendo malissimo. Ero così emozionata che non riuscivo a spiccicare parola, nemmeno a sollevare la mano e sussurrare un ciao. - Dove eravate finiti? Erika si sta lamentando perché non avete provato la chiusura con Ash. -
- Erika può anche smetterla di fare la dittatrice - Esclamò Jake scocciato. - Appena la vedo glielo dico, nemmeno le patatine in pace mi posso mangiare. - Sbuffò scocciato.
- Eravamo in missione, come voleva la qui presente principessa, più dittatrice della sua migliore amica. - Spiegò Christopher tirando giù il cappuccio e voltandosi verso di noi.
Quel gesto portò entrambi i ragazzi ad osservarci e quando incrociai lo sguardo di Ashley mi mancò il respiro di nuovo. I suoi occhi sembravano pezzi di cielo in cui ci si poteva sentire liberi e felici come non mai, in cui si poteva spiccare il volo senza paura, come se attraverso quello sguardo ti stesse dicendo che qualunque cosa sarebbe successa, anche se fossi caduta, lei ci sarebbe stata e sarebbe stata pronta a riprenderti. Era davvero, davvero bellissima, incantevole e magica. Ashley indossava una pelliccia nera, la cerniera aperta mostrava la felpa bianca sotto, pantaloni della tua e tacchi a spillo. Nonostante avesse tuta e tacchi, era elegantissima ugualmente, aveva un portamento che io sognavo di avere da una vita: avrebbe potuto anche indossare un sacco dello sporco e sarebbe stata ugualmente elegante e bellissima. Mentre mi guardava tutte le sue parole mi tornarono in mente: tutte quelle volte in cui aveva detto che ne valeva la pena sempre, tutte le storie raccontate seduta a terra durante ogni concerto, tutte le lanterne sollevate al cielo con ogni nostro desiderio. Tutto, tutta la sua magia e tutto il suo splendore. - È lei? - Domandò indicandomi.
Chris e Jake annuirono sorridendo e osservandomi fierissimi del loro lavoro. - So solo che si chiama Victoria - Disse Christopher. - E la ragazza castana Katherine, perché Jake le ha rubato le patatine - Li informò ridendo.
- Non me le ha rubate - Disse Katherine facendosi avanti. - Gliele ho date io... Sì, insomma, era una patatina davvero buona e lui la voleva quindi io gliel'ho... -
- Oh ti prego stai zitta! - Urlò Vanessa mettendosi le mani davanti al viso. - È meglio che tu stia zitta Katherine, dico davvero - Ben, alle mie spalle, scoppiò a ridere seguito da Carter e dai tre ragazzi davanti a noi.
Ashley si avvicinò lentamente e mi sorrise mentre gli altri si presentarono ai ragazzi, stringendo loro le mani, e le ragazze abbracciarono tutti. - Tu sei Victoria, giusto? - Domandò avvicinandosi lentamente ancora di qualche passo, fino ad essere dritta davanti a me. Io ero una statua: non sapevo cosa dire, cosa fare, se muovermi, sbattere le ciglia oppure sorridere. Probabilmente sarei scoppiata a piangere alla prima parola, ma cercai di darmi un contegno, per cui annuii e presi un respiro profondo. - Posso... ? - Quando mi fece quella domanda allungò le braccia e mi sorrise ancora più dolcemente. Voleva abbracciarmi... Mi stava chiedendo se mi poteva abbracciare.
Senza pensarci due volte strinsi le braccia attorno al suo collo così forte che per un istante avevo temuto che la stessi strozzando. Sentii il suo sorriso nel momento in cui lei sentì me piangere, ma a dire la verità ero così presa da quel momento e da quell'abbraccio che non mi resi neanche conto di stare piangendo. Era tutto così bello ed emozionante che non ci credevo, e temevo che fosse soltanto un sogno, tanto che mentre lei mi stringeva e mi faceva ciondolare a destra e a sinistra, mi pizzicai la mano giusto per accertarmi che fosse tutto vero. - Non ci posso credere - Dissi sciogliendo l'abbraccio e asciugandomi le lacrime. Stavo realmente singhiozzando, ma era possibile essere così disperata per i miei idoli? - Sei davvero tu, io non so cosa dire, mi dispiace, scusami, non volevo piangere è soltanto che io ero alta così... - Feci con la mano il gesto di me bambina e poi scoccai un'occhiata anche agli altri tre che mi stavano fissando sorridendo. - e voi eravate così... Io non ci posso credere aiuto – Dissi di nuovo posando le mani sul viso.
Vidi Katherine avvicinarsi e scuotere i capelli di Ashley battendo le palpebre numerose volte e osservandola come se fosse finta, o come se fosse un cartonato, confusa quanto me di averle tutti quanti davanti. - Ma sei vera? - Ashley scoppiò in una fragorosa risata e alla fine l'abbracciò mentre io mi diressi, finalmente, da Christopher.
Abbracciarlo fu come la brezza fresca e primaverile dopo un inverno gelido. Fu come se il freddo nelle ossa sparisse definitivamente, in quell'abbraccio, per dare largo spazio alla primavera, nel mio cuore. Non avrei mai pensato di poter avere una simile occasione, che la vita potesse farmi una tale regalo, ma a quanto pare aveva deciso di farlo, ed in quel momento ero così grata, che l'unica cosa che decisi di fare era ringraziare silenziosamente e stringere Christopher, forte forte, consapevole che non avrei mai avuto altre occasioni.
- Beh - Esclamò Ashley interrompendo i momenti strappa lacrime. - Vi va di cantare un po'? - Domandò sorridendo e guardandosi attorno.
Nel momento esatto in cui Ash fece quella domanda la porta si spalancò un'altra volta e ci mostro Jacob accompagnato da Cloe, che stava sulle sue spalle con una sigaretta fra le labbra mentre lui aveva la chitarra appesa al collo e borbottava fra se e se lamentandosi della ragazza. Facevano un sacco ridere, perché lei era divertita tantissimo dalla cosa, mentre lui sembrava che stesse grugnendo infastidito. Christopher si voltò ad osservarli ed Ashley si fece vicina a lui, mentre Cody attese che sua sorella tornasse con i piedi per terra con le braccia conserte come se stesse aspettando di dirle qualcosa.
Jacob, però glielo impedì afferrando la chitarra dopo essersi presentato a tutti noi, e cominciò a scandire le note della canzone di Ashley. - All that you got, skin to skin, oh my God, don't ya stop, boy... Somethin' 'bout you makes me feel like a dangerous woman... - Ashley cantava ad occhi chiusi, mentre Cody la osservava con gli occhi illuminati dalla luce della ragazza stessa, la osservava come se fosse lei fosse l'ottava meraviglia del mondo. La guardava sempre così, passavano gli anni ma il modo in cui si guardavano, nonostante tutto, non cambiava mai, erano qualcosa di incredibile: erano stati un disastro, tutti e due, ma quel caos che avevo creato aveva dato vita ad un quadro stupendo, uno di quelli che non avresti mai smesso di guardare, perchè te ne innamori ogni secondo di più.
Finita la canzone Christopher sorrise, si voltò verso di noi e ci osservò tutti uno ad uno. - Victoria, Benjamin - Disse assottigliando gli occhi ad una fessura. - Vanessa, Katherine, Sam - Si voltò verso il biondo, che stava a sua volta fissando Ashley come se fosse una dea. Non potevo negare il suo incredibile fascino, tutti la stavamo fissando e non riuscivamo a toglierle gli occhi di dosso, io per prima. - Jake due la vendetta - Esclamò scoppiando a ridere quando vide la sua espressione mentre Ashley canticchiava tutta felice. - Nonché Carter. - Concluse con un sorriso.
I ragazzi, alle sue spalle, fischiettarono e applaudirono come se avesse vinto una maratona, tanto che Chris sollevò le braccia e ringraziò mandando baci ai suoi amici e inchinandosi addirittura. Era così strano essere lì, quasi surreale.
- Posso dirla una cosa? - Disse alzando la mano e senza togliere gli occhi di dosso ad Ashley. Con la mano libera si grattava la nuca e il suo ciuffo biondo si mosse a destra e sinistra. Sollevò le sopracciglia e tossicchiò mordendosi il labbro e annuendo, come se stesse parlando fra se e se, nella sua testa.
Faceva abbastanza ridere, ma prima che potesse parlare Ben si avvicinò e gli diede uno schiaffo sulla nuca scuotendo il capo e osservandolo piuttosto contrariato.
- No - Tuonò Vanessa sbattendo le palpebre contrariata.
- Ovviamente non la puoi dire - Si unì a lei Sammy scuotendo il capo come se sapesse già a cosa stava pensando.
- Ragazzi non sapete quanto mi rende super felice tutto questo - Ashley si mise a parlare a macchinetta come se nulla fosse, come se fossimo suoi amici di vecchia data e restai incantata e super trasognante per ciò che ci aspettava dopo: grazie a Carter, avevo davanti Ashley. Grazie a Ben non avevo regalato quei biglietti, grazie a Sam non avevo rinunciato. Insieme alle mie migliori amiche stavo realizzando il mio sogno. - Non posso fare un monologo proprio ora, però una cosa posso dirla. Godetevi questo momento e accantonate tutto il resto: adesso, non importa la tristezza, il dolore, la voglia di arrendersi o il credere di non avere più le forze per lottare. Adesso conta soltanto che siete qui, che siamo qui, conta soltanto la musica. Divertitevi lì dentro, lasciatevi andare, lasciate andare tutto e pensate soltanto ad abbracciarvi. Se vi viene da piangere fatelo, abbracciatevi, amatevi, stringetevi e asciugatevi le lacrime. La musica serve a questo: a lasciarsi andare. Con il tempo, anche a mie spese, ho capito qual è il vero potere della musica, ossia unire I cuori delle persone. Non conta nient'altro, adesso, contate soltanto voi e contiamo solo noi. Siete speciali, vorrei poter stare con voi ogni volta che ne avete bisogno, ma questa è l'unica cosa che mi è concessa fare. Voi, però, per me una cosa potreste farla: amatevi, sempre, e non smettete mai di sognare, mai. Guardate dove siamo arrivati noi sognando, e guardate dove siete arrivati voi: proprio qui, insieme a noi. Siete speciali, ve lo dico dal profondo del mio cuore, godetevi questo momento, è tutto per voi. -
Erano soltanto le undici del mattino eppure mi resi conto che momenti come quelli capitavano una sola volta nella vita. Mi soffermai a pensare a quanto schifo avessi visto nel mondo, quando avessi voluto arrendermi e a quanto, nonostante ci stessi provando con tutte le mie forze, mi sentissi male dopo tutto ciò che era accaduto. Però quando Ashley incrociò il mio sguardo prima di prendermi per mano e trascinarmi con se dentro l'edificio, come un uragano che portava gioia proprio quando ne avevo più che bisogno, mi resi conto che le sue parole, il suo persistere dicendo a tutti che alla fine sorgeva sempre il sole per tutti e che c'era sempre una luce pronta a guidarci, mi stesse aiutando anche in quel momento in cui ero completamente spezzata e con quel sorriso mi stava dando la forza per puntare in alto, sempre. Qualunque cosa sarebbe accaduta, anche se fossi stata l'unica a farlo, volevo restare in piedi, dovevo farlo, e lo dovevo a tutti i miei amici. Lo dovevo a loro, alla mia famiglia, al mio gemello, al Benjamin che non faceva altro che ripetermelo da mesi, mai come in quel momento mi ero resa conto di quanto quelle parole potessero aiutare una persona a salvarsi, di quanto un sorriso da parte di qualcuno che amavi potesse asciugare le lacrime, di quanto abbraccio potesse far tornare a battere un cuore spezzato, mai come in quel momento, circondata da ciò che più amavo nella vita, ripetei a me stessa che dovevo puntare in alto. Lo dovevo a quella bambina che era rimasta sola in un angolino a piangere per anni, a quella bambina che non aveva visto altro al di fuori del buio, a quella bambina che non conosceva altri colori escluso il nero. Perché forse, puntando in alto come Ashley mi aveva sempre insegnato, sarei riuscita a trasformare il nero in bianco, sarei riuscita a colorare finalmente la mia vita e guardare l'arcobaleno con un sorriso, dicendo addio alla pioggia che mi aveva uccisa infinite volte.
Mentre Ashley mi stringeva la mano lo pensai ancora, e sorrisi a cuor leggero per la prima volta dopo anni: punta in alto, Victoria, sempre.
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Vi faccio questo suuuuuuper regalo di Natale sperando di riuscire a pubblicare la seconda parte a capodanno, ma non ne sono sicura.
Vorrei dirvi che dopo la seconda parte del capitolo (ho dovuto dividerlo perché avrei sforato tantissimo con la lunghezza, sarebbero di certo state oltre ventimila parole, forse anche trentamila) mi prenderò una sorta di pausa Natalizia, delle vacanze, per lavorare e terminare (spero) un progetto importante che dovrebbe uscire questa primavera.
So che è stato un anno tremendo per tutti noi, che questo sarà un Natale particolare e abbastanza triste (almeno per me) ma spero di riuscire a regalarvi la seconda parte del capitolo e magari anche un pochino di speranza, chi lo sa.
Non tutti conoscono il personaggio di Ashley e questo è a tutti gli effetti un cross over, ma spero che (nel caso in cui non sapete chi sia) le sue parole e i suoi piccoli gesti, che vedrete anche nel prossimo capitolo, riusciranno a strapparmi un sorriso e a farvi puntare in alto realmente, sempre.
Siete delle stelle, non dimenticatelo mai, non arrendetevi mai e credete in tutto ciò che fate, a prescindere dal giudizio degli altri. Fate quello che amate, amatevi, fate qualcosa per voi stessi questo Natale, sorridetevi e abbracciatevi, ne avrete di sicuro bisogno.
Buon Natale angeli <3
sempre con voi,
ila
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