55. Una delegazione da lontano
Non appena il falco torna con una risposta da Fontebella, Shadee ordina a Hondo di preparare una nave e di selezionare trenta Spilli e un paio di guaritrici per il viaggio. La regina Valesca ha accettato di anticipare le nozze e di convincere la nipote a guarire suo padre. Era la notizia che stava aspettando, eppure quando legge la missiva si sente vacillare. È una debolezza passeggera che nasconde tra le ossa, in un angolino recondito dove nessuno potrebbe scovarla, nemmeno se lo aprissero e analizzassero pezzetto per pezzetto.
Per tutti deve essere l'erede forte e preparato, colui che riuscirà a ridare prestigio a Reggia Blu e alla dinastia di Zeme. Non importa se quel ruolo è troppo grande per lui, se mentre lo indossa si sente come un bambino minuscolo perso in un vestito ampio quanto una tenda, non importa se la stoffa punge, se lo soffoca più del velo di spilli che gli copre il viso. Shadee ha smesso di esistere quella notte a Reggia Blu e di lui adesso resta solo il dovere che si è imposto di seguire, come se non avesse più un'anima, una scelta, un cuore. Non confessa le sue paure nemmeno a Kemala, non lo fa nemmeno la mattina della partenza quando lo accompagna sul pontile di Baiasecca dopo una settimana a cavallo.
Kemala lo guarda con il volto imbronciato e l'espressione cupa. «Non capisco perché non posso salpare anch'io. È stata una mia proposta. Non puoi lasciarmi indietro, non è giusto.»
Shadee sospira. È un ingrato e lo sa. A quella donna che in passato ha giurato di ucciderlo deve tutto, perché gli ha impedito di cadere quando lui stesso avrebbe solo voluto lasciarsi andare. Però non si fida di Fontebella. Se dovesse finire in una trappola e metterla in pericolo, non se lo saprebbe perdonare.
«Resterai qui e aiuterai Emmatu a sorvegliare Reggia Blu» le ordina. «Ti affido la casata.»
«Dimentichi che sono solo una donna.»
Shadee le sorride a volto scoperto. «La più forte che abbia mai conosciuto.»
Quella frase riaccende qualcosa in Kemala, risveglia la bestia orgogliosa che nell'ultimo mese è rimasta assopita. Lo schiaffeggia davanti a suo padre e ai guerrieri selezionati per la missione e poi indica Spillo Bianco, legato alla casacca nera.
«Se non torni, ti vengo a prendere.» Poi gli soffia nell'orecchio, piano, di modo che solo lui possa sentirla. «Ricordati che so usare una spada.»
Se ne va con quella minaccia sospesa, avvolta dalla classica nube che profuma di rosa canina. Non aspetta nemmeno che la nave salpi e punti l'orizzonte in direzione di Fontebella. Donne! Prima o poi lo faranno impazzire!
Presto Shadee chiude fuori dai pensieri chiunque non sia suo padre e passa l'intera navigazione a vegliare su di lui. È un viaggio difficile che gli impedisce di chiudere occhio. Il costante rollio della nave mette il re a dura prova, peggiora il suo stato di salute precario. La febbre lo condanna a deliri continui che si mescolano al sottofondo musicale prodotto dallo sciabordio delle onde e dai garriti dei gabbiani.
«Tua madre, mi aspetta, mi chiama.»
Shadee non si stacca da lui nemmeno un secondo. In quei momenti di follia, lo avvolge in una coperta di lana cardata per proteggerlo dalle brezze del nord, troppo fredde rispetto al clima di casa, e lo scongiura di non lasciarlo. «È solo un'allucinazione.»
Suo padre non lo ascolta, forse non lo sente. «È fiera di te. Tende la mano, l'Aralla...»
«Tra qualche giorno saremo a Fontebella, dovete resistere. C'è una guaritrice che si prenderà cura di voi, ma voi... voi non potete lasciarmi solo.»
Quando lo supplica di non morire, una lucidità improvvisa si accende nello sguardo del re, come se la vicinanza all'Aralla gli avesse donato doti profetiche e permesso di rubare una pagina alle Tavole del Destino. «Non sei solo.»
A una settimana di navigazione da Fontebella, perde definitivamente coscienza, e Shadee teme sia finita. Resta aggrappato ai pochi deliri insensati che rantola nel sonno. A volte ripete il nome dei figli e della regina, come se volesse chiamarli al suo capezzale prima di spirare l'ultimo respiro. A volte chiede il perdono di Bara, suo fratello. Nel vederlo così umano, Shadee sente il cuore sanguinare, al punto che a fine viaggio si sorprende di non avere al suo posto un organo di stoppa.
Ma poi, finalmente, arriva il giorno in cui Hondo scende la scala e si immette nella stiva per portargli la notizia. «Ci siamo. Tra poco approderemo a Fontebella. Ho già mandato il falco per annunciare la nostra presenza e ordinare di preparare la guaritrice.»
Shadee tira un sospiro di sollievo. Preme la fronte contro quella di suo padre e ringrazia gli dèi che lo hanno fatto arrivare alla meta ancora vivo, sebbene in uno stato di delirio costante. «Dovete resistere, presto vi sentirete meglio.»
Poco dopo ordina a due guaritrici di disinfettare le ferite del re e di vestirlo con onore, mentre gli uomini preparano la lettiga per favorire il trasporto verso la capitale. Le istruzioni che impartisce agli altri sottoposti sono poche frasi fulminee – non c'è un solo secondo da perdere! – comandi sussurrati tra i denti che lo accompagnano quando sale sulla tolda e per la prima volta vede la Bolla di Rugiada, una barriera di rocce e boschi dai profili argentati.
Shadee fa segno di attraccare la nave e di spingere la lettiga del re lungo un sentiero sterrato che dovrebbe formare la strada principale. Arranca alla cieca, senza punti di riferimento. Dove sono i Fontebelliani? Perché tardano a inviare la guaritrice, anche solo un messaggero per accettare il loro arrivo?
«Hondo, assicurati che mio padre resista. Vado a vedere se trovo qualcuno.»
Suo cugino ha il cappuccio sul volto, ma i fori che lo bucano gli permettono di guardarlo con sospetto. «Non è strano che non ci sia nessuno? Potrebbe essere una trappola. Ti accompagno.»
«Ho Spillo Bianco con me. Me la cavo. Pensa a mio padre.»
Gli resta poco tempo, non permetterà che venga sprecato per rincorrere le paure di Hondo. Le lascia indietro, assieme a suo cugino e al resto degli Spilli, e procede in una foresta di conifere, tra radure lussureggianti e ruscelli punteggiati da pietre scivolose. Ci sono pochi sentieri, fatti di ciottoli che affondano in un grembo di spighe rosa. Tutt'attorno si arrotola la nebbia, un velo lattiginoso che a un certo punto si assottiglia per rivelare dieci persone a metà collina.
«Jaja!» Hondo lo chiama da lontano. Credeva di averlo seminato per andare in avanscoperta, e invece suo cugino ha costretto gli Spilli e i lettighieri a tenere il passo.
Shadee avanza verso un vecchio che si appoggia a un bastone della parola. Sul volto stretto, spicca un occhio di vetro che gli conferisce un aspetto inquietante. L'iride, attraversata da sfumature viola, è immobile, priva del guizzo di ogni emozione, un contrasto netto con l'occhio autentico, in cui vortica un ribrezzo ben manifesto.
«Sareste voi il principe Jaja?» gli chiede lo straniero con fare sprezzante. «Mi risulta difficile credervi, visto che portate tutti quanti un cappuccio in testa.»
Ha un tono provocatorio che Shadee ricompenserebbe volentieri con un cazzotto in faccia. «Sono il principe Jaja. E voi?»
«Ordon, consigliere della regina Valesca, e questa...» Fa ondeggiare il braccio, come per invitare una dama ad aprire una danza. «Questa è la principessa Mildri Chioma Bella.»
La sua futura moglie, la tizia che dovrà sposare pur di salvare la vita di suo padre. Non la vede bene con quella veletta che le copre il viso, ma in fondo non gli importa nulla di lei, del suo aspetto, delle cazzate che gli dirà quando saranno soli.
Il consigliere si gira di lato e indica alla comitiva la cima di una collina oltre la quale, come in una composizione di nuvole sfumate, si accastellano le torri del palazzo regale circondate dall'abbraccio di mille cascate. «Vogliate seguirci. Immagino sia stato un lungo viaggio.»
Quell'uomo sembra odiarli più degli altri, un sentimento reciproco, ma Shadee non può finire coinvolto in una zuffa. In silenzio adocchia Hondo e lo prega di tenere la sciabola nella casacca e di non compromettere l'accordo. Muove un passo per seguire la lettiga che porta suo padre, quando un tocco delicato gli sfiora la spalla.
«Camminate assieme a me.» La sua futura moglie gli parla con una voce da nausea. Ancora più rivoltante è la facilità con cui lo prende sottobraccio e lo costringe a sintonizzarsi alla sua andatura, un passo lento, lentissimo, per colpa del quale restano indietro e si trovano a chiudere la fila.
«Quando credete che la vostra guaritrice potrà visitare mio padre?» le chiede Shadee.
La ragazza gli stringe il braccio più forte. «Sapete benissimo come si chiama la guaritrice e allora perché non pronunciate il suo nome?»
«Forse perché ho usato quello sbagliato per quasi un anno?»
La principessa sventola la testa in una piccola risata. «Non arrabbiatevi. Evianne lo ha fatto per me. Non voleva che sposassi un uomo di cui nessuno conosceva il volto. Il suo è stato un sacrificio per il quale le sarò eternamente debitrice.»
Fosse solo quello il problema! Sono state altre le azioni che lo hanno ferito: la collaborazione con Chenzira, l'alleanza con Jaja, i segreti che gli ha rubato. Quelle non erano una missione assegnata da Fontebella, ma iniziative sue che avevano come unico scopo tradirlo e distruggere ciò che amava.
Ma ovviamente tutto questo una principessa viziata e civettuola non lo può capire. «Sapete» cinguetta senza lasciargli il braccio. «Da queste parti non usiamo veli. Non nascondiamo il nostro aspetto, ma con voi ho voluto giocare ad armi pari.»
Con un guizzo salta su un ciottolo del sentiero per sbarrargli la strada, scosta la veletta e si lascia guardare. È sfacciata, arrogante e sicura di sé, vuole che la fissi a lungo, come si fa con un'opera d'arte, perché crede di poterlo sedurre, senza sapere che con Shadee non funziona così. Non gli importa nulla della bellezza, anche se guardarla gli fa male, perché mentre la fissa il volto tondo assume contorni spigolosi, i capelli d'oro diventano serpentelli di cenere, le labbra maliziose si piegano in un sorriso esagerato che lo invita a ballare e sussurra il suo nome. Distoglie subito lo sguardo per alleviare una fitta al cuore.
«Sembrate qualcuno sul punto di dire qualcosa» canticchia la principessa. Probabilmente si aspetta un complimento per il suo aspetto. Povera illusa!
«Vi dico che devo raggiungere mio padre e che mi state sbarrando la strada.»
«No, non questo.» La sua risata si mescola allo scricchiolare delle ruote e ai passi della comitiva che ormai è scomparsa sul dorsale opposto della collina. «Avanti, ditemi cosa pensate di me.»
Se Shadee dicesse davvero cosa pensa di lei, romperebbe ogni possibile trattato di pace con Fontebella per i prossimi mille anni. Meglio essere chiari perché quella ragazzina non si faccia strane idee, perché non lo pitturi come la controparte di un odiosissimo sogno romantico. «Ci fermeremo solo per le nozze. Dopo il matrimonio verrete con me a Spinarupe assieme alla vostra guaritrice. Non vi amerò mai, ma vi sarò fedele e vi tratterrò sempre con rispetto.»
La diplomazia non è mai stata il suo forte. Perfino il cielo glielo rimprovera con un lampo e il boato di un tuono che preannuncia tempesta.
«Burbero e schietto» esclama la principessa. «Per nulla gentile.» Non ha mai preteso di esserlo. «Voglio vedere il vostro volto. Ora.»
Shadee si irrigidisce, con la mente vola a una notte sotto il chiaro di luna, quando stringeva le mani di una straniera e le affidava il suo più grande segreto. Ricorda i raggi argentei che la baciavano e il suo stesso cuore che rischiava di perforare il petto da quanto batteva forte. Quella ragazza non è più nulla per lui adesso, eppure concedere a un'altra donna il privilegio di vederlo sembra sbagliato.
«Credevo vi servisse la mia guaritrice» incalza la principessa. «E in fondo sarò vostra moglie.»
«Procedete pure.»
Le mani della ragazza non esitano, non lo toccano come se fosse un cimelio sacro da proteggere e amare, ma si buttano sull'orlo del cappuccio affamate di verità e lo sollevano con uno scatto secco. La principessa lo studia come per valutarne il valore. Dopo un'attenta analisi gli rivolge un sorriso deliziato. «Siete bello, ma immagino ve lo abbiano già detto in molti.»
Basta, non ne può più dei capricci di una ragazzina viziata! Shadee la supera e riprende a marciare verso palazzo. Sopra di loro il cielo è grigio e l'odore di pioggia satura l'aria.
«Dove andate?» lo chiama la principessa con il cappuccio ancora in mano.
«A palazzo. Vi ho concesso di vedermi solo per gentilezza e per il bene di mio padre. Vi pregherei di ricordare quanto vi ho detto prima.»
«Che non mi amerete mai?» La ragazza arriccia il vestito per tirarlo sopra le caviglie e non inciampare, si butta al suo inseguimento. «Siete drastico, sapete?»
«Ridatemi il cappuccio.»
«No! L'amore si costruisce con il tempo e con la pazienza, e io so averne molta.»
Shadee si gira verso di lei che è rimasta qualche passo indietro. «Vi sbagliate. L'amore è solo un'illusione generata da una fiducia cieca e da una terribile ostinazione. Quando celebreremo le nozze?»
La principessa si toglie i boccoli dalle gote arrossate, sostiene il suo sguardo senza battere ciglio, nonostante le prime gocce di pioggia le volino dritte negli occhi. «Dieci giorni. Mi avete dato poco preavviso.»
Shadee approfitta della tregua per riprendersi il cappuccio. «Bene.»
«Non so. Spero sappiate restarmi fedele come avete promesso.» Per che razza di uomo lo ha preso? «Mi fido di mia cugina, ma non di voi. So che c'è stato qualcosa, anche se lei non ha voluto dirmi niente.»
Shadee chiude gli occhi e pensa a Chanti abbracciata a lui, alla sua testolina che gli solletica il collo, ai saltelli di danza con cui lo attirava tra le braccia. Si chiede se nell'illusione del tempio di Dagan loro due siano ancora felici o se anche quel sogno sia stato spezzato.
«Avrete la mia fedeltà» promette. «Spero vi basti.»
«Ma...»
«Nessun ma.»
Gli occhi della principessa si scuriscono. Ha dignità e perlomeno non piagnucola, sono forse gli unici aspetti di lei che con il tempo potrà apprezzare.
Shadee si risistema il cappuccio di spilli in testa. «Vi sarò fedele.» Ha solo la sua parola come garanzia. «Adesso mandate la vostra guaritrice da mio padre.»
*
«Gentile? Evianne dobbiamo lavorare insieme sul tuo concetto di gentilezza. Quell'essere borioso, pieno di sé, arrogante!»
È da mezz'ora che si trova con Mildri all'interno della casa di betulla. La guarda scagliare servizi di porcellana, vecchie bambole, sedie e qualunque altra vittima sacrificale finisca nel mirino. Di fronte alla sua furia, Evianne resta immobile su una seggiola, prega di sparire, anzi no, prega di trovare il coraggio di parlare e di chiederle di Shadee. Capita spesso nei momenti di difficoltà di sentirsi spaccare in mille desideri contrastanti e di non sapere a quale dare la priorità. E così adesso una tempesta di "vorrei" le volteggia dentro. È una lotta di venti, fatta di parole speranzose, che si sussurrano a vicenda di tacere perché Shadee è lì, quella è la loro ultima, fragilissima occasione, e basterebbe il tocco di una frase sbagliata a spezzarla. Soffia sull'infuso che ha versato nelle uniche due tazze sfuggite allo sfogo di Mildri.
«Vuole vederti!» Il grido di sua cugina rompe la bolla dei pensieri, per poco non la fa scivolare giù dalla seggiola. Shadee? Vedere lei? «Me lo ha praticamente ordinato» rincalza Mildri, mentre si sistema un ricciolo dietro l'orecchio e cerca di riprendersi dalla sfuriata. «La vostra guaritrice! Subito da mio padre!»
Per un attimo Evianne cade nel tranello delle speranze. È un secondo effimero prima di sbattere contro il muro della realtà. Shadee ha chiesto di lei solo perché vuole che guarisca il re. Affonda le labbra nell'infuso bollente, sperando di averci mescolato una dose sufficiente di valeriana per calmarsi. Non è pronta, non è assolutamente pronta a incontrarlo. Lo ha voluto così tanto che adesso solo l'idea di trovarselo davanti le fa esplodere il cuore.
«Allora?» la rimbecca Mildri. «Non hai sentito? Ti vuole vedere subito.»
Certo che ha sentito. Le parole di sua cugina si sono infilate nelle orecchie e hanno colpito la coscienza con un impeto tale da frastornarla. «Dove lo trovo?» Non riesce a dire altro. La voce uscirebbe traballante, e lei non vuole che Mildri la veda così debole.
Fortunatamente sua cugina non si accorge del suo turbamento. «Mia madre ha riservato a quell'essere presuntuoso il complesso delle Biglie.»
Un punto strategico ai pendii del palazzo. È un piccolo agglomerato di casette bianche che possono essere tenute sotto stretta sorveglianza dalle sentinelle sulle mura. Se Shadee tentasse un colpo di testa, verrebbe ucciso da uno stillicidio di frecce ancor prima di brandire la spada.
«Allora?» Mildri picchietta la scarpetta a terra, una prova della sua impazienza. «Ti muovi o devo portartici io dal mio adorato sposo con un palo di rovi ficcato su...»
«Vado!» L'ultima cosa che vuole è rivedere Shadee sotto lo sguardo indagatore della cugina. Punta la porta per non sentirla esplodere nell'ennesima volgarità.
«Evi?» Che altro c'è adesso? Mildri le sorride con la stessa complicità di quando erano bambine. «Lo teniamo sotto tiro. Se osa anche solo sfiorarti...»
«Non ce ne è bisogno.»
Lei e Shadee potranno anche appartenere a due fronti diversi, ed è vero, ci sono state le bugie e i tradimenti, ma non sono sufficienti a cancellare tutto il bene che si sono voluti, perché è ancora lì, sepolto da qualche parte, come la vita che si nascondeva soffocata dalle foglie nelle serre della regina e che aspettava soltanto il momento giusto per risvegliarsi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro