Contro il muro della cucina
L'odore che si respirava all'interno della casa ero lo stesso che avevo sentito poche ore prima. La luce che avevo scorto da lontano proveniva dalla camera da letto.
Jaydon camminava lentamente di fronte a me, facendomi strada nella semioscurità. Arrivammo nella piccola cucina. Sulla tavola c'era un piatto vuoto, una bottiglia di birra, un pacchetto di sigarette.
Mi sentii triste all'improvviso. Per lui.
Nessuno dei due sapeva bene che cosa dire, era ovvio. E se mi avessero detto che il bacio più bello della mia vita fino a quel momento l'avrei ricevuto lì, in quella piccola cucina buia e spenta, non ci avrei creduto. No, non ci avrei mai creduto. Perché un bacio lo immaginiamo sempre in un posto particolare, romantico. E invece...
Rimanemmo immobili a guardarci per un attimo che al mio cervello sembrò lungo quanto l'eternità. Poi io abbassai la testa, perché non sapevo davvero che cosa dire. Mi sentivo in imbarazzo, tremendamente.
Fino a quel momento, in fondo, ero stata proprio io a prendere ogni iniziativa con lui. L'unica volta che a farlo era stato lui era successo quando mi aveva detto che non ci saremmo più visti.
Oh, Millie, dannazione. Che cosa stai facendo, ancora? Perché sei venuta fin qui? Perché? Per la seconda volta, oltretutto. Non...
Jaydon si voltò all'improvviso, dandomi le spalle, come se volesse allontanarsi da me. Io rialzai la testa, gli occhi, convinta di essere nel posto sbagliato.
Perché lui era fidanzato con Betty; perché era incasinato fino all'inverosimile; perché avevamo reso tutto incredibilmente complicato e...
E poi Jaydon si voltò di nuovo, verso di me, mentre i tuoni avevano incominciato a rincorrersi a una velocità impressionante.
Si voltò e spostò una sedia con la gamba, avanzando nella mia direzione.
Un passo, due passi, tre, poi mi raggiunse.
I suoi occhi verdi sembravano incapaci di lasciare i miei. Le sue mani si incastrarono d'un tratto tra le mie e senza dire nulla mi baciò, spingendomi contro il muro della cucina, fissando i miei polsi nella sua stretta forte alla parete.
Mi baciò e fu un bacio incredibile, questa volta. Molto più della prima sulla terrazza. Fu lungo, intenso, vivo. Esplose insieme ai miei sensi, divorando i miei pensieri e annullando ogni singola paura che fino a quell'istante avevo lasciato crescere dentro di me. E ogni angolo del mio corpo, anche il più remoto, si trasformò in voglia, piacere, eccitazione, paura, adrenalina, felicità, libertà, follia. Sentivo la sua fronte che incontrava la mia e mi sentivo completa come mai prima. Come se tutto il bene di cui avessi bisogno per poter andare avanti fosse lì, in quel contatto. Le sue mani stringevano i miei polsi contro il muro e non volevo che quella sensazione finisse, o che si affievolisse. Sentivo tutto il suo corpo premere contro il mio, contro la mia camicetta un po' bagnata per la pioggia presa. Lo sentivo contro i miei seni e mi piaceva, mi piaceva in una maniera assurda, sconfinata, primordiale. Lo volevo, lo desideravo con tutta me stessa, più di qualunque altra cosa.
<<Non ci eravamo detti che non ci saremmo più visti?>> chiese lui quando le nostre labbra si staccarono, prendendo fiato e lasciandomi il tempo di respirare, concitatamente, arrossata, emozionata.
<<No>> gli risposi, richiudendo poi gli occhi <<tu lo avevi detto, maledizione. Soltanto tu.>>
E allora mi baciò ancora, spingendomi ancora più forte contro quel muro, lasciando la presa dalle mie mani e scivolando dolcemente sul resto del mio corpo. Sentii il suo tocco sotto la mia camicetta, sul mio reggiseno, sulla mia pancia, sulle mie gambe, nude e scoperte e bagnate ancora di pioggia. Lo sentii ovunque e ogni volta che mi sfiorava il mio cervello si spegneva, come i televisori durante i blackout. C'era soltanto più il suo odore tra i miei sensi. Non vedevo più nulla. Non esisteva più altro e il mio mondo, all'improvviso, era tutto lì, in quella piccola cucina buia, mentre fuori il temporale esplodeva e urlava, scaricando pioggia e fulmini nel cuore della notte.
E non mi sarei fermata, questa volta, come era successo con Victor. Non vi sarei riuscita perché era ciò che desideravo dal profondo. Lui era ovunque, e lo era stato dal primo istante. Il suo respiro sul mio collo moltiplicava il mio desiderio. Ogni senso era amplificato. Toccai i suoi pettorali e la mia mano scivolò giù, fino all'ombelico. Si fermò, colta di sorpresa da qualcosa...
Una cicatrice, sì.
Lo guardai e lui chiuse gli occhi, continuando a baciarmi.
Poi sbottonò la mia camicetta, un bottone dopo l'altro. La tolse. Si allontanò da me e dopo alcuni istanti tornò con una maglietta.
<<Mettila>> mi disse. <<Prenderai freddo. Voglio farti vedere una cosa, ma dovremo uscire.>>
Non stava per fare l'amore con me. Mi spiazzò più di ogni altra cosa al mondo. Chiunque, in quel momento, avrebbe colto l'occasione al volo.
Tutti. Tranne lui.
C'era qualcosa che non andava in me? O forse... era... davvero diverso? Diverso da tutti gli altri?
<<Dove vuoi andare?>> gli chiesi, esitando. <<Piove, e...>>
<<Finirà presto. Dai, infilatela.>>
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