Capitolo 9 - Il Cherry Blossom
Chiunque stesse bussando con tanta insistenza e persistenza doveva avere una gran fretta. Nathalie, in pantaloncini e felpa grigia sporca del sugo della pizza che stava mangiando, pregò che non fosse un collega di sua madre venuto per ritirare dei dati del lavoro.
Sorprendendosi, incontrò gli occhi ambrati di Maddie. Lei la perquisì facendo su e giù con le pupille, dalle ciabatte allo chignon spettinato. «Sono felice di appurare che sei viva, ma molto triste per lo spettacolo che ho davanti».
Il commento non la smosse. Se fosse stata se stessa, non si sarebbe mai mostrata in quelle condizioni. Attualmente, non le fregava di nulla.
Da quando il giorno prima era andata a far visita a suo padre, l'asse terrestre per lei si era spostato. L'aveva mandata via senza darle spiegazioni e quella notte lo aveva sognato mentre smembrava Carl Costa.
Perciò fanculo all'essere adorabile. Almeno per quel giorno.
Maddie sbirciò l'interno. «Hai intenzione di farmi entrare?»
«Non saprei, casa mia è un po' un macello».
«Ragazza, ho quattro fratelli. Niente mi scandalizza».
Nat si arrese e si fece da parte per farla entrare. In effetti l'unico disordine che c'era era la coperta messa a caso sul divano e la scatola di pizza vuota sul tavolo della cucina.
«Perché sei qui?»
«Dunque è vero che non hai letto i messaggi. Shelby è dal suo ragazzo, Ryuna ha un torneo di Call of Duty coi suoi cugini e Raine è al cinema con sua sorella. Perciò sei la fortunata vincitrice di una notte fuori con la sottoscritta!» Si indicò coi pollici, sorridente.
In pratica, Nathalie era la sua ultima scelta. Be', c'era da aspettarselo, non si conoscevano quasi per niente.
«E dove vorresti andare?»
«Al Cherry Blossom. In città, è il mio posto preferito. Fatti una doccia, metti qualcosa di succinto e andiamo».
Si sentì intrappolata. Una volta era lei quella che trascinava gli altri nei posti più stravaganti per fare baldoria. Era diventata l'ombra della vecchia Nat. E come poteva dire di no senza offendere Maddie? Però, se fosse rimasta a casa, sarebbe annegata nella tristezza e nella birra fresca che teneva in frigo.
Le disse di aspettarla all'ingresso e andò al piano di sopra. Fece la doccia più veloce della sua vita e si asciugò con la testa tra le nuvole. Legò i capelli in una coda alta elegante, indossò i tacchi, un top nero con paillettes e una gonna dorata.
Sua madre non c'era, era a Chicago per lavoro, quindi...
Nat guardò allo specchio la cicatrice sulla gamba esposta. Sean non aveva battuto ciglio nel vederla. E se sua madre avesse esagerato nel convincerla che doveva mantenerla nascosta? Tutti avevano cicatrici.
Scese le scale facendo attenzione e mettendosi la borsetta a tracolla nera su una spalla. Maddie, in scarpe da ginnastica, shorts, giacchetta e maglietta corta con nodo a croce, le sorrise nel vederla arrivare.
Nathalie notò che si accorse della cicatrice, ma la sua espressione non variò. «Stai benissimo. Vieni, ho la macchina qua di fronte».
Nat trasse un sospiro di sollievo. Arraffò la giacchetta di pelle nera che usava quando saliva sulla sua moto e seguì Maddie, chiudendo a chiave la porta di casa.
Si accomodò sul sedile del passeggero e Maddie mise in moto.
«Dove si va, signore?»
Le ragazze cacciarono degli urli acuti. In mezzo a loro, dai sedili posteriori, era sbucata la testa bionda e riccioluta di Jules.
«Che ci fai nella mia auto?», sbraitò Maddie.
«Stavo tornando a casa quando vi ho viste e ho pensato "Hanno senz'altro bisogno della mia presenza per divertirsi"».
Nathalie grugnì. Non era dell'umore per sopportare una persona, figurarsi due. Qualunque cosa fosse questo Cherry Blossom, sperava che Maddie l'avrebbe lasciata sola una volta lì per fare quello che voleva. Ma Jules... lui non l'avrebbe ignorata sicuramente.
Maddie sbuffò con gli occhi chiusi. «Jules, scendi. Adesso».
Lui mise su un broncio tenerissimo. «E dai... È sabato sera e io non ho niente da fare, se non strafogarmi con le patatine alla paprika che ho a casa. Tutti i miei amici sono impegnati. Andiamo, portatemi con voi, vi preeeeeego».
Maddie si morse il labbro e fissò Nat per avere conferma.
Lei era semplicemente troppo stanca per opporsi a qualsiasi cosa quel giorno. «Va bene, basta che non ci fai fare brutte figure».
Jules batté le mani ridendo e si sporse per baciare la guancia di entrambe. «Vi adoro, grazie».
L'auto partì e Nat si massaggiò la tempia per alleviare il mal di testa. Ovunque stessero andando, meglio che ci fosse da bere.
Dopo una quindicina di minuti in macchina, dove Jules e Maddie litigarono per la musica da mettere alla radio, la ragazza parcheggiò.
Jules balzò fuori e sgranò gli occhi. «Il Cherry Blossom? Magnifico! Ho sempre voluto andarci, ma non volevo farlo da solo. Andiamo!»
Maddie tenne la porta aperta per Nathalie e percorsero insieme un lungo corridoio, dove trovarono i bagni e l'uscita di emergenza. Jules le aveva precedute di molto e Nathalie dovette ripararsi gli occhi per le luci stroboscopiche.
Esaminò l'area. Fumogeni, musica ad alto volume, tavoli laterali e una pista da ballo immensa. Scrutò i baristi, i ballerini sui cubi e i pali, quelli sulle scale e la struttura con ringhiera in alto.
Erano quasi tutti mezzi nudi e gran parte delle ragazze non erano nemmeno ragazze. Erano Drag Queen.
«È un locale gay. Mi hai portata in un locale gay». Rise, sinceramente stupita.
Maddie la prese per mano e la portò al bancone più vicino. «Qui fanno i cocktails migliori, anche se nessuno lo ammette. Dammi retta, ho quasi sempre ragione su tutto. Due mojitos, per me analcolico».
Il corpo di Nathalie seguì il ritmo della canzone techno e tamburellò sul piano con le dita. Doveva solo rilassarsi, poteva farlo. Non era complicato.
La sua vita era un casino. L'odio dovuto alla morte di Avery, l'assenza di sua madre, il rapporto che manco aveva con suo padre, quel tira e molla con Foster... Si meritava di calmarsi.
«Mi fai salire i nervi!», le urlò Maddie al di sopra del frastuono. Per farle capire cosa intendesse, le indicò la sua mano. Non stava picchiettando sul bancone, ma sulla mano dell'amica.
«Scusa».
«Si può sapere che hai? Siamo a una festa e tu sembri sul punto di vomitare. Puoi spiegarmi?»
Era un vortice che le mostrava sempre le stesse immagini davanti agli occhi.
Suo padre che uccideva Costa, sua madre che le voltava le spalle, i suoi ex compagni di scuola che le tiravano addosso il cibo della mensa, Avery col cranio rotto sulla strada.
Aveva sofferto? Aveva gridato per il dolore? Le aveva chiesto aiuto e lei era rimasta lì, svenuta sul cemento, senza poter fare alcunché?
Trangugiò il mojito, aveva gli occhi lucidi già da prima di berlo. «Sto bene. Vai a ballare, se vuoi».
Sorseggiò il suo analcolico. «Non ti lascio da sola».
«Non sono sola, c'è...» Oh, merda. «Ehi, dov'è Jules?»
Cercarono fra la calca di corpi danzanti e sudati, quando Maddie fece cenno verso una delle scale di metallo. Jules era seduto sul terzo scalino dal basso, piangeva e beveva da un bicchiere lungo e ampio, mentre parlava a delle Drag Queen sedute vicino a lui.
«Oh, no», fece Maddie. «Mi ero scordata di quanto si ubriaca in fretta».
Armate dei loro cocktails, lo raggiunsero.
«Sono finito, dico sul serio. È la donna per me, io lo so. Sono cotto, innamorato perso. Non ho più la capacità di ragionare da quando la conosco, capite?» Jules si rivolse alle sue nuove amiche e loro, sedute intorno a lui, annuirono.
Maddie bevve dal suo bicchiere con nervosismo, non sapendo se intervenire o meno. Jules era un bravo ragazzo, tuttavia non pensava quasi mai prima di parlare.
«Sia maledetta la Francia! Mi ha dato l'illusione della ragazza dei miei sogni. Siamo tornati da quella vacanza due anni fa e lei ancora non mi si fila. Le pene d'amore fanno schifo», borbottò e ingoiò quello che Nathalie riconobbe come margarita.
Una delle Drag Queen, dalla grande parrucca dorata e le lunghe unghie finte tinte di rosa, gli diede conforto con una mano sulla spalla. «Dolcezza, ascolta la zia Diamonde». Disse il nome con un accento parigino. «I sentimenti alla vostra età sono una bella batosta. Magari lei ha solo paura».
Le sue amiche concordarono.
Jules, bagnato dalle proprie lacrime, tirò su col naso. «Non lo so, ragazze. Io mi struggo per lei e lei a volte neanche mi vede. E se pensasse che non faccio sul serio? Non sono bravo a fare la persona seria. E se non le piacessi? La mia Pioggerellina mi ha colpito come un fulmine e poi mi ha lasciato alla deriva».
Nathalie fece schioccare la lingua. «Sbaglio o settimana scorsa ti ha baciato?»
Le Queen, più truccate di qualsiasi donna Nat avesse mai incontrato, emisero un gridolino. «Ti ha baciato? Allora le piaci!», dichiarò una di loro.
«Non conta, l'ha fatto per zittirmi».
Nat contò fino a dieci prima di ammettere la verità e finire il suo drink. «D'accordo, Jules, sto per dirti una cosa. Ma se la racconti a qualcuno, ti soffoco mentre dormi. Sai che so dove abiti». Infatti, di fronte a casa sua. Prese un respiro profondo. «Raine ha una cotta per te».
Maddie si strozzò col mojito e trasalì, osservando stranita Nathalie.
Jules aveva le pupille luminose. «Sul serio?»
«Sul serio, me l'ha confessato lei stessa».
«Oh, Gesù». Maddie gettò il capo all'indietro per svuotare il suo bicchiere. «Non hai idea di quello che hai fatto».
Le Drag Queen sorrisero al ragazzo e gli diedero delle pacche di supporto. Jules tornò in piedi come una molla, poggiò il bicchiere vuoto e portò le mani al cielo. «Le piaccio! Alla mia Pioggerellina piaccio! C'è ancora speranza. Dio esisteeeeee!» Corse via come avesse avuto il culo in fiamme, spaventando alcuni ballerini.
Con le braccia aperte in una posizione scettica, Maddie guardò in tralice Nathalie. «Cogliona».
«Lo so».
«Che ti è saltato in mente?» Tornò al bancone per sedersi a uno degli sgabelli.
Nat emise un verso frustrato e si sedette di fronte a lei. «Non lo so, volevo solo che smettesse di frignare».
«Se Raine lo viene a sapere, ti uccide. Se questa scoperta porterà Jules a tartassarla maggiormente, fino a costringerla a odiarlo per sbarazzarsene, sarà tutta colpa tua. Solo perché tu non riesci a esternare quel che provi, non significa che devi mettere a nudo i sentimenti degli altri».
Raggelò. «E con ciò che vorresti dire?»
«Sto parlando di Sean. Ammettilo, giri intorno a Gavin solo per non affrontare la chimica che c'è tra te e Foster. È talmente palese che ogni giorno, a scuola, rischiamo di saltare tutti in aria».
Bene, Maddie Hatter era ufficialmente entrata in scena e aveva la lingua pungente.
Se voleva concentrarsi su Gavin, dove stava il problema? Gavin era un porto sicuro e Nathalie era stufa di navigare tra le acque in tempesta.
«Cosa ti aspetti che ti dica? Che c'è attrazione tra noi? Sì, eccome. Quale ragazza non vorrebbe leccare dei muscoli come i suoi? Pure se li avesse un settantenne palestrato, probabilmente lo vorrei fare. Il fatto è che non posso agire in merito. Non ci penso nemmeno ad andare da lui e svendermi, ammettere che lo desidero talmente tanto che mi sento bruciare. Che figura ci farei? E come glielo dovrei dire? Mica posso blaterare "Oh, Sean, la tua è la voce che mi immagino sussurrarmi all'orecchio i capitoli porno dei romanzi che leggo"».
«Originale come idea, Miss Lily, potremmo prendere spunto».
Ecco cos'era quel buio alle sue spalle. «Ovvio».
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