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9. Fortezza Diaspro

Deserto di Sabbiafine


Fortezza Diaspro dista tre settimane da Spinarupe. Shadee è in viaggio in sella ad Astro, il cavallo che Damen ha allevato per lui, guida una colonna di Spilli a lato della pianura desertica, sulla strada lastricata tra le due città, una serpentina circondata da rocce altissime e monti che sembrano essere stati tagliati in verticale dai colpi di un'accetta.

Con Chenzira al suo fianco osserva le gesta della casata che i suoi antenati hanno fatto incidere sulle pareti lisce dei promontori. Bassorilievi di rovi incorniciano i ritratti degli Spilli che hanno ricevuto dal dio Zeme un'aura magica potente. Poco più in basso sono raffigurati i nobili, i Primi che dopo la creazione della Bolla scelsero di allearsi con la casata in cambio di ricchezze e vantaggi; ancora più sotto i Secondi, omini grandi quanto asterischi che si inginocchiano davanti al re e portano in cesti di vimini tributi e doni.

Shadee è fiero della sua casata. Fatica a respirare con il cappuccio che è costretto a indossare, ma contemplare il passato glorioso dei suoi antenati riduce l'agonia, lo aiuta a sopportare i disagi di un viaggio che sembra infinito. Dietro di lui procede il convoglio. Suo padre ha costretto alcuni membri della casata a seguirlo con carrozze e approvvigionamenti. Kemala si è offerta volontaria, mentre Damen non ha ottenuto il permesso di partire ed è rimasto inchiodato alle stalle ad allevare i destrieri degli Spilli. Quanto a Bulbun...

«Che la gloria di Soumano sia con voi!» strilla dalle retrovie, vicino ai carri dove viaggiano le donne.

Shadee scatta sull'attenti. Quel folle di suo cugino ha appena invocato Soumano, un nemico della patria che per le sue rivolte è stato condannato all'esilio. Ha la faccia tosta di ritenerlo un eroe, mentre saluta un gruppetto di viaggiatori che procedono nella direzione opposta. Sulle tuniche color indaco, punteggiate da granelli di sabbia, alcune spille dorate riproducono il disegno di una lira intrecciata a una piuma d'uccello: il simbolo di Soumano.

Il cuore di Shadee batte a mille. «Chenzira, quelli sono seguaci di Soumano.» Indica il gruppetto che procede a capo chino. «Venerano un eretico cantore che ha provato a distruggere la casata.»

Il suo maestro sbircia da sotto la veletta che cade dal turbante turchese, un copricapo a forma di cipolla che lo aiuta a proteggere il volto latteo dal sole del deserto. «Tecnicamente ha solo cantato davanti alla folla e sobillato i Secondi contro di voi.»

Tutta la stoffa che avvolge il capo di Chenzira deve avergli sigillato le orecchie, o forse è proprio Shadee a sentire male per colpa del caldo eccessivo che gli sta dando alla testa: nessun fedele alla casata griderebbe il nome di Soumano, l'esiliato, il traditore, colui che ha sollevato le masse e le ha aizzate contro gli Spilli. Bulbun invece lo inneggia come se fosse il suo modello di vita, forse perché entrambi amano raccontare storie. Un moto d'ira gli naviga nel sangue e Shadee vede rosso. Tra le dita le briglie di Astro diventano un frustino pronto a sferzare chiunque osi sfidare la casata.

«Shadee.» La voce di Chenzira è un sussurro che cela un ammonimento. «È storia passata. Tu all'epoca eri appena nato. E poi non è saggio dare nell'occhio prima di arrivare a Sabbiafine. Indagherò per te quando ci saremo sistemati a Fortezza Diaspro e non ci seguiranno i carri delle donne.»

Non è storia passata, non lo sarà mai finché influenzerà il presente. Possono essere trascorsi venti anni da quando Soumano è stato esiliato dalla Bolla, ma se non avesse instillato il seme della rivolta con i suoi deliri sull'uguaglianza, se non avesse detto al popolo di meritare gli stessi diritti dei Primi, se non lo avesse incitato all'azione con le sue menzogne incantate, allora i Secondi non avrebbero imparato a insorgere e sua madre sarebbe ancora viva.

Chenzira inspira e lo incoraggia a seguire il suo esempio. «Respira e mantieni la calma. Vado ad assicurarmi che ai tuoi amati cugini non venga la brillante idea di fare a pugni con dei poveri viaggiatori. Posso lasciarti da solo?»

Shadee sbuffa così forte da far tremare il cappuccio di spilli. Non sopporta quando il suo maestro lo tratta come se fosse ancora un bambino. Ha solo quindici anni in più di lui e si crede già un grande saggio! «Nessun colpo di testa, promesso.»

Anche se forse, con il senno di poi, ora che Chenzira è sparito nelle retrovie, potrebbe approfittarne per strangolare Bulbun che continua a stonare oscene canzoncine da taverna.

La sua voce acuta si mescola al garrito di alcuni avvoltoi che volano in cerchio sopra i  bassorilievi della casata. «Lunga vita al principe di Spilli, a patto che per noi tanto vino stilli! Vanno bene anche denaro, seta e un liquorino, in cambio bastoneremo il suo culo regale e sopraffino!»

Shadee sospira, ormai al limite alza gli occhi in cerca di un qualsiasi aiuto divino. «Non vi ho mai chiesto nulla, sommo Zeme, ma vi prego, tagliategli le corde vocali prima che lo faccia io!»

«Possibile siate sempre di pessimo umore, mio principe?» Ancora una volta Kemala si è rifiutata di restare in carrozza con le donne e ha chiesto di farsi sellare il cavallo per procedere al suo fianco. Si avvicina sulla groppa di uno splendido esemplare dorato.

Con aiuto divino Shadee non intendeva ritrovarsi tra i piedi un'arrampicatrice pungente quanto una vedova nera! Il sommo Zeme lo odia, non gli viene in mente altra spiegazione possibile. «Perché vi ostinate a seguirmi anche se sapete di non essere desiderata?»

Kemala fa in modo che il suo cavallo sbandi così da sfiorargli il gomito. «Odio il cappuccio di spilli che indossate. Non vedo l'ora di arrivare a Fortezza Diaspro per strapparvelo di dosso, quello e tanti, tanti, tanti altri veli di stoffa che ritengo eccessivi su di voi.»

«No, io non...»

«Ah, non ditemi di no! Conosco almeno mille modi per farvi cambiare idea!»

«E il nostro principe ne conosce altrettanti per liberarsi di una scocciatura che ignora quale sia il suo posto e cosa sia il rispetto.» Nandi li raggiunge a cavallo con uno sguardo che promette distruzione e tempesta. Ha appena minacciato una nobile rancorosa e vendicativa, ma non sembra temere ripercussioni.

Per un attimo Kemala resta a corto di parole. A Reggia Blu tutti la venerano, non le capita spesso di venire rimessa al proprio posto. Sbatte le ciglia e cerca di ricomporsi in fretta. «Che cosa stai insinuando, straniera?»

«Nulla che non abbiate già compreso» sorride Nandi. «Ma se posso darvi un suggerimento.... Se volete così tanto entrare nelle grazie del principe, potete iniziare a zittire quel vostro cugino che con i suoi ridicoli motteggi sta assordando l'intero convoglio.»

Per poco Shadee non cade di sella. Nandi che insulta Bulbun per amor di recita; Kemala che la guarda con il volto in fiamme; Bulbun che lo tormenta da giorni con le sue canzoni da osteria e che seppur inconsapevole si è trasformato in un prezioso alleato. Inizia a dubitare che uscirà vivo da quel viaggio infinito!

Accanto a lui Kemala è colta da un brivido di stizza così potente che gli orecchini di smeraldo picchiettano contro le guance. «Tornerò» minaccia prima di girare il cavallo e di sparire nelle retrovie. «Non illudetevi che sia finita così.»

Se ne va assieme alla sua nuvola che profuma di rosa canina e lo lascia finalmente solo, a godersi quell'attimo di pace che Nandi, forte del suo caratteraccio, è riuscita a regalargli. «Sono in debito con voi» le dice. «Non avrei saputo come liberarmi di lei senza offenderla.»

Nandi sventola il caschetto d'argento in una risata. «Non pensate troppo bene di me, principe. Non sopporto la maggior parte della vostra casata, e quella ragazza... che gli dèi mi fulminino se non scopro cosa le frulla per la testa.»

«Oh ma è semplice!» Di ritorno dalle retrovie Chenzira si infila nella conversazione. «Il nostro Shadee è diventato grande, desiderato dalle donne. Lui sa benissimo perché la bella Kemala continui a ricercare le sue grazie.»

Vuole il trono, vuole sposare il principe e guadagnarsi una posizione di ruolo. Ricchezze, stima, fama, un pacchetto completo che molte fanciulle degli Spilli bramerebbero. Peccato che lui non sia interessato. Da Jaja ha ereditato anche il dovere di sposare la principessa di Fontebella, una straniera che non conosce e che non crede di poter amare, ma alla quale per rispetto sarà eternamente fedele.

Assorto nei suoi pensieri, si accorge a scoppio ritardato che Chenzira ha sollevato la veletta dal turbante turchese per studiarlo con i suoi occhi di drago. «A Sabbiafine la situazione non sarà semplice da affrontare» lo ammonisce. «Niente distrazioni quando arriveremo e cerca di non fare nulla di affrettato.»

«Eseguirò soltanto gli ordini di mio padre. Non vedo come potrei sbagliare.»

«Potrebbe non essere così semplice. Puoi contare su di me, lo sai?»

Certo che lo sa, anche se è strano che Chenzira si preoccupi così tanto. La vita è stata crudele con lui. È un emarginato che il suo stesso villaggio nella Bolla del Fuoco ha rifiutato. È una storia che Shadee ignora perché non gli ha mai chiesto nulla di troppo personale, ma sa che sono state proprio le traversie del suo passato a renderlo un uomo pronto, capace di cavarsela in qualsiasi circostanza.

Shadee guarda l'orizzonte sul quale si stagliano ombre che corrispondono al profilo di un palazzo. «Anche tu puoi contare su di me.»

Non sa perché lo abbia detto. Chenzira è nato con mille vite, atterra sempre in piedi, con grazia e con almeno cinque spade a portata di mano per infilzare il nemico. Non ha bisogno di un novellino come lui, eppure dopo aver parlato si sente più leggero, come se quella concessione avesse sigillato la loro amicizia.


*


Qualche ora dopo Shadee arriva al villaggio di Sabbiafine. Sopra una collina di granelli gialli, riconosce Fortezza Diaspro, la residenza estiva prediletta da sua madre, una costruzione a undici torri di pietra rossa che buca un cappello di nubi bianche. Tra le sue mura Shadee conserva troppi ricordi che non può permettersi di riesumare, anche se loro riescono comunque a raggiungerlo. Stringe i denti per dimenticare le volte in cui Jaja lo spingeva sull'altalena, i nomi che con sua madre dava ai pesci colorati quando buttavano il mangime nelle vasche delle serre. Nel panorama che lo circonda cerca di appigliarsi a qualsiasi dettaglio pur di restare ancorato al presente. Ad attirare la sua attenzione non sono le mura ciclopiche che circondano la Fortezza, né gli stendardi con l'insegna dei rovi mossi dal vento, né le case di mattoni e tufo che si arrampicano come granchi sul pendio irto. A sorprenderlo è un capannello di persone che si sono radunate all'ingresso del palazzo e che si intrattengono a cazzotti e insulti.

Con un colpo di sperone Bulbun raggiunge l'apertura della colonna, il cappuccio di spilli sistemato sul volto. «Una rissa? Finalmente un po' di svago dopo il tedio di questo viaggio. Il grande Jaja è tornato!» strilla nei panni di un menestrello. «Che la terra smetta di girare davanti alla sua grandezza... Va beh, inserite da voi qualcosa di simile, basta che sia glorioso. Sono tornato a casa, gente!»

Casa? Che significa casa? Shadee resta impalato sulla schiena di Astro senza capire il messaggio nascosto dietro le sue parole. Bulbun potrà anche essere il rinnegato degli Spilli, ma la sua casa è a Reggia Blu. Fino a quel momento non sapeva nemmeno che fosse mai stato a Sabbiafine durante i suoi viaggi. «Conosci questo luogo?» gli chiede.

Chenzira e Nandi si chiudono ai suoi fianchi come le ali gemelle di un'aquila. Hanno già impugnato spade e pugnali per impedire che i litigiosi gli tendano un agguato.

«Qualche volta siamo passati di qui» confessa Nandi. «Abbiamo anche acquistato un capanno nel centro del villaggio, un capriccio di Bulbun del tutto inutile perché siamo rimasti pochissimo!»

Chenzira sbuffa così forte da far oscillare il velo che cade dal turbante. «Sai quasi quanto me come è fatto tuo cugino. Andiamo adesso. Vediamo che succede.»

Non serve avvicinarsi molto per dare un senso al guazzabuglio di pugni e bracciate che vede protagonista una folla composta da due schieramenti diversi: i Primi, pasciuti nelle loro vesti di seta, con catene di gioielli d'oro e rubini che accerchiano i colli scuri; i Secondi, mani grezze di calli, muscoli asciutti dai lavori nei campi, abiti lisi e rattoppati, la furia di chi non sa stare al proprio posto.

Uno dei Primi, un grassone sudaticcio con il naso adunco, sventola un pugno in aria e spinge gli altri nobili alla protesta. «Ladri! Delinquenti! Poco di buono!»

«Firoze dei Chiomati» suggerisce Chenzira.

Il membro di una famiglia alleata degli Spilli. Shadee rallenta l'andatura di Astro e risale piano la stradicciola sterrata che lo porterà alle mura. Deve guadagnare tempo, avere più informazioni sui suoi sudditi prima di buttarsi nella mischia.

«Che cosa sappiamo su di lui?»

«Esiste?» ipotizza Chenzira.

«È troppo grasso per fare a pugni?» tenta Nandi.

«Sarà un bel rovo nel culo?» chiude Bulbun. «È una delle solite liti tra scrocconi e poveracci. Perché non facciamo finta di nulla? Siamo appena arrivati ed è doveroso lusingare le terme di Fortezza Diaspro con la nostra eccelsa presenza.»

Nandi scarica un sospiro così profondo che i due uomini degli Erranti scattano sull'attenti, timorosi di finire vittima dei suoi pugnali di osso. «Qualcosa su Firoze sappiamo» ammette. «Dirige il settore tessile di Sabbiafine. La maggior parte dei suoi uomini si rifiuta di lavorare. Di questo passo finirà senza un soldo.»

«Jaja ha fatto di tutto per mandarlo in rovina» specifica Chenzira. Il tono si abbassa nel ronzio di una mosca quando pronuncia il nome di suo fratello.

Shadee deglutisce un groppo di saliva che gli blocca il respiro ogni volta in cui pensa a lui. «Dovrei conoscere questa gente, vero?»

«Temo di sì» sospira Chenzira. «Per questo ci conviene rinviare l'incontro...»

Non hanno il tempo di aggirare le mura e di tentare l'ingresso da una delle porte secondarie che il Primo chiamato Firoze lo vede e corre da lui con un'andatura così goffa da far dondolare gli strati adiposi sulla pancia. Quasi si inciampa nella tunica troppo lunga che si impiglia nei laccetti dei sandali prima di stringersi alla sua gamba.

«Grande Jaja!»

Shadee lo maledice: almeno avrebbe potuto lasciarlo scendere da cavallo!

Il Primo non se ne cura e resta avvinghiato a lui, lo fissa con occhi porcini. «È così da quando ve ne siete andato. Vedete quei villici? Quegli ingrati! Io do lavoro alle loro famiglie, grazie a me si assicurano il pane, e quelli mi tradiscono e mi rubano l'oasi!»

Un giovane con la carnagione annerita dal sole arriccia le sopracciglia, la bocca è un taglio secco. «È stato il principe a invitarci a restare lì, l'unico nobile leale che abbia avuto l'onore di incontrare. Non abbiamo rubato niente.»

«Isedu» sussurra Chenzira per dare nuove informazioni a Shadee. «Negli ultimi mesi è diventato il portavoce dei Secondi. Stando alle mie fonti era in buoni rapporti con Jaja che ha sempre ascoltato le sue esigenze.»

Shadee ricorda le indicazioni che Damen gli ha fornito in quel bugigattolo, i suoi sospetti in merito agli ammanchi di Fortezza Diaspro, non la svista di un governatore distratto, ma il desiderio di arricchire il popolo a spese dei nobili e della sua stessa casata. Guarda Isedu e capisce che la vita deve essere stata crudele nei suoi confronti. Una lunga cicatrice gli attraversa la guancia, taglia a metà l'occhio destro condannandolo alla cecità, eppure non riesce a provare pietà per lui e per la gente rivestita di stracci che lo spia dalle finestrelle di alcune case, non quando proprio in quei focolari si cova il germe della rivolta che ha ucciso sua madre.

Non che quel Firoze sia tanto meglio! Ancora avviluppato come un polpo alla sua gamba continua a sputacchiare finte lacrime e a bagnargli i pantaloni di baci adulatori. «Nel nome di Zeme, principe! Per fortuna siete tornato. Nelle sue lettere vostro padre mi ha spiegato che eravate malato, una febbre che vi ha fatto perdere lucidità e commettere scelte sbagliate. Ma adesso mi ha garantito che avete ritrovato salute e ragione, non è vero?»

Shadee non è per niente sicuro di sentirsi bene. È arrivato da una decina di minuti e la testa sta già martellando. «Vi prego di tornare alle vostre dimore. Studierò la questione e nel nome del diritto che regola la Bolla vi farò sapere.»

È una risposta da manuale, una che i Secondi non si aspettavano perché in lui vedono Jaja, il paladino della giustizia, colui che non accetta torti e sofferenze, perché non sanno che sotto il cappuccio c'è un impostore, un ragazzo che non vuole deludere suo padre e tradire la casata.

I Secondi retrocedono, mentre i Primi e alcune guardie gridano di far passare il principe, di lasciare che raggiunga i suoi quartieri per riposarsi dopo un lungo viaggio. Shadee vorrebbe solo ordinare ad Astro di fare retromarcia e di riportarlo a casa. Non ha mai odiato Jaja come in quel momento. Per colpa di uno stupido matrimonio ha fatto a pezzi il suo mondo e se ne è andato, gli ha lasciato il compito amaro di raccogliere i cocci e di riordinarli, anche se non sa da che parte iniziare. No, pensa mentre spinge Astro lungo il ponte principale, sta mentendo a sé stesso. Non è capace di odiare Jaja, non sul serio, anche se di una cosa è certo: non riuscirà mai a perdonarlo.

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