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Capitolo 24 - Sei il mio segreto

Nat morse il labbro di Sean e si lasciò sbranare, come faceva sempre quando Sean voleva possederla. Si sorresse all’indietro e la mano andò a sbattere contro dei libri, facendoli cadere.

Lui le palpò una coscia e una natica. «Sei sicura? So essere severo».

Ne era certa? No. Se ne sarebbe pentita? Assolutamente. Tuttavia, in quell’stante, in quella stanza, non gliene importava nulla.

Per tutto il giorno, sua madre le aveva dato ordini sul come comportarsi al ricevimento. L’aveva corretta su mille argomenti diversi e ragguagliata.

Fanculo l’etichetta, si sentiva strozzare. E Sean doveva liberarla.

Lo tirò verso di sé prendendolo dalla cravatta. «Sei il mio maggiordomo stasera. Servimi un castigo».

Il sorriso malato che le rivolse le mise paura. E le piacque. «Benvenuta alla festa, Miss Lily».

Lo aveva capito. La perfetta Nathalie Gray era stata messa a dormire. Miss Lily si era svegliata e aveva voglia di giocare.

Sean slegò la cravatta, la usò per legare i polsi di Nat e le incastrò le braccia intorno al proprio collo. La sollevò e la condusse al lungo divano di pelle. La manovrò come una bambola, facendola sdraiare e portandole le mani bloccate sopra la testa, contro un bracciolo.

Nathalie inarcò la schiena, frustrata perché non poteva toccarlo. La bocca maligna di Sean le tracciò il collo, le clavicole e la parte superiore del seno.

Deciso nei movimenti, Sean le tolse il coprispalle e le scarpe. Lei sospirò, sollevata. «Ti stavano facendo male?»

«Non ne hai idea. Le detesto».

La guardò dall’alto, felicemente incastrato tra le sue gambe. Un braccio si teneva allo schienale e l’altro vicino al fianco di Nat. «Penso che ti piaceranno quando, più tardi, mi cavalcherai solo con quelle addosso».

Cavalcarlo. Nathalie ebbe un fremito.

Sean tornò ad assaporarla, le labbra fecero pressione sulla carotide che batteva forsennata. Arrivò all’orecchio. Lo baciò, lo mordicchiò e lo leccò. La ragazza gemette preoccupata quando lo sentì insistere sul lobo, dove c’era un orecchino di diamanti. Sean, come si aspettava, si tagliò la lingua. Ritornò a baciare Nat, facendole sentire il sapore del sangue. Lei ansimò e strinse le gambe attorno a lui, stranamente inebriata dal suo gesto macabro.

«Voglio marchiare il tuo corpo coi miei baci, come fossero tatuaggi», le sussurrò avido e infilò la mano sotto l’abito, sfilandole il tanga color carne.

Le dita scivolarono dentro, curiose e giocose. Nat ringhiò in un sorriso senza fiato. Si sporse per mordere la mascella di Sean. «Se ci sentono, siamo morti».

Più che morti.

Lui rise a labbra sigillate. «Temi che mammina ti veda così? Non lo senti il brivido del rischio?»

Sì, lo sentiva. Era pericoloso. Era bellissimo. Come Sean.

I movimenti circolari che fece dentro di lei la portarono a gettare il capo all’indietro, contro i cuscini, e le dita divennero tre.

«Non pensare a loro, Nathalie. Non pensare a niente».

Lo diceva come se fosse semplice. Lei non era in grado di spegnere il cervello. Andò incontro alla sue spinte e Sean ruotò il polso.

Oddio.

«Facile per te a dirsi. Non perderesti niente se ci beccassero».

Sean capì che la stava perdendo. Che la sua mente stava vagando di nuovo verso ciò che le avevano insegnato a fare, cioè seguire tutte le regole imposte. «Lo sai perché mi lasci il potere quando ti tocco? Tenere tutto sotto controllo può portare alla pazzia, perché niente è sempre perfetto. Puoi permetterti di sbagliare con me, Miss Lily. Io non ti giudicherò».

Nathalie rammentò le lezioni di ballo. Posa corretta, costantemente, o stai sbagliando. Doveva imitare le ballerine che avevano fatto i passi prima di lei, in modo corretto.

«Tu hai il potere solo perché io te lo permetto».

Lei non voleva essere una replica. Una delle tante bamboline di ceramica col vestito e il trucco perfetto.

Voleva sporcarsi sul fango correndo e sfuggendo a Sean. Voleva diventare più forte con gli allenamenti di Cillian. Voleva dire in faccia alle persone che erano false e fastidiose e meschine.

Voleva ammettere la verità a sua madre sui suoi sentimenti.

«Sean», lo avvisò. «Sto per urlare».

Il ragazzo levò la mano, impedendole di arrivare al culmine. Slacciò i polsini e il colletto, poi fece lo stesso con la cravatta che teneva legata Nat. Sorprendendola, la imbavagliò. La girò e la sollevò, mettendola a quattro zampe. Spostò il tessuto e la prese in bocca, facendo produrre a entrambi rumori indecenti.

La testa di Nathalie ciondolò verso il basso e le dita strinsero la pelle come poterono. Strinse i denti attorno alla cravatta per non emettere fiato e spinse all’indietro, verso la lingua che la stava scopando.

Sean la tenette per un fianco, l’altra mano saggiò il suo culo come se volesse memorizzarlo e quando la sculacciò, tutto di Nat andò in combustione istantanea. Lei venne contro la sua bocca, il collo sudato e gli occhi stanchi per lo sforzo.

Non ebbe tempo di riprendersi. Sean la portò addosso allo schienale, calò l’intimo e le scivolò dentro, mordendola alla schiena scoperta. Spinse coi fianchi, veloce e forte, come se stesse cavalcando una puledra. Gli veniva così bene prenderla, era bagnatissima e calda come l’inferno. Eppure ciò che stava provando era il paradiso.

Nathalie artigliò lo schienale e vi ci seppellì la faccia. La cravatta non era abbastanza per soffocare i suoi versi. Portò una mano sul culo di Sean, conducendo i suoi scatti e graffiandolo. Sollevò la testa, per permettergli di mangiarle la gola e mettere a tacere anche la sua voce.

Come faceva a essere sempre meglio, ogni volta?

Il corpo di Sean la prosciugava, la uccideva con dolcezza e poi la faceva tornare in vita.

Lo odiava da morire. Quasi sempre, voleva solo metterlo a tacere in modo violento.

E dubito dopo voleva scoparlo, perché sapeva che con lui era animalesco, senza tregua, immortale e senza perdono.

Bloccata tra il corpo imponente di Sean e il divano, in ginocchio, Nathalie quasi divenne paonazza per star dietro ai suoi movimenti. Continui, spietati, duri, profondi. Desiderava gridare e farsi sentire in tutta la magione.

Il secondo orgasmo arrivò prepotente, senza avvisare, togliendole il fiato e le energie. Si inarcò contro Sean, ricevendo le ultime botte dal suo cazzo, e lei grugnì, come se la stessero prendendo a pugni.

Sean venne dopo di lei, schiacciandola e seppellendosi nella sua carne il più possibile. Ripresero a respirare e Sean le liberò la bocca.

Nat era su di giri. Il male che aveva provato fino a poco prima nello stomaco era svanito.

Aveva fatto sesso nella casa della donna che più odiava al mondo, con il ragazzo che più le stava antipatico e con sua madre qualche stanza più in là, con degli ospiti.

Quando riuscirono a muoversi di nuovo, Sean sfilò il preservativo e lo buttò tra le carte nel cestino dietro il bracciolo, su cui si poggiò con la testa. Nathalie, impavida, lo fermò prima che potesse allacciarsi la cintura dei pantaloni.

Sbottonò la sua camicia bianca e toccò i suoi muscoli, piccoli colli di carne dura e calda. Lo mordicchiò al pube e ricambiò il favore, mettendo la sua bocca su di lui. Lo leccò, percependo sul palato il sapore del suo seme e del preservativo, assieme a quello della sua eccitazione.

Si concentrò sulle imprecazioni e sui piagnucolii che gli stavano scappando dalle labbra, quelli che lei gli stava provocando.

«Non faccio che pensare a te. I tuoi occhi che brillano quando mi sfidi, i tuoi capelli morbidi, le tue gambe attorno a quel fottuto palo… Sarai la mia rovina». La sua fu quasi una confessione strappata.

Nat sfruttò la punta della lingua per stuzzicargli il glande, poi lo riprese in bocca e gli fece sentire i denti, come ad avvertirlo. Le sue dita circondarono le sue palle e le strizzarono dolcemente, facendolo scattare coi fianchi e la testa verso l’alto.

«Perché mi hai fermato, quando stavo per vincere alla corsa?»

Lo fissò e usò la mano, carezzandolo e pigiando sulle vene del suo uccello. «Vuoi davvero parlarne adesso?»

Lui ghignò. «Ho il diritto di sapere. Non posso usare la moto a causa tua, hai ancora le mie chiavi. Inoltre sembra che l’unico momento in cui riesco a tirarti fuori qualcosa sia mentre ti fotto».

«Be’, se non ti spiace, ora io vorrei fottere te». E tornò a ciò che stava facendo.

Lui ridacchiò aspramente. «Stronza», emise a denti serrati e le tirò i capelli. Morse il pugno e venne nella sua gola, stremato.

Nathalie si sedette con fare raffinato, come se non gli avesse appena fatto un pompino straordinario. «Come farò a spiegare le condizioni del mio vestito?»

Portò le mani dietro la nuca, rilassato. «Hai intenzione di tornare di là? Perché non scappiamo, invece?»

«E dove vorresti andare?»

Sean voltò il capo. Occhieggiò le finestre e sogghignò. «C’è il labirinto, lì».

Lo stesso pensiero inondò la mente di entrambi.

«Non vorrai…»

«Aspetta a rimetterti i tacchi, Miss Lily. Ho voglia di darti la caccia».



































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