11. Un tappeto a cavallo
Sabbiafine
Dopo qualche ora di marcia all'interno della grotta la febbre ritorna. Il cunicolo danza in curve e cerchi senza fermarsi. Evianne ha la vista offuscata e sente il bisogno di una pausa, ma ha paura che se chiuderà gli occhi non li riaprirà più e verrà raggiunta come accade sempre dal ricordo del fiore viola.
Appena varca l'uscita, non riesce a crederci. Undici torrette di pietra rossa svettano sopra un promontorio di sabbia, luccicano sotto i raggi del sole come se ogni mattone fosse un rubino squadrato. Fortezza Diaspro, la sua meta, il luogo dove si nasconde il principe Jaja, e lei è lì, la dividono dall'obiettivo solo gli ultimi rimasugli di deserto e un pendio che non vede l'ora di scalare. Di fronte a quella visione maestosa non si sente più stanca. Muove una rapida sequenza di passi per arrivare subito ai primi edifici del villaggio, ma si ferma quando scorge qualcosa di strano all'orizzonte, qualcosa che corre verso di lei in mezzo a uno sciame di polvere, sassolini e sabbia.
«Un cavallo?» Così sembrerebbe, un esemplare nero con una macchiolina bianca nel centro della fronte. E sulla schiena... «Perché sta portando in groppa un tappeto?»
Poco gliene importa. Quell'animale le serve, grazie a lui riuscirà a raggiungere il palazzo in un batter d'occhio. A denti stretti condensa l'aura che le resta nelle mani e le solleva per attirare la preda e rallentare la sua corsa agitata. Il cavallo sembra essersi spaventato per qualcosa che lo ha messo in fuga, il terrore negli occhi e un nitrito prolungato che assorda. Con uno scossone si libera del tappeto in sella e lo scaglia lontano, un attimo dopo cerca di riprendere la fuga.
Evianne prova di nuovo a spingere l'aura nella sua direzione per avvolgerlo in una bolla rilassante. «Buono, buono. Sono qui per aiutarti. Non ti farò del male. Che cosa ti è successo?»
Attratto dall'eco di una voce dolce e placida, l'animale si tranquillizza, le permette di accarezzargli il muso e di verificare il suo stato di salute. Ecco perché si dibatteva tanto! La zampa è ferita, sotto il pelo si intravedono due virgole di sangue che sembrerebbero essere state lasciate dal morso di un serpente.
«Ci penso io. Ti posso guarire e in cambio tu mi porterai a palazzo.»
Il veleno entra in circolo, fa crollare il cavallo a terra. Non c'è più tempo da perdere. Evianne prega la dea Rasa e le dona un brandello della propria energia, purché in cambio ceda al suo paziente la rugiada magica per contrastare il veleno. Attivare la procedura di guarigione innesca ancora una volta quel meccanismo di dare e avere che è alla base di ogni scambio incantato. E così, mentre trine bagnate si mischiano al manto del cavallo, in lei si riversa la classica sensazione di leggerezza che si prova dopo aver preso un brutto colpo in testa.
«Che cosa buffa!» Un attimo... qualcuno ha parlato. Chi è stato? «Chi salverebbe la bestia e non l'uomo?»
Evianne sussulta quando capisce che quella voce è vera e umana, non è il prodotto di un'allucinazione, non è nemmeno il nitrito di un cavallo. Davanti a lei si staglia uno straniero che pizzica le corde di una piccola lira da viaggio. Un cappuccio di spilli penzola sulle spalle, un laccetto di cuoio lega i capelli crespi. Sono neri, lo stesso colore della divisa e della pelle che genera un contrasto sgargiante con i denti bianchissimi, eccetto i due canini rivestiti d'oro.
«Io...» Il cappuccio di spilli, il copricapo che ha visto nel bosco da bambina e di cui le ha parlato il consigliere Ordon. Lo stomaco si allaccia in un nodo di spine. Non può essere una coincidenza, quell'uomo appartiene alla casata nemica, e se lei non riuscirà a giustificare la sua presenza... «Io... io...»
«Oh, ma lascia stare!» Lo spilungone tira una manata all'aria per dirle che non ha bisogno di una spiegazione. «Principe Jaja! Principe Jaja!» Si guarda intorno come se avesse perso qualcosa, no qualcuno, poi le strizza l'occhiolino. «Strillate con me, mia dolce fanciulla. Un momento drammatico ravviva sempre la giornata.»
Peccato che Evianne non abbia più voce per gridare, né respiro sufficiente da placare il battito martellante del cuore. È rimasta paralizzata a metà tra il terrore e la sorpresa, perché quell'uomo ha pronunciato un nome noto, uno che corrisponde all'obiettivo della sua missione. Principe Jaja, l'unico altro essere umano presente in quel deserto, l'involtino arrotolato in strati e strati di tessuto che per errore ha scambiato per un tappeto.
L'impennata del cavallo lo ha sbalzato in aria, lo ha mandato a collidere contro un sasso enorme. Si tira seduto e si massaggia la testa senza togliersi il cappuccio di spilli. «Bulbun, ti ammazzo.»
«Siete vivo! Il principe Jaja è vivo! Onore agli dèi, inni di giubilo!»
No, non ha sentito male. Il canterino ha detto proprio così. Jaja. Jaja come il futuro marito di Mildri. Jaja come il principe nemico, e non si tratta certo di un caso di omonimia. Evianne lo ha trovato anzi, si è letteralmente scontrata con lui, lo ha travolto e gettato giù da cavallo. La nausea vortica nello stomaco, il fiato si spegne quando due cavalieri galoppano verso di loro.
La prima ad arrivare è una donna con un bizzarro caschetto argenteo. «Principe Jaja, siete tutto intero?»
Lo spilungone dai denti dorati ride. «Oh, mia dolce Nandi, di che ti preoccupi? L'erbaccia cattiva non muore mai.»
La donna lo fulmina con uno sguardo che potrebbe trasformare il deserto in una lastra ghiacciata. Smonta da cavallo e si precipita a soccorrere il tappeto vivente. «Fatemi vedere il braccio, Altezza.» Le mani brune, rivestite da calli, premono sul gomito del principe per assicurarsi che non sia fratturato. «Bulbun, il ladro che fine ha fatto?»
Lo spilungone si ricorda all'improvviso di Evianne e la fissa. «Il ladro è una ragazza?»
«Non ho capito» soffia la donna che sta ancora controllando il braccio del principe. «Stai insinuando che una ragazza non sia in grado di rubare?»
Lui le lancia un bacio volante. «Oh, mia dolce Nandi, tu mi rubi il cuore ogni giorno!»
Ride della sua stessa battuta, ed Evianne... che deve fare adesso, ora che è circondata da nemici ed è troppo stanca per inventare una bugia credibile? Nel dubbio scoppia a ridere assieme allo straniero. Sua madre le ha insegnato che le risate sono sempre una cura eccellente per rasserenare gli umori e stringere amicizia, ma a quanto pare si è scordata di dirle che ci sono alcune eccezioni, perché quando la sua voce si mescola a quella dello spilungone cala un silenzio di gelo e tutti la guardano come se fosse impazzita.
Poco dopo li raggiunge il secondo cavaliere. È un uomo dai capelli ramati sul cui volto lattiginoso brillano occhi ambrati tagliati dalle pupille verticali di un rettile, il simbolo della Bolla del Fuoco e della dea Liesna. «Allora? Sarebbe lei il ladro?»
Un attimo... cosa? «No!» Evianne balza sulle punte. Lei non ha rubato proprio nulla! «Io non ho fatto niente di male. Sono appena arrivata, sono venuta qui per una missione, una chiamata. Diciamo una sorta di vocazione divina o forse era un problema familiare?»
Non è mai stata brava a dire le bugie, avrebbe dovuto pianificare prima, inventarsi una finta identità credibile, e adesso ha paura di avere rovinato tutto. Lo spilungone, la donna e il nuovo arrivato la fissano come se avesse appena iniziato a parlare nella lingua di un serpente. Evianne non sa cosa pensi il principe perché è infagottato in un tappeto, ha il carisma di un cactus e non parla.
Prende un grande respiro, il volto rivestito di sudore freddo, e prova a spiegarsi meglio. «Ecco, io sono venuta qui per una cosa di lavoro, guidata da una Dama di Sabbia, per una questione familiare. È più chiaro adesso?»
«No.» La risposta del trio è univoca.
Vicino al cavallo di nuovo in forma, il principe grugnisce.
Poi l'ultimo arrivato solleva l'indice come se avesse capito. «Forse ci sono! Negli ultimi giorni sono accorsi uomini e donne da tutta la periferia per sottoporsi all'esame. Per ordine di re Tavare dobbiamo incrementare il sistema di sorveglianza. È per questo che stavi puntando Fortezza Diaspro? Vuoi provare a diventare una guardia e far parte della scorta del principe Jaja?»
Il principe Jaja, l'obiettivo, e ora quegli stranieri glielo stanno servendo su un piatto d'oro, anche se metà delle cose che dicono suonano come un delirio bofonchiato da una setta di ubriaconi. Evianne si costringe a respirare. Deve approfittare della loro vicinanza e cercare di seguire il flusso della corrente, ma cosa dire per farseli amici e non venire riconosciuta come una spia nemica? La febbre è sempre più alta e la testa gira e rigira all'impazzata. Sorride a mille denti e sputa fuori la prima frase che le viene in mente. «Io sono Chanti di Dolce Acqua.»
Qualsiasi altra persona la prenderebbe per una matta, ma i tre cavalieri no, appena sentono il nome e la provenienza si tolgono di dosso ogni traccia di diffidenza. Il fagotto di stoffa con la testa di cactus – tradotto, il principe – sobbalza e per poco non tenta il suicidio cadendo in una spaccatura del terreno.
Il soldato con gli occhi di drago la fissa, all'improvviso interessato. «Dolce Acqua, hai detto? La terra della nostra amata regina Adama, che l'Aralla la protegga. Rispettiamo chiunque provenga da quella Bolla per non disonorarla. Quanto a te, sei in ritardo per le selezioni di ormai due giorni, ma vista la prontezza con cui hai soccorso il principe...»
«Disarcionato, oserei dire.»
«Bulbun!» La donna chiamata Nandi lo rimprovera.
Il discendente di Liesna sospira. «Penso che una volta arrivati a Sabbiafine potremmo concederti di tentare la prova.»
Una volta arrivati a Sabbiafine. Vuol dire che non la cacceranno, ma le permetteranno di varcare le mura cittadine. Il primo tassello della missione è stato completato. Evianne ha trovato il principe, la sua destinazione, anche se adesso non sa cosa succederà. Si sente bruciare dalla febbre; dalle piante dei piedi risalgono scariche di dolore che pugnalano le gambe fino alle cosce, ma quella è un'occasione preziosa e non intende lasciarsela sfuggire.
«Splendido» ridacchia.
«Splendido» le fa eco lo spilungone dai denti dorati. Si copre il volto con il cappuccio di spilli e la getta sul suo cavallo con la delicatezza che riserverebbe un contadino a un sacco di patate. Solo allora Evianne dà peso ad alcuni particolari che fino a quel momento aveva trascurato. Prova? Di che prova stanno parlando?
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