53. Perdersi e ritrovarsi
«Allora? Come è il volto del mio futuro marito?»
Evianne è seduta sul ramo più alto di un albero di sorbo. Sotto di lei le spighe di lavanda che tappezzano la collina sembrano un mare rosa in costante movimento, un ammasso di onde dalle quali sbuca la testolina bionda di Mildri. La domanda che le ha fatto penzola nel silenzio, ha l'effetto di un colpo sordo all'altezza del cuore. Da quando è tornata a Fontebella assieme a Snorre, ha cercato di rimettere in ordine i pensieri, ma è come avere un gomitolo in testa, un filo ingarbugliato che non porta a nessuna meta.
Shadee. Dipinta davanti agli occhi c'è ancora la sua sagoma inghiottita dalla notte, sulla pelle il freddo glaciale dell'ultimo sguardo che le ha rivolto. Sta facendo del suo meglio per non pensare a lui. Negli ultimi giorni ha cercato di minimizzare il loro passato, di giustificare le sue stesse azioni, di ripetersi che non c'era altra possibilità, ma è inutile. Solo il ricordo dei momenti che hanno trascorso insieme attiva una burrasca di emozioni che le impediscono di mangiare e dormire. È come se la vita le scivolasse attorno, come se il suo corpo non fosse che una statua, la mente e il cuore lontani, prigionieri di una terra straniera.
Torna in sé solo quando un sassolino la raggiunge sulla cima dell'albero e le colpisce la spalla. Emette un piccolo strillo e fissa Mildri, imbarazzata per essere stata sorpresa a rivoltarsi di nuovo nella ruota dei propri pensieri. «Ma sei impazzita?»
Sua cugina la fissa con il broncio. «Colpa tua che non mi ascolti più anche se sei di nuovo a casa.»
Due settimane. Due settimane intere da quando Shadee l'ha cacciata da Spinarupe senza darle la possibilità di spiegargli. Due settimane che avrà passato da solo, a odiarla e a maledirsi per essersi fidato.
«Quindi?» insiste Mildri. «Hai concluso la missione. Io ti ho lasciato il tuo tempo per riadattarti ai ritmi della Bolla. Ora mi spieghi perché non vuoi parlare del principe Jaja?»
Evianne sobbalza, decisa a non rivelare il segreto di Shadee. Non può tradirlo un'altra volta, non dopo il delitto di cui si è macchiata. «Preferisco non parlarne.» È tutto così strano da quando è tornata. «Perché la regina non mi ha ancora ricevuta? Credevo che mi avrebbe convocata subito per sapere i dettagli della missione.»
«È sempre così ultimamente» borbotta Mildri. «Mia madre è impegnata con il saggio Ordon. Stanno riducendo il numero dei consiglieri e rivedendo i nomi delle guardie. Cose noiose che non ci riguardano.» Una luce frivola le accende lo sguardo. «Allora, il mio futuro marito? Posso avvelenarlo prima che tocchi il talamo o mi consigli di lasciarglielo almeno scaldare?»
Evianne non può pensarci, nemmeno di sfuggita, nemmeno da lontano. Mildri e Shadee nello stesso letto. Fa un nodo a quell'orrenda visione e la butta nel dimenticatoio. «Parliamo della lettera che mi hai inviato quand'ero a Sabbiafine. Gli orfani di Fontebella che hanno rapito. Hai detto che Kaira ha visto il fiore viola sui loro guanti...»
Mildri le risponde con un sonoro sbadiglio. «Un brutto scherzo della mente. Ho ingigantito un problema che non esisteva.»
«Quindi li hanno ritrovati?»
«Macché! Ordon pensa che siano stati portati via da alcuni briganti. È assurdo pensare che siano legati al fiore viola di quando eravamo piccole. Kaira non è che una bambina, deve esserselo immaginato a forza di ascoltare i tuoi racconti.»
Per poco Evianne non cade dal ramo. Non ha mai parlato con i bambini dell'orfanotrofio del suo incubo personale, e poi ci sono altri indizi che non può trascurare. Mentre si infila due bacche in tasca, ripensa alle liste piene di nomi che ha trovato nel padiglione della regina e nel camerino di Hondo. Per non parlare dell'omicidio di cui si è macchiata nel tempio di Dagan. Il ricordo del ragazzo che ha ucciso le dà la nausea. Era un orfano di Fontebella e aveva il fiore viola tatuato sulla guancia, diceva di doverla eliminare per forza, a ogni costo, anche se non voleva. Ma perché? E chi potrebbe volerla morta? E soprattutto che cosa ci faceva un Fontebelliano nella Bolla di Rovi con addosso la divisa degli Spilli?
«Facciamo il bagno» strilla Mildri. È già schizzata in piedi e si sta slacciando il corpetto azzurro.
Il bagno sulle sponde del Lago Oceano, proprio come quella notte con Shadee quando lui le ha permesso di scoprirgli il volto e lei ha giurato di non rivelare a nessuno il suo segreto. Quanto darebbe per tornare indietro nel tempo e non commettere gli stessi sbagli!
«Allora, testa di ovatta, mi hai sentita?»
«Sì, sì, certo, scendo subito!»
Quando atterra, respira a fondo l'aria di casa, un vento frizzante che profuma di natura, ma che porta una nota inconsueta, come una dimenticanza. «Dov'è Snorre? Sono due settimane che non lo vedo.»
Mildri ruba una sorba dal bottino di cui Evianne si è riempita le tasche. «E chi lo vuole quel piantagrane?» Si adombra. «Da quando ha smesso di essere un ostaggio è diverso. Lo siete entrambi.»
*
Due giorni dopo la regina Valesca la convoca a rapporto. Alla riunione presenzia anche il consigliere Ordon. Austero e snello, intreccia le dita sopra il bastone della parola e la fissa con l'occhio di vetro dal quale non traspare l'ombra di un'emozione. Indossa una divisa azzurro polvere, un colore che lo sbatte e che Bulbun, se solo fosse lì, criticherebbe per la sua monotonia. Quando la vede, la saluta con un cenno del capo e la invita in silenzio a entrare con Mildri nella sala delle adunanze.
"Lo stesso luogo dove è iniziato tutto" pensa Evianne, "lo stesso luogo dove ho accettato di spiare il principe Jaja senza sapere che là sotto si nascondeva Shadee." È passato meno di un anno dalla sua partenza, eppure quella somma di giorni è bastata a modificarla e a trasformarla in una persona diversa. Si siede sullo sgabello dell'imputato e racconta a sommi capi le sue avventure, omettendo la vera identità del principe di Spilli e i loro trascorsi.
«Hai completato la missione» si congratula la regina. Sorseggia un bicchiere di vino e batte la mano libera sul bracciolo del trono per imitare un piccolo applauso. «Puoi essere fiera di te e del tuo coraggio.»
Fiera? E di che cosa dovrebbe essere fiera? Di tutte le bugie che ha raccontato? Di avere collaborato a una strage di innocenti? Di avere ferito la persona che almeno a sé stessa diceva di amare? «Ho fallito. Ho combinato soltanto guai.»
Mildri le stampa un bacio sulla guancia. «Sei tornata, e non è poco, e poi hai visto il volto del principe, no? Per la cronaca non mi hai detto ancora nulla di lui.»
La regina rilascia un sospiro sfinito. «Ancora questa storia? Non lo ucciderai la prima notte di nozze!»
«Se ne varrà la pena, potrei concedermi a lui e aspettare la seconda.»
Evianne si sente soffocare. Rivede Shadee, il suo sguardo di vetro rosso in cui poteva leggere perfino il pensiero più recondito, e poi la muraglia che ha eretto per allontanarla. «Il principe Jaja è buono.» Combatte contro un nodo alla gola. «Non ferirlo.»
«Se riuscirò a comandarlo a bacchetta e a ricavare dei vantaggi per Fontebella forse non lo farò.»
Il consigliere Ordon picchietta il bastone a terra. «A tal proposito, Altezza, credo sia meglio annullare il matrimonio. Sempre che non ci abbiano già pensato gli Spilli dopo aver scoperto che la nostra cara Evianne era una spia. Avete forse considerato che il piano potrebbe essere saltato in aria visti i recenti sviluppi?»
Una cappa di gelo si rovescia sopra la sala delle riunioni, tramuta l'aria in minuscoli atomi di neve e ghiaccio. Annullare il matrimonio, una conseguenza cui Evianne non aveva pensato. Non riesce nemmeno a immaginare a quali altre ripercussioni potrà portare il suo insuccesso. Vorrebbe solo andarsene da quella sciocca riunione, salire sulla prima nave per Spinarupe e costringere Shadee ad ascoltarla.
Cerca di riagganciarsi al filo della conversazione, quando vede la regina scuotere la mano in segno di rifiuto. «Ma quante sciocchezze! Il matrimonio si farà. Dagli Spilli non è arrivata nessuna disdetta, quindi non vedo perché dovrei preoccuparmi.»
«Il principe Jaja è adirato con Evianne» protesta Ordon. L'occhio di vetro emana una luce sinistra. «Potrebbe rivalersi su vostra figlia, Altezza. Credo dovreste armare l'esercito e prepararvi a uno scontro, anziché pensare a un banchetto.»
Con uno schiocco di dita, la regina recupera la parola. «Un banchetto! È proprio quello che faremo! Per onorare il ritorno di Evianne, il matrimonio di mia figlia e la pace tra le Bolle.»
*
Nelle settimane successive non c'è giorno in cui a Fontebella non vi siano feste. Si inneggia al ritorno di Evianne, al futuro matrimonio della principessa e all'imminente arrivo della pace. A palazzo sfilano nobili che reggono calici sollevati e doni preziosi per la sposa. È un caleidoscopio di perline e abiti lussuosi che volteggiano in danze, si piegano in ossequi e svolazzano al ritmo di risate esagerate.
Evianne prova a lasciarsi trascinare dall'euforia che ha contagiato l'intera capitale, ma è inutile. In mezzo a quei festeggiamenti insensati e fuori luogo, il suo inconscio reclama un angolo di pace, la porta nelle pianure di spighe e sui pontili che frastagliano le sponde del Lago Oceano. Se solo non fosse mai salpata! Non avrebbe conosciuto Shadee e sarebbe stato più facile sopravvivere senza il fuso di un arcolaio girato e rigirato nel cuore. Come possono a palazzo esultare quando per una sua leggerezza ha distrutto Reggia Blu e condannato molti innocenti alla morte?
Furiosa con sé stessa si rintana nella casa di betulla. È disabitata da anni e ormai ridotta a un relitto, eppure nel cucinino si può respirare ancora il profumo del pane all'aneto mescolato alle risate cristalline che si scambiava con sua madre. Dov'è finita quella bambina che combinava almeno cento guai ma alla fine vinceva sempre? Credeva di essere una tempesta indomabile, e invece era solo un filo che si è smembrato in una doppia identità. Chanti ed Evianne, la stessa persona, eppure così diverse. Vorrebbe solo guardarsi allo specchio e capirsi come un tempo, senza dubbi e incertezze, senza sentirsi spaccare in una molteplicità di desideri che bisticciano e la confondono, ma come?
Lo sa. Sa benissimo cosa deve fare. Il suggerimento arriva proprio da quella casa dove da bambina aveva ammassato la sua felicità, dove tuttora persistono i ricordi di un passato pregno d'amore. Non può rubare una nave senza dare nell'occhio, non può sperare in un nuovo paio di scarpette di cristallo, ma ha ali di libellula forti e testarde, capaci di sconfiggere i venti dell'oceano e di riportarla da Shadee. Con la tracolla in spalla, corre nella foresta, ma al primo fiotto d'aria le ali sbucano sulla schiena, agiscono di testa propria e la intrappolano in un groviglio di rami.
«Dannate traditrici!» Evianne sgambetta per liberarsi. «Siete in punizione! Vi chiuderò in gabbia per i prossimi mille anni, così non dovrò più sopportare il vostro fastidioso sgocciolare sulla schiena.»
«Ev?» La voce di Snorre bussa sul limitare del bosco.
Evianne non lo vede, ma percepisce i suoi sandali calpestare qualche rametto secco.
«Evianne?»
Sotto di lei ci sono solo tetti di foglie e un puntino luminoso che corrisponde alla treccia platinata di Snorre.
«Quassù! Sono quassù!»
Il volto di Snorre ora è un coriandolo chiaro con un naso minuscolo voltato in alto. Nonostante la distanza, Evianne lo immagina sghignazzare.
«Come ci sei finita?» Gli serve un attimo per riconoscere lo sfarfallio delle ali di rugiada. «Oh, sembra che si siano evocate da sole, senza il tuo permesso. Sono testarde come la loro proprietaria!»
Evianne tenta un'oscillazione a pendolo ma peggiora la situazione e con un giro a centottanta gradi finisce a testa in giù. Guarda Snorre al contrario, in una prospettiva capovolta. Snorre che non la cerca da due settimane, Snorre che l'ha portata via da Spinarupe, Snorre che si confrontava con Shadee con troppa confidenza, come se si conoscessero da sempre. Improvvisamente capisce che in lui c'è una zona d'ombra e di mistero che non ha mai notato prima.
«Io non so chi sei.» Sotto il peso di quel sussurro, il ramo cede ed Evianne affonda nel vuoto, prima di finire incastrata in un altro bivio del tronco, le ali scomparse, di nuovo assorbite sotto la pelle della schiena.
Snorre sembra essere appena stato schiaffeggiato. Posa una lunga occhiata sulla tracolla da viaggio e protrae una mano verso di lei. «Che ne dici se prima ti aiuto a scendere?»
Una mezz'ora dopo, sulla riva di un ruscello che gorgoglia tra le otturazioni dei ciottoli, si lancia in una narrazione che Evianne accoglie con il mento abbassato e il respiro imbottigliato in gola.
«Mi sono innamorato di Jaja mentre cercavo un modo per tornare a casa.»
Snorre sputa fuori quella frase così, senza mezze misure, ed Evianne se la trova dritta in faccia, come uno schiaffo che annerisce per un secondo la vista. La mente diventa una tavola piatta, bianca come la superficie del Lago Oceano quando viene sferzato da un duello di venti. Snorre e Jaja, ma Jaja in realtà è Shadee, quindi Snorre e Shadee?
«Il vero Jaja» la soccorre Snorre. «Non sto parlando di suo fratello.»
Ed eccola lì, la conferma a ogni sospetto, a quel dubbio che la punzecchiava mentre guardava il mondo a testa in giù. «Tu sapevi di Shadee. Lo conoscevi ancora prima dell'attentato a Reggia Blu. È per questo che ti ha difeso davanti a suo padre.» Sbatte le ciglia per schiarire i pensieri. Un attimo... Allora perché quando è partita per la Bolla di Rovi non le ha detto niente?
Snorre affonda le dita nelle greche che compongono la treccia. «Quand'ero a Spinarupe soggiornavo presso una famiglia dei Chiomati. Mi trattavano con rispetto, ma non potevo uscire senza il loro permesso. Lo facevo comunque, appena si addormentavano.»
Tipico di Snorre. Evianne vorrebbe dirlo, ma si impone di restare in silenzio e si prepara ad accogliere il resto della storia.
«Una notte mi sono arrampicato nei quartieri regali di Reggia Blu. Se avessi ucciso il principe, Mildri non avrebbe dovuto sposarlo. Se avessi ucciso il re, la nostra gente sarebbe stata al sicuro.»
Chiunque lo taccerebbe di follia, ma Evianne no, perché lo guarda e rivede quel bambino che danzava tra i fiori con una spada di legno e strillava ai quattro venti di voler infilzare ogni Spillo per vendicare la sua sorellina. È così diverso dal ragazzo che sta fronteggiando. Sembra che i viaggi abbiano il potere di cambiarci e di costringerci a crescere, è successo a lei e a Snorre. «E poi cos'è successo?»
«È successo che sul tettuccio dei quartieri regali c'erano due principi, non uno, e io li ho visti a volto scoperto.»
Jaja e Shadee. Deve essere stato durante uno dei ritorni dell'erede da Sabbiafine, prima ancora che disertasse per sposare la causa dei ribelli e diventasse la loro guida.
«Jaja non si è accorto di nulla» continua Snorre. «Ma Shadee si è insospettito perché ho iniziato a seguirlo per giorni. Alla fine, mi ha scoperto. Mi ha quasi infilzato con Spillo Bianco. Non è una persona troppo gentile, sai?»
Le labbra di Evianne si piegano in un sorriso nostalgico. Per una reazione istintiva accarezza il dorso della mano, dove un tempo compariva la campanula bianca. A primo acchito, anche lei lo ha scambiato per un principe burbero e arrogante, ma poi ha scoperto che dietro quel cappuccio di spilli si nascondeva un animo gentile che a poco a poco si è conquistato il suo amore.
«Avrebbe dovuto uccidermi o portarmi da suo padre» ammette Snorre. «Ma non lo ha fatto perché sapeva che mi avrebbe condannato alla tomba di rovi. Ha preteso che ogni notte mi arrampicassi sul tetto di Reggia Blu per tenermi d'occhio. Abbiamo parlato, ma non mi sono sbottonato più di tanto. E forse nel mentre è anche diventato mio amico, non so.»
«Quanto è durata?»
«Qualche mese. Abbastanza da guadagnarmi la sua fiducia. Un giorno mi ha raccontato di Fortezza Diaspro. Era la mia occasione. Se fossi riuscito ad arrivare lì, sarebbe stato più facile superare la barriera di rovi e salpare per Fontebella, tornare a casa come ti avevo promesso.»
Lo ha sfruttato. Snorre ha rubato informazioni a Shadee proprio come ha fatto lei per aiutare Chenzira e i ribelli. Sapere che entrambi lo hanno tradito fa ribollire le viscere di rabbia, perché in fondo Shadee ha sempre amato troppo e in cambio ha ottenuto solo tradimenti e bugie.
Pensare a lui rilascia una serpentina di dolore che attraversa testa e cuore. Si sforza di tornare all'argomento centrale. «Come hai conosciuto Jaja?»
«Una notte mi sono nascosto in un carro di vettovaglie che andava a Sabbiafine. Mi ha scoperto e da lì è iniziato tutto.»
«Tutto cosa?»
Snorre le sorride con rimpianto. «Tutto» sintetizza come se non ci fosse bisogno di aggiungere altro. «Ho visto che non sono dei mostri, che alcuni di loro hanno le nostre stesse paure e i nostri stessi sogni. Ho visto che piangono quando muoiono i loro cari e sanguinano se li ferisci.»
Per Snorre, nato sotto un imperativo che gli gridava di odiare il nemico, deve essere stato devastante assistere al crollo di ogni certezza. Con la manica si asciuga gli occhi bagnati. «Una notte ho provato a uccidere il principe Jaja.»
«Non puoi essere serio...»
«Ho pensato a come i suoi uomini hanno ucciso mia sorella e i tuoi genitori e non ci ho visto più. Sono riuscito a tagliargli solo il palmo della mano. E non perché non sarei stato capace di ammazzarlo, è solo che...» Il suo sguardo si colma di una serietà grave. «Lui me lo avrebbe lasciato fare, e io non sono mai stato così confuso. Non volevo che Shadee perdesse suo fratello e non volevo trasformarmi in un assassino. Gli ho gridato contro la mia storia perché si sentisse in colpa, l'ho risparmiato e da quel giorno ha ottenuto dal re che diventassi il suo ostaggio personale, libero dalla custodia dei Chiomati. In cambio gli ho insegnato a tirare con l'arco e a difendersi con la spada.»
A Evianne sembra di camminare sul filo di una storia che ha già vissuto. Prima di lei e Shadee, a Fortezza Diaspro, ci sono stati Snorre e Jaja, due nemici di terre diverse che si sono conosciuti e sono andati oltre la rivalità per amore, ma tra Snorre e Jaja sono saltate sin da subito le bugie, e allora perché il destino li ha divisi?
Snorre intuisce la domanda. «Suo padre ci ha scoperti e ha pensato di liberarsi di me in maniera pulita.» Facendolo tornare a casa e organizzando il matrimonio combinato tra Mildri e Jaja. «Mi è caduto il mondo addosso. Mildri lontana, Jaja sposato con una donna, e poi Ordon ti ha tirata in mezzo per la storia delle ali.»
«Sapevi già come era fatto l'erede al trono, conoscevi il suo volto. La mia missione non serviva a nulla.»
Snorre abbassa il viso per porgere una tacita richiesta di scuse. «Avrei potuto dire alla regina Valesca che Jaja è bello e buono, ma non lo ho fatto.»
Evianne fissa il tramonto gettare catenelle di zafferano tra i mulinelli del fiume. Ha la stessa colorazione delle sabbie che circondano Fortezza Diaspro, del deserto dove ha conosciuto un principe su un cavallo imbizzarrito. Sin da quel primo incontro ha collezionato una miriade di errori. Come potrebbe giudicare Snorre? Gli stringe le mani per infondergli coraggio. «Avrai avuto i tuoi motivi.»
«Su un piano ipotetico, sì. Ho pregato che tu riuscissi a combinare uno dei tuoi guai e a far saltare il matrimonio. Egoista, lo so!»
Evianne sospira mentre rivive ogni singolo tassello di passato, lo interpreta sotto una luce nuova. «Quando ti ho scritto sulla rosa bianca che Chenzira stava avvelenando il principe Jaja, mi hai pregato di salvarlo. Non pensavi fosse Shadee.»
«Non lo sapevo» conferma Snorre. «Mi hai fatto morire di crepacuore con quel messaggio!»
«Però avevi ragione. Ho combinato un grande guaio. Ho spiato Shadee perché credevo di fare del bene, e quando ho capito che non ci sarebbero stati vincitori era troppo tardi.»
«Un giorno una bambina con il mento appuntito mi disse che non è mai tardi finché possiamo rimediare.»
Grazie alle note di quella battuta, Evianne riconosce il suo migliore amico, con le lentiggini insolenti, il cuore grande e l'animo sincero. Tra di loro non ci sono più zone d'ombra e di mistero. Lui è Snorre, lei Evianne, e la loro è un'amicizia identica alla resina dei larici che non si scolla, nemmeno se bagnata dalla tempesta.
«Sei tornato a Spinarupe per Jaja, vero?»
«Per entrambi. Non mi rispondevate da mesi.»
Lui da quando ha lasciato la sua famiglia; lei da quando Kemala ha distrutto la rosa bianca.
«Io e Jaja ci siamo parlati prima che mi facessi catturare da Hondo» rivela Snorre. «Conoscevamo i nostri rispettivi piani. Sono entrato a Reggia Blu perché eri lì e dovevo portarti via, ma non potevo lasciare che sfidasse suo padre da solo, soprattutto dopo che i ribelli hanno perso il controllo. Distruggere Reggia Blu non era quello che Jaja voleva, lo so con certezza. Credo che dei dissidenti o dei cittadini arrabbiati ne abbiano approfittato.»
Evianne si vieta di pensare a quella notte, di dare una colpa agli Erranti o ancora peggio di scagionarli. Tra le mani sente ancora il corpicino di Niran spegnersi senza che la sua aura lo potesse salvare.
«È stato Jaja a tirarmi fuori di prigione, perché ci eravamo accordati che mi avrebbe raggiunto» continua Snorre. Nonostante Reggia Blu stesse bruciando, il principe ha trovato il tempo di liberarlo. «Io so cosa voglio, Ev. Voglio Jaja, anche se lui non mi ricambierà finché il suo popolo non avrà ottenuto la pace. Tu cosa vuoi?»
È facile: vuole che Shadee la perdoni; vuole che i Primi trovino un equilibrio con i Secondi, che Chenzira, Bulbun e Nandi smettano di errare e siano felici; vuole non sentirsi più sporca perché ha contribuito a una strage con l'illusione di un mondo migliore; vuole che Mildri non si sposi e lo vuole per il motivo sbagliato, non perché sua cugina verrebbe ingannata e venduta a uno straniero, ma perché...
«Perché lo voglio per me.» È una verità egoista e non si permette di articolare il discorso, ma Snorre capisce.
«Risolveremo tutto.» Il suo sorriso è uno spicchio aguzzo più luminoso della luna. «Ce li riprenderemo, Ev. Ce li riprenderemo entrambi.»
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro