Capitolo 19 - Il confine dell'odio
«Ragazzi!»
Si separarono e Raine li raggiunse, affannata. «Avete visto Jules?»
«No, perché?»
«Che gli hai fatto?»
Raine trucidò Sean con gli occhi scuri. «Niente! Stavamo parlando e se n'è andato. Mi stava chiedendo di uscire, come al solito, e io l'ho preso in giro dicendo che l'avrei fatto solo se lui avesse...».
«Per teeeee, Pioggerellinaaaaa!» Jules percorse il molo di legno velocemente, completamente nudo, e si gettò nel lago.
Tre mascelle caddero per lo sgomento e Jules riemerse, muovendo il cranio come un cane bagnato per levarsi i capelli dagli occhi. Alzò le braccia al cielo. «Ti amo, Raine Hampton!», proclamò. «Io ti amo!»
Vi furono applausi, fischi e un tifo con il cognome del ragazzo. Nat non sapeva se fosse folle, innamorato o entrambi. Si accorse che Raine aveva incassato la testa fra le spalle e stava nascondendo la faccia.
«Ehi. Oddio. Raine, tutto okay?»
Cavolo, chissà quanto l'aveva messa a disagio.
Con grande sorpresa di Nathalie, gli spasmi di Raine erano una risata contagiosa e mostrò quanto fosse diventata scarlatta alle gote. «Non riesco a credere che l'abbia fatto davvero».
Nat sospirò, sollevata. Stava bene.
La consapevolezza si dipinse sul viso di Raine, illuminandole gli occhi. «Oh, mio Dio. Io me lo sposerò, quel ragazzo».
Il cuore di Nathalie saltò un battito. L'aveva detto con una tale fermezza, una sicurezza ammirevole. Come se lo sapesse e basta, senza dovere spiegazioni a nessuno. Come se fosse inevitabile e avesse appena capito di essere sua.
Jules uscì dall'acqua e qualcuno ebbe la decenza di passargli i vestiti che si era tolto. Non dando peso al fatto che fosse fradicio, si rivestì. «Loraine Eileen Moira Hampton», esordì e saltò per infilare i pantaloni. «Sono due anni che ti corteggio e che ti muoio dietro».
Un concitato e interessato "Uuuuh" fece arrossire Raine. Jules le si avvicinò.
«Sei la pioggia che crea il mio arcobaleno. Sei la mia donna, maledizione. Mi fai ammattire, impazzire, infuriare e strepitare. Mi fai venire voglia di strapparmi i ricci a mani nude e di lasciarmi investire da un treno per te. Sei cocciuta, astuta e non sei d'accordo con me su niente. Mi hai rovinato per chiunque e Cristo, se sei testarda nel respingermi». Si ritrovò a pochi passi da lei, di nuovo vestito, e poggiò le mani sui fianchi. «Ragazza, farai meglio a sposarmi, cazzo!»
Le ragazze strillarono emozionate e i ragazzi emisero degli stridii di festeggiamento. Tutti la incitavano: "Sposalo! Sposalo! Sposalo!".
Raine, al settimo cielo e in lacrime, corse da lui e saltò tra le sue braccia, baciandolo con sentimento. «Che ne pensi di cominciare partendo da un appuntamento?»
Jules la fece dondolare e le fece il solletico. «Con immenso piacere». Poi gridò ai quattro venti, la bocca rivolta al cielo notturno. «I Pepperman amano in grande!»
Nathalie percepì un peso addosso. L'amico di Sean, Al, le alitò all'orecchio. «Sai, anche quelli della mia famiglia amano in grande».
Sean intervenne al posto suo. Artigliandolo dal braccio sulle spalle di lei, lo spostò e gli diede una schicchera sulla fronte.
Il suono di una tromba da stadio ruppe la bolla dove stava avvenendo la loro schermaglia verbale. Un ragazzo, in piedi su una sedia, esclamò ad alta voce che era giunto il momento della prossima gara: Foster contro Dimah.
Sean ringhiò ad Al di stare alla larga da Nat e rivolse a lei un cipiglio d'odio. Andò a prepararsi e il corpo di Nathalie non fu più teso.
Camminò per raggiungere un frigo termico e ne tirò fuori una lattina. Piegò la linguetta fino ad aprirla e sorseggiò il contenuto.
Foster era un babbeo con problemi di fiducia. Un maniaco del controllo. Se non si faceva come voleva lui, dava i numeri.
Distrazione. Era solo questo per lei. Non dovevano toccarla i suoi insulti e le sue parole piene di veleno.
Che andasse all'inferno. Sperò che perdesse con quella lumaca della sua auto, quella sera. Lei ci aveva gareggiato. Guidava come una nonna, non sapeva sfruttare al massimo il potenziale della sua...
Un ruggito metallico le fece venire la pelle d'oca. La lattina le cadde di mano e si voltò.
No.
Era... una moto. Il rombo di una moto.
Non era sua, giusto? Non avrebbe partecipato a una corsa di...
Il pubblico si animò, il nome di Sean divenne un coro.
A peggiorare la situazione, un fulmine squarciò il cielo e venne la pioggia.
Merda.
Nathalie spintonò la gente per poter passare e arrivare in prima fila, giusto in tempo per vedere Sean e un altro ragazzo partire in pista, seguendo un percorso di dossi e curve, che si concludeva con un giro intorno al lago.
Sean aveva una moto. Sean possedeva una cazzo di moto e la stava guidando su un terreno malridotto, con la pioggia che avrebbe formato pozzanghere e punti scivolosi.
Il cuore le accelerò, il respiro divenne corto e veloce. Diamine, no. Poteva calmarsi. Non era niente di grave. Di sicuro sapeva guidarla, anche col maltempo.
La vista le si affollò di ricordi. Tenne d'occhio Sean e, all'improvviso, al suo posto vide se stessa e Avery. Si abbracciò da sola e conficcò le unghie nelle braccia.
Respira. Non accadrà niente. Respira.
«Fermati. Ti prego, fermati», supplicò sottovoce.
Le ruote di Sean schizzarono fanghiglia. Quella testa di cazzo del suo avversario lo superò, arrivandogli così vicino da rischiare di farlo cadere.
«Nat, stai bene?» Raine, al suo fianco, la fissò preoccupata.
Nathalie non riusciva a deglutire.
Si sarebbe schiantato. Si sarebbe schiantato al suolo, come lei e Avery.
Fermo. Fermo. Fermo.
Sean sballò per un attimo e Nat trattenne il fiato. Recuperò il controllo del manubrio e ritornò alla carica, aumentando la velocità e riguadagnando territorio. Quelli che avevano scommesso su Foster esultarono.
Ultima curva, ultimo tratto di percorso, ultimi chilometri.
No, no... basta!
Nathalie infranse la regola sottintesa e lasciò la comitiva di tifosi per mettersi nel mezzo della pista, proprio davanti a Sean. «Fermati!»
Lui frenò a due passi da lei, l'altro motociclista li superò e tagliò il traguardo. Lo sdegno che provenne dall'assembramento fu feroce.
Sean si tolse il casco, rabbioso. «Si può sapere che cazzo volevi fare? Ho rischiato di ucciderti!»
Se ne fregò se l'aveva alterato. Lei era un blocco di ghiaccio. «Scendi».
«Levati di torno, Gray».
«Ho detto scendi».
«Ti rendi conto di quello che hai fatto?»
Bagnata dalla lieve pioggia, ma bollente per l'ira, Nat batté le mani sul manubrio e gli urlò in faccia, rimproverandolo. «Lord Menace, scendi subito da questa fottuta moto!»
Calò il silenzio. Pian piano, si trasformò in un brusio. Giudicavano lei, le davano della pazza furiosa ed esagerata.
Sean l'aveva vista in queste stesse condizioni solo quando le aveva preso l'orologio. Irrequieta, logorata, afflitta.
Però ora c'era anche qualcos'altro. Terrore.
Si sporse per farsi sentire solo da lui. «Avevi detto che avresti fatto tutto quello che volevo. Scendi. Adesso», sibilò il suo comando, minacciosa.
Intuendo che non fosse il caso di disobbedirle, si alzò dalla Benda BD300 con calma.
«Dammi il polso».
Acconsentì quell'assurda richiesta. Nathalie gli tenne la mano con la propria, l'altra la usò per scansionare col pollice le vene del polso. Una volta trovato il battito del ragazzo, sospirò con gli occhi chiusi e rilassando le spalle.
Era già la seconda volta che lo faceva, si accorse Sean. Come se volesse appurarsi che fosse ancora vivo.
Nat rubò le chiavi della Benda e se ne andò a passi pesanti, seguita dalla sua amica che la richiamava a gran voce.
Sean ci era rimasto secco. Cosa diavolo era successo?
*_*_*_*
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-Kitta
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