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Capitolo 20 - Nei tuoi occhi

Ignorare le voci e gli sguardi altrui doveva essere considerato uno sport olimpico. Era da tutto il giorno che Nat ci stava riuscendo. Ora doveva solo prendere le sue cose dall'armadietto e tornarsene a casa.

Semplice e conciso.

Tra una lezione e l'altra, non era riuscita a rilassarsi neppure con le sue amiche. Era rimasta contratta, col corpo e con le espressioni.

Le davano della scellerata, della schizzata. La ragazza che si buttava dai tetti e si metteva davanti le moto in corsa. Secondo il vociferare della Milton High, si era procurata così la cicatrice alla gamba. Con un'esibizione pericolosa, nata per attirare l'attenzione di un ragazzo carino.

Alla gente piaceva troppo dare aria alla propria bocca.

Era salva solo perché una delle leggi della Quarta Strada vietava l'uso di cellulari durante le gare. Ci era mancato un pelo.

L'era moderna e l'uso eccessivo della tecnologia, con i suoi video in condivisione mondiale. Aveva rischiato grosso, di nuovo. Tutto solo per proteggere quell'idiota di Sean Foster.

Qualcuno si poggiò con la mano all'armadietto vicino al suo. Nathalie, la testa coperta dal cappuccio nero della felpa, sospirò. Ma quando si voltò per affrontare il ragazzo, si sorprese che non fosse Lord Menace.

«Gray, giusto?» Lo sconosciuto le rivolse una smorfia malcelata. «Jerome Gline. Jim, per gli amici».

Lo conosceva di fama. Era nei Mustangs, la squadra di football della scuola. Uno dei migliori giocatori attuali.

Si era imposta fin dall'inizio della scuola di sembrare cordiale, però adesso era troppo infastidita. Per colpa di Sean, ciò che si diceva in giro su di lei non era affatto carino. Quindi perché continuare la farsa?

«Ciao», si limitò a dire e riprese a prendere i libri per metterli nello zaino.

Lui le posò un dito sotto al mento per imporle di guardarlo. «Lo sai cos'è successo dopo che hai preso la chiave della Benda di Foster? Hanno dichiarato nulla la gara. Hai una vaga idea di quanti soldi mi hai fatto perdere? Dovevi per forza intrometterti?»

Non aveva saputo niente di cosa era avvenuto in seguito alla sua disputa con Sean. Aveva evitato ogni tipo di interazione riguardo la sera precedente. Sapeva solo che Raine e Jules erano arrivati a scuola insieme quella mattina. Erano la notizia del giorno, assieme alla scenata di Nat.

«Sei in una brutta posizione, Gray. Devi soldi a me, a metà scuola e scommetto pure a Foster e alla sua cricca. Come intendi pagare, con i verdoni o in modo più fantasioso?»

Nathalie smise di respirare quando la mano di Jim le andò sul fianco e proseguì in direzione della coscia. Lei gliela bloccò, ma non era forte abbastanza.

«Non toccarmi». Aveva sollevato la testa per ringhiargli in faccia.

«Che c'è, non sei in grado di assumerti la responsabilità dei tuoi problemi? È colpa tua, Nathalie, solo tua. Mi servivano quei soldi, stronza. Tu hai fatto il casino, tu verrai punita».

"È colpa tua. È solo colpa tua. È morto a causa tua!"

Jim la schiacciò contro gli armadietti e le alitò addosso. «Credi di poter fare come cazzo ti pare solo perché sfoggi in giro la tua bella macchina e la tua borsa costosa? Eri così disperata di farti notare da Foster da rimetterci il collo? Quindi è vero che fai la difficile solo perché ti annoi. Sei solo una troia lagnosa, era meglio se ti prendeva sotto».

Nat cominciò a tremare e ad abbassare la testa.

"Lurida puttana, l'hai ucciso! Potevi lasciarlo in pace, ma hai continuato lo stesso a stargli vicino. Neanche lo ricambiavi. Guarda cos'hai fatto, troia!"

«Lasciami...», il suo fu un pigolio.

Era stata un'incosciente.

Aveva rischiato di morire.

Aveva fatto arrabbiare tante persone.

Avery. Avery. Avery.

Jim la nascose maggiormente col suo corpo agli studenti che percorrevano il corridoio e le strinse un polso, facendole male. «Detesto le femminucce come te, vi lamentate se non ottenete quello che volete. Che ne puoi sapere tu della fatica, del sudore che si versa per la gloria? Tanto tu hai mammina e papino che ti fanno pulire le scarpe da quelli come me. Ti avverto: se ti rivedo alla Quarta Strada, te ne farò pentire».

"La pagherai".

"Ragazzina viziata!"

"Non potrai passarla liscia per sempre".

"Dovevano metterti dentro, ingrata".

Perché le stava ruotando tutto?

Iperventilazione. Stava andando in iperventilazione. Era grave, lo capì subito. Gli arti le si immobilizzarono per la paura, come se stesse diventando catatonica.

Un corpo investì quello di Jim. Sean lo prese per il colletto della giacca della squadra e lo immobilizzò al muro. Nat respirò di nuovo.

«La stavi terrorizzando. Tu la stavi terrorizzando». Sean mostrò i denti, i pugni così stretti da mettere in rilievo le vene delle mani. «Non azzardarti mai più a spaventarla, mi hai capito? Se rivedo quello sguardo nei suoi occhi a causa tua, ti rompo il braccio che usi per lanciare la merdosa palla».

Jim annuì, la fronte sudata.

«Levati dai coglioni, Gline». Lo spinse via, rifilandogli pure un calcio.

Una volta che furono soli, la ragazza riuscì a vederlo bene. Stesso cappello da baseball nero messo al contrario, catene d'argento ai pantaloni, ma... era diverso.

I suoi occhi. Ecco cos'era.

Erano spenti, stanchi, con delle occhiaie.

La sera prima, Nat le aveva notate. Ma erano state appena percettibili. Ora erano di gran lunga peggio. Sean soffriva di insonnia?

Sean la squadrò nella sua t-shirt dei Metallica e nella felpa con zip. «Si dice "Grazie"».

Lei non gli diede alcuna risposta. Lo fissò, confusa dal suo atteggiamento. Prima la offendeva pubblicamente e poi le levava di dosso uno stronzo? E ora si aspettava gratitudine?

Non l'aveva mai sentita così forte, la musica del circo.

«Hai intenzione di ridarmi la chiave della moto? O ne hai fatto una collana?»

Gli diede le spalle e si dedicò al suo armadietto, controllando gli appunti presi quel giorno.

«Davvero? Siamo arrivati a questo, al gioco del silenzio? Sai bene che detesto quando mi ignori».

Oh, lo sapeva eccome.

Sean provò talmente tanto fastidio da volersi grattare la pelle fino a scorticarla. Sbuffò. Non aveva riposato a sufficienza per riuscire a gestire una testarda Miss Lily. «E va bene, mi dispiace! Vuoi che dica questo per farti parlare con me? Mi dispiace».

Nat arrestò i suoi movimenti e rimase in ascolto.

«Scusa per quello che ho detto ieri. Sia in classe, che alla corsa. Me la sono presa per l'orologio. Non lo so se hai un ragazzo e non m'importa più. Sappi solo che io non condivido. Pensare che tu ti faccia toccare da un altro, mi fa incazzare come nient'altro».

Nathalie inalò piano, calmandosi. «Io non ho nessuno e non ho te. Mi hai offesa, hai tratto le tue conclusioni e non hai esitato nel ferirmi. Per questo non ti parlo. Se dovessi salvare uno di noi due, salvo me».

Sean rabbrividì, pervaso dall'avvilimento. «Ammetto il mio errore, sono davvero dispiaciuto di averti fatto stare male. C'è un motivo se ho esagerato. Da quando sei arrivata, la maggior parte dei ragazzi che conosco ha fatto commenti sconci sul tuo conto. Ho voluto demoralizzarti e umiliarti per spegnere il loro interesse, far credere loro che non valessi niente. Non era mia intenzione offenderti».

Detta in breve, aveva ragionato da maschio. Usando l'uccello invece del cervello.

La campanella suonò e gli alunni sparirono, diretti alle loro abitazioni.

Sean aveva insistito per avere il suo fuoco. Ora gliel'avrebbe dato.

Si voltò, levando la maschera innocente di Nathalie Gray e mettendo quella da stronza di Miss Lily. «Foster, so perfettamente come si usa la parola "No". Se qualcuno avesse voluto toccarmi, lo avrei castrato. Non scherzo. Hai visto cosa so fare con una lama. Tu non devi guardarmi le spalle, non agire da bambino perché qualcuno vuole ciò che vuoi tu. Fammi di nuovo uno scherzetto del genere e io ti distruggo». Chiuse l'armadietto. «Ti saluto, scemo».

Fece solo qualche passo nel corridoio vuoto, prima di sentire un latrato dietro di lei.

«Sì, sono uno scemo», proclamò Sean. «Posso essere infantile e geloso. Sono un perdente. Sono insicuro, possessivo e una testa calda. Sono tutti gli aggettivi negativi che escono da quella tua bocca da saputella. Posso ammetterlo, se la pianti di ignorarmi. Se mi insulti, invece di voltarmi le spalle. Non farlo. Perché anche se sono tutto questo... quando mi guardi, mi sembra di valere qualcosa».

E anche se era imbestialita con lui, non riuscì a non sorridere.

Riprese il suo percorso e arrivò al parcheggio, dove cercò la sua Bugatti. Gli ci sarebbe voluto molto più impegno, se voleva che lei tornasse a guardarlo.

Chi immaginava che Sean Foster fosse bravo con le parole? Non sembrava uno abituato a scusarsi.

«Ferma dove sei, ragazzina».

Nat si bloccò e si voltò. Un uomo con tatuaggi e stivali era in sella alla sua moto e le sorrideva. Levò il casco e lei restò a bocca aperta. «Zio Cillian».

Che ci faceva a Milton?

Sean uscì da scuola e vide Nathalie parlare con un tizio su una Harley. Discussero in fretta e furia, poi lei salì al volante della sua auto e partì. Lo sconosciuto la seguì subito dopo.

Venne raggiunto da Jules e scosse il capo. «Amico, perché, quando hanno creato le ragazze, non ci hanno dato un manuale di istruzioni? Sarebbe più facile capire cosa vogliono».

Jules arcuò un sopracciglio. Si batté una mano sul petto, per dire "Lascia fare a me". Digitò sul cellulare e glielo passò.

Sean arricciò il naso. «Che cazzo è Wattpad?»








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