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43. A ritmo serrato

Il camerino di Hondo è ammantato da una pesante penombra. Prima di trovare un mozzicone di sego e un fiammifero, Evianne sbatte contro spigoli, bauli, libri accatastati, armi che tappezzano il pavimento. Quando una fiammella tremolante getta un alone piccino nel cuore della stanza, per poco non grida. Sopra le mensole ci sono bocce di vetro che contengono vipere e salamandre, ampolle con code di scorpioni e veleni, le corna di un cervo impagliato, e un grande tappeto a mezza parete che ricorda la pelliccia di un orso.

Arriccia il naso per non respirare l'odore ramato del sangue, un connubio che si mescola al tanfo di chiuso e alla fragranza del cuoio appena conciato. Ancora una volta chiede aiuto alle libellule di rugiada, si priva dell'effetto antidolorifico concesso dalla dea Rasa.

Le fitte la travolgono, pugnali conficcati nella schiena, ma per fortuna le gocce trovano subito una pista, un'asse del pavimento leggermente rialzata. Con una manovra a spirale della mano, richiama le libellule e le invita ad annidarsi tra le scapole dove i due moncherini di osso continuano a premere per accogliere le ali. Si concede un sospiro di sollievo e con ancora addosso un brivido di dolore solleva l'asse dal pavimento. Circondati da un covo di ragnatele, ci sono dei rotoli che formano una piccola piramide. Evianne recupera il primo, l'unico che sembra essere stato risparmiato dallo zelo lavoratore di una famigliola di ragnetti.

Contiene una nuova lista. Nomi, nomi e ancora nomi. Età di bambini e il fiore viola. La fiammella della candela è una lucciola che gioca a nascondino con le scritte del rigo, ora sale, ora scende, rivela dettagli sullo stato dell'aura, se latente o effettiva, ma in più questa volta ci sono riferimenti precisi ad anni e mesi, perfino al giorno e all'ora previsti per il sequestro. Due anni fa, uno, il mese scorso. Due bambini a Rocciabuia, uno alla Seconda Messe. Sembra che il traffico iniziato tredici anni prima non si sia mai arrestato, ma sia sempre andato avanti a piccole dosi. Chissà se c'è qualche rapimento previsto per i prossimi giorni?

Evianne usa l'indice libero per scorrere le parole. Quando arriva all'ultimo rigo un urlo le ruggisce dentro, così forte da farla tremare. Lja, Mbo, Pue. Una goccia di sudore freddo cade dalla fronte sulle ciglia. Deve essere una coincidenza, ma poi scorge una postilla a lato del foglio: Nido. Una data: prima luna del mese del Grano, notte. Scatta in piedi, trafitta da un fulmine, la bocca distorta in un urlo di silenzioso orrore. Quella lista non appartiene a tredici anni fa, quella lista è di adesso e i bambini che la compongono sono gli orfani che ha conosciuto da Nandi. Le mani sono un guazzabuglio nevrotico di tensione, faticano a srotolare la pergamena magica di Chenzira.

«Chenzira! Bulbun!» Non dovrebbe strillare, non è saggio farlo quando si è nella tana del nemico ma non può abbassare il tono, perché forse se griderà Chenzira le risponderà prima. «Chenzira! Il Nido! Ascoltami!»

Cos'è successo?

«C'è un'altra lista, ma non di tredici anni fa, di adesso. È per stanotte! Prima luna del mese del Grano. È oggi!»

Io e Bulbun siamo appena usciti da Spinarupe.

«Torna indietro. Stanno andando al Nido da Nandi. Corri!»

Chenzira non risponde. Evianne si fionda fuori dal camerino di Hondo come una freccia di luce bianca, quando un braccio la strattona dietro una statua del dio Zeme.

«Kemala?»

La donna la tiene immobilizzata con una presa d'acciaio. Ha gli occhi sgranati e ha perso tre tonalità di colore. Qualsiasi cosa le sia successa, dovrà aspettare.

«Lasciami. Devo andare al Nido.» Se le dirà tutto, capirà. «Stanno per rapire dei bambini. Devo fermarli.»

«Non puoi!» Kemala strilla con gli occhi così grandi da rischiare di saltar fuori dalle orbite. «Hondo ha convocato una riunione d'emergenza. Ha trovato Jaja.»

Evianne smette di divincolarsi, assorbe su di sé una cascata di gelo, la seconda nel giro di pochi minuti, un flusso di stalattiti che la lasciano a corto di fiato. «Com'è possibile?» Come può Hondo essere riuscito dove Chenzira e Bulbun hanno fallito? Deve essere una pista falsa, l'ennesima bugia degli Spilli.

«Ha parlato di un tempio pregno di magia» rivela Kemala, e allora Evianne capisce: non è un inganno; Hondo, il miglior cercatore della casata, è davvero riuscito a scoprire in quale tempio la regina Adama ha imprigionato il figlio. «Credo sia pericoloso e credo che Shadee voglia andarci stanotte...»

«Come fai a saperlo?» Quelle sono notizie riservate.

«Perché ero lì?» Kemala rilascia uno dei suoi classici acuti assordanti. «Quando sei bella, è scontato che tu non possa essere anche intelligente. È un'arma che posso sfruttare all'occorrenza.»

Evianne cerca di trovare una via d'uscita dall'ennesimo problema. Nandi ha bisogno del suo aiuto, ma non può permettere che Shadee resti da solo e uccida suo fratello. Poi realizza: Shadee non è solo. Studia Kemala che saltella sul posto come se fosse sull'orlo di un attacco isterico.

«In fondo tu gli vuoi bene» le dice. Se ne è accorta a scoppio ritardato, ma dopo i Mille Soli Kemala sembra avere invertito rotta. Nessun accenno di vendetta, nessun tentato omicidio, nemmeno un'ombra di sdegno, solo un timido rispetto che di giorno in giorno è diventato sincero.

«Deve essere un fondo molto in basso, un fondo di cui io stessa non vedo la fine» soffia Kemala.

Evianne ha imparato a guardare oltre il veleno e la sua muta di vipera. «Re Tavare vuole che Shadee uccida suo fratello e io devo fermarlo o non saprà mai perdonarselo. Quando uscirà da quella riunione, devi impedirgli di partire. Digli che sono al Nido, che qualcuno ha attaccato Chenzira. Ci farai guadagnare del tempo.»

Kemala fa la faccia di un pesce a corto d'acqua. Indica sé stessa e una grande spilla a forma di mandala che tiene chiusa la vestaglia. «Io? Pensi davvero che mi ascolterà? Sai quanto può essere testardo...»

«Sì!» sorride Evianne. Shadee è così ostinato e diretto da non cambiare idea nemmeno quando sbatte contro un muro, però si farebbe uccidere per le persone che ama. E poi... «È davvero possibile dire di no a Kemala degli Spilli?»

Kemala riduce gli occhi a due aghi sottilissimi. «Se mi farai finire nei guai...»

«Mi ucciderai con la tomba di rovi. Lo so.» Evianne la saluta con un sorriso e senza voltarsi corre verso il Nido.


*


Il suono che percepisce quando arriva al Nido è un lamento di dolore che entra nella carne e allaccia le viscere. È un grido premonitore, capace di raccontare una storia ancora prima che a tesserla siano gli occhi. C'è puzza di bruciato e i vetri alle finestre sono frantumati. Evianne cammina tra i giocattoli disseminati sul pavimento. Sono stati sbattuti a terra, tirati alla rinfusa, rotti come il destino di quegli orfani che qualcuno ha strappato all'abbraccio di Nandi. Il cavalluccio di Lja e Mbo ha una zampa spaccata e dalle bambole tagliate escono fiocchi di borra. Evianne supera quel cimitero di pupazzi e trottole che non hanno più proprietari e segue la scia sonora lasciata dai pianti di Nandi, una melodia che accoltella le orecchie, si fonde a una voce maschile intenta a modulare una ninnananna.

Dopo gli indizi dell'udito, tocca alla vista completare il quadro. Nandi è acciambellata a terra, schiacciata tra un armadio e una madia. Riccioli di sangue colano dalle cosce, da alcuni tagli che devono essere curati, ma a Bulbun non sembra importare. È seduto davanti a lei e la abbraccia come se volesse vietarle di andare in frantumi. Sono arrivati tardi. Non hanno impedito a Hondo di rapire quei bambini e di portare a termine il suo piano.

«Un attimo. Non può essere stato lui.» Evianne si sorprende quando sente la sua stessa voce arrivare a quella conclusione. «Era a palazzo con Kemala e Shadee, e allora...»

«Non è il solo che si nasconde dietro quel fiore. Qualcuno sta lavorando con lui.»

Evianne sussulta e si gira di lato come riconosce la voce di Chenzira. Non sa quando sia arrivato, è semplicemente lì, al suo fianco, il volto severo e una mano che le tocca la spalla. Non pensava fosse possibile, eppure da una semplice stretta riesce a percepire tutta la rabbia che vorrebbe celare. È come se in quel momento stesse vivendo la stessa sofferenza di Nandi. Lui, Bulbun e una nomade del deserto. Il tatuaggio sulle loro guance non è solo un ornamento estetico, ma un legame di appartenenza tra anime.

«La pagheranno» lo sente giurare. «La pagheranno, fosse l'ultima cosa che faccio, e non sono soltanto parole. Lo giuro al cospetto di tutti gli dèi, davanti a tutto ciò che amo. Gli Spilli che si nascondono dietro questo abominio pagheranno.» La sua aura magica ribolle d'ira, porta cattivi presagi. «Quando Bulbun l'ha trovata, era una nomade del deserto. Suo zio l'ha venduta a un mercante dei Primi. E ora questi bambini...» Un groppo infrange la limpidezza della voce. «La sua stessa fine, ma non c'è stato nessun Bulbun a salvarli.»

«Mi dispiace». Evianne è arrivata tardi. «So che non è il momento, ma c'è dell'altro.»

Uno scatto della testa verso di lei e Chenzira torna quello di sempre, freddo e calcolatore, attento a non lasciarsi sfuggire il filo di un'opportunità.

«Shadee ha trovato Jaja. Ha trovato il tempio di Dagan.»

Chenzira deglutisce un boccone di saliva. Qualsiasi pensiero gli sfrecci nel cervello, è veloce ad assopirlo. Infila la mano sotto la divisa troppo larga e riporta alla luce un pugnale che Evianne ha già stretto durante i loro allenamenti a Fortezza Diaspro. Ha il manico di cuoio e la lama fatta di piccole ondine azzurre: Serpentella.

Chenzira la costringe ad accettarla. «È tua.»

«Perché?» È affezionato in maniera morbosa alle sue armi. Nel capanno di Sabbiafine ha rischiato persino di litigare con Bulbun che voleva trasformarle in strumenti musicali, e allora perché regalarla a lei?

Chenzira le arruffa i capelli. «Un premio per la mia spia preferita. Te la sei guadagnata.»


*


Shadee corre per le strade di Spinarupe. Ignora Hondo che continua a chiamarlo. Sono appena usciti dallo studio del re e hanno ricevuto l'ordine di partire subito, in piena notte assieme ad altri due Spilli per raggiungere il tempio di Dagan e uccidere Jaja. Ma lui non può, non subito almeno, pensa solo alle parole con cui Kemala lo ha avvicinato: «Chanti è andata al Nido. Qualcuno ha attaccato Chenzira».

Mentre sfila tra le case di legno dei quartieri popolari, non riesce ad affogare la paura. È così di fretta da essersi scordato di coprirsi il volto con il cappuccio di spilli, una dimenticanza da poco perché Secondi e Primi sono tutti rintanati nelle loro case, dormono baciati dal tocco di una luna insanguinata. I suoi pensieri però sono svegli, gridano in testa in un coro di mille voci: Chenzira è riuscito a difendersi? Chi lo ha attaccato? E Chanti... se fosse rimasta coinvolta nello scontro? Come ha potuto arrabbiarsi con lei per una sciocchezza, quando le mente ogni giorno?

"Se non le è successo niente, giuro che le racconterò tutta la verità, le dirò tutto quello che so sul fiore viola e poi romperò le nozze con la principessa di Fontebella."

Quando arriva al Nido, è senza fiato e la milza pulsa dolorosamente. Qualcuno ha incendiato il tetto di pagliericcio e rotto le finestre vicino all'ingresso. C'è puzza di fumo, anche se il fuoco è già stato spento. La fuliggine copre la sabbia e i vetri infranti, una polvere soffocante genera in lui il panico. Shadee lo percepisce tutto nello stomaco, sotto forma di fauci che mordono e gli danno a stento la forza di procedere. Non riesce nemmeno a respirare di sollievo quando la vede. È seduta su una panca fuori dall'uscio, accanto a Chenzira, e studia Serpentella come se volesse memorizzare ogni riflesso sulla lama ondeggiata.

Shadee ringrazia gli dèi che lo hanno ascoltato e corre da lei senza ricordarsi di riprendere fiato. «Ti devo dire una cosa.» Le parole corrono fuori dalla lingua. Teme si siano fuse alla saliva e al respiro affannato e non si sia capito niente. «Devi ascoltarmi, ti devo dire, e so che è difficile da accettare, e mi dispiace, e...»

Chanti si solleva sulle punte e gli stringe il volto, accoglie le sue guance rivestite di sudore nella coppa delle mani. «So di Jaja. So che lo hai trovato e che devi andare da lui per ucciderlo.»

«Sì» conferma Shadee. Adesso non ci vuole pensare. Deve dirle del fiore. «Ma non è questo.»

Chanti scuote la testa per costringerlo a tacere. «Invece è proprio questo. Vengo con te.»

Di colpo Shadee riapproda nella bolla della realtà, si sente sbattuto di peso su una strada che non vuole percorrere. Jaja, la missione di suo padre, e Chanti che vuole seguirlo. Arriccia le sopracciglia e si scosta, come se le sue mani sulle guance scottassero. «No.»

Un fischiettio attira la sua attenzione. Chenzira lo studia con gli occhi bui e il volto pesto. D'improvviso Shadee si ricorda dell'incendio. Guarda alcuni fili di pagliericcio dondolare nell'aria tra i pulviscoli di cenere. «Bulbun e Nandi?»

«Vivi e presenti» dice Chenzira. La fuliggine copre la carnagione lattea e il triangolo tatuato.

C'è un accenno di rimprovero nella sua voce, un astio che fatica a contenere e a Shadee sembra di esserne il bersaglio, anche se non ne capisce il motivo. Guarda Chanti. Quando l'ha conosciuta, a Fortezza Diaspro, ha pensato che fosse un terremoto biondo, un cataclisma piccolo ma forte, con il potere di mandare a monte la sua reggia dalle fondamenta ai pennacchi. Non si sbagliava, perché ha travolto tutto, persino un principe burbero che si credeva ombra.

«Non accetto un no, Shadee.» Gli cerca la mano, come ha fatto molte volte alle serre quando ballavano sotto l'occhio sereno di Luva e Vala. «Il tempio di Dagan appartiene al mio popolo. Sarà costellato di trappole e maledizioni. Non ti lascio da solo.»

«Non sarò solo. Avrò con me Hondo e altri due Spilli scelti da mio padre.»

Chanti butta il petto infuori. «A loro dirai che sono una sacerdotessa di Dagan e che la mia presenza è necessaria per non disonorare il dio.»

Shadee si sente stanco. Chiude gli occhi e segue la pista dell'istinto. Da quando ha conosciuto Chanti non è più solo, si è fidato di lei e non intende smettere ora. «L'ultima volta che ti ho vietato di seguirmi, ti sei fatta chiudere in un baule per tre settimane e sei sbucata all'improvviso nella mia stanza gridando "sorpresa".» Non le dà il tempo di inneggiare alla vittoria. «Se ti dico di scappare, tu scappi, e quando troviamo Jaja non ti metterai in mezzo.»

Si ritrova con le sue braccia al collo ancor prima di pronunciare l'ultima parola. È un contatto caldo, la cui assenza è stata un tormento. Avranno tempo per chiarirsi. Shadee ucciderà Jaja e poi le parlerà, dirà a suo padre di rompere le nozze con la principessa di Fontebella. Scivola via dal suo abbraccio e saluta Chenzira con un cenno.

«Principe scortese!» borbotta il suo maestro fingendo una voce offesa. «All'improvviso pensi che sia troppo vecchio per aiutarti e vuoi lasciarmi indietro?»

«È meglio così» annuisce Shadee. Chenzira è un figlio di Liesna, sorella opposta a Dagan, non vuole metterlo in pericolo, soprattutto ora che qualcuno ha dato fuoco alla sua casa e ha cercato di strappargli ciò che ama. «Nandi e Bulbun hanno bisogno di te. La famiglia viene prima di ogni altra cosa.»

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