La ruota panoramica
Jaydon era immobile sotto la ruota panoramica. Il luna park era deserto, avvolto da un silenzio anomalo.
<<Avevi promesso che non saresti venuto, Jay>> gli dissi, quasi sussurrando.
In realtà ero contenta che lui fosse lì.
<<Ho imparato che con voi ragazze la cosa giusta da fare in genere è quella opposta a ciò che ci venite a raccontare>> rispose lui, sorridendo.
Sorrisi anche io. Jay mi porse la mano e mi accompagnò verso il primo seggiolino della ruota panoramica. Non me ne ero accorta, ma all'interno del gabbiotto di controllo c'era un signore anziano. Dopo che ci fummo seduti entrambi, Jay gli fece un cenno con la testa e le luci della ruota si accesero tutte insieme. Poi, con un suono metallico, si mise lentamente in moto.
E mi sentii salire, piano, poco per volta, mentre il panorama intorno a noi sembrava invece abbassarsi. Così d'un tratto ecco che potevo scorgere le prime cime dei pini sotto di me e la casetta della vendita di popcorn dove lavorava Alicia. Il Burgers' Tyrant dove tante volte io e lei ci eravamo ritrovate a parlare, a raccontarci i nostri problemi durante l'estate. Per una frazione di secondo rividi Alicia e Gregor. Chissà come sarebbe finita quella storia, chissà se l'avrei mai saputo o se con l'arrivo dell'autunno quei ricordi sarebbero svanito come neve fresca sotto il sole.
Non volevo che succedesse, che andasse così.
Raggiungemmo la vetta, il punto più alto.
Il panorama che si vedeva sotto di noi era incredibile. La ruota, come per magia, si era fermata proprio in quel momento. Guardando giù, potevo scorgere anche mio padre, seduto in macchina.
E poi tutti gli altri alberi che circondavano la zona, giù fino al punto in cui con un colpo d'occhio straordinario arrivavo fino all'oceano. Seguivo con po sguardo le spiagge di East Bay dove avevano trascorso tante giornate insieme, poi andavo con gli occhi lungo la direzione opposta fino a Orange Bay, dove si svolgevano le notti delle lanterne. Provai un brivido forte su per la schiena. Ripensai d'un tratto a quando, la prima sera che ero uscita con Jaydon, mi aveva portata sul tetto della scuola, su quella terrazza che si affacciava direttamente sull'oceano. Cercai di capire dove fosse, rispetto alla posizione in cui ci trovavamo.
<<A che cosa stai pensando?>> domandò Jay, riportandomi alla realtà.
Scossi la testa, sorrisi.
<<Alla prima sera in cui siamo usciti. Mi portasti sulla terrazza della scuola chiusa.>>
Lui annuì. Non rispose. Lasciai che la brezza leggera che si era alzata mi accarezzasse i capelli.
<<È bellissimo, da quassù>> dissi.
<<Lo è>> rispose Jay.
Tutto ciò che volevo era che quel momento potesse non finire mai. Ma quali erano le alternative? Sapevo di non avere alcuna possibilità. Il padre di Jay era malato. La mia vita era a Washington. Eravamo due mondi distanti anni luce, seduti ancora per pochi minuti l'uno accanto all'altra su una ruota panoramica.
<<Conoscere te mi ha reso una persona migliore, Millie. Non sono mai stato bravo con le parole, ma volevo che tu lo sapessi, prima di andartene.>>
Mi avvicinai un po' di più a lui. Sentii il suo braccio contro il mio.
<<Come hai fatto con mio padre?>> gli chiesi, curiosa.
<<Gli ho telefonato all'alba.>>
Già, avevo lasciato il numero di mio padre ad Alicia quando eravamo andati alla notte delle lanterne. Nel caso non ci avesse ritrovati tra la gente. E Alicia l'aveva passato a Jay. Allora lei sapeva di questa sorpresa. Mi venne da sorridere e allo stesso tempo mi sentii invadere da una malinconia incredibile.
<<Vorrei che questo momento potesse durare per sempre, Jay. Tu... sei stato la prima volta in cui mi sono innamorata di qualcuno. Non avevo idea di che cosa si potesse provare, fino al giorno in cui non ti ho incontrato.>>
<<Ma ci rivedremo, Millie. So che ci rivedremo.>>
E invece provai una sensazione strana e forte come ancora non mi era capitato. Durò soltanto per una frazione di secondo, ma devastò tutte le mie certezze con la stessa efficacia di un pugno scagliato contro un castello di carte. Fui sicura, senza sapere per quale ragione, che se quella mattina avessi lasciato Portway con mio padre per tornare a Washington, non avrei più rivisto Jay. Non sapevo perché o da dove fosse uscita quella sensazione; semplicemente, ne fui sicura.
Forse la vita aveva altri piani in serbo per noi.
<<Jay... io non lo so. Non so se ci rivedremo. E non so come sarà, dopo. Siamo lontani. Troppo lontani, non è vero?>>
Lui non disse nulla. E d'un tratto capii che ero lì perché non ci eravamo né lasciati né messi insieme. E quell'equilibrio precario sarebbe servito soltanto a farci stare male entrambi.
Mi resi conto, d'un tratto, che io e Jaydon, forse inconsapevolmente, eravamo saliti su quella ruota per dirci addio.
Perché dopo niente sarebbe più stato lo stesso, tra noi.
<<Sei una bella persona, Jay. E non importa quanti sbagli tu abbia commesso in passato. Ciò che conta sono le ragioni che ti porti dentro. E io so che hai un animo nobile. Lo so, l'ho sempre saputo. Anche quando mi hai fatta arrabbiare. Sopratutto allora.>>
Lui sorrise. Per la prima volta, mi sembrò di scorgere sul suo volto un velo di luminosità che non avevo mai intravisto prima.
Ci baciammo. Con le dita, cercai le sue. Le trovai, le intrecciai nelle mie. Mi sentii completa e a pezzi al tempo stesso.
<<Non dire niente>> gli dissi, quando ci staccammo.
<<Neanche tu>> mi rispose.
Perché non pronta a sentirmi dire "ti amo" o qualcosa di simile. Sapere che entrambi stavamo provando la stessa identica sensazione fu ancora più devastante.
Poi la ruota riprese a muoversi, lentamente.
<<Anche tu sei una bella persona, Mills>> mi disse. <<C'è una purezza, in te, che è preziosa. Vorrei dirti di non perderla mai, ma... beh, sai, poi cominceresti a dirmi che ti ricordo tuo padre e...>>
Risi, poi gli misi un dito sulle labbra.
<<Beh, dovresti essere felice del paragone. Mio padre è un gran pezzo di figo.>>
Jay sorrise.
<<Lo so>> mi disse.
Eravamo quasi a terra. Sapevo che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti insieme. Faceva male in una maniera incredibile. Era come se in gola avessi un modo gigantesco, troppo grande anche per poter esplodere.
<<Che cosa farai, adesso?>> gli domandai.
Lui esitò. Mi guardò negli occhi, poi si guardò le scarpe.
<<Cercherò un lavoro per poter continuare a mantenere le cure di mio padre. Non altri piani. Sei tu quella che deve spaccare il mondo, una volta tornata a Washington. Hai un futuro incredibile davanti, Mills. Non buttarlo via.>>
E fu lì che scoppiai. Piansi come non avevo mai fatto prima. Mi resi conto che Jaydon mi aveva regalato tanto senza chiedere nulla in cambio. Mi abbracciò, mi strinse, mi baciò. Era questo, allora, l'amore?
Sì, ne fui improvvisamente certa. L'amore altro non doveva essere se non la sensazione assurda che mi ero ritrovata a provare seduta accanto a lui su quella ruota panoramica. La consapevolezza che qualunque altro luogo al mondo, senza di lui vicino, per me avrebbe anche potuto non esistere, perché sarebbe stato vuoto.
Dieci minuti dopo eravamo giù dalla ruota.
Jaydon aveva stretto la mano a mio padre, che poi si era rimesso al volante.
Mi avvicinai a lui per l'ultima volta. Ci guardammo negli occhi senza dire a nulla, poi con un gesto dolce spostò dai miei occhi un ciuffo di capelli che era caduto all'improvviso.
<<Puff. Magia>> disse, sottovoce. Sorrisi, asciugando le ultime lacrime che erano scese sul mio volto.
<<Non ti dimenticherò mai, Jay.>>
Lui annuì.
<<Non ti dimenticherò mai, Millie>>, rispose.
Ci guardammo ancora per un istante, poi mi voltai. Raggiunsi l'automobile e presi posto accanto a mio padre, che mise in moto.
Quando fummo abbastanza lontani, mi girai per l'ultima volta verso Jaydon e mi sembrò che anche lui mi stesse ancora guardando.
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