La locanda del Maiale Felice
- Tuo padre era un uomo nobile, amava la pace, difendeva i deboli. Non ce ne sono molti come lui... ma per qualche ragione ha dovuto lasciare la città da solo. Sono sicuro che ci sia stato un motivo se ha abbandonato te e tua mamma, me è i suoi amici. Se ha abbandonato Kandor ci sarà senz'altro stata una buonissima ragione...- ripeté l'oste.
Ormai era notte fonda e Kiara aveva passato la fase di abbiocco, non aveva più voglia di dormire, sebbene fosse stanca.
Voleva sentire Horst che parlava di suo padre, che le raccontava le sue missioni, le sue imprese, le sue avventure.
Sua mamma non le aveva mai raccontato molto di lui, era sempre stato troppo doloroso e lei l'aveva accettato, ma ora che ne aveva la possibilità, voleva saperne il più possibile.
- Ti prego, raccontami di più- esclamò, ma l'uomo scosse la testa.
- No. Domani sarà una lunga giornata per tutti, non mi sembra il caso di fare ancora più tardi...- disse come avrebbe potuto fare solo sua madre: trafiggendo entrambi con un'occhiata minacciosa.
- Domani mattina sveglia all'alba, altrimenti niente colazione gratuita. Inoltre vi consiglio di passare dalla biblioteca, prima di lasciare la città, in cerca di una cartina- consigliò loro l'uomo.
- L'ultima cosa che posso dirti su Julien è la direzione che ha preso quando se n'è andato...- aggiunse alzandosi per andare a letto, - Mi disse che sarebbe partito verso sud, verso il deserto Arduk, in direzione del Grande Crepaccio. Non so dirvi altro, ma spero possa esservi comunque utile- disse allegramente Horst avviandosi verso il retro, dove aveva il suo alloggio.
Rovin e Kiara rimasero soli.
- Che facciamo? Andiamo a dormire anche noi?- domandò il ragazzo con aria stanca.
Kiara annuì con un sorriso pensieroso, con gli occhi ancora fissi sulla spada, nuovamente al suo posto.
- Possiamo andare sì, anche perché io domani la colazione gratuita la voglio- disse alzandosi.
Si avviarono verso il piano superiore dove stavano le camere degli ospiti e cercarono le loro.
Trovarono tutte le stanze occupate, ovvero chiuse a chiave, tranne una.
Quando si resero conto che il loro amico oste aveva interpretato alla lettera la richiesta di Robin di avere due letti, capirono che avrebbero dovuto dormire insieme.
Robin entrò e sembrò piuttosto imbarazzato.
Kiara lo seguì e si lasciò sfuggire una risata, - Due letti eh?- domandò ironica fissando i sue singoli stretti uno vicino all'altro.
Il ragazzo di fianco a lei sbuffò, - Ah, Horst! Domani mi sente quella testa di legno! Non può fare a meno di fantasticare- disse guardandola spiazzato.
Lei si strinse nelle spalle tranquilla, - Non ti preoccupare, non importa, se hai paura che io russi di notte possiamo trovare un modo per allontanare i letti- gli disse battendogli una pacca sulla spalla, poi gli si mise di fronte con aria seria.
- Se non vuoi dormire vicino a me perché puzzo devi dirmelo in faccia, bifolco! - lo prese in giro gettandosi infine sul materasso.
- Per me al momento, l'importante è dormire- aggiunse poi sbadigliando e aspettando che anche lui di muovesse.
Robin rise ancora per un po' e poi scosse la testa, - Non mi sarei mai aspettato che viaggiare con te sarebbe stato così divertente- le disse sdraiandosi sul suo letto di fianco a lei.
- Comunque Horst mi sentirà lo stesso- disse deciso facendola ridacchiare.
- Mah, io non rischierei di rimanere a digiuno domani mattina...- gli ricordò con un sorriso e lui sbuffò nel cuscino.
-Cavolo, è vero!- esclamò prima di addormentarsi.
Il giorno successivo si svegliarono insieme al primo raggio di sole.
Kiara riposata e serena, Robin malconcio e con le occhiaie.
- Ripeto: Horst mi sentirà. Non provare a dormire di nuovo vicino a me- la minacciò massaggiandosi la schiena, - Cosa sei? Un tornado? Non sei stata ferma un minuto!- le disse fulminandola.
- Ho dormito sul bordo tutta la notte- si lamentò ancora.
Kiara sorrise divertita e si strinse nelle spalle, - Ho il sonno agitato, mi spiace- disse per giustificarsi e Robin non poté fare altro che scuotere la testa esasperato.
Si vestirono e si prepararono ad uscire.
Passarono a fare colazione e Robin mantenne la promessa facendo una bella ramanzina al suo ospite che grattandosi la testa imbarazzato cercò qualche scusa.
Kiara invece gli lasciò a malincuore la spada di suo padre in custodia.
Quando uscirono il clima del mercato del giorno prima era stato a malapena smorzato e quasi ovunque spuntavano bancarelle colorate.
Robin si guardò un po' intorno per orientarsi.
- Allora, che facciamo? - gli chiese lei eccitata, piena di energia e voglia di esplorare.
Dopo la sera prima era tornata quella di sempre.
La brutta avventura nella foresta e la fatica del viaggio erano state lavate via da quella notte di riposo e ora era di nuovo la ragazzina allegra e iperattiva che aveva lasciato il villaggio nella Valle.
Horst aveva dato loro delle fette di torta per colazione e se le stavano godendo un boccone alla volta.
Quel dolce aveva sortito un effetto positivo su di lei e la faceva sentire felice e rilassata come una bambina, nonostante davanti a loro si preparasse una giornata potenzialmente pericolosa.
Robin la osservò e sorrise ritenendosi fortunato ad averla incontrata.
Se non fosse stato per lei, in quel momento di disoccupazione, non avrebbe avuto nulla da fare, nessuno scopo. Sarebbe stato solo. Invece lei gli dava un obbiettivo.
Sospirò studiando le diverse direzioni intorno a lui, - Horst ci ha consigliato di andare in biblioteca, che è al secondo livello, ma io partirei da ancora più in alto. Voglio che tu veda la piazza principale e il palazzo, poi la Guardia...- disse pensieroso, - Cominciamo a salire- disse infine avviandosi.
Kiara saltellò allegra al suo fianco, - Sì! Ottima idea!- mordendo il suo ultimo pezzo di torta con voracità.
Lui la guardò divertito e poi fissò la sua mezza fetta ancora intatta, - Ne vuoi ancora un po' ? - le chiese con un sorriso e lei arrossì imbarazzata.
- Non posso, è la tua colazione- disse cercando di fare la ragazza educata.
Lui scosse la testa e le porse la sua parte, - Tieni, è ora che tu metta su un po' di forme- le disse come battuta.
Lei lo fulminò e gli tirò una gomitata.
- Ho quindici anni- gli ricordò con uno sbuffo addentando la torta con una faccia offesa, facendolo ridere.
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