Il buio
Buio.
Buio come la notte più oscura. E silenzio, anche. Calmo, stabile, pauroso.
Silenzio disturbato, però.
Il ticchettio di un orologio appeso da qualche parte.
Perché un orologio?
Umido. Freddo, ma più che altro proprio umido. E con... quell'odore di... di cantina, in parte anche di benzina, forse.
Voci di sottofondo e rumore di passi lenti, cadenzati. Una musica bassa in lontananza.
Le mie mani, i miei polsi... male, fastidio.
Legata. Seduta su una sedia nell'oscurità.
Senso di stordimento, indolenzimento. Che cosa...?
Poi a poco a poco la luce spostò le tenebre, accendendo quel nero impregnato di umidità e rumori sfumati, e vidi che di fronte a me c'era Jaydon.
Era difficile mettere a fuoco ciò che mi circondava, ma ci stavo lentamente riuscendo, come se i miei occhi si stessero riprendendo da un torpore lungo, lunghissimo. Ero legata con le braccia e le caviglie dietro la sedia sulla quale mi trovavo. Di fronte a me, Jaydon viveva la mia stessa situazione. A specchio, mi potevo rivedere in lui.
Sul suo viso c'erano ferite aperte e sangue che scendeva. Sentii i battiti del cuore accelerare all'impazzata e il respiro bloccarsi da qualche parte lungo la gola.
Poi i passi si fecero più vivi, come se il sogno stesse galoppando verso la sveglia del mattino.
Il ticchettio dell'orologio, che non riuscivo a vedere, scandiva quei secondi in maniera irreale, atroce.
Avevo qualcosa in bocca, una benda. Non potevo parlare. Anche Jaydon l'aveva.
Alla fine, ricordai qualcosa.
L'ultima immagine nella mia mente...
L'uomo con il passamontagna nero sul lungomare giù a East Bay, e nessun altro intorno a noi. La sensazione di essere una persona adulta, per la prima volta. E poi... forse una puntura da qualche parte sul collo?
Forse.
I passi si fecero più vicini fino a che di fronte a noi non si materializzò un uomo alto e magro, con il passamontagna a nascondere il viso. Mi resi conto che Jaydon riapriva gli occhi soltanto in quel momento ed ebbi paura.
Paura per ciò che sarebbe successo di lì a poco, perché sapevo che eravamo di fronte ad una strada a senso unico che andava a finire contro un muro.
Non sarei mai più tornata indietro, probabilmente. Non avrei rivisto mio padre né mia madre. Nessuno. Fu tutto ciò che riuscii a pensare quando l'uomo con il passamontagna si avvicinò a noi e si inginocchiò poi di fronte a Jaydon.
Dalla cintura dei suoi pantaloni spuntava il calcio di una pistola ed io pensai automaticamente al giorno in cui insieme ad Alicia mi ero intrufolata nella casa sulla spiaggia di Jay.
Tic tac.
Tic tac.
Tic
tac.
L'uomo sorrise, mi guardò, poi tornò a guardare Jay.
<<Sto per togliermi il cappuccio>> disse, <<ma credo che non ci sia bisogno di presentazioni, dopotutto. Non è vero, Jay?>>
Si alzò, sfilò il passamontagna e lo guardai in faccia.
Era uno dei due fratelli di Betty.
Sorrideva.
Si avvicinò a me, tanto che potei sentire il suo respiro sulla mia bocca.
Mise una mano dietro i pantaloni e pensai che avrebbe estratto la pistola, invece nella sua mano comparve un piccolo coltello a serramanico.
<<Sì, sì, è vero. È un po' piccolo. Ma anche certe persone lo sono, eppure...>> si voltò verso Jaydon e sorrise ancora. Aveva una luce isterica e folle negli occhi azzurri. <<Eppure ogni tanto ti sorprendono. Si rivelano capaci di grandi cose. Si sentono furbe, potenti, immortali. E allora serve che qualcuno ricordi loro chi sono in realtà, o che cosa sono. E devo dirtelo, ragazzo, tu non mi sei mai piaciuto. Il vecchio si fidava di te, ma il vecchio non capisce più nulla da anni. O forse non ha mai capito nulla, dal momento che ha riposto tanto credito nelle tue luride mani. E guarda come l'hai ripagato.>>
Si avvicinò di nuovo a me, mi sorrise senza perdere una briciola di quella luce priva di emozione che aveva nello sguardo.
<<Ora anche il vecchio capirà chi merita qualcosa in più e chi no. Ti è piaciuto divertirti con mio fratello, bastardo? Che cosa pensavi? Sarà bello guardare la tua faccia mentre taglio ogni parte del corpo di questa puttanella. Oh, questo viso. Le farò male. Tanto male. Tanto che griderai di poter morire dopo che la avrò tagliato ogni dito. Sei uno stupido, Jaydon.>>
Il cuore si fermò dentro di me per un attimo eterno.
Avevo paura. Al tempo stesso, ero rovente per la rabbia. Sapevo che Jaydon aveva commesso qualcosa di orribile, ma sentire quelle parole era la conferma che l'aveva fatto davvero. Fu diverso rispetto a quando poco prima, in silenzio, me lo aveva confessato lui. Soltanto in quel preciso istante, legata a quella sedia, con uno dei fratelli di Betty di fronte a me, mi resi conto di ciò che era successo davvero. E di quanto il mondo di Jay fosse malato, marcio, atroce. Il fratello di Betty voleva vendicarsi di qualcosa, era chiaro, ma al tempo stesso voleva anche apparire grande agli occhi del vecchio. E proprio quella sua volontà era ciò che mi spaventava di più.
<<Bene. Ora vedrai che cosa succede a chi tradisce, Jaydon.>>
Jay cercò di gridare ma come me non riusciva a parlare. Il fratello di Betty avanzò lentamente verso di me, con la lama del coltello puntata contro la mia gola, poi contro i miei occhi.
E il ticchettio dell'orologio.
Il giorno in cui conobbi Jaydon... al parcheggio... l'estate era appena iniziata.
Rividi il suo sorriso. Ripensai a quando ci eravamo baciati per la prima volta. A quando avevamo fatto l'amore per la prima volta, sulla spiaggia.
La ruota panoramica, Alicia che vende zucchero filato. Quel cretino di Gregor. Victor e Paul. Mio padre. Le corse in bicicletta.
Ne era valsa la pena, al diavolo. Fallo, maledetto stronzo. Uccidimi pure e poi vai a fare in culo. Alicia avrebbe detto così.
Sorrisi.
<<Da che cosa iniziamo, Jay? Occhi, orecchie o dita?>>
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