Capitolo 10 - Giochiamo
Nat si alzò, levò la giacchetta dalle spalle e la consegnò a Maddie. «Puoi lasciarci soli un secondo?»
La ragazza indossò l’indumento e se ne andò, sorridendo sotto i baffi.
Nathalie si voltò e sorrise a Sean. «Jules aveva detto che tutti i suoi amici erano troppo impegnati per uscire con lui».
«Ho staccato prima da lavoro appena mi ha scritto che qui c’eri anche tu».
Lei lo squadrò. T-shirt bianca, una grande giacca nera di pelle, pantaloni a vita bassa con catena per il portafoglio e stivali da motociclista. Un tempo, avrebbe potuto dire che Sean Foster era la sua versione maschile. Ma lei non era più quella cattiva ragazza.
Niente berretto messo al contrario, le sue ciocche ribelli erano libere e in disordine. Che tentazione per le sue dita.
Quelle di Sean le percorsero il collo e le portarono i capelli lunghi e biondi su una spalla. «Lo sai che effetto mi fa vederti con la coda alta».
Lo sapeva. Sean voleva tirargliela mentre se la scopava da dietro. Gliel’aveva scritto in un biglietto.
Tra il bancone del bar e il corpo di Sean, Nat si sentiva senza una via di fuga. «Gira a largo, Lord Menace. Sono qui con la mia amica».
«Da come la tratti, non sembra tua amica. Anzi, direi che stai facendo di tutto per non affezionarti a nessuno da quando sei arrivata. Con quel cazzone di Raymond stai facendo ancora più schifo. Il tuo modo di flirtare con lui in classe e nei corridoi mi dà la nausea».
A proposito di nausea, a Nat risalì il mojito per il nervoso. «Dovresti cercarti dei nuovi hobby. Ho sentito che lo stalking è reato da queste parti».
Sean mise le mani sul piano ai lati di lei, torreggiando su quella ragazza che lo stava facendo diventare matto. «Mi piace guardarti. Però odio sentirti parlare, la maggior parte del tempo. Me l’hai confermato tu stessa poco fa, quando ti ho sentita con Maddie. Tu non vuoi Gavin, vuoi me. Non ti è bastata una sola volta, come me».
Era bloccata. I tremori riverberavano nel suo stomaco come un terremoto. Sapeva solo che non aveva paura.
«Miss Lily? Più Camaleonte. È in questo che ti cimenti. Le balle, gli inganni».
Credeva di essere migliore di lei? «Tesoro, non sono la prima e non sarò di certo l’ultima a dire menzogne per avere ciò che vuole».
Gavin era tranquillo. Era dolce, disponibile, ciò di cui aveva bisogno. Una distrazione. Un passatempo. Sean avrebbe potuto distruggerla.
Le si fece vicino. Così vicino da darle un assaggio del suo odore speziato. Acqua di colonia, nicotina e il mare. Un profondo oceano che la stava annegando dolcemente. «Fa’ come vuoi. Menti a chi cazzo ti pare. Ma se lo farai anche con me, ti spoglierò di ogni bugia e di altro».
Quella sua lingua, sempre pronta a ferirla e a ridurla a un ammasso di muscoli sciolti. Prima o poi, gliel’avrebbe morsa.
Era ancora incazzata con lui per la Gatorade e molto confusa per quello che era successo poi nel bagno. Non voleva stare alle sue regole, tuttavia non voleva nemmeno scappare.
«Devo ammetterlo, Miss Lily. Mi sento in colpa».
Come no. «Pensi che abbia perso la testa, l’altro giorno, per quello che mi hai fatto in mensa? Al contrario di quel che credi, il mio mondo non gira intorno a te».
Sogghignò malevolo e scosse il capo. «No, piccola stupida. Lo sono per la festa».
Dunque era questo? Si era pentito di averla toccata?
«Non ti ho mica costretto a leccarmela». Lo spintonò.
Lui la prese dal braccio e se la riportò addosso. «Mi sento in colpa perché non ti ho fatta venire».
Oh?
Le sue labbra erano a un soffio dalle sue, succose e tentatrici. «Non sono il tipo che lascia una donna insoddisfatta. Ti devo un orgasmo, piccola».
Sotto la gonna, provò un bollore intenso ed esplosioni una dietro l’altra, come fuochi d’artificio.
Si impose di non cascarci, di non cedere. «Non mi pare che tu sia venuto quella sera, non ti devo niente».
Sean le fece sentire la sua erezione contro la coscia. «E chi te l’ha detto? In quella camera ci siete state tu e Laura, perciò perché non una terza? Te lo devo perché ho pensato a te tutto il tempo, mentre stavo dentro di lei».
Le articolazioni divennero di pietra. Se non fossero stati in pubblico, lo avrebbe menato.
Era stato con una sconosciuta poco dopo aver messo le mani su di lei?
Sapeva che era un donnaiolo, ma con un comportamento simile non rischiava di attaccarle qualcosa? E aveva le palle di metterla faccia a faccia con la realtà, dicendole che Gavin non faceva per lei?
Le sue parole, le sue schermaglie, l’immagine di lui con un’altra, la travolsero e mandarono via la sua facciata. Era quello che Sean voleva, giusto? D’accordo. Ora avrebbe visto la sua vera essenza.
Con la forza che aveva nascosto per mesi, lo trascinò a una delle piattaforme con palo dove stava ballando un ragazzo. Salì sulle piastrelle fluorescenti e bisbigliò nel suo orecchio. Lui occhieggiò Sean, sorrise e accettò, scendendo dal piedistallo.
Trovando Sean in mezzo al suo pubblico, sciolse i capelli e col medio accarezzò il palo lentamente, dall’alto verso il basso, camminandoci intorno. Lo strinse con forza e vi si appoggiò di schiena: gettò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi e ansimando.
Le sue mani erano su di lei. La sua lingua. Le sue unghie.
Guardami, guardami, guardami…
Il locale applaudì e cantò il testo della canzone attuale. Gli occhi di Nat non mollarono quelli Sean. Ancheggiò, scivolò contro il metallo dorato e allargò le ginocchia. Fischi d’incitamento si elevarono, la gonna floscia e morbida era riuscita a coprire il pizzo nero delle mutandine.
Non provò vergogna. La sua eccitazione, la sua voglia di mettersi alla prova, aumentarono. Nessuno lì la voleva davvero. A parte un ragazzo.
Fece l’occhiolino a uno carino nel risalire, la spallina le cadde dalla spalla. Lui fece per raggiungerla, quando Sean lo spinse via e prese il suo posto.
Bingo.
Le pupille verdi erano oscurate dall’iride, un serpente che cercava di incantarla e intuire i suoi piani. «Smettila».
«No». Non ancora. Doveva raggiungere il suo scopo. «Loro non sono attratti da me e io mi sto divertendo. Dove sta il pericolo?»
Il suo fu un ruggito. «Non sono loro il pericolo per te».
Come aveva programmato, lo avrebbe punito. «Io non me ne vado. Tu, se vuoi, sei libero di farlo».
Foster non si sarebbe tirato indietro. Se lo sentiva.
E infatti… «Giochiamo, Miss Lily?»
Audacemente, lo afferrò e lo mise contro il palo. Stavolta era lui quello ingabbiato. Gli prese i polsi e glieli legò dietro la schiena, usando il laccio per capelli. Lo stuzzicò, come aveva fatto lui con lei innumerevoli volte. «Déjà-vu, Lord Menace?», gli fece eco da una loro vecchia conversazione.
Costretto nella stessa posizione in cui l’aveva costretta a stare lui alla festa, cercò di morderle il labbro. «Sei uscita allo scoperto, mi fa piacere».
«Quale miglior posto per farlo se non questo?»
Gli ballò attorno e contro. Seguendo il ritmo del mashup, divenne a tratti liquida e sciolta su di lui, facendogli sentire ogni parte di lei. Dai polpacci scattanti, ai capezzoli turgidi. Fu certa di averlo portato al punto di sbavare quando – grazie al suo passato da ballerina classica – sollevò il piede talmente tanto da portarlo sulla spalla di lui, il tacco a sfiorargli il lobo.
Sean scoprì i denti. «Hai finito? Perché sto per andare in combustione».
Nathalie, sentendosi inarrestabile e in controllo, si girò. Spinse sul suo inguine il culo e con una mano gli prese la nuca, portandolo quasi a baciarla. Si strusciò fino a rendere l’erezione del ragazzo un pezzo di marmo. «Non sono l’unica a saper mentire, esatto? Dimmi la verità e porrò fine alle tue sofferenze».
Gli avrebbe mostrato cosa accadeva a chi giocava con lei.
Sean le leccò le labbra. «Non c’è stata nessuna ragazza dopo di te».
Bene. «Hai fatto da solo?»
«Ho dovuto. Al posto del mio pugno, volevo ci fossi tu».
Tornò a premergli il seno sul petto e lo respirò. «Sono esattamente come mi sogni, Lord Menace. Fradicia, bollente, stretta». Portò le mani alla sua cintura e gliela slacciò. «Ma a differenza di Gavin… tu non potrai mai accertartene».
Gli calò i pantaloni e lo lasciò lì. Con le braghe calate e legato, di fronte a buona parte della comunità gay di Milton.
«Ciao, ciao», cantilenò sorridente e salutandolo con la mano. Uscì dal Cherry Blossom, in lontananza le risate e l’urlo del suo nome da parte di Sean.
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