8. Per un paio di ali
Mese del Colore
Fontebella
Con Snorre al suo fianco, Evianne si sente di nuovo completa. Crede che per Mildri sia lo stesso e invece sua cugina taglia ogni rapporto con lei senza darle spiegazioni. La sua è una decisione strana: il mese del Colore è il loro preferito e da quando sono bambine lo hanno sempre passato insieme, a raccogliere le foglie e a sparpagliarle tra gli ultimi fiori per salutare i Gari degli alberi e augurare loro un buon riposo. E allora perché Mildri si rifiuta di vederla e non esce più dalla sua stanza?
Evianne continua ad arrovellarsi, prigioniera di una ridda di pensieri. «Che cosa sta succedendo secondo te?»
Snorre tira un sasso sul filo di un ruscello e prova a fargli fare più di un balzo. «Non lo so.»
«Se non lo sapessi davvero, saresti sconvolto come me, e invece...»
Snorre legge in quelle parole un'accusa di tradimento, la fulmina e si rifiuta di uscire con lei per la settimana successiva. Sembra che la storia abbia deviato verso un capitolo di cui tutti conoscono la trama, tutti tranne lei. Allontanarsi da Mildri e Snorre equivale a perdere due dita della mano. Certo, a un primo sguardo sono sempre lì, attaccate al palmo, eppure non funzionano più come un tempo. Detesta non sapere cosa stia succedendo e così, una mattina, fa irruzione nella sala delle adunanze, decisa a lottare per le persone che ama. Spalanca senza bussare le porte di quercia e marcia sul tappeto che porta al trono.
La regina Valesca, seduta sul suo scanno e con un bicchiere di vino rosso tra le dita, la studia a corto di parole. La corona di rugiada è adagiata sulla chioma bionda, una massa cotonata che ricorda una nuvola d'oro. «Evianne?»
«Non me ne andrò finché non avrò delle risposte.» Evianne si impunta davanti al trono. «Sono pronta a incatenarmi qui, a sbarrare le porte, a cantare finché qualcuno non mi ascolterà, e sì, è una minaccia perché sono la persona più stonata di tutte le Bolle!»
«Evianne...»
«Quindi per il bene dell'apparato uditivo dell'intera Fontebella, fareste meglio a parlare, zia.»
La regina affonda il volto in una mano come se si stesse vergognando di quella scenata. «Siediti. Dobbiamo parlare.»
«Oh... Bene.» Non si sarebbe mai aspettata di ottenere una vittoria così semplice. «Ma certo... io... bene.»
Bene non è la parola giusta. Presa dalla foga con cui si è scagliata nella sala delle adunanze, non si è accorta che la regina era a colloquio con il consigliere Ordon. Il suo storico braccio destro siede accanto al trono con in mano lo scettro dorato della parola e la fissa come se fosse una creatura mitologica appena approdata da una Bolla di selvaggi.
Sotto il suo sguardo inquisitore Evianne si rimpicciolisce nelle spalle. Quell'uomo riesce sempre a metterla a disagio. Da giovane è stato un grande guerriero, acerrimo nemico degli Spilli, ma ha smesso di combattere quando durante un'imboscata ha perso il suo unico figlio e l'occhio destro. Ora una biglia di vetro occupa la cavità un tempo vuota. Alcuni cittadini dicono che il consigliere vi abbia imprigionato lo spirito di un Gari e che grazie a lui riesca a manipolare i pensieri altrui e a gettare il malocchio. Sono solo sciocchezze, ma giusto per non rischiare Evianne distoglie sempre lo sguardo quando incontra il suo.
«Stavamo proprio parlando di te» la saluta il saggio Ordon. «Sei al terzo tentativo fallito del tuo rito di iniziazione ed è arrivato il momento di riprovare.»
Ancora quella sciocchezza delle ali. «C'è un fraintendimento. Non sono qui per chiedere una nuova prova. Sono venuta da voi perché sta succedendo qualcosa a Mildri e vorrei capire.»
Il consigliere si rigira lo scettro tra le mani incartapecorite. «Non parlare così. Le ali sono il simbolo di massimo prestigio tra la nostra gente e tu non puoi rifiutare. Devi superare il rito di iniziazione come richiesto dalla dea Rasa, e si dà il caso che noi abbiamo trovato la missione perfetta per te.»
«No!» Un urlo secco echeggia per la grande sala dalle tre navate. Mildri si piazza davanti a sua madre circondata da un'aura omicida. Ha i capillari arrossati dal pianto e le guance ancora bagnate di lacrime. «Ho detto di no. Ho accettato il mio destino, ma Evianne non farà parte del vostro sciocco complotto.»
Complotto, destino. Evianne non ci sta capendo più niente. Si sforza di schiarirsi le idee, ma la testa all'improvviso inizia a ronzare, una vertigine la costringe a sedersi sullo sgabello davanti al trono reale. «Mildri, che sta succedendo?»
Il consigliere sfrutta lo scettro della parola alla maniera di un bastone per aiutarsi a tenere l'onda. «Tua cugina sposerà il principe di Spilli, l'erede al trono di Rovi.»
È una doccia gelata, ghiaccio puro sotto forma di mille aghi che penetrano la pelle e si conficcano nelle ossa, una cascata di schegge che devono averle attraversato i polmoni perché all'improvviso Evianne non riesce più a respirare. Snorre è appena tornato a casa, ma a che prezzo? Il mondo in cui crede non ha fatto in tempo a riempirsi di colore che si è di nuovo annerito.
Costringe un sorriso esagerato e tenta una battuta leggera, ma riesce solo a pensare che si tratta di una grandissima fregatura, una inevitabile in cui bisogna scegliere il male minore. «Se lo deve sposare per la tregua benissimo. Che sposi questo assassino straniero, però pretendete... voi dovete pretendere che dopo le nozze vivano qui, nella nostra Bolla, non in quella terra di mostri.»
Chi lo dice che debba essere la donna a spostarsi nella patria del marito? Una legge antica e datata che a Fontebella non può funzionare, perché Rasa, la loro dea, è femmina e la società in cui vivono predilige le donne come regnanti.
Sua zia la fissa con un'espressione affranta. «Non funziona così, Evianne. Siamo stati noi a venire meno alla parola data.» Snorre ha rotto l'accordo con Spinarupe, per qualche motivo che le sfugge è stato rispedito a casa, forse per mantenere la promessa che Evianne gli ha strappato quando è partito. «Il matrimonio si terrà a Fontebella, ma appena terminate le nozze...»
«Siete la regina!» Evianne scatta in piedi. «È vostra figlia e la state barattando come un oggetto, senza nemmeno sapere cosa ne sarà di lei tra quella gente.»
Il consigliere Ordon sospira, a sorpresa le accarezza la guancia nel tentativo di calmarla. Quel contatto inatteso irradia una scarica di dolore. Nessuno più di lui odia gli Spilli. Lui non si fida di quella gente e allora perché adesso ha cambiato idea? Come può anche solo pensare di promettere la figlia della regina a un assassino?
«Durante le trattative abbiamo ottenuto che la principessa non si sposi prima di avere raggiunto la maggiore età» le spiega. «Manca un anno e mezzo al mese del Velo prescelto, e noi adesso abbiamo bisogno del tuo aiuto.»
Mildri singhiozza a labbra serrate, sembra un vulcano sul punto di esplodere. Per opposto Evianne si sente spenta, perché non riesce proprio a capire cosa stia accadendo. Il suo aiuto? E per cosa?
«Gli Spilli di Spinarupe sono una casata molto diversa dalla nostra» continua la regina. «Austera, severa, estremamente chiusa. Dubito sappiano persino sorridere, ma c'è qualcosa che mi tormenta ancora di più. Non avere idea di chi sia l'uomo che sposerà mia figlia.»
«È il principe di Spinarupe» le ricorda Evianne. «L'erede al trono.»
La regina annuisce, fa tintinnare la collana di perle che le circonda il collo. «Il principe Jaja, governatore di Sabbiafine, un giovane uomo di cui nessuno conosce il volto, eccetto i membri della sua casata all'interno di Reggia Blu.»
Il consigliere si schiarisce la voce prima di prendere la parola, l'occhio di vetro viola si sofferma su di lei e brilla più del solito. «È tradizione per i regnanti e ogni membro degli Spilli di sesso maschile girare con un cappuccio al di fuori della cittadella. Ci sono tante leggende sul loro conto. Dicono che abbiano le squame di serpenti o il volto deturpato. La regina vuole conoscere il viso di quell'uomo e la sua indole, sapere se potrà essere un buon marito o se dovrà capitargli qualcosa di sgradevole durante la prima notte di nozze.»
«Non oserete!» Mildri drizza la schiena in segno di sfida, stropiccia la stoffa del vestito azzurro ridotto ormai a un tessuto di pieghe lasciate dalle unghie. «Nessuno di voi oserà pronunciare una simile follia davanti a me.»
Ordon picchietta il bastone della parola a terra. «Si gioca meglio quando si conoscono le carte del proprio avversario. Un anno di tempo e qualche mese. Sarà sufficiente per capire se dietro a questa proposta di matrimonio non ci sia un inganno.»
Mildri urla ancora e adesso anche la regina alza la voce, il consigliere le fa da coro. Evianne si estranea in un labirinto di pensieri dal quale è impossibile trovare l'uscita. Adesso capisce che cosa le stanno chiedendo di fare, ma come potrebbe riuscirci, quando non ha superato nemmeno i riti di iniziazione più semplici?
«Mi state chiedendo di fare la spia» sussurra, lo sguardo incollato all'orlo del vestito che spazzola il pavimento di marmo. «Volete che mi infiltri a Spinarupe, che socializzi con il principe e gli sfili il cappuccio per vedergli il volto.»
Un'azione proibita, condannabile con la morte, un reato. Evianne sa combattere con la spada e tirare con l'arco. Ha un fisico scattante e allenato alla corsa, ma è impacciata, balla in modo disordinato, non sa dire le bugie, ride quando è il momento di piangere e parla a raffica se si sente sotto pressione. Per non parlare dei guai: quando ne intravede uno all'orizzonte, ci si tuffa dentro solo perché vorrebbe fare sempre la cosa giusta.
«Perché io?» Perché inviare la persona meno indicata dell'intera Bolla in una missione suicida?
«La tua aura è diversa dalle altre» sussurra Ordon. «È calda, una boccata di ossigeno che arriva proprio quando ti sembra di soffocare. Gli Spilli non se ne renderanno conto, ma in maniera istintiva si fideranno di te e con un po' di pazienza ti riterranno un'amica, qualcuno a cui confessare i loro più intimi segreti.»
La sua aura, il dono che ha ereditato dalla dea Rasa e da sua madre assieme al potere della guarigione. È rischioso. Se Evianne venisse scoperta dagli Spilli, la tregua con la Bolla di Rovi finirebbe e scoppierebbe una vera guerra.
«Sarà la tua prova di iniziazione» sancisce la regina. «Superala e la dea Rasa ti concederà le ali.»
Mildri riprende a gridare, non vuole che la cugina si sacrifichi per lei, anche se Evianne è disposta a farlo. Morirebbe mille volte per le persone che ama. Si mordicchia il labbro, mentre la decisione germoglia nel petto, diventa una pianta robusta e sicura. Il consigliere Ordon la guarda e in un messaggio silenzioso le suggerisce un altro motivo per cui dovrebbe accettare quella richiesta. Gli Spilli hanno ucciso la sua famiglia. Sebbene non abbiano mai rivendicato l'attentato, lei sa cos'ha visto quella notte: un uomo incappucciato con la divisa di Spinarupe e uno stemma di morte.
«Lo farò, ma non per le ali. Lo faccio per Mildri.» E per il fiore viola che marchiava il guanto del nemico, perché forse in quella terra straniera potrà trovare le risposte che ha sempre cercato. «Se quell'uomo è un mostro come i soldati che hanno ucciso i miei genitori, non permetterò che la sposi.»
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