57. Campane di nozze (II)
Ancora una volta è la foresta ad accoglierla. Deve tenersi lontana dal tempio di Rasa dove si celebreranno le nozze. Lo vede da lontano, incorniciato dalle foglie d'argento, in cima alla cascata del Pettine Sottile. È un santuario a cielo scoperto, contornato da pietre ciclopiche che racchiudono un piccolo altare. Shadee si trova lì adesso. Starà inserendo l'anello di rovi nel dito di Mildri e ricevendo in cambio la collana con le ali di libellula, starà cantando l'inno di giuramento a Samà, con la stessa voce calda che le dedicava quando ballavano alle serre.
Sente il cuore gonfiarsi di dolore, mentre arretra sempre più a fondo nella foresta, si convince di respirare meglio quando il tempio non sarà più visibile, ma si sbaglia. C'è comunque un filo che la tiene legata là, perché l'immaginazione sa essere un'arma indomabile, capace di riprodurre ciò che gli occhi non possono vedere. Cammina senza fermarsi, quando un'esplosione di suono fa tremare la foresta. Alcune rondini fuggono dai nidi e volano spaventate nelle tane del cielo, oscillano tra una voluta di fumo che si alza da...
Il tempio. Il fumo proviene dal tempio di Rasa. I ricordi dell'assalto a Spinarupe si dipingono in lei come un fulmine di luce violenta. Non sa quale sia il motivo dell'esplosione, potrebbe essere anche solo un fuoco di festeggiamento, ma il ricordo di Reggia Blu la terrorizza. Corre su un tetto di foglie cadute, non abbastanza in fretta, perché è come se le radici degli alberi si stessero animando e volessero bloccarle le caviglie.
«Ali, adesso. Dovete aiutarmi.»
Le ali si materializzano sulla schiena in meno di un secondo e con uno sventolare di rugiada le permettono di risalire il pendio del tempio. Più si alza di quota, più si immerge in una matassa di grida e strilli, in un sottofondo di spade che cozzano e di rovi che frustano il suolo. Chiunque assocerebbe a quei rumori l'immagine di uno scontro armato.
Evianne atterra su uno sperone di roccia. Le urla sono così forti da coprire lo scrosciare della cascata che si getta nel lago sottostante. A quell'effetto uditivo corrisponde una visione orrenda, una scena tragica che guarda da fuori, come se le fosse vietato prenderne parte. Due schieramenti combattono. Lame di rugiada esplodono contro verghe di rovi. Spilli e Fontebelliani. Avevano un accordo, e allora perché stanno combattendo?
Tra i monoliti di pietra che definiscono il perimetro del tempio, Evianne cerca un volto noto. Intravede Mildri, con la tiara di cristallo, evocare le ali per mettere al sicuro la regina, e poi Snorre sventolare la spada accanto al consigliere Ordon per far arretrare alcuni cittadini di Spinarupe.
«Hanno violato l'accordo!» Hondo è in piedi sull'altare e urla, si toglie il cappuccio per muoversi più liberamente nello scontro. «I Fontebelliani ci hanno traditi. Hanno attaccato il nostro principe e re Tavare. Uccideteli tutti! È guerra!»
«No!» Evianne grida. La sua gente non avrebbe mai rotto la tregua, non quando la posta in gioco è una pace che ha sognato per decenni.
«Sono stati loro!» replica un Fontebelliano da dietro un colosso di pietra. «Il matrimonio era un inganno degli Spilli per uccidere la regina e la principessa!»
«No!» Evianne grida ancora. «Aspettate!» Prova ad avvicinarsi, ma una scarica di frecce la costringe a indietreggiare, le impedisce di gridare e di dire a tutti che Shadee non lo avrebbe mai fatto, non quando quel matrimonio gli permetterà di salvare suo padre.
È allora che vede. Qualcuno, qualcuno che non era previsto, qualcuno che gli altri, per colpa della mischia, non sembrano notare, un qualcuno che in realtà è un "molti" fatto di impostori che si mimetizzano nei reciproci schieramenti. Sono Spilli con guanti marchiati dal fiore viola. Sono Fontebelliani che sulla schiena mostrano lo stesso stemma. Perché due popoli nemici dovrebbero indossare un unico disegno, come una bandiera che li richiama sotto un ideale comune?
«È una trappola. Vogliono che ci distruggiamo a vicenda.» Ma chi? A chi potrebbe interessare la fine definitiva di ogni accordo di pace?
Evianne cerca di avvicinare un ragazzo di Fontebella che indossa il marchio, ma è tardi. Gli impostori svaniscono come brina che trasuda dalla terra e lasciano che i due gruppi continuino lo scontro. Gli Spilli sono in netta minoranza e rischiano di essere trucidati. Da Fontebella accorrono i rinforzi: truppe ausiliarie si arrampicano sulle rocce e con l'aiuto di balestre e archi accerchiano gli Spilli, li spingono contro l'altare per intrappolarli.
Shadee è lì, con suo padre e Hondo, prigioniero di una tenaglia di lame e dardi che preme per non risparmiare nessuno. La colluttazione gli ha fatto cadere il cappuccio di testa, le iridi di Luva brillano come rubini lucidati in un bagno di odio e rabbia.
Pochi minuti e sarà un massacro, pochi attimi e della delegazione di Spilli non resteranno che ossa rotte e carne crivellata. Guarda Shadee combattere a volto scoperto una battaglia che è destinato a perdere. Un dardo gli sfiora la spalla, un colpo di balestra si conficca di netto nel cuore di re Tavare che cercava di partecipare allo scontro e di tenere coperto il fianco del figlio. Il sovrano boccheggia, per un attimo si blocca, come se rimanendo immobile potesse preservare l'ultimo afflato di vita, ma nemmeno un sovrano può resistere alla dea Eren quando lo richiama sul fondale dell'Aralla: il dolore lo travolge con un solco che deturpa i lineamenti mentre finisce accasciato a terra.
Evianne assiste con il gelo addosso. Quell'uomo che ha odiato, quell'uomo che lei stessa avrebbe ucciso, quell'uomo che ha salvato e che nascondeva l'amore per suo figlio come una colpa adesso è morto, calpestato dagli Spilli che sbracciano alla ricerca di un varco per mettersi in salvo e non degnano di una sola occhiata il loro re. A proteggerlo c'è solo Shadee che si getta sopra di lui per fargli da scudo e incassa le ginocchiate e le frustate di rovi dei suoi stessi uomini, in cerca di una via di fuga.
«Shadee!» Evianne tramortisce i soldati di Fontebella per raggiungerlo. Ne accorrono a fiotti. Premono sul drappello di Spilli senza concedere un attimo di tregua.
«Shadee, alzati!» Lo scongiura, ma lui dondola sulle ginocchia, il volto affondato nel petto del padre. «Difenditi! Ti devi difendere!»
Si sente morire quando un pugnale gli sfiora il collo. Ringrazia la spada che lo blocca e gli impedisce di tagliargli la giugulare. È una lama sottilissima, sulla cui elsa brilla un rubino. Spillo Rosso. Un attimo dopo due uomini della casata fiancheggiano il principe e si tolgono i cappucci dal volto. Chenzira e Bulbun.
Evianne sgomita per avvicinarsi. Shadee è ancora a terra, davanti all'altare di Rasa. Oltre le braccia e le spade che frastagliano brandelli di cielo, lo vede stringere il cadavere di suo padre e rifiutarsi di lasciarlo andare. Cerca di raggiungerlo, ma l'accesso al tempio è una strettoia contornata da rocce, ed è difficile creare un passaggio. Qualcun altro, assieme a lei, spinge per farsi strada tra i corpi dei soldati che si dimenano.
«Nandi?»
Il caschetto d'argento brilla sotto i raggi del sole. Nandi le rivolge un cenno, troppo indaffarata a sventagliare coltellate con i suoi pugnali d'osso. È un turbine che attorno a sé fa terra bruciata, travolge ogni ostacolo che incontra.
«Perché siete qui?» le chiede Evianne mentre schiva una freccia.
Nandi scuote la testa, indica di essersi limitata a seguire la corrente. «Perché Chenzira non poteva lasciarlo andare.»
Una volta ai Cento Occhi Nandi le disse che l'amore esiste anche se si combatte una battaglia su due fronti diversi. Chenzira lo ha dimostrato quando si è schierato contro i ribelli ai Mille Soli e lo sta facendo anche adesso. Ora che lo vede destreggiare le spade come falci portatrici di morte, capisce che non ha mai smesso di amare Shadee. Nonostante il suo tradimento, ha scelto di restargli accanto per proteggerlo, lo ha seguito assieme a Bulbun per tutto il tempo, nascondendosi sotto un cappuccio di spilli.
«Dobbiamo tirarli fuori da lì!»
«Oh, ma certo!» sbotta Nandi. «Cosa pensi che stia cercando di fare da quando sono arrivata? Una partita a carte?»
Cielo, nel mese che ha passato a Fontebella, le è mancato perfino il caratteraccio di Nandi!
Alza la mano per indirizzarle una stretta immaginaria. «Alleate?»
Nandi le strizza l'occhiolino. «Alleate.»
Una fiamma accesa esce dalla spada di Chenzira. È il segnale che stavano attendendo: il fuoco rompe le fila dei Fontebelliani, un varco minimo, l'unica possibilità di tuffarcisi e di raggiungere Shadee.
«Ora!» Evianne ha bisogno di qualcuno che le copra le spalle.
Nandi capisce come per una telepatia istantanea. «Vai!»
Tirali fuori da lì, la supplica con la scintilla di uno sguardo, tutti e tre, vivi. Mentre Evianne si tuffa nel varco, pensa che ce la farà, ma spesso la volontà deve infrangersi contro il muro dell'impossibile, perché per quanto costringa le gambe a scattare, non può nulla contro la furia omicida dei soldati, non può proteggere Shadee dalle frecce che lo mirano, graffiano le spalle, sfiorano la casacca. È troppo lenta. Se non si sbrigherà, lo uccideranno davanti ai suoi occhi. A corto di fiato, vede alcuni getti di balestra pronti al lancio. Puntano tutti lo stesso identico obiettivo, un bersaglio che non possono mancare, Shadee che piange suo padre e ha entrambi i fianchi scoperti.
«Adesso! Colpite!» Il consigliere Ordon abbassa il braccio. I meccanismi delle balestre scattano e gli strali compiono il loro volo all'unisono.
Evianne diventa un blocco di marmo. Non sa gridare il suo nome, pregarlo di spostarsi, di togliersi dalla linea del tiro. Il cuore schizza in gola e si ferma lì, bloccato assieme al corso del tempo che un dio deve avere paralizzato. Hondo cattura con un laccio di rovi i colpi di balestra sul fianco sinistro, ma dal lato destro... Shadee è ancora rannicchiato sul cadavere di suo padre, vivo e illeso, perché due corpi gli hanno fatto da scudo. Sono connessi dallo stesso triangolo che segna le guance, da un legame mentale potentissimo. È bastato un solo sguardo d'intensa per accordarsi, e all'ultimo, proprio prima che il loro principe venisse colpito, sono balzati davanti a lui per proteggerlo. Lo hanno fatto in modo scomposto, prima Bulbun, qualche passo indietro Chenzira, eppure la pioggia di strali non ha risparmiato nessuno dei due.
Deve esserci un tranello, deve trattarsi di un piano studiato. Adesso i dardi si dissolveranno dai loro cuori e i due Erranti si alzeranno, tronfi e indistruttibili, riprenderanno a combattere. Ma poi uno spruzzo di sangue esce dalle labbra di Chenzira e gli occhi di Bulbun diventano immobili. Il tempo torna a scorrere a un ritmo naturale, quando entrambi cadono a terra davanti al volto devastato di Shadee.
Un grido copre gli echi della battaglia. Proviene da Nandi che ha smesso di guardarle le spalle e ora si graffia le guance, sul tatuaggio che è il simbolo di una casa spezzata.
Evianne non lascia che il dolore la paralizzi, non più. Deve tirarli fuori da quel cerchio di morte, deve usare la magia di Rasa per salvarli. Si tuffa nella mischia, un gesto incauto. Un uomo la prende per i capelli e la scaglia tra i soldati che la calpestano. È come nuotare in un mare solido, oltre onde di braccia e gambe. Un cavallone di ginocchiate la schiaccia a terra, le lascia vedere l'ombra di Shadee che si allunga sopra Chenzira e Bulbun. Il canterino ha ancora le labbra plasmate in un mezzo sorriso, una bocca felice che non intonerà più note musicali. Chenzira si sforza di trattenere il soffio vitale.
La voce di Shadee davanti al suo maestro morente fa male quanto i calci che premono sulle tempie. «Perché? Tu sei il mio nemico, tu e lui mi avete... perché?»
Evianne dà un colpo di reni per liberarsi delle tallonate che le impediscono di emergere in superficie. Tutta ammaccata, vede Chenzira sorridere tra le braccia di Shadee.
«Per una volta non ho una frase d'effetto da dire, né un insegnamento utile, solo...» Ogni parola gli ruba un respiro, provoca uno spasmo d'agonia mentre sugli occhi cala il velo dell'addio. «Vivi, Shadee. Sei solo tu, sempre tu, mai la copia di un altro, e vali, anche quando non lo credi e sbagli, vali, e un giorno perdonami. Perdonami e...»
Evianne lotta contro le lacrime e si trascina sui gomiti per avanzare, da lontano assiste all'addio tra Shadee e il suo maestro. È un momento intimo, strappato alla battaglia, le ricorda di non cedere all'odio, perché nonostante gli obiettivi siano diversi c'è sempre spazio per l'amore, e a insegnarglielo, seppur con tanti errori, è stato proprio Chenzira.
«Perché?» gli chiede Shadee. «Perché?»
«Va bene» sussurra Chenzira. «Se mi odi per un po' va bene, ma poi perdonami. Puoi farlo, puoi...»
La risposta di Shadee è un singhiozzo strozzato. Non c'è tempo per una replica. Le spalle di Chenzira tremano per lo sforzo richiesto dal semplice atto di respirare. Gli occhi di ambra ruotano indietro e riempiono di bianco le orbite, prima che l'aura perda intensità e l'ultimo soffio di vita voli via.
Evianne arranca oltre due soldati. Shadee è vicino, a un tiro di braccio. Bofonchia il suo nome come se fosse l'unica verità a importarle, ma quando affonda in ginocchio davanti a lui, una frustata di rovi le impedisce di toccarlo.
Shadee è piegato sopra il cadavere di Chenzira e indossa un'espressione furiosa che non gli ha mai visto addosso, nemmeno quando ha scoperto che lo stava tradendo. Chiude i pugni e dalle dita sbocciano verghe spinose pronte all'attacco. «Come hai potuto» singhiozza. «La tua gente...»
La guarda con un odio travolgente, e allora Evianne capisce che ha perso ogni traccia di lucidità. «Non è andata così» cerca di spiegare. Evoca uno scudo di rugiada per allontanare i soldati.
«E come è andata?» singhiozza Shadee, le mani sullo strale che ha perforato il cuore di Chenzira. «Sono morti anche loro, e non ha senso. Erano i miei nemici. Come è andata?»
Non così. La dinamica non è chiara, è un gioco ambiguo, ma è certa che il fiore viola sia la chiave per sciogliere il mistero.
Evianne si morde le labbra. «Shadee, non sei lucido adesso.»
È la cosa sbagliata da dire, i lineamenti delicati si induriscono nel ringhio di un animale furioso. Non è più lui, il giovane uomo che la fissa con il volto squarciato da rughe di pianto e rabbia. È Luva, il dio che quando perse l'amore delle altre stelle condannò il mondo al buio e contagiò gli abitanti della sua Bolla con un odio così immenso da generare guerre e stragi.
Evianne cerca di sfiorarlo, per ricordargli che non è solo. «Ci sono io. Io sono con te.»
«Come lo eri a Fortezza Diaspro? E a Sprinarupe? E nel mio letto?» Le vene sul collo si ingrossano spinte dalla furia delle sue accuse. «Come quando rubavi i miei segreti, mentre io...» Non lo dice, le spalle che si rimpiccioliscono per colpa di un singhiozzo troppo forte. «Mio padre, la vecchia Liza, Damen, e adesso Chenzira e Bulbun.»
Evianne non sa quali parole usare per calmarlo. Spera che il contatto fisico possa fargli recuperare il controllo, ma appena allunga la mano una nuova frustata di rovi la costringe ad arretrare. E all'improvviso è come se il buio lo avvolgesse, come se una notte di pece si stringesse in una bolla attorno a lui, per lasciarlo solo con il suo dolore.
«Non avrò pace» minaccia Shadee. «Non avrò pace finché la tua gente non verrà massacrata, fino a che non avrò strappato con le mie mani l'ultima vita di questa dannata Bolla.»
I rovi si alzano attorno a lui, sempre più scuri, frustano colpi di spine che mandano al tappeto i soldati di Fontebella. Di fronte alla sua furia distruttiva, Evianne si sente soffocare, perché nulla le permette di avvicinarlo, non un sorriso, non una parola, non il tentativo di sfiorarlo. Lo guarda sprofondare in un baratro fatto di pazzia e dolore, e lei è lì, sul ciglio di quell'abisso, senza le parole giuste per indicargli la strada del ritorno.
«Ti prego» sussurra. «Torna in te. Dobbiamo scoprire chi è stato a sabotare il matrimonio, insieme...»
«Non esiste nessun insieme!» Un colpo di spine affonda davanti alle sue ginocchia.
Evianne saltella sui talloni. Non è saggio sfidare una bestia ferita, ma non intende andarsene finché non lo avrà riportato indietro. «So che non lo farai.» Non la colpirebbe mai. «So che non sei un assassino. So che sei buono, Shadee, e io mi fido di te...»
«Vattene!» Shadee grida tra i singhiozzi. Le mani affondano nei capelli, all'altezza delle tempie, come se dentro di lui stesse avvenendo un duello tra il vecchio Shadee, gentile e puro, e una nuova versione che deve distruggere a ogni costo. «Vattene via, per favore. Non voglio colpirti. Vattene!»
«No. Non così. Me ne vado solo se vieni con me.»
Una frustata di rovi affonda a un soffio dal suo naso, per poco non la colpisce in pieno viso. Quando Shadee se ne accorge, si rintana nel guscio di rovi neri che lo circonda, si piega su sé stesso per soffocare i singhiozzi.
A Evianne sembra di intravedere un varco nelle barricate che sta innalzando. «Non mi farai del male.» Tende la mano, con movimenti delicati e cauti per non spaventarlo. «Tu non sei così. Tu...» Ricorda l'inno alla luna che cantava alle serre e, sebbene un groppo caldo arrochisca il suono, intona alcune note: «Ma io canterò per portarla da te e se scapperà, disegnerò una zattera di ali bianche e amore».
Ancora un po'. Evianne riparte da capo: «La luna lontana fugge dal suo specchio d'acqua». Ancora qualche minuto e lo raggiungerà. Ma proprio quando sta per sfiorargli la guancia, una spada argentea si frappone tra di loro e una spinta improvvisa la sbalza via. D'un tratto davanti a lei non c'è più Shadee divorato dalla gabbia di rovi neri, ma una treccia di platino scarmigliata.
Le spalle di Snorre si alzano in un saliscendi furioso. «Razza di idiota! Evianne, Chanti. Non importa il nome, è lei, e tu stavi per colpirla, tu...»
«No.» Evianne si aggrappa alle sue ginocchia per fermarlo. «Snorre, non è così. Non lo avrebbe mai fatto.»
Snorre alza la spada, pronto a disegnare un arco per attaccare. «Sei la disgrazia della tua casata, Shadee, sei...»
«Fermati, Snorre!»
Restano bloccati in un'immagine cristallizzata: Shadee mentre singhiozza e si stringe la testa; Snorre con la spada nell'atto di colpire; Evianne abbracciata alle sue ginocchia per fermarlo.
Restano bloccati perché il cielo d'un tratto si scurisce e una nuvola gigantesca, a forma di piuma d'uccello, macchia l'azzurro e il sole.
«Cosa...» Snorre fa in tempo ad aprire le labbra, ma la frase resta interrotta.
Evianne urla, quando vede la nube cadere su di loro, disintegrarsi in mille piume più piccole che disegnano un uragano di polvere dorata. «Shadee!»
Il vortice punta Shadee e tutti gli Spilli, li ingabbia in una prigione che non lascia scampo. Evianne cerca di raggiungerlo, ma una forza centrifuga la scaglia lontano, giù dal dirupo, oltre la cascata che scroscia e con il grido delle sue acque fagocita gli strilli terrorizzati della casata. Cade, senza ali, abbracciata da un vento di ovatta, finché l'impatto non arriva e la condanna all'incoscienza.
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