Capitolo 29 - La trappola
La puzza degli spinelli diede un senso di déjà-vu a Nat. Accompagnata dallo spettacolo che le si stava presentando davanti agli occhi. In ogni angolo della casa, vi erano coppie che stavano pomiciando focosamente. Il restante era preso a ballare e bere dai bicchieri rossi.
Il party lo aveva organizzato una certa Brenda, figlia della cardiologa più richiesta della contea, ed era un bene che la sua casa fosse di dimensioni abbastanza considerevoli per contenere gli studenti dell'ultimo anno di tre licei diversi.
Costretta in un top striminzito che le aveva prestato Shelby, salutò quest'ultima sollevando la sua Dr Pepper e sorridendole dalla poltrona. Senza di lei, non avrebbe avuto scuse per essere stata invitata alla festa. Fortuna che era amica della padrona di casa. Shelby ricambiò il sorriso, danzando tra le braccia del suo ragazzo.
Nat guardò l'ora. Era sufficientemente tardi perché gran parte degli ospiti fosse ubriaca. Era tempo di fare del caos.
Assumendo un'aria da svampita, si rilassò sullo schienale e compose un numero. «Ti mancavo?»
«Cavolo. Sei brava a fare la voce da ubriaca».
«So essere convincente. Allora? Hai trovato qualcuno adatto a me?»
Lo sbuffo di Sean giunse ovattato. «Il tuo piano fa schifo, Miss Lily».
Nathalie lo sfotté con una moina. «Oh, sei arrabbiato perché qualcun altro mi toccherà? Eppure non hai fatto storie con l'idea del pub».
«Quello era solo un flirt. Stavolta vuoi andare fino in fondo».
Forse per il fumo, forse per l'euforia di quello che stava per fare, gemette piano. «Spero di sentirlo fino in fondo».
«Attenta», ruggì lui.
Nat rise e portò le ginocchia al petto, esaminando gli adolescenti festosi. «Se non ti piace... cambiamo. Fallo tu».
«Vuoi vedermi con una ragazza, Nathalie?»
Si alzò, camminando lentamente nei suoi jeans lunghi. Si attorcigliò intorno a un dito una ciocca frontale. Non dovevano dare nell'occhio. Solo così avrebbero avuto successo. «E chi ha parlato di ragazze?»
Voltò lo sguardo alla finestra alla sua sinistra. Trovò Sean dall'altra parte, nel giardino sul retro, intento a scrutarla.
«Trovane uno carino», gli ordinò. «Io sarò lì, a guardare».
Sean ghignò e riattaccò. Lei fece lo stesso e si diresse all'angolo bar.
Il ragazzo passò in rassegna i suoi coetanei in costume da bagno, gioiosi e intenti a tuffarsi nella piscina. Serviva la preda perfetta. Mmh, quello con i tatuaggi sui pettorali lo avrebbe senz'altro pestato se si fosse avvicinato troppo. Il suo amico era di sicuro minorenne. Quello a fianco era single...
Poi uscì dall'acqua Hunter Marquez. Fisico da atleta, pelle mulatta al sentore di caramello, capelli corti e mori, labbra carnose e occhi color miele. Era di famiglia benestante e l'anno prima aveva portato alle regionali la squadra di dibattito. Stava con una ragazza del college, la quale non era potuta venire a causa dello studio.
Sean aveva sentito parlare di lui. In particolare, gli venne in mente una certa diceria. Doveva assicurarsene.
E sapeva anche come.
Fingendo noia, si accomodò a una delle poltroncine intorno a una costruzione dove si poteva accendere in tutta sicurezza un fuoco. Rubò una birra dal ragazzo alla sua destra e la sorseggiò. Il tizio in questione, mezzo fatto, stava per dirgliene quattro. Ma, nonostante la foschia nel suo cervello dovuta all'erba, lo riconobbe. «Foster! Finalmente ti si vede. Dove sei stato negli ultimi tempi?»
A organizzare schemi di truffa con un demone biondo.
«Come ti va, Chad?»
«Ehi», fece quello, colpito dal suo tono distaccato. «Che ti prende?»
Sean tracannò il resto della Budweiser e trucidò con lo sguardo il suo amico. «E lo chiedi? Ce l'ho con te, idiota».
«Con me? Per cosa?»
«Per quella barzelletta sessista sui gay che mi hai raccontato l'ultima volta che abbiamo parlato».
La faccia paffuta di Chad si contorse in un'espressione confusa. Pescò tra i ricordi e poi sbottò a ridere. «Ah, sì! Che spasso!», si esilarò. «Però, bello, non era sessista».
«Lo era eccome e a tratti volgare. Sei etero, non puoi capire».
«Non mi sei parso offeso quando l'ho detta».
Sean adocchiò Hunter. Chad doveva essere sufficientemente andato per cascarci. «Vuoi la prova? Laggiù c'è Marquez. Si dice che giochi per entrambe le squadre. Dilla a lui, vediamo se la trova disgustosa quanto me».
Colpito nei sentimenti per l'offesa, Chad mise su il muso. «Lo faccio. Certo!» Balzò in piedi e si diresse verso la vittima predestinata di Sean e Nat. «Hunter, amico mio! Vieni qui, ti racconto una cosa».
Sean bevve ancora e si godette la scena. Raccontata la barzelletta offensiva, Chad sorrise a pieni denti in attesa di una risposta positiva. Che non arrivò, dato che Hunter scelse di prenderlo per il colletto della maglia e gettarlo in piscina.
Sean nascose la sua risata, a differenza degli altri adolescenti, che applaudirono pure.
Hunter si passò i palmi sul costume, come se avesse toccato dell'immondizia. «Pervertito!», sgridò Chad e si diresse dentro casa, rosso in viso per la rabbia e la vergogna.
Sean, fiero di sé, lo seguì senza destare sospetti e scrisse un messaggio a Nathalie.
"Hunter Joaquin Marquez. Tocca a te, Miss Lily".
Nat sorrise. Seduta sulle scale che portavano al piano di sopra, andò su Instagram. Cercò Hunter, spulciò il suo profilo pubblico e trovò una foto di lui assieme a una ragazza che aveva taggato. Nella foto, si stavano baciando. Sullo sfondo, il Grand Canyon National Park dell'Arizona.
Il luccichio nelle sue pupille fu la prima scintilla di una palpabile catastrofe. «Ciao, Serena». Rificcò il cellulare in tasca e salì le scale, mettendo in moto la seconda parte del piano.
Aprì svariate porte, trovando dei fumatori più incalliti di quelli al pianoterra, dei giocatori di videogames e il bagno.
Trovata una camera da letto con la luce necessaria, fu seccata nel beccarci una coppia pronta a darci dentro. Merda, e ora? Era indispensabile che ci fosse una stanza vuota.
Be', a mali estremi, estremi rimedi.
Emise un miscuglio tra un gridolino e un ringhio, palesando la sua presenza alle due figure mezze nude. «Come ti sei permesso?!», aggredì il ragazzo e gli rifilò una sberla.
Lui si coprì la guancia, boccheggiando.
«Sei un bastardo!», strillò Nat.
La ragazza rimasta in reggiseno e mini shorts li fissò, confusa. «Che sta succedendo, Taylor?»
«Io...»
«Chi è lei?»
Nat si inasprì. «Io? Chi è lei, semmai? Come hai potuto, Tay-Tay?»
Taylor le guardò a turno, ubriaco e scombussolato. «Un attimo, cosa? Non sto capendo, mi spiegate?»
La ragazza lo colpì al braccio con un pugno. «Sei tu che dovresti spiegare! Figlio di puttana dalla libido incallita, mi hai tradita di nuovo?!»
Nat mise altra carne sul fuoco e scoppiò a piangere. «Avevi detto di amarmi!»
«Ma chi ti conosce?!»
La sua ragazza raccolse un cuscino e lo picchiò con quello. «Spari solo stronzate, sei un pezzo di merda!» Riuscì a gettarlo dal letto, si rivestì e scappò via, irata.
Taylor si tirò su i pantaloni e le andò dietro. «Ehi, no. Aspetta. Rhonda, aspetta, posso spiegare! Io non c'entro stavolta, piccola, devi credermi!»
Nathalie soffocò la risata isterica tra le mani e si asciugò le lacrime false. Aggiustò il letto, rendendolo decente, e si nascose dentro l'armadio.
"Stanza a Est, accanto alla finestra che dà sull'albero e la strada. Accendo adesso la telecamera del telefono. Dimmi che ce l'hai fatta".
"Goditi lo show, Miss Lily".
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