Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO OTTO - wonder

Ricordo a tutti che, se lo voleste, potete contattarmi in privato per entrare nel gruppo WhatsApp 🌸

Instagram: iamilaa_

Buona lettura! 💘

capitolo otto - wonder

i wonder, when i cry into my hands, i'm conditioned to feel like it makes me less of a man

Benjamin

La casa era silenziosa, terribilmente silenziosa.
C'era qualcosa di orribile in quell'assordante silenzio, in quel fastidioso fischio che mi sentivo nelle orecchie. Tremavo come una foglia, ma non riuscivo a capire per quale motivo. Dubitavo fortemente fosse il freddo, era come se mi sentissi che qualcosa non andava. Sentivo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come un cattivo presentimento che mi accompagnava come un'ombra, mi seguiva ovunque andassi e più passavano i giorni, più la sensazione si faceva forte. Avevo il batticuore, sia per via di quella strana sensazione, sia perché tutto quel silenzio mi causava ansia.
Mi voltai verso il lato di Victoria, e la osservai dormire accanto a me girandomi sul fianco per poter osservare il suo viso. I suoi capelli neri ricadevano morbidi sul cuscino, il suo viso pallido era teso, proprio come il mio. Aveva le labbra leggermente gonfie e le palpebre fremevano, facendomi pensare che stesse sognando. Osservandola attentamente potevo vedere le ombre agitarsi sotto i suoi occhi e mi sentii a pezzi per lei, perché la vedevo proprio spezzata e sapevo benissimo che non potevo fare assolutamente nulla per aiutarla, per salvarla da se stessa. Sperai che il mio amore la aiutasse, almeno un pochino, a tirarsi su, a stare meglio, ma dubitavo fortemente che dirle che l'amavo sarebbe bastato a far sparire gli incubi. Lasciai cadere lo sguardo altrove, perché mi veniva da piangere ad osservare il suo viso di porcellana consumato dagli incubi e dalla vita che stavamo facendo, da come stavamo vivendo entrambi, per cui spostai lo sguardo sul suo corpo e osservai le sue curve morbide baciate dai raggi della luna. Era coperta soltanto dalle lenzuola, i segni del nostro amore erano ancora ben visibili, sia in quella stanza riempita soltanto di noi, che sui nostri corpi. La sua mano era posata sulla mia e le nostre dita erano intrecciate, per cui riuscii a vedere tutte le cicatrici sul suo polso destro, che spezzavano il mio cuore sempre di più. Mi domandai dove andasse, nei suoi sogni, e mi chiesi se ci potessi entrare per proteggerla, se fosse possibile, perché sentirla tremare e sospirare per la paura mi faceva venire voglia di buttarmi dalla finestra. Accarezzai il suo viso con i polpastrelli delle dita, spostai le ciocche dei suoi capelli per poterla accarezzare meglio e mi avvicinai al suo viso baciando la sua fronte, mentre la mano scorreva lungo tutto il suo corpo, tentando di placare la paura e trasmetterle soltanto amore. Non riuscivo più a dormire: non facevo una dormita decente dal giorno dell'incidente. Non lo avevo detto a nessuno, soprattutto a lei per non farla preoccupare ancora di più, ma nei incubi vivevo il mio inferno personale. Sentivo la pallottola di Paul trapassarmi ogni notte, sogno dopo sogno, e sognavo ogni volta di morire, senza riuscire a salvare lei. Ero così stanco: stanco di non poterle dare ciò che meritava, l'amore che davvero doveva avere, quello senza preoccupazioni, ansie, paura della morte. Ero stanco di non poterla fare ridere come avrei dovuto, di non poter vivere la nostra relazione a fondo, con spensieratezza, passione... Il nostro amore ci stava consumando, ma in fondo era giusto così, perché se amarla mi avrebbe trasformato in un fantasma allora sarei stato felice di diventarlo. Più la guardavo più me ne innamoravo e in quel momento, vederla con le lenzuola appoggiate sul ventre, mentre rivivevo la sera precedente nella mente, mi faceva venire i brividi. Non aveva idea di quanto valesse, di quanto mi rendesse felice il fatto di poter dire che ero solo io a poterla vedere così, così piena di vita nonostante si sentisse morire. Che paradosso: stava morendo di dolore, eppure ai miei occhi era la vita. Avrei tanto voluto sapere cosa stesse sognando, a cosa stesse pensando, ma non mi era concesso.

La mia mano continuava ad accarezzare il suo corpo e nonostante stesse dormendo, ogni carezza la faceva rabbrividire. Mi dimostrava amore anche quando non era cosciente di farlo, era tutto il mio cuore. Strinsi la sua mano con forza, la attirai a me e le stampai un bacio sulle labbra, sperando non si svegliasse, anche se avrei immensamente voluto che ricambiasse il bacio. Avrei voluto vivere in quegli attimi per sempre, avrei voluto che al mondo esistessimo soltanto io e lei, volevo che si sentisse una regina e volevo essere il suo re, per sempre, ma non vivevamo nelle favole e le nostre vite, in realtà, facevano schifo. Rimasi fermo in quella posizione per infiniti istanti, con la mano che accarezzava il suo viso, la fronte appoggiata alla sua e il mio naso che la sfiorava mentre la riempivo di baci, nella speranza che il suo incubo si trasformasse in un sogno.

Era notte fonda, quando diedi un'occhiata all'ora, la sveglia segnava le tre del mattino e il mio cuore che batteva all'impazzata mi tormentava, facendomi chiaramente intendere che palpitando in quel modo, non sarei riuscito a dormire. Dopo aver dato un'altra serie infinita di baci a Victoria, mi tirai su a sedere e mi sfregai il viso con disperazione, pensando al da farsi e come poter tornare a dormire. Avrei potuto farmi uno spinello e rilassarmi con il profumo dell'erba, ma se Vic avesse scoperto che avevo fumato senza di lei mi avrebbe ucciso, così valutai altre opzioni e alla fine decisi di rivestirmi e scendere in cucina a farmi un tè. Eravamo talmente presi da quello che stava accadendo che ci eravamo addormentati così, vestiti di niente, lasciando gli abiti sul pavimento e vestendoci soltanto del nostro amore, con i nostri corpi, pelle contro pelle.
Prima di scendere al piano di sotto mi piegai nuovamente a baciarle la testa, non riuscivo a farne proprio a meno, e sorrisi guardandola stringersi in se stessa e farsi piccola piccola mente si abbracciava. - Ti amo con tutta la mia anima, spero che tu lo sappia. -

Mi alzai definitivamente dal letto e feci per uscire dalla porta, ma prima che potessi chiuderla per far sì che nessuno la svegliasse la sua voce mi fece voltare. - Sì, lo so bene. - Mi voltai di scatto e la osservai sbattere le palpebre guardandosi attorno confusa. Con un braccio teneva su il lenzuolo per coprirsi il seno, ma la luce della luna illuminava la sua pelle bianca come il latte ed i suoi occhi stanchi. La sua aria distratta, da appena sveglia, mi inteneriva. - Io ti amo in un modo in cui non credevo fosse possibile amare una persona. Non pensavo che il mio cuore fosse in grado di amare, che potesse farlo. - Stava parlando. Sbattei le palpebre confuso e rientrai in camera, guardandola probabilmente come se fosse un'aliena. - Perché mi guardi così? - Ridacchiò alzandosi in piedi e trascinando con se il lenzuolo.

Sembrava una sposa guardandola così: il lenzuolo copriva giusto lo stretto necessario, lo teneva su con le braccia mentre il resto strisciava dietro di lei lasciando le sue gambe slanciate libere e rendendola sensuale in un modo fuori di testa. - No nulla - Replicai avvicinandomi. - È solo che... - Piegai la testa di lato e le scostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. - Sentirti parlare mi ha fatto perdere un battito, non sento la tua voce da quel giorno, al parco. -

- Hai preso una botta in testa? - Domandò ridendo. - Non senti la mia voce da ieri sera, prima che... - Si guardò e scoccò un'occhiata alla stanza. - Sì dai insomma, hai capito. -
Mi grattai la testa confuso, parecchio confuso. - Torna a letto... - Mi disse tirandomi per la t shirt. - Dove stavi andando? -

Mi voltai a guardare il corridoio indicandolo e poi tornare a guardare lei negli occhi, sempre più confuso. - Stavo scendendo a farmi un tè, non riesco a dormire. Ne vuoi uno anche tu? - Le chiesi con gli occhi stretti ad una fessura.

- No - Rispose arricciando il naso e facendo un altro passo verso di me. - Voglio solo che torni a letto, con me, adesso. -

Più la guardavo più pensavo al fatto che ci fosse qualcosa che non andava, non mi sembrava lei, non aveva mai fatto così e soprattutto non parlava da tempo. - Arrivo amore, vado a farmi un tè, ci metto due minuti. -

- No Ben! - Esclamò tirandomi per il braccio. - Non lasciarmi da sola ti prego - Piagnucolò con disperazione.

Sorrisi e le posai un bacio sulla fronte, osservandola incuriosito. - Solo due minuti raggio di Luna, aspettami qui. -

Victoria piagnucolò ancora qualche istante mentre uscivo dalla stanza ma alla fine, dopo un sospiro, tornò letto e mi mandò un bacio volante prima che uscissi dalla stanza.

Scesi le scale e arrivai al piano di sotto ancora confuso e grattandomi la testa: era tutto troppo strano, c'era qualcosa che non mi quadrava in ciò che avevo appena visto, quella non era Victoria, era impossibile. Non poteva avere ripreso a parlare così, dal nulla, non era una cosa possibile.
Tornò la strana sensazione di qualche istante prima, quel brutto presentimento che mi accompagnava da ormai giorni, e mentre infilavo la bustina di tè nell'acqua bollente, rimasi a fissare il vuoto con la convinzione che potesse darmi risposte, ma non ne trovavo.

Più domande la mia mente si poneva, meno risposte ottenevo. Avevo troppe cose a cui pensare, troppe cose da tenere in conto. Victoria era molto fragile, quando stavo con lei non stavo attento, di più.

Ritornai a fare le scale con la mia tazza fumante, finché non arrivai alla porta della camera e sorrisi. - Eccomi qui amore mio - Esclamai aspettandomi di trovarla a letto.

Quando però alzai lo sguardo, lei non c'era più. Posai la tazza sul comodino e cominciai a guardarmi attorno ancora più confuso di prima. - Victoria? - La chiamai girando su me stesso più volte.

Uscii in corridoio e provai ad andare verso il bagno, convinto che magari fosse lì. - Victoria sei qui? - Domandai posando l'orecchio sulla porta.

Il nulla, silenzio totale. Preso a tremare come una foglia, mentre le mie brutte sensazioni si facevano sempre di più panico. Tornai nella stanza e ricominciai a guardare ovunque: sotto al letto, dentro l'armadio, dietro le tende scure che mi aveva messo Nicole, nulla, non c'era da nessuna parte. - Amore mio... ? - La mia voce tremava in un modo talmente assurdo da spaventarmi ancora di più. Sentivo le gambe di gelatina e il cuore battere a mille nel mio petto a causa del panico.

Mi misi a sedere sul letto e mi presi la testa tra le mani, con disperazione. Fu quando sentii un rumore strano che i miei sensi scattarono sull'attenti: sembravano quasi gocce di pioggia che cadevano sull'asfalto. Un tic costante, che non capivo esattamente da dove venisse.

Mi alzai di nuovo in piedi e arricciai il naso tentando di tendere le orecchie il più possibile, ma con scarsi risultati. Ad un certo punto, improvvisamente e spaventandomi, sentii una goccia cadere sulla mia mano, e quando notai che era color rosso scarlatto il mio cuore perse un battito.
Alzai la testa e la vidi lì: incollata al soffitto, con qualcosa che non riuscivo a capire cosa fosse che le trafiggeva lo stomaco e l'espressione vuota, spenta, mentre la macchia scarlatta si allargava sempre più e il suo viso di porcellana era pallido. Era morta: l'avevo lasciata da sola mezzo secondo e l'avevano uccisa. Sentivo le lacrime bagnarmi il viso, non riuscivo nemmeno ad urlare da quanto mi sentivo sotto shock, non respiravo e non mi muovevo. Pensai che fosse la fine, quella, che non avessi più speranza e fosse arrivato il mio momento. In quel momento tutto ciò che mi circondava perse di significato, niente al mondo aveva più valore, nemmeno la mia vita. La mia anima, che avrei ceduto a lei con tutto me stesso, si stava consumando a causa del dolore, a causa dell'immenso vuoto che sentivo.

Caddi a terra in un tonfo sordo, perdendo i sensi a causa dello spavento e pensai di essere morto quando il buio mi risucchiò ed il solo pensiero che avevo in testa era che la sua morte, aveva causato anche la mia. Non volevo più vivere, non aveva senso, per cui sperai che la caduta che mi aveva fatto sbattere la testa a terra con violenza, sarebbe stata anche quella che mi aveva ucciso, perché non volevo più aprire gli occhi e svegliarmi in un mondo in cui lei, la mia unica ragione di vita, non c'era più.

***

Mia svegliai di soprassalto con il cuore che batteva così forte da farmi pensare che mi stesse chiedendo di strapparlo dal petto e lanciarlo fuori dalla finestra.

Ero confuso, parecchio confuso, non riuscivo a capire cosa fosse successo, più che altro, e per quale motivo gli incubi e gli attacchi di panico stessero iniziando a tormentarmi in quel modo.

Mi posai una mano sul petto perché sentivo la ferita al petto bruciare, come se qualcuno mi avesse appoggiato sopra del ferro bollente, così mi misi a sedere tentando di respirare lentamente e profondamente, sperando che mi avrebbe aiutato.
Ero rigido come una statua per quanto fossi agitato: era la prima volta che mi capitava di fare un sogno di quel tipo, e mi prese il panico pensando al fatto che avevo lasciato Victoria sola per due minuti, nel sogno, e lei era morta. Cosa significava? Cosa mi stava succedendo? Sognavo spesso l'incidente, non era una novità, oppure sognavo dei momenti con Victoria, lei che parlava al mio fianco e mi raccontava un po' di tutto, oppure che piangeva stringendo la mia mano. Avevo iniziato a pensare, per quanti quei sogni fossero strani, che si trattasse di cose che sognavo mentre ero in coma. Ma il sogno che avevo appena fatto non aveva nulla a che vedere con gli altri, era tanto diverso, era così reale rispetto a quelli a cui ero abituato, così vivido da farmi pensare che ci fosse qualcosa che non andava.

Era un periodo molto precario, in cui ero teso e preoccupato per tutto quanto, avevo una strana sensazione nel petto, come un peso che mi schiacciava e mi torturava giorno dopo giorno, notte dopo notte.

Presi a tastare il letto con entrambe le mani e mi voltai di scatto a cercare Victoria, ricordandomi soltanto in seguito che non aveva dormito con me quella notte. Non sapevo che cosa fare: ero così disperato e così nel panico che sospettavo le fosse successo qualcosa mentre io non c'ero, così preso dall'ansia presi il telefono e mi catapultai giù dal letto, corsi giù per le scale per farmi un tè e pensai al da farsi.

Se le avessi telefonato non avrei mai risposto, non c'era proprio speranza perché sia lei che Sam, quando dormivano, spegnevano il cellulare. Mi rigirai la tazza di tè fra le mani pensieroso, con il respiro pesante e la testa piena di cattivi pensieri, per cui decisi che l'unica cosa che potevo fare era controllare che non fosse successo nulla, di persona.
Presi le chiavi della macchina dal tavolino dell'ingresso e uscii di casa come se fossi un pazzo squilibrato. Guidai sulla statale ai 200 km/h fregandomene altamente delle conseguenze anche se ero consapevole di poter trovare una pattuglia o di avere preso qualche multa.

Una volta giunto a casa di Victoria controllai l'orologio: le tre del mattino. Il panico s'impossessò di me quando notai che avevo controllato l'ora alla stessa ora del mio sogno.
Scesi dall'auto come un treno in corsa, attraversai la strada e giunsi davanti al portone di casa Hastings. Feci per suonare il campanello ma poi tirai indietro la mano: non potevo suonare, avrei svegliato tutti.

- E ora che faccio? - Piagnucolai rivolgendomi al cielo. Mi guardai attorno e cominciai a calciare dei sassolini girando per il vialetto, finché non mi soffermai ad osservare la ghiaia dell'aiuola che segnava il perimetro del giardino.

Mi abbassai a raccogliere una manciata di sassi e camminai verso la sua finestra. Piegai la testa di lato e saltellai un po' sul posto sperando di scaldarmi e pregando che mi aprisse qualcuno in fretta perché altrimenti sarei morto ibernato. Presi un respiro profondo e cominciai a lanciare i sassolini contro la finestra, consapevole che lei o Sam mi avrebbero sentito prima o poi.

- Andiamo Sammy, svegliati... - Borbottai tra me e me. Sbuffai lanciando continuamente sassolini e quando finalmente vidi una lieve luce accendersi sorrisi vittorioso e attesi che aprissero la finestra.

- Benjamin? - La voce assonnata di Sam mi scaldò il cuore qualche istante, ma poi gli feci un cenno del capo e lui annuì richiudendo la finestra.

Corsi verso la porta e qualche secondo dopo si aprì. Sam se ne stava sulla soglia, con una felpa di quattro taglie più grande e spessa quando un piumone. Pantaloni del pigiama e capelli sparsi d'appertutto. - Entra imbecille - Esclamò spalancando la porta. - Che diavolo ci fai qui? Sono le tre del mattino testa di cazzo, stavo dormendo! - Sbuffò infilandosi le dita tra i capelli.

- Dov'è Victoria? - Domandai senza nemmeno rispondere alla sua domanda è tenendo gli occhi fermi sulle scale.

- Ciao Sammy, scusami se ti ho svegliato alle tre del mattino, grazie per avermi aperto sei un angelo! - Borbottò fra se è se imitando la mia voce. - Oh figurati Ben, per un amico questo e altro! -

Mi voltai ad osservarlo battendo le palpebre e scrollando le spalle. - Hai finito? - Chiesi arricciando il naso e abbassando il cappuccio. - Comunque io non parlo così razza di imbecille. -

- Siamo passati a quel livello della relazione in cui tu piombi qui alle tre del mattino, così come se nulla fosse, perché ti mancava? Tu sei impazzito, sei fuori di testa, psicopatico e malato. Dovreste disintossicarvi l'uno dall'altra, stupidi. - Continuò scocciato e camminando avanti e indietro nell'atrio.

- Guarda che io non sono venuto qui soltanto perché mi mancava idiota - Tuonai dandogli una leggera spinta. - Ho un cattivo presentimento. - Cercai di spiegargli senza sembrare pazzo.

- Che significa che hai un cattivo presentimento? Ma sei impazzito? Mi hai svegliato per questo? - Esclamò confuso e piuttosto contrariato.

Cominciai a fare ballare le gambe con agitazione e portai il viso al cielo: ero confuso tanto quanto lui, ma ero serio, ero spaventato, avevo paura per lei, dovevo proteggerla in qualsiasi modo possibile, ma come potevo farlo se tutti affermavano che eravamo troppo? Troppo in tutti i sensi, troppo innamorati, troppo persi l'uno nell'altra. Troppo: io e lei eravamo troppo. - Sam, ascoltami bene, ho una bruttissima sensazione. Qualcosa non va, devi credermi. Voglio solo sapere dov'è e se sta bene, per favore... -

Lo stavo supplicando. Io lo vedevo come mi guardava, mi sentivo un pazzo in quel momento, a dire quelle cose a voce alta, però era la verità. Ero certo che ci fosse qualcosa che non quadrava, mi sentivo come se un'ombra oscura incombesse su di noi, e l'ultima volta che avevo avuto quella sensazione Victoria si era consegnata a suo padre. - Per favore Sam, ti sto pregando. -

Avevo la voce rotta ed ero sull'orlo di un pianto: non riuscivo a spiegarmi per quale motivo mi sentissi in quel modo, perché fossi così ossessionato da quell'idea, ma io me lo sentivo. Me lo sentivo nelle viscere che stava per succedere qualcosa e non potevo perderla di vista nemmeno un secondo. Forse il sogno mi aveva turbato un po' troppo, forse ero io troppo sensibile in quel periodo, non lo sapevo davvero dire che cosa mi stava succedendo, sapevo solo che ero terrorizzato dall'idea che potesse succederle qualcosa mentre io non ero insieme a lei e non la potevo proteggere. - Che cosa è successo, Ben? Perché sei così preoccupato, perché stai piangendo? -

Scossi la testa e in seguito la alzai al cielo perché sapevo che se gli avessi detto del mio sogno mi avrebbe cacciato a calci, però la verità era che io non lo sapevo, non avevo idea del perché mi sentissi in quel modo, non ne avevo proprio idea. - Io ho... - Sospirai a fondo e alla fine lo guardai, arrendendomi a sembrare un sociopatico. - Ho fatto un sogno, che mi ha scombussolato parecchio, e nulla Sam. Non so che cosa dirti perché sono terrorizzato dall'idea che le possa succedere qualcosa mentre io non ci sono per proteggerla. Non mi allontanate da lei, ve ne prego, io non ce la faccio senza di lei, ti prego Sam, ti scongiuro, fammela vedere, voglio solo vederla, ti prego. -

Sam mi osservò tirando su con il naso e portando il viso al soffitto, sconsolato. - Che cosa hai sognato? - Domandò alla fine.

Quando tornò a fissarmi, dritto negli occhi, mentre mi disperavo sotto al suo sguardo, chiusi gli occhi e ingoiai la lacrima salata che mi aveva bagnato la guancia proprio mentre ripensavo a quando mi ero reso conto che lei era morta. - Che la uccidevano. - Risposi sussurrando e guardandomi le punte dei piedi. - Ho sognato che la uccidevano. -

Gli si bloccò il respiro quando si rese conto di quello che avevo detto, e pensai fosse per quel motivo se alla fine decise di farmi andare da lei. - Vai. - Disse. - Sta con lei, dormirò giù io. -

- Grazie Sam. - Risposi lasciando andare un sospiro di sollievo. - Grazie di cuore. -

- Ben - Mi chiamò prima che fossi di sopra. - Io non vi voglio allontanare, voglio solo che non succeda di nuovo come -

- Lo so - Replicai sorridendogli. - Lo so però te lo chiedo per favore, io non posso stare lontano da lei, non ce la faccio, Sam. Starle lontano mi uccide. -

Sam fece un mezzo sorriso e alla fine mi fece un cenno del capo, per cui sollevai il braccio e salii da lei.

***

Arrivai dinanzi alla porta della sua stanza e mi appoggiai allo stipite osservandola attentamente. Avevo le mani in tasca e il cappuccio sollevato perché sentivo freddo, ma freddo nell'anima, quello che non passava se non con il calore di un suo bacio.

Lei se ne stava accovacciata sotto le coperte, ed era girata di schiena. Non riuscivo a capire se stesse effettivamente dormendo o se fosse sveglia, sapevo solamente che volevo guardarla, per accertarmi che stesse bene, che respirasse. Non potevo vedere in che modo stesse dormendo, ma ero certo che fosse accovacciata in posizione fetale, come una bambina. Faceva tenerezza quando dormiva, perché si faceva piccola piccola, così minuscola che le avresti ceduto ogni pezzo di cuore.

Entrai nella stanza sedendomi sul letto e avvicinandomi lentamente a lei, sperando di non svegliarla. La osservai con gli occhi chiusi e le labbra schiuse. Respirava pesantemente e non stava dormendo per niente rilassata. Tremava anche lei, proprio come me. Mi domandai cosa stesse sognando, cosa ci fosse dentro quegli incubi di cui non parlava mai, cosa vedesse sempre di tanto brutto e per quale motivo aveva pensato di non dormire più. Vedevo le ombra sotto ai suoi occhi agitarsi, mi sembrava quasi di vedere i suoi demoni calpestarla e mi si strinse il cuore sapendo che non potevo farci nulla. Ero tentato di svegliarla, per farla smettere di sognare, ma mi avevano sempre detto che era pericoloso. Carter diceva che svegliare un sonnambulo o qualcuno che parlava nel sonno o che stava sognando in modo agitato e nervoso avrebbe potuto comportare pessime conseguenze sulla persona. Lui mi aveva spiegato che, soprattutto i sonnambuli, avrebbero rischiato l'infarto. Per cui alla fine scelsi di rimanerle accanto semplicemente, m'infilai sotto le coperte e la strinsi forte tra le braccia, sperano che sentisse il calore del mio amore e che si sentisse al sicuro, accanto a me.

Si mosse con agitazione e alla fine, si voltò verso di me e spalancò gli occhi, con il respiro spezzato e l'espressione confusa e spaventata. Si guardò attorno qualche istante e dopo essersi resa conto del fatto che fossi accanto a lei, passò le mani sul mio petto e lasciò andare un respiro rilassato. In un secondo momento posò la fronte sulla mia e allacciò le braccia dietro al mio collo, mentre una lacrima bagnò la sua pallida guancia. Sollevai la mano e l'accarezzai, asciugai la lacrima e le baciai il naso, facendola sorridere. - Ehi - continuai ad osservarla, quasi come se non fosse davvero tra le mie braccia. Mentre la stringevo sentivo ancora il mio sogno così reale da spezzarmi il respiro, così viscerale che temevo stessi ancora sognando. Mi sentivo quasi come se la realtà non fosse quella, ma fosse quella di ciò che credevo fosse il sogno, come se stessi lì da lei in sogno pur di non accettare che in realtà fosse morta. Era terribilmente strano, il modo in cui mi sentivo, così strano che quando cercò la mia mano per intrecciarla alla sua, iniziai a contare le dita pur di capire cosa fosse vero e cosa no.

Quando Victoria si rese conto di ciò che stava succedendo, si puntellò sui gomiti e batté le ciglia osservandomi attentamente. Posò una mano sul mio petto e sollevò le sopracciglia, come se attraverso quel gesto mi stesse indicando di respirare piano e lentamente, come se stesse dicendo che sarebbe andato tutto bene. Scrisse sulla mia pelle, lei, per capire che cosa stesse succedendo, e mi domandò se andasse tutto bene, se fosse tutto ok. - No amore, non va tutto bene - Risposi guardandola negli occhi e accarezzando il suo viso. - Ho fatto un brutto sogno: o almeno spero che quello fosse il sogno e che questa sia la realtà. -

A quel punto Victoria s'inginocchiò e quando vide che mi agitavo sempre di più mi fece sedere e si mise in braccio a me, a cavalcioni, in modo che riuscisse a guardarmi bene negli occhi. Prese le mie mani, sorrise leggermente e dopo aver fatto un respiro profondo, iniziò a sollevare un dito. Annuì lasciandosi sfuggire un risolino, mentre io tentavo di capire cosa stesse facendo, e quando mi indicò con le mani di contare sorrisi anche io. Lo avevo fatto anche io, con lei, durante un attacco di panico: avevamo contato insieme per farle capire che non stesse più sognando ma che quella era la realtà. Così, senza staccare gli occhi dai suoi, contai a voce alta, per entrambi. - Uno - dissi arricciando il naso. - due, tre, quattro e cinque. - Lasciò cadere la mano destra e sollevò la sinistra. - Sei, sette, otto e nove. - Con le dita tenne la mia mano, e posò la fronte sulla mia chiudendo gli occhi e invitandomi a fare lo stesso. - Dieci - Bisbigliai sulle sue labbra prima di baciarla.

Sorrise, mentre io presi il suo viso fra le mani e la baciai più intensamente facendo aderire il mio busto al suo petto. Solo lei riusciva a farmi tornare alla realtà, solo lei poteva farmi capire di essere sveglio regalandomi un sogno che avrei di sicuro amato per tutta la vita, un sogno che non lo era davvero, che era reale. Sentivo un urgente bisogno di baciarla, baciarla e baciarla ancora, avrei passato il resto della notte così, con il suo sorriso sulla mia pelle e sulle mie labbra, in quella posizione per sentirla meglio. Fece per allontanarsi e tornare a guardarmi negli occhi, ma io la riavvicinai e tornai a baciarla più forte di prima, perché non volevo assolutamente smettere e non volevo interrompere quel contatto. Non era necessario andare oltre, basta davvero quel bacio, quell'immenso e infinito istante in cui io e lei eravamo una cosa unica, inseparabili, indissolubili.

Quando mi decisi a mettere fine al bacio, contro la mia volontà perché non avrei interrotto assolutamente nulla, la osservai sorridermi. Era come se mi stesse chiedendo come stavo e se andasse meglio. - Adesso sto bene, grazie a te. - Spiegai scrocchiando la schiena e il collo. - Ho sognato che... - Presi un respiro profondo e distolsi lo sguardo perché in realtà mi sentivo un po' stupido ed un po' a disagio a dirle cosa avessi sognato. - Ho sognato che ti facevano del male, che tu morivi e che io non avevo fatto nulla per proteggerti. Per questo sono venuto qui adesso. Ho una brutta sensazione Vic, tremenda, da giorni, sono preoccupato e non voglio che ti succeda nulla, soprattutto quando io non ci sono. Vorrei stare qui così con te per sempre. A vivere in questa stanza soltanto noi due, così sarei certo che non ti accadrebbe nulla, qui con me. -

A quelle parole scosse il capo e mi attirò al suo petto, stringendomi con così tanta forza da farci sbilanciare. Cadde sulla schiena con un tonfo sordo e scoppiò a ridere perché eravamo un groviglio di braccia e gambe così assurdo da non sapere più dove iniziasse lei e dove finissi io. - Ti amo immensamente tanto - Le dissi guardandola ridere. - Vorrei che le nostre vite fossero più semplici, per non pensare a niente se non a noi. -

Lei mi guardò negli occhi e, dopo aver sorriso amaramente, mi baciò di nuovo, spingendomi verso di lei con le gambe e facendo in modo che ci intrecciassimo in una cosa sola, perché erano gli unici momenti davvero nostri, in cui non eravamo in pericolo e ci sentivamo al sicuro, l'uno fra le braccia dell'altro.

***

Nonostante fossero le quattro del mattino, eravamo sveglissimi. Avevamo i piedi appoggiati alla testiera del letto e stavamo ridendo senza un apparente motivo scambiandoci uno spinello e bevendo una birra. Mi piaceva stare così con lei: con la luce della luna che ci illuminava leggermente e a giocare con i piedi scalciando e facendoci il solletico a vicenda soltanto per rilassarci un po' insieme, comportandoci come se fossimo una coppia normale che viveva una normale vita. Sapevamo che avremmo dovuto pensare a ciò che ci stava accadendo attorno, ma c'era qualcosa di meraviglioso in quei piccoli gesti, anche solo il fatto di fare le capriole nel letto e ridere rotolando sul materasso tanto perché ci andava di farlo. Era una semplicità così magica, che tornare con i piedi per terra probabilmente ci avrebbe fatto male, ma in quel momento andava bene così. La televisione a volume basso ci teneva compagnia per smorzare il silenzio ed io e lei eravamo complici in quel momento di tranquillità che ci permetteva di spegnere tutto il resto.
Non volevo assolutamente pensare alla cattiva sensazione che ancora pulsava nelle mie vene, volevo solo occuparmi di quella risata che superava il volume dei miei pensieri.

Victoria si alzò a sedere improvvisamente, scoppiando a ridere quando si rese conto che la stavo guardando stralunato, prese il cuscino e me lo lanciò in faccia facendo volare mille piume per la stanza. Era come nelle favole, come avevamo sempre sognato di essere ma non avevamo mai potuto impegnarci abbastanza per farlo. Io non vedevo l'ora che tutta quella storia finisse soltanto per avere la giornata piena di quei momenti, perché era così che meritavamo di sentirci, come dei ragazzi di vent'anni che si stavano godendo la propria gioventù mente tentavano di tardare il più possibile l'ingresso nel mondo dei grandi. Il nostro problema era che eravamo in quel mondo da quando eravamo piccoli, avevamo tralasciato tutto quanto perché entrambi eravamo stati costretti a crescere contro la nostra volontà, avendo paura del buio ma diventandone complici per cercare un po' di pace.

All'improvviso sentimmo un frastuono provenire dal piano di sotto, come il rumore di un vetro che si frantumava. Sapevo che in casa c'eravamo soltanto noi due, Sam e Richie, i genitori dei ragazzi erano fuori per il weekend e avevano lasciato la casa a loro tre. Ovviamente le nostre risate si bloccarono, le piume fluttuarono nel silenzio come fiocchi di neve tristi e spenti che cadevano lentamente al suolo e fui certo di sentire il battito del cuore di Victoria così forte da rompere il silenzio che si era creato.

Uscii in corridoio con Victoria alle calcagna, trovando Richie già fuori con la mazza da baseball di Alexander. Si fermò davanti alla nostra stanza e quando mi vide sulla soglia della porta battè le palpebre confuso, probabilmente perché non si aspettava di vedermi lì. - Tu che ci fai qui? - Bisbigliò nel silenzio e nel buio del corridoio.

Scossò il capo e gli indicai di stare zitto, mentre Victoria strinse il mio braccio con forza. - Sam è di sotto - Sussurrai a Richie facendogli cenno col capo, indicando le scale.

- Cazzo! - Sbottò sbuffando e alzando il viso al soffitto.

Posò la mano sull'interruttore della luce e fece per accenderla, ma prima di farlo scattare presi il suo polso e lo bloccai. - Che cazzo ti accendi la luce, ti è dato di volta il cervello? Se c'è qualcuno in casa e ci becca siamo tutti morti, ignorante - Sibilai.

- E allora qual è il piano, genio? - Domandò tentando di sussurrare quando in realtà stava quasi urlando.

- Innanzitutto stare zitto - Lo informai stringendo gli occhi a fessura. - Scendiamo da Sam, senza fare rumore. Tu resta qui Victoria, chiuditi dentro. - Le dissi sollevando le sopracciglia e guardandola.

Victoria scosse il capo impaurita e tremando, Richie la osservò e le indicò con lo sguardo di rientrare in camera. - Vic stai qui, se c'è qualcuno è pericoloso, resta qui. - Le disse. - Ti prego. - La stava supplicando con lo sguardo.

Victoria sospirò rumorosamente e prese a far ballare le gambe nervosamente, tremando e stringendo più forte il mio braccio. - Se resti qui andrà tutto bene amore mio, te lo prometto. Tu resta qui, promettimi che non uscirai. - Le baciai la testa e la guardai negli occhi.

Le sue perle azzurre scintillavano per la paura, ma alla fine cedette e mi lasciò il braccio, si alzò in punta di piedi mi diede un bacio e mi lasciò andare, chiudendosi nella stanza.

Con un gesto d'intesa io e Richie scendemmo le scale, incollati al muro uno dietro l'altro.
Una volta giunti di sotto ci guardammo attorno cercando di adattare gli occhi al buio e andai a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno, che mi fece sobbalzare e battere il cuore più forte di quanto stesse già facendo. - Sam! Cazzo! - Sbottai tirando su con il naso.

- Che cazzo non ci vedo niente, non l'ho fatto apposta! - Esclamò con voce spezzata. - Dov'è mia sorella? - Chiese preoccupato.

- In camera sua, chiusa dentro. - Rispose Richie. - Sei stato tu a fare quel rumore? - Gli domandò.

- Se fossi stato io, secondo te, starei girando per casa al buio e sussurrando? - Rispose l'altro.

- Scusa, hai ragione. - Sussurrò Richie. - Da dove è venuto secondo voi? -

- Credo dall'atrio d'ingresso. - Pensai voltando il capo verso quel punto.

- No - Mi disse Sam. - Non ci sono finestre. Dalla cucina, per forza, da sul giardino e c'è una vetrata. -

Sam accese la torcia che nessuno di noi due, fra me e Richie, si era reso conto avesse. Cominciò a camminare verso la cucina illuminando i nostri piedi ed il pavimento e ci fece strada.

Aveva ragione: c'erano vetri ovunque, una vetrata era ridotta a pezzi, ma non c'era nessuno. Non c'era nemmeno nulla che ci facesse capire che cosa aveva rotto il vetro, tanto che rimasi i guardare i due ragazzi confuso e frastornato tanto quanto loro.

- Non c'è nessuno - Disse Richie prendendo la torcia a Sam e facendo luce a destra e sinistra.

- Impossibile - Decretai. - Perché rompere una vetrata per non entrare? -

- Per spaventarci? - Ipotizzò Sam continuando a guardarsi intorno.

- Per spaventare una persona rompi il vetro e poi ci lasci un biglietto, come era già successo, e rompi una finestra, non una vetrata. È entrato qualcuno, per forza. - Presi la torcia dalle mani di Richie e cominciai a fare luce e girare per il salone.

Sentii i passi dei due ragazzi alle mie spalle e quando ci trovammo in sala tutti e tre la luce si accese all'improvviso.

- Ohi ohi ohi - Una voce ci fece voltare di scatto. Avrei riconosciuto quella voce in mezzo ad altre mille, era impossibile non riconoscerla. Il panico mi assalì all'istante quando mi resi conto che era stato tutto calcolato per distrarci dall'obiettivo principale e pensai subito a Victoria, pregando e sperando che avesse chiuso a chiave la porta della sua camera, senza uscire per nessun motivo. - Ti sono mancato Romeo? -

Chiusi gli occhi e cominciai a tremare, tremare sul serio. Sam si voltò di scatto, sentii Richie sollevare la mazza da baseball e ringhiare arrabbiato come se fosse in realtà un cane da caccia. Se non fosse che la situazione era pericolosa lo avrei preso in giro per quel verso, ma alla fine mi girai per osservare l'uomo che giaceva ai piedi delle scale con Victoria incollata al petto. La ragazza piangeva disperata, avevo dello scotch incollato alla bocca e il braccio dell'uomo stretto al collo, mentre la mano libera le puntava una pistola alla testa.

- Sei un figlio di puttana. - Sibilai lasciando cadere la torcia a terra e facendomi avanti pronto a piombare su di lui.

Il cattivo presentimento aveva un senso e il mio sogno anche: era un presagio di ciò che sarebbe accaduto ed io ero stato uno stupido perché grazie alla mia ingenuità, Michael aveva fatto un passo avanti e aveva Victoria.

Non l'avevo protetta come avrei dovuto, ed eravamo di nuovo punto e a capo, come il mese precedente.

Mi chiedevo cosa sarebbe successo se avessi chiuso gli occhi, perché l'unica cosa a cui pensavo era che desideravo si trattasse tutto di un sogno, per cui se avessi chiuso gli occhi e gli avessi poi riaperti, sarei stato di nuovo nella mia stanza e mi sarei reso conto che avevo dormito per tutto quel tempo, oppure li avrei riaperti di nuovo in quella sala dove si stava per chiudere uno dei tanti cerchi?

_____

hola hola holaaaaaaa
happy Halloween babiessss

Come stateeee?
Spero stiate passando bene la serata, all'insegna di film horror e pop corn con i vostri amici (a casa) proprio come sto facendo io.

Mi raccomando cercate di rimanere al sicuro, sono con voi anche se siamo lontani.
Vi abbraccio forte.
Stay safe.
Love you angels!

Ila
x

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro